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Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XI
Le monarchie nazionali:
l'Inghilterra

3. Giovanni Senza Terra e la Chiesa.
(A) Annali del monastero di Waverley, RS 36/2, p. 282.
(B) Giovanni Senza Terra, Lettera al papa Innocenzo III (1213), PL 216, coll. 878-880.

Alla morte di Enrico II l'Inghilterra ebbe un sovrano che non risiedé quasi mai sull'isola. Riccardo Cuor di Leone, re dallo spirito cavalleresco, si era impegnato nell'impresa della crociata (1188-1190) per la riconquista di Gerusalemme [cfr. cap. 12, 3]. Riccardo fu poi catturato per conto di Enrico IV mentre tornava dalla Terrasanta [cfr. capitolo 10, 5 (B)] per contrastare il fratello Giovanni, reggente (in sua assenza si era) ribellato alla sua autorità. A dispetto della politica dilatoria di Giovanni, il forte riscatto chiesto per la liberazione di Riccardo venne raccolto prevalentemente ad opera dell'arcivescovo di Canterbury e giudice supremo Hubert Walter, lo stesso che per tutto quel periodo assicurò il mantenimento dell'amministrazione del regno. Liberato, Riccardo non rientrò mai in Inghilterra. Confermando la sua anomalia di sovrano aquitano, morì combattendo oltremanica, dopo aver perdonato il fratello, che gli successe (1199).
La pretesa di Giovanni di governare in modo arbitrario gli attirò subito contro l'ostilità dei baroni (A).
Già nei riguardi della Chiesa il dissidio si era subito profilato concentrandosi attorno alla nomina dell'arcivescovo di Canterbury: opponendosi alla candidatura di Innocenzo III, che a quell'ufficio aveva designato Stefano Langton, Giovanni Senza Terra meritò all'Inghilterra dapprima l'interdetto (1208), poi a se stesso la scomunica (1209). Oltre all'impatto psicologico che provocò sull'isola la sospensione del culto, nel 1213 il pontefice depose Giovanni. Di fronte al pericolo di un'invasione da parte di Filippo II e al montare dell'opposizione interna dei baroni, Giovanni dovette però accettare la designazione di Langton e rimettere il regno al pontefice, che glielo ritornava come feudo (B).


(A) In quest'anno sorse una grande discordia fra il re d'Inghilterra e i suoi baroni, in quanto questi ultimi domandavano al re che venissero applicate le leggi di san Edoardo e le libertà e libere consuetudini garantite dagli altri re successivi. Ciò perché al tempo del regno di suo padre e durante gran parte del suo, i costumi divennero troppo corrotti e peggiorarono; infatti egli processò alcuni uomini senza sottoporli al giudizio dei pari e altri condannò a una morte durissima, violentò le loro mogli e figlie; e al posto delle leggi egli elevò a norma la tirannia del suo volere. Dal momento che il re negò queste accuse e rifiutò di cedere, un numeroso gruppo di magnati si unì insieme per opporglisi e in breve tempo l'intera regione fu in fermento.

Annali del monastero di Waverley, RS 36/2, p. 282.


(B) Giovanni, per grazia di Dio re d'Inghilterra, signore d'Irlanda, duca di Normandia e Aquitania, conte d'Angiò, saluta tutti i fedeli cristiani che leggeranno la presente carta. Noi desideriamo che sia risaputo da voi tutti per mezzo di questa carta, che porta il nostro sigillo, che avendo offeso in molti modi Dio e nostra Madre la santa Chiesa e essendo perciò manifestamente in gran bisogno della divina misericordia e non potendo offrire degnamente nulla per soddisfare nel dovuto modo Dio e la Chiesa, se non avessimo noi stessi e i nostri regni. Noi, volendo umiliare noi stessi per chi umiliò se stesso per noi fino alla morte, ispirati dalla grazia dello Spirito Santo e non costrettivi da violenza, né indottivi da timore, ma agendo di nostra spontanea volontà e per unanime consiglio dei nostri baroni, offriamo e liberamente concediamo a Dio e ai suoi santi apostoli Pietro e Paolo e alla nostra Santa Madre Chiesa, al nostro papa Innocenzo e ai suoi cattolici successori, gli interi regni d'Inghilterra e d'Irlanda con tutti i loro diritti e dipendenze, per la remissione dei nostri peccati e dei peccati di tutti i membri della nostra famiglia vivi o morti. E ricevendoli noi da Dio e dalla Chiesa Romana e possedendoli d'ora in avanti come……..summenzionato papa Innocenzo, ai suoi cattolici successori e alla Chiesa Romana, alla presenza del prudente Pandolfo, suddiacono e confidente del Papa, secondo la formula annessa, e alla presenza del Papa, se vi saremo ammessi, noi faremo atto di omaggio ligio ed obbligheremo i nostri successori ed eredi, datici da nostra moglie, a professare in perpetuo e senza contraddizione fedeltà, e a fare atto di omaggio in simile guisa al Supremo Pontefice di quel tempo e alla Chiesa Romana. Allo scopo di rendere manifesta questa nostra perpetua offerta e concessione, noi vogliamo e stabiliamo che la Chiesa di Roma trattenga dalle normali quanto dalle speciali rendite dei summenzionati nostri regni e per tutti i servizi e privilegi, che sarà nostro obbligo ricompensare – eccettuando in ogni caso il soldo di San Pietro – mille sterline all'anno, e precisamente cinquecento a San Michele e cinquecento a Pasqua, il che significa settecento dal regno d'Inghilterra e trecento dal regno d'Irlanda; sempre salvando la nostra giurisdizione, i privilegi e le regalie per noi e i nostri eredi. Noi desideriamo che quanto sopra sia valido in perpetuo e vincoliamo noi stessi e i nostri successori a non contravvenirvi. E se noi o qualcuno dei nostri successori lo tentasse, chiunque egli sia, se non rinsavisce anche dopo i dovuti ammonimenti, gli siano tolti i diritti al regno, e questa carta della nostra offerta e concessione resti sempre valida [1].
Io, Giovanni, per grazia di Dio re d'Inghilterra e signore d'Irlanda, da questo momento in poi sarò fedele a Dio e san Pietro, alla Chiesa di Roma, al papa Innocenzo, e ai suoi successori, che saliranno al Soglio secondo il rito cattolico; io non parteciperò ad azione, detto, accordo o deliberazione, volti a che essi perdano la vita o le membra, o siano vilmente fatti prigionieri. Impedirò che soffrano danno, se ne sono a conoscenza, e allontanerò da loro l'offesa, se potrò; o anche li informerò di ciò con la maggior rapidità possibile, o renderò edotta tal persona che io sappia per certo che li informerà. Se essi mi confideranno alcunché, sia personalmente che per mezzo dei loro inviati o di lettere, io manterrò il segreto e non lo renderò manifesto a nessuno per loro danno. Contribuirò per quanto sta in mio potere a tenere e difendere il Patrimonio di san Pietro e particolarmente il regno d'Inghilterra e il regno d'Irlanda contro tutti i nemici.
Così Dio e i Suoi Santi Evangeli mi aiutino. Facendone personalmente fede, nella casa dei Templari presso Dover, alla presenza di lord Enrico, arcivescovo di Dublino, di Giovanni, vescovo di Norwich, di Galfrido, figlio di Pietro, conte di Essex, nostro pubblico ufficiale, di Guglielmo conte di Salisbury, nostro fratello, di W. Marshall, conte di Pembroke, di R., conte di Boulogne, di W., conte di Warenne, di S., conte di Winchester, di W., conte di Arundel, di W., conte di Ferrières, di W. Briver, di Pietro, figlio di Erberto, di Warin, figlio di Gerold.
Addì 15 di maggio, nel 14° anno del nostro regno.

Giovanni Senza Terra, Lettera al papa Innocenzo III (1213), PL 216, coll. 878-880.

[1] Edoardo III ripudierà insieme al Parlamento il vassallaggio alla chiesa nel 1366.

 

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