Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
2. La mobilitazione di Reims (A) Sugeri, Vita di Luigi VI
il Grosso, pp. 218-222, 226.
A testimoniare l'accresciuto prestigio del re di Francia e il ruolo
di coordinamento feudale che sempre più gli verrà riconosciuto,
ecco il racconto della reazione francese al tentativo di impadronirsi
di Reims, messo in atto nel 1124 dall'imperatore Enrico (in accordo
con Enrico I d'Inghilterra). Di fronte a quest'aggressione esterna si
determina un diffuso, movimento di adesione da parte di città,
signori laici ed ecclesiastici alla mobilitazione proclamata da Luigi
VI.
È ancora Sugeri a narrarci di quest'avvenimento, insistendo sull'indignazione
che accomuna i Francesi, spingendoli a raccogliersi attorno alla memoria
di non meglio precisate vittorie passate e a costituire una temibile
massa di forze militari, che induce il nemico a rinunciare all'impresa.
Non a caso è presa di mira Reims, la città nella cui cattedrale verrà
conservata l'ampolla dell'olio sacro impiegato nella cerimonia dell'unzione
del re di Francia e che, con la fine del XIII secolo, diventerà uno
dei luoghi simbolo della continuità dinastica.
(A) L'imperatore Enrico da
tempo alimentava in cuor suo un rancore contro nostro signore il re
Luigi, e ciò dato che nel regno di questi l'aveva colpito, nel
concilio di Reims l'anatema del signor papa Callisto [1].
L'imperatore Enrico, già prima della morte del signor papa, aveva
riunito un esercito, il più grande possibile, di Lorensi, Tedeschi,
Bavaresi, Svevi e Sassoni, per quanto, di questi ultimi fosse esposto
agli attacchi dietro consiglio del re Enrico, di cui aveva sposata la
figlia [2], e che
muoveva anch'esso guerra al re [di Francia] simulò di dirigersi
altrove, ma intendeva sferzare un attacco improvviso contro la città
di Reims, proponendosi o di distruggerla subito o assediarla portandola
a una tale prostrazione e oppressione, quanta ne aveva riservata a lui
il papa agendo in quel concilio.
Quando ciò fu riferito al re tramite una comunicazione di intimi,
con tanta audacia e coraggio ordinò una inattesa leva, convocò
i nobili e espose i termini della situazione. E dato che le relazioni
di molti e le ripetute esperienze gli avevano dimostrato che il beato
Dionigi era un patrono speciale e, dopo Dio, il protettore particolare
del regno, si affrettò a rivolgerglisi spingendolo con tutto
il cuore, con preghiere e offerte, a difendere il regno, salvare la
sua persona e resistere ai nemici, secondo il costume usato. E dato
che da costui è concesso la prerogativa che nel caso in cui qualcuno
osi invadere il regno dei Franchi [le reliquie] di quello stesso beato
e mirabile difensore con i suoi compagni vengano poste sul suo altare,
come per difenderlo, [il re] in sua presenza fece [ciò] con eguale
solennità e devozione. D'altra parte, il re prese il vessillo
della contea del Vexin, di cui è feudatario per conto della Chiesa,
traendolo dall'altare come conformemente al voto lo prendesse dal suo
signore e, con una piccola schiera, si slanciò contro i nemici
a sostenere la propria causa e con impeto invitò tutta la Francia
a seguirlo. Quindi indignata dall'insolita audacia dei nemici, l'usuale
coraggio della Francia, richiamando tutt'intorno alle armi i combattenti,
mobilitò forze e uomini, memori dell'antico valore e delle passate
vittorie.
Quando fummo convenuti con impeto da ogni luogo, apparvero tante schiere
di cavalieri e di gente a piedi che si sarebbero dette delle locuste
intente a divorare la superficie della terra, non solo seguendo la
linea dei corsi d'acqua, ma anche su montagne e pianure. Qui con il
re si attese per una settimana l'attacco dei Tedeschi […]. Si
era anche provvisto che ovunque l'esercito si fosse trovato a combattere,
compatibilmente con la natura del luogo, si trovassero carri e carrette,
disposti in cerchio a mo' di castelli che fornissero acqua e vino
a quelli stanchi e ai feriti, affinché i forti si potessero allontanare
dal combattimento e qui dissetandosi e rifasciandosi le bendature,
potessero tornare a combattere per la vittoria. Resa nota la decisione
di una tale e tremenda contromisura e dell'apparizione di una leva
fortissima e giunto ciò alle orecchie dell'imperatore, simulando e
dissimulando, fuggì di nascosto, mascherandone il motivo, e si diresse
altrove, preferendo subire l'ignominia, di una diserzione al rischio
di esporre la sua persona e il suo potere alla tremenda vendetta dei
francesi. Sugeri, Vita di Luigi VI il Grosso, pp. 218-222, 226. [1] Callisto II (1119-1124),
nel concilio avviato il 20 ottobre 1119.
[2] Matilde, sposata nel gennaio 1114.
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