Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
10. Giustizia, amministrazione, economia
(A) Jean di Joinville, Vita di
San Luigi, pp. 43-… (B) Philippe de Beaumanoire, Costumanze
del Beauvaìsis, 884, 1646, 1653. (C) Inchiesta reale, assise del
1247-1248, siniscalcato di Carcassonne. (D) Jean de Joinville, Vita di
San Luigi, pp. 243-244. (E) Gli insegnamenti di San Luigi
a suo figlio, 26, 28, 30. (F) Luigi IX, Ordinanza (1263). (G) Jean di Joinville, Vita di San Luigi, pp. 245-247.
La diffusione dell'immagine di Luigi IX intento a rendere giustizia nel
bosco di Vincennes, che riprendiamo qui dal racconto di Joinville (A),
testimonia simbolicamente della sempre maggiore frequenza del ricorso
alla giustizia del re. Ma, nel paese, competenze e giurisdizioni si accavallavano
e si sovrapponevano e la conseguente difficoltà di districarvisi
emerge dalle raccolte di consuetudini locali, come quella di Philippe
de Beaumanoire (tra il 1297 e il 1282) per il Beauvais (B):
un'opera che indirettamente prospetta la necessità di un nuovo
ordine unitario. Assieme ai tentativi di riassetto si affacciava la necessità
…(manca una riga) …carsi dell'organizzazione
amministrativa del regno comporterà, tra l'altro, la necessità
di ricorrere a nuove forze: gli esperti di legge, molto spesso di estrazione
borghese cittadina. Le città dimostreranno un grande lealismo nel
confronti della corona, ad esempio al momento della raccolta del denaro
necessario per liberare il re prigioniero in Palestina, ma saranno anche
tra le forze più propense – con l'occupazione delle cariche
da parte delle loro oligarchie a tentativi di sottrarsi al controllo della
monarchia (D). Sempre a cavallo tra
etica religiosa e preoccupazioni pratiche, proponiamo qui le indicazioni
tratte dagli Insegnamenti dettati da Luigi IX a suo figlio in materia
di«politica interna»: il buon diritto amministrato dai buoni
funzionari, una politica fiscale equa e un saggio impiego del denaro (E),
quest'ultimo confermato da ordinanze sulla moneta tese a fissarne certezza
e qualità (F); mentre la sollecita
pietà del sovrano verso i poveri e le opere di sostegno che destina
loro lasciano intravedere – pur dietro il tono celebrativo del racconto
di Joinville – un primo concretarsi sistematico di misure nel campo
dell'assistenza pubblica (G).
(A) Il re governò la
sua terra bene e con giustizia e secondo Dio, siccome udrete qui appresso.
Aveva in tal guisa ordinato, che messer di Nesle [1]
il buon conte di Soissons [2] e noi altri del suo seguito,
dopo la messa andavamo ad ascoltare le udienze della porta che oggi
si chiamano suppliche.
Il re, fatto ritorno dalla chiesa, ci mandava a chiamare, e sedevasi
a piè del suo letto, e noi tutti faceva sedere accanto a sé,
e ci chiedeva se vi fosse alcuno da soddisfare per cui occoresse il
suo intervento; noi gliene dicevamo il nome e lui li faceva venire e
domandava: « Perché non accettate ciò che la nostra
gente vi offre?». «Sire – dicevano – ci offre troppo poco».
Ed egli parlava loro in tal guisa: «Dovreste ben accettare tutto
quanto si può fare per voi». E cercava in ogni modo, il
sant'uomo, di metterli sulla via giusta e ragionevole.
Sovente gli accadeva, d'estate, di sedere nel bosco di Vinciennes,
dopo la messa, e s'appoggiava a una quercia, e ci faceva sedere intorno
a sé; e tutti quelli che avevano brighe venivano a parlargli, senza
essere ostacolati da usceri o da altri. E allora lui domandava: «C'è
nessuno che abbia lite?». E se uno aveva lite si alzava e diceva:
« Tacete tutti, e avrete soddisfazione uno alla volta». E allora chiamava
messer Pietro di Fountains e messer Goffredo di Villette [3],
e diceva a l'uno dei due: «Risolvetemi questa causa». E quando vedeva
qualcosa da correggere nelle parole di quei che dicevan per sé o di
quei che dicevan per altrui, la correggeva di sua bocca. Lo vidi alcuna
volta, d'estate, che per soddisfare la sua gente, veniva nei giardini
di Parigi, indossando una veste di cambellotto, una sopravveste di
mezzolano senza maniche, un mantello di taffetà nero, ben pettinato
e senza cuffia, un cappello di piume di pavone bianco in testa. E
faceva stendere un tessuto cosicché sedessimo intorno a lui r tutta
la gente che aveva brighe da risolvere gli stava attorno, in piedi;
e allora faceva pronunciare le sentenze, nella maniera che v'ho detto
dianzi del bosco di Vincennes. Jean di Joinville, Vita di San Luigi, pp. 43-… mancano le note…
(B) 884. Vi è associazione
contro l'interesse comune quando diverse persone promettono o assicurano
o stabiliscono di non lavorare più per un salario così
basso come per l'addietro, ma lo aumentano a loro arbitrio e si accordano
per non lavorare meno fissando tra di loro pene o minacce contro i compagni
che non manterranno il patto. Se si tollerasse ciò, sarebbe contro
il diritto comune e non si farebbe niente di buono, poiché in
ogni mestiere quelli che sono organizzati si sforzerebbero di percepire
salari più alti del giusto, mentre il comune non può permettere
che i lavori non vengano eseguiti. Per questo motivo, non appena il
sovrano o altri signori vengono a conoscenza di tali coalizioni, debbono
fare arrestare tutte le persone che si sono associate e mantenerle a
lungo sotto rigorosa sorveglianza. Quando costoro avranno sopportato
una lunga detenzione, si potranno riscuotere da ciascuno 60 soldi di
ammenda.
1646. Talvolta succede che alcuni casi siano talmente oscuri che non
si può sapere se sono casi di pertinenza della alta o della bassa
giustizia: se capita che ci sia fra persone una mischia violenta da
cui risultino feriti, e se non si sa subito se i feriti guariranno delle
loro ferite o se ne moriranno; e ne dubbio, se i malfattori che fecero
quelle ferite sono stati arrestati, essi devono venire messi nella prigione
di chi amministra l'alta giustizia per quaranta giorni, dato che in
questo periodiodo normalmente muoiono coloro che muoiono in seguito
a ferite. Se i feriti guariscono quello che amministra l'alta giustizia
deve rendere i prigionieri a quello che detiene la bassa, per stabilire
la multa secondo il misfatto; se i feriti muoiono per la ferita inferta
loro, la vendetta del misfatto concerne colui che detiene l'alta giustizia.
1653. Le giurisdizioni di più signori sono mischiate e spesso circondate
le une dalle altre e coloro che sono incaricati di amministrare le
giurisdizioni talvolta non possono andare a amministrarle senza passare
da un'altra giurisdizione: ed è vero che a questo proposito si sono
verificate molte controversie perché alcuni signori volevano dirottare
i soldati di altri signori perché non passassero nel mezzo della loro
giurisdizione portando armi, cioè né archi né frecce, né spada né
ascia, né giusarma [1],
né altre armi vietate. E dato che conviene bene che coloro che accettano
l'incarico di amministrare una giurisdizione siano protetti in modo
che possano arrestare coloro che delinquono nella giurisdizione, e
visto che non potrebbero farlo facilmente senza passare dalle terre
altrui, noi facemmo un'ordinanza e la facemmo registrare nelle nostre
consuetudini di Clermont e in maniera tale che, se occorre che qualcuno
debba passare in armi nel mezzo della giurisdizione altrui per andare
ad amministrare la sua giurisdizione, può portare armi nel modo che
segue. Cioè se vuole portare un arco e delle frecce, lo porti l'arco
disteso e le frecce in mano o in una faretra; se vuole portare la
spada, la porti legata o sotto la sopravveste e non a bandoliera […]. Philippe de Beaumanoire, Costumanze del Beauvaìsis, 884, 1646, 1653. [1] Particolare tipo di alabarda.
(C) B. Ruffi e Pons Porcaressa,
costituiti sindaci dalla comunità di tutto il popolo del castrum
di Tourbes, rendono noto a voi, signori inquisitori per conto del signore
re di Francia che Guglielmo di Olmes, siniscalco di Carcassone ebbe e
estorse indebitamente e ingiustamente dalla comunità del castrum
di Tourbes seicento soldi di Melgueil, dato già prima essa aveva
dato al visconte seicento soldi; e lo, aveva fatto dietro consiglio della
chiesa e del signor P. Amiel, arcivescovo di Narbonna, per conservare
al re di Francia il castello. […] Così pure, i suddetti sindaci
significano che B. Mabille, vicario di Béziers, ebbe indebitamente
e ingiustamente quattro libbre di Migueil, per la ragione, insufficiente,
che quello stesso vicario aveva dato incarico a Pons Guibert, balivo di
Tourbes, di inviare dieci sergenti armati all'esercito di Montsègur,
e che lo stesso Pons Guibert, andando al di là dell'ordire del
signor vicario, ne aveva inviati dodici che andarono fino al ponte di
Cabesac, e qui incontrarono il signore Mabille e gli dissero: «Gli
uomini di Tourbes sono molto poveri a causa delle taglie e delle altre
imposizioni che hanno dovuto sopportare in passato e che ancora sopporteranno;
abbiate pietà di loro». E a questo proposito il signore Mabille
interrogò Jean de Bolone, balivo di Tourbes. «A quanti avete
comandato di partire ?». E lo stessa Jean rispose dieci, e gli stessi
buoni uomini tennero consiglio su ciò e fecero tornare due sergenti
a Tourbes; cosa che fu fatta ed è, in forza del rientro dei due
sergenti che il signore Mabille o le sue genti trattennero indebitamente
le quattro libbre agli uomini del castrum di Tourbes. […] Così
pure, in un'altra occasione il signore Mabille, allora vicario di Béziers,
ebbe indebitamente e ingiustamente dagli uomini del castrum di Tourbes
dodici libbre e mezza, e dicono i detti sindaci che gli uomini di Tourbes
erano pronti a recarsi armati al ponte di Vidourle per il servizio del
signore di Francia e contro il re di Aragona e che a questo proposito
il signore Mabille aveva detto loro: «Andate al ponte di Vidourle
se volete, oppure non andate, [comunque] voglio avere dodici libbre e
mezza». Il che fu fatto e il detto Mabille disse agli uomini di
Tourbes: «O contadini sanguinari, voi darete, che lo vogliate o
no». E inoltre il detto Mabille volle avere cinquanta soldi per
i gioielli di sua moglie e i detti sindaci dic……che il detto
Mabille fece tenere chiuse le porte del castrum di Tourbes. E di tutte
queste cose domandano la restituzione. Inchiesta reale, assise del 1247-1248, siniscalcato di Carcassonne.
(D) Il prevostato di Parigi era
allora venduto ai borghesi di Parigi, o a taluni di essi; e quando uno
lo comprava, manteneva i figli e i nipoti nel loro lusso; poiché
i giovani s'appoggiavano ai parenti e agli amici che lo tenevano. Perciò
il popolo era oppresso, e non poteva aver ragione dei signori per via
dei ricchi doni che questi facevano ai prevosti. Chi a quei tempi diceva
il vero davanti al prevosto o voleva tenere il giuramento, per non esser
spergiuro, intorno ad alcun debito o altro di cui era chiamato a rispondere,
il prevosto gliene faceva colpa, e veniva punito. Per il gran numero
d'ingiustizie e rapine che avvenivano nel prevostato, il popolo non
osava dimorare nel territorio del re, ed emigrava in altri prevostati
e in altre signorie. E la terra del re era così deserta, che
quando il prevosto teneva le sue udienze, non vi assistevano più
di dieci o dodici persone. Eran tanti i malfattori e i ladri, a Parigi
e di fuori, che tutto il paese era pieno. Il re, che metteva ogni diligenza
nel proteggere il popolo, seppe la verità; e non volle più
che il prevostato di Parigi fosse venduto, e dava buoni e generosi compensi
a chi d'ora innanzi lo tenesse. E tutti i cattivi costumi per cui il
popolo poteva esser vessato, lui li disfece; e fece cercare per tutto
il regno e per tutto il paese, dove si potesse trovare chi facesse buona
e rigorosa giustizia e non risparmiasse il signore più del povero.
E gli fu indicato Stefano Boileau [1],
il quale mantenne il prevostato in modo tale che nessun malfattore né
ladro né assassino osò dimorare a Parigi, senza esser
presto appiccato o tolto di mezzo: né parenti, né lignaggio,
né oro, né argento lo poteva garantire. Il territorio
del re in cominciò a ripulirsi e il popolo a ritornarvi per la
buona giustizia ch'ivi si faceva. Tanto si popolò e migliorò
che le vendite, gli acquisti, gli atti di possesso e tutto il resto
accrebbero di valore.
«Tutto quanto abbiamo ordinato per il profitto dei nostri sudditi
e del regno, ci riteniamo in potere di chiarire modificare limitare
secondo che saremo d'avviso».
Per questa riforma assai migliorò il regno di Francia, come molti savi ed anziani ci attestano. Jean de Joinville, Vita di San Luigi, pp. 243-244. [1] Prevosto di Parigi nel sesto decennio del secolo (+ 1269), noto anche come autore di un
Livre des métiers.
(E) 26. Caro figlio, assicurati
diligentemente che sulla tua terra vi siano buoni balivi e buoni prevosti
e fai spesso prestare attenzione a che applichino rettamente il diritto,
che non facciano ad altri torto o cose che non devono. Anche riguardo
a quelli che vivono nella tua casa fai prestare che non facciano a chi
che sia cose che non devono; perché, se devi odiare il male negli
altri, ancor più devi odiarlo in coloro che detengono il potere
per tuo conto, e tanto più devi fare attenzione ad impedire che
succeda.
28. Caro figlio, dai volentieri il potere a persone di buona volontà,
che lo sappiano ben usare, e sforzati di fare in modo che tutti i peccati
spariscano, dalla terra e cioè i giuramenti malevoli e ogni cosa
che si fa o dice a dispetto di Dio, o di Nostra Signora o dei Santi,
peccati corporali, gioco ai dadi, taverne e altri peccati. Fai sparire
ciò dalla terra con saggezza e in buona maniera. Per quanto dipende
da te, fai scacciare dalla tua terra gli eretici e le altre persone
malvagie, in modo che la tua terra ne sia purgata, ogni volta che per
il saggio consiglio della buona gente, tu saprai che si deve farlo.
30. Caro figlio, io ti istruisco affinché tu sia molto attento a che
i tuoi denari siano ben impiegati e riscossi a buon diritto. E c'è
un indicazione che io vorrei tu rispettassi, cioè guardati dalle spese
folli e dalle esazioni malvagie. Che i tuoi denari siano ben e ben,
impiegati. Che Nostro Signore ti insegni questo insieme a ciò che
si conviene ed è vantaggioso. Gli insegnamenti di San Luigi a suo figlio, 26, 28, 30.
(F) È stabilito che nessuno potrà fare una moneta che somigli a quella del re, ma anzi dovrà essere con tutta evidenza assai diversa. Nessuna moneta sia accettata nel regno a partire da San Giovanni, là dove non ci sono monete locali, all'infuori della moneta del re e nessuno venda, compri e faccia mercato se non con questa moneta. E la moneta del re può e deve correre per tutto il regno, senza essere ostacolata da nessuno, abbia o no costui una moneta propria. I denari parigini e tornesi non siano rifiutati, anche se sono logorati dall'uso, purché siano riconoscibili dalla croce e dalla torre come parigini e tornesi in modo che nulla vada perduto. E il re vuole e ordina che tali monete siano accettate nelle sue transazioni e ordina di accettarle sulle sue terre. E che nessuno possa erodere la moneta del re, sotto pene corporali e pecuniarie. Luigi IX, Ordinanza (1263).
(G) Fin dall'infanzia il re fu
pietoso, verso i poveri e i disgraziati, e avea costume. dovunque recavasi,
che a centoventi poveri venisse sempre dato da mangiare, in casa sua,
pane, vino, carne o pesce, ogni giorno. In quaresima e in avvento aumentava
il numero dei poveri; e più d'una volta accadde che il re li
serviva e spartiva loro la carne, e quando se ne andavano donava loro
dei soldi di sua mano. Similmente alla vigilia delle feste solenni,
serviva i poveri di tutte le cose sopraddette invece di mangiare lui
stesso. Aveva inoltre ogni giorno a pranzo e a cena con sé vecchi
ed infermi, e li faceva servire di quel che servivano a lui; e quando
avevan mangiato, se ne andavano con una somma di denaro. Inoltre faceva
ogni giorno abbondanti elemosine ai poveri ai religiosi ai malati, a
ospedali e altri collegi, a gentiluomini e gentildonne decaduti, a vedove
e puerpere, a menestrelli che per vecchiezza o infermità non
potevan continuar il loro mestiere, che a pena si potrebbe raccontarli.
Sicché possiamo ben dire che fu più benefico di Tito imperatore
di Roma, di cui gli antichi scritti raccontano che troppo si dolse e
s'accorò un giorno che non aveva beneficato nessuno.
Dal principio del suo regno prese a edificare chiese e conventi; tra
i quali la più celebre è l'abbazia di Royaumont. E molti
ospedali maggiori: l'ospedale maggiore di Parigi, quello di Pontoise,
quelli di Compiègne e di Vernon, ai quali assegnò larghe
rendite. Fondò l'abbazia di San Matteo a Roan, dove mise donne
dell'ordine dei Predicatori; quella di Longchamp per donne dell'ordine
dei Frati Minori, con larghe rendite. E assecondò sua madre nel
fondare l'abbazia del Giglio presso Melunsur-Seine, e quella presso
Pontoise chiamata Maubuisson, e donò loro grandi rendite e possessioni.
E fece costruire la casa dei ciechi presso Parigi, per ricoverarvi i
poveri ciechi della città, con una cappella per i servizi divini.
E poi la casa dei Certosini, presso Parigi, chiamata Vauvert, e assegnò
rendite ai monaci che l'abitavano al servizio di Nostro Signore.
E dopo questa, un'altra casa fuori di Parigi sulla via San Dionigi, chiamata la casa delle Figlie di Dio; e vi fece ricoverare un gran numero di donne che per povertà eran cadute in peccato di lussuria, e assegnò loro quattrocento lire di rendita per il loro mantenimento. E in parecchie località del suo regno aprì case di devote, donando loro rendite per vivere, e ordinò che vi fossero accolte quelle che volevan far voto di vivere in castità. Taluni dei suoi familiari trovavan da dire ch'egli facesse così larghe elemosine e spendesse tanto; e lui diceva:
«Ho più caro che questo eccesso di spese sia fatto in elemosine per l'amor di Dio, che in fasto o in vanagloria di questo
mondo». Né per esse il re tralasciava di spendere largamente in casa sua ogni giorno. Largo e liberale sempre nei parlamenti e nelle assemblee dei baroni e dei cavalieri, faceva servire con cortesia e senza riserve alla sua corte, assai più di quanto non si usasse a quella dei suoi predecessori. Jean di Joinville, Vita di San Luigi, pp. 245-247.
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