Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
4. La Magna Charta
(A) Enrico III, Conferma della
Magna Charta, 1, 8-10, 14-16, 29-30 (1225). (B) Innocenzo III,
Lettera patente (1215).
Tra i contraccolpi della vittoria francese a Bouvines [cfr. cap. 10,
7] e della successiva pace di Chignon, che sancì per Giovanni
Senzaterra la perdita di tutti i territori d'oltremanica a nord della
Loira, va annoverato il precipitare della crisi finanziaria del regno
d'Inghilterra. Di fronte a sempre nuove richieste di sussidi da parte
di Giovanni, i baroni gli imposero di fissare regole e consuetudini
intese a regolare i rapporti tra baroni e corona.
Stesa nel 1215, la Magna Charta libertatum fu confermata a più
riprese: nel 1225 da Enrico III, con alcune modifiche e integrazioni
(ed è da questa versione che riportiamo alcuni brani) e di nuovo
nel 1297, da Edoardo. In sostanza limitava i poteri del re a vantaggio
dei privilegi dei baroni e della Chiesa; in questo senso, istituiva
una sorta di organo di controllo sulla monarchia composto da venticinque
baroni, regolava l'amministrazione della giustizia, precisava e ribadiva
il diritto feudale in materia di eredità, imponeva al re di consultare
i baroni prima di imporre nuovi tributi, riservava agli uomini liberi
il diritto di essere sottoposti al giudizio soltanto di propri pari.
Tesa a limitare i poteri del sovrano, la Magna Charta limitava anche l'influenza del
potere straniero e feudale che il papato rivendicava sul regno e pertanto incontrò
la ferma opposizione di papa Innocenzo III che la considerò nulla e invitò
i fedeli a non attenervisi (B).
(A) Enrico [1]
per grazia di Dio re d'Inghilterra, signore d'Irlanda, duca di Normandia
e Aquitania, conte d'Angiò, saluta gli arcivescovi, i vescovi,
gli abati, i priori, i conti, i baroni, i visconti, i preposti, gli
ufficiali e i balivi, e tutti i suoi fedeli che vedranno la presente
carta.
Sappiate che noi, in contemplazione di Dio, per la salvezza della nostra
anima e di quelle dei nostri predecessori e successori, per l'esaltazione
della Santa Chiesa, e per la riforma del nostro regno, abbiamo dato
ed accordato, di nostra propria e buona volontà, agli arcivescovi,
vescovi, abati, priori, conti, baroni, e a tutti del nostro regno, le
libertà qui sotto specificate, per essere da essi possedute nel
nostro regno d'Inghilterra, in perpetuo.
1. Abbiamo, in primo luogo, accordato a Dio e confermato con la presente
carta, per noi e i nostri eredi in perpetuo, che la Chiesa d'Inghilterra
sia libera, abbia integri i suoi diritti e le sue libertà non
lese. Abbiamo anche accordato a tutti gli uomini liberi del nostro regno,
per noi e i nostri eredi in perpetuo, tutte le libertà specificate
qui sotto, per essere possedute e conservate da essi e dai loro eredi
come provenienti da noi e dai nostri eredi in perpetuo.
8. Né noi né i nostri balivi ci impadroniremo delle terre
e delle rendite di chiunque per debiti, finché i beni mobili
presenti del debitore saranno sufficienti a pagare il suo debito, e
questo debitore sarà pronto a dare soddisfazione su questi beni,
i garanti del debitore non saranno escussi [2]
finché egli stesso sarà in stato di pagare. Se il debitore
non paga, per causa d'insolvibilità, o di cattiva volontà,
i garanti saranno allora tenuti a pagare, ma, se essi lo vogliono, potranno
impadronirsi e godere delle terre e rendite del debitore fino al rimborso
del debito, che essi avranno pagato per lui, a meno che il debitore
non provi che egli ha pagato i suoi debiti ai detti garanti.
9. La Città di Londra godrà di tutte le sue antiche libertà
e libere consuetudini. Noi vogliamo anche che tutte le altre città
borghi villaggi, i baroni dei cinque porti [3]
e tutti i porti godano di tutte le loro libertà e libere consuetudini.
10. Nessuno sarà costretto a un servizio più oneroso di
quel che non debba il suo feudo militare od ogni altra libera dipendenza.
14. Un uomo libero non potrà essere colpito da ammenda per un
piccolo delitto che proporzionalmente a questo delitto; non potrà
esserlo per un grande delitto che proporzionalmente alla gravità
di questo delitto, ma senza perdere il suo feudo. Ugualmente sarà
per i mercanti ai quali si lascerà il loro negozio. I villici
dei signori altri… noi stessi saranno nello stesso modo colpiti da
ammenda, senza perdere i loro strumenti di lavoro, e ognuna di queste
ammende sarà imposta dietro giuramento di uomini probi e a ciò
legalmente idonei del vicinato. I conti e i baroni non potranno essere
colpiti da ammenda che dai loro pari, e proporzionalmente al delitto
commesso. Nessuna persona ecclesiastica sarà colpita da ammenda
secondo il valore del suo beneficio ecclesiastico, ma secondo la dipendenza
del suo feudo laico e importanza del suo delitto.
15. Nessun villaggio o uomo libero potrà essere costretto a costruire
ponti sul passaggi dei fiumi, a meno di esservi obbligato giuridicamente
o in virtù di una usanza immemorabile.
16. Nessun passaggio di fiume dovrà d'altronde essere vietato,
eccetto quelli la cui interdizione rimonta ai tempi del re Enrico [4],
nostro nonno, e questi ultimi non potranno esserlo che nei medesimo
luoghi e nei medesimi limi di allora.
29. Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato
della sua dipendenza, della sua libertà o libere usanze, messo
fuori della legge, esiliato, molestato in nessuna maniera, e noi non
metteremo né faremo mettere la mano su lui, se non in virtù
di un giudizio legale dei suoi pari e secondo la legge del paese. Noi
non venderemo, né rifiuteremo o differiremo a nessuno il diritto
o la giustizia.
30. Tutti i mercanti potranno, se non ne avranno anteriormente ricevuto
pubblico divieto, liberamente e in tutta sicurezza uscire dall'Inghilterra
e rientrarvi, soggiornarvi e viaggiarvi, sia per terra sia per acqua,
per comprare e per vendere, seguendo le antiche e buone consuetudini,
senza che si possa imporre su loro alcuna esazione indebita, eccettuato
in tempo di guerra o qualora essi fossero di una nazione in guerra con
noi. E, se si trovano di questi mercanti nel regno al principio di una
guerra, saranno internati, senza alcun danno alle loro persone e alle
loro mercanzie, fino che noi o il nostro gran giustiziere siamo informati
della maniera con cui i nostri mercanti sono trattati presso il nemico;
e, se i nostri sono ben trattati, quelli del nemico lo saranno anche
sul nostro territorio.
Tutti gli usi qui sopra ricordati e tutte le libertà, che noi abbiamo
concesso nel nostro regno, per essere possedute dai nostri propri vassalli,
saranno ugualmente rispettati dai nostri sudditi, chierici o laici, riguardo
ai loro. Per questa concessione e donazione delle libertà suddette
così come delle libertà contenute nella nostra carta delle
foreste, gli arcivescovi, vescovi, priori, conti, baroni, uomini d'armi,
liberi livellari e tutti gli altri del nostro regno ci hanno dato la quindicesima
parte di tutti i loro mobili. Noi abbiamo accordato loro ugualmente, in
nostro nome e in nome dei nostri eredi, che né noi, né i
nostri eredi esigeremo da essi qualche cosa per cui le libertà
contenute nella presente carta vengano distrutte o diminuite. E tutto
ciò che si tentasse da parte di uno di essi contrariamente a questa
disposizione sarà nullo e non avvenuto. Enrico III, Conferma della Magna Charta, 1, 8-10, 14-16, 29-30 (1225).
[1] Enrico III regnò dal
1216 al 1272.
[2] Non sarà intimato loro
il pagamento del debito.
[3] I porti di Sandwich, Dover,
Hyte, Rommey, Hastings.
[4] Enrico II regnò dal 1154 al 1189.
(B) Innocenzo vescovo, servo
dei servi di Dio, a tutti i fedeli di Cristo che leggeranno questa lettera,
salute ed apostolica benedizione.
Sebbene il nostro carissimo figlio in Cristo, Giovanni illustre re degli…..scomunicammo
e ponemmo il suo regno sotto interdetto ecclesiastico, tuttavia, per
misericordiosa ispirazione di Colui che desidera non la morte del peccatore
ma che egli si corregga e viva, il re ritornò infine alla ragione
ed umilmente fece tale completa ammenda a Dio ed alla Chiesa che non
soltanto risarcì i danni arrecati e restituì le proprietà
di cui si era ingiustamente appropriato, ma conferì anche piena
libertà alla Chiesa inglese. Alla revoca delle nostre due sentenze
egli cedette inoltre il suo regno d'Inghilterra e d'Irlanda a san Pietro
ed alla Chiesa romana, e lo ricevette di nuovo da noi come feudo dietro
pagamento annuo di mille marchi, dopo averci prestato il giuramento
di fedeltà, come è chiaramente indicato nel suo diploma
munito di sigillo d'oro. E desiderando riuscire ancor più gradito
a Dio onnipotente, egli prese devotamente il segno della Croce vivificante,
con l'intenzione di andare a portare soccorso alla Terrasanta, progetto
per il quale si stava splendidamente preparando. Ma il nemico del genere
umano [il demonio], che sempre ha odiato le buone azioni, con le sue
astute arti ha spinto contro di lui i baroni d'Inghilterra, così
che con malvagia disposizione gli uomini che lo avevano appoggiato quando
egli ingiuriava la Chiesa si ribellarono contro di lui quando ritrattò
i suoi peccati e fece ammende alla Chiesa. […] E così,
per violenza e paura che possono torturare il più coraggioso
degli uomini, egli è stato costretto ad accettare un accordo
che non è soltanto vergognoso e turpe ma anche illecito ed iniquo,
diminuendo in tal maniera ingiustamente e menomando i suoi diritti e
la sua dignità regia. Ma poiché il Signore ci ha detto
per bocca del profeta Geremia: «Ti ho preposto alle nazioni ed
ai regni per svellere, per distruggere, per costruire e per piantare»
[1], ed inoltre
per bocca di Isaia: «Sciogli i legami dell'empietà, sciogli
i pesanti gravami» [2]
noi ci rifiutiamo di ignorare tanta malvagia presunzione, perché
la Sede apostolica ne uscirebbe disonorata, i diritti regi dispersi,
la nazione inglese coperta di vergogna, e l'intero progetto di crociata
messo gravemente in pericolo. E poiché questo pericolo sarebbe
imminente se le concessioni, estorte in tal maniera ad un grande principe
che ha preso la Croce, non fossero cancellate dall'autorità nostra
anche se egli stesso dovesse preferire che esse siano mantenute, in
nome di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito santo, e per l'autorità
dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo e per autorità nostra,
agendo per consiglio generale dei nostri confratelli, noi fermamente
rigettiamo e condanniamo questo accordo, e sotto minaccia di scomunica
ordiniamo che il re non osi osservarlo e che i baroni ed i loro complici
non richiedano che sia osservato, e la carta, con tutti gli impegni
e garanzie che la confermino o che ne risultino, noi dichiariamo nulla
e priva di ogni validità per sempre.
Perciò a nessun uomo sia lecito contravvenire a questo nostro documento
di annullamento e proibizione, o osare di opporsi temerariamente ad
esso. Se alcuno presumerà di tentarlo, sappia che incorrerà nell'ira
di Dio onnipotente e dei suoi beati apostoli Pietro e Paolo. Anagni,
24 agosto 1215, nel diciottesimo anno, del nostro pontificato. Innocenzo III, Lettera patente (1215). [1] Geremia I, 9-10.
[2] Isaia 58, 6.
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