Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
1. L'ampliamento del dominio diretto (A) Sugeri, Vita di Luigi VI
il Grosso, pp. 36-42. Nel XII secolo, punto di forza della «terza razza» di Francia
restava l'Ile de France, o meglio la zona compresa tra Parigi e Orléans,
là dove i Capetingi detenevano un potere diretto.
Una delle costanti della politica, di consolidamento del potere monarchico
fu il progressivo assorbimento di piccoli – o anche meno piccoli – feudi
e signorie locali che interrompevano la continuità di un tale potere.
Un esempio della tensione verso questo obiettivo lo troviamo in un brano
della Vita di Luigi VI il Grosso redatta da Sugeri (1181 c. – 1151),
abate di Saint-Denis, uomo vicino al sovrano e uno dei più significativi
esponenti della cultura del suo tempo, tra i protagonisti della prima
elaborazione di un pensiero che propugnava un rafforzamento del dominio
regio, nel quadro di una riorganizzazione gerarchica delle relazioni
feudali. Il brano sintetizza bene la molteplicità delle vie praticate
da Filippo I (1059-1108) e dal giovane Luigi, poi Luigi VI (1108-1137)
per assicurarsi il dominio diretto del castello di Montlhéry negli
anni intorno al 1104-1105, passando dalla politica fatta di alleanze
matrimoniali e patti di successione, allo scontro militare. (A) Quando Gui Trousseau, figlio
di quel tumultuoso perturbatore del regno che era Milone di Montlhéry,
tornò dalla spedizione al Santo Sepolcro, spossato dalla fatica
di un lungo viaggio e dal peso delle sue molte tribolazioni […],
temendo che la sua eredità sfuggisse alla figlia unica, la dette
in sposa a Filippo, uno dei figli che il re Filippo [1]
aveva avuto dalla contessa d'Angiò; ciò per volontà
e persuasione dello stesso re e di suo figlio Luigi, che aspiravano
fortemente ad impossessarsi del suo castello e, in occasione del matrimonio,
per legare a sé il fratello in un vicolo più stretto,
e su sollecitazione del padre, il primogenito Luigi confermò
[a Filippo] il castello di Mantes. Quando il giovane Filippo ebbe ricevuto,
in tale occasione…delle nozze….la custodia del castello di Montlhéry,
per il re e suo figlio fu una gran gioia, come se avessero tolto loro
una pagliuzza dall'occhio o fossero stati liberati da una prigione.
Ne era testimone il re, quando, in nostra presenza, ricordava al figlio
Luigi la spossante preoccupazione che gli aveva provocato quel castello:
«Luigi, figlio mio, diceva, veglia con grande cura alla conservazione
di quella torre; i fastidi che mi ha provocato mi hanno fatto invecchiare,
i suoi inganni e la sua malvagia slealtà non mi hanno fatto mai
conoscere pace e riposo».
La sua infedeltà rendeva infedeli i fedeli, infedelissimi gli
infedeli; i perfidi li riuniva insieme, che fossero vicini o lontani,
e in tutto il regno non si faceva niente di male a cui i possessori
del castello non avessero dato il loro consenso o man forte: E dato
che la zona parigina era circondata da Corbeil sulla Senna, sulla destra
da Chateraufort, Montlhéry nel mezzo, la confusione era tale
tra Parigi ed Orléans che né i parigini né gli
abitanti della regione di Orléans, a meno di non essere riuniti
in un certo numero, sarebbero riusciti a passare senza dover sottostare
all'arbitrio di quei perfidi. Ma il matrimonio di cui abbiamo detto
ruppe la barriera, rendendo agli uni e agli altri una agevole via di
accesso. […] Ma, siccome «il vaso conserverà a lungo
l'odore di cui si è impregnato [2]»,
gli uomini di Montlhéry, dando seguito all'usata perfidia, prepararono
una rivolta per tramite dei fratelli da Garlandes che erano allora incorsi
nell'inimicizia del re e del figlio, e quindi Milone, visconte di Troyes
e fratello minore di Gui Trousseau, venne con la contessa madre e una
grande schiera di cavalieri e si fece ricevere dagli abitanti del castello
contro il loro giuramento, ricordando loro i benefici ricevuti da suo
padre, piangendo ed evocando la loro generosa e connaturata operosità
e la mirabile fedeltà e gli esiti positivi dell'averlo richiamato;
e li esorta supplice in ginocchio affinché conducano a buon fine
ciò che hanno intrapreso. Vedendolo così prosternato in
atteggiamento di dolore, essi si lasciano commuovere, corrono alle armi,
si affrettano verso la torre, lanciando contro i suoi difensori lance,
proiettili in fiamme e pietre, penetrando in più punti le difese
della torre e ferendo a morte molti dei suoi difensori.
[Il castello cade in mano a Milione ma Luigi riesce a riconquistarlo].
Luigi conservò agli abitanti del castello la pace promessa sotto giuramento
da Gui de Rochefort, ma, per rendere impossibile in futuro ogni analogo
tentativo, fece abbattere tutte le fortificazioni del castello, tranne
la torre. Sugeri, Vita di Luigi VI il Grosso, pp. 36-42. [1] Filippo I, padre di Luigi.
[2] Orazio, Epistole, I, 2, vv. 69-70.
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