Logo di Reti Medievali

Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XI
Le monarchie nazionali:
l'Inghilterra

6. Le rivendicazioni dei baroni
(A) Matteo Paris, Cronache Maggiori, RS 57/4, pp. 362-363.
(B) Matteo Paris, Cronache Maggiori, RS 57/5, p. 20.
(C) Annali del monastero di …
(D) Annali del monastero di Burton, RS 36/1, pp. 477-478.

Già nel 1244, per limitare il potere del sovrano e ridurre l'influenza degli stranieri nelle alte cariche, i baroni avevano ottenuto il diritto di nomina del cancelliere e del gran giustiziere (A). Quattro anni dopo, di nuovo il dissidio tra i baroni e la corona verteva su queste cariche e su quella di tesoriere (B). Ma ormai montava la vera e propria ribellione dei baroni, guidati da Simone di Montfort (1208-1265), conte di Leicester. Nel 1258, i nobili tennero un'assemblea presso Oxford in cui chiedevano al re una serie di misure tese a salvaguardare la propria autonomia (C). Veniva poi sollecitata la convocazione dei loro rappresentanti almeno tre volte all'anno e l'elezione da parte dei baroni dei membri del consiglio istituito con la Magna Charta. Lo schema preliminare della riforma prevista fu quindi precisato, l'anno seguente, nel provvedimenti di Westminster (si veda l'esempio della normativa sull'elezione degli sceriffi) (D), che, oltre all'espulsione degli stranieri, prevedevano l'elezione di un consiglio del re composto di quindici baroni. Tuttavia Enrico. che aveva dapprima, accettato le provvisioni, ottenuta da papa Urbano IV la dispensa dal giuramento (1261), oppose un rifiuto alle richieste del baroni, scatenando la loro reazione.


(A) Nello stesso anno i magnati di tutto il regno, arcivescovi, vescovi, abati, priori, conti e baroni si riunirono insieme, convocati a Londra da un invito del re. In questo consesso il re fece una richiesta verbale nel refettorio di Westminster che gli fosse dato un particolare sostegno finanziario, passando sotto silenzio il suo progetto di attaccare con forza la Scozia ma disse apertamente che l'anno passato era entrato in Guascogna dietro loro consiglio, come egli disse, e che era in debito di un elevato ammontare di denaro [a favore di] stranieri; e non poteva liberarsi dai propri debiti a meno di non essere aiutato generosamente da tutti loro. Gli fu replicato che essi volevano riflettere su questa materia. I magnati abbandonarono il refettorio e gli arcivescovi, vescovi, abati e priori si riunirono tra loro per trattare coscienziosamente su questo affare. Alla fine mandarono a chiedere ai conti e baroni se fossero disposti ad adeguarsi unanimemente ai loro pareri in merito alla risposta da dare e alla prestazione da stabilire. Essi disposero che non avrebbero fatto nulla che non fosse deciso insieme. Allora, di comune assenso, furono eletti, per conto del clero, l'arcivescovo di Canterbury e il vescovo di Winchester, Lincoln e Worcester, e da parte dei laici il conte R[iccardo], fratello del re, il conte Bigond, Simone di Monfort conte di Leicester e W[alter] conte Marshal, per i baroni Riccardo di Mountfichet e John Balliol. Vennero eletti anche gli abati di St. Edmund e Ramsey. Qualsiasi cosa questi dodici avessero stabilito, sarebbe stato dichiarato in comune; e non sarebbe stato mostrato al re in nessuna forma, per autorità dei dodici, prima che si fosse ottenuto il comune assenso di tutti.
E dato che le carte di libertà che il signore re aveva concesso formalmente e per ottenere le quali Edmondo, arcivescovo di Canterbury prestò giuramento, diede garanzie e promise la più grande fedeltà al re, non erano ancora state osservate; e dato che l'aiuto che così spesso era stato garantito in passato non aveva prodotto vantaggio per il re o il regno; e dato che, per difetto di un cancelliere, i provvedimenti erano spesso stati emanati contro giustizia; venne chiesto che, secondo le loro direttive, venissero designati un giudice supremo e un cancelliere per mano dei quali la condizione del regno, venisse resa stabile, secondo come era la consuetudine.
Il re non volle consentire alla petizione dei magnati, nel timore che sembrasse approvare qualcosa di nuovo su imposizione del consesso, ma promise che avrebbe migliorato ciò che aveva udito. Quindi diede loro tre settimane prima della Purificazione della beata Vergine così che essi allora avrebbero potuto incontrarsi là di nuovo. Così, se, di sua propria volontà, il re avesse in quello ………in modo tale, che i magnati ne fossero risultati soddisfatti, poi, allo scadere del termine, essi avrebbero dato una risposta riguardo alla concessione di un aiuto, sempre a patto che, se del denaro fosse stato assicurato al re, esso sarebbe stato speso da quei dodici per il profitto del regno.
Il signor re li rinviò per diversi giorni, volendo piegarli alla condiscendenza così che, fiaccati dalla stanchezza, essi avrebbero consentito a fornire un aiuto senza il rinvio del termine. Egli li incontrò più volte, ma non riuscì a convincerli perché i magnati, considerando ciò con prudenza, persistettero fermamente in quel che avevano deciso. Allora il signor re, sperando alla fine di piegare il clero alla sua volontà, chiamò insieme i prelati, e pubblicamente espose loro le lettere papali nella forma seguente.

[Segue la lettera di Papa Innocenzo IV ai prelati, che li spinge a dare un aiuto al re. Enrico esortò i prelati, incontrandoli a parte rispetto ai signori laici, finché – il momento esatto è incerto – essi fuggirono e si sciolse il consesso].

Matteo Paris, Cronache Maggiori, RS 57/4, pp. 362-363.


(B) Una quindicina di giorni dopo la festa di san Giovanni Battista, nel mese di Giugno [1] si era riunita a Londra la nobiltà di tutta l'Inghilterra, fermamente convinta da una promessa del re che egli avrebbe cambiato i suoi modi erronei, ottenuta per sé la grazia per divina influenza, e avrebbe atteggiato se stesso a più saggi consigli. Riunitisi quindi insieme tutti i magnati del regno, il re diede una tale scortese risposta: «Voi avete voluto, voi tutti uomini eminenti d'Inghilterra piegare il vostro signore alla vostra volontà e quasi imporgli una condizione troppo servile nel caso in cui egli rifiuti una delle vostre richieste. Inoltre ciascun uomo può far uso di qualsiasi consiglio gli piaccia, e da chiunque gli provenga, e ciascun capo di famiglia può promuovere, retrocedere o rimuovere da un incarico chiunque dei suoi, al contrario voi avete sfacciatamente presunto di negare questo al vostro signore re, sebbene tantomeno dovrebbero i servitori giudicare i loro padroni e i vassalli i loro principi. Né essi dovrebbero condizionarlo. Anzi, piuttosto essi sono costretti a essere diretti dalla volontà del loro signore e conformarsi alla sua volontà, dal momento che essi sono ritenuti inferiori a lui. “Poiché il servo non è al di sopra del suo signore, né il discepolo al di sopra del suo maestro” [2]. E non sarebbe il vostro re ma quasi un servo se egli si piegasse quindi alla vostra volontà. Pertanto, egli non rimuoverà né troverà sostituti per il cancelliere, il giudice supremo, o il tesoriere come avete proposto che sia disposto».

Matteo Paris, Cronache Maggiori, RS 57/5, p. 20.

[1] Il 24 di giugno 1248.
[2] Matteo, X 24.


(C) Mentre il signore re si trovava presso Woodstock, convocati e convenuti presso Oxford i magnati di tutto il regno, con armi e cavalli, insieme con il clero per provvedere, riformare e riordinare in meglio il regno, vennero giurati sotto il sacramento della fede i seguenti articoli [1].
1. I conti e i baroni chiedono riguardo alle [procedure di] successione che il figlio primogenito o la figlia, quando invero l'erede abbia raggiunto la maggiore età e abbia acquisito completamente il godimento dei suoi diritti, tanto da poter assolvere ai suoi obblighi nei confronti del suo signore come è dovuto, entri in possesso dei beni del padre liberamente dopo il padre, in modo tale che il signore direttamente abbia soltanto il possesso formale, esercitato per il tramite di uno dei suoi balivi in modo tale che nulla possa essere preso da detto balivo dai profitti della terra o dalle rendite; e lo stesso valga, nel caso in cui [il padre] muoia senza eredi, a favore del fratello, sorella o zio [ovvero] del suo nipote, figlio del primogenito; e se [il padre] non ha un fratello [o una sorella, lo stesso valga] a favore dei figli del fratello o sorella, e così via, con un ragionevole diritto di rilevare l'eredità e omaggio da rendere al signore del feudo; sempre facendo in modo che nello stesso tempo, il signore del feudo non arrechi danno, privazione, vendita o alienazione di case, boschi, allevamenti, parchi o uomini che appartengono alla terra. E se ciò avviene e sia dimostrato, la punizione sia in proporzione al danno, e tutti i danni che in una tale occasione avesse subito il suddetto erede vengano risarciti senza dilazione.
3. Inoltre essi chiedono di avere la custodia delle terre e dei possessi che sono loro feudi e degli eredi finché essi non abbiano raggiunto la maggiore età; in modo che il signore re abbia il diritto di matrimonio [2] e la custodia della persona dell'erede: e ciò essi lo rivendicano come oggetto di diritto comune.
4. Parimenti chiedono che i castelli del re siano affidati in custodia ai suoi fedeli nativi del regno d'Inghilterra per tutte le eventualità che possano accadere o determinarsi nel regno d'Inghilterra.
6. Inoltre chiedono a proposito dell'esercizio del diritto di matrimonio di pertinenza del signor re che [le donne] non siano date in moglie in modo tale che sia fatto loro torto e cioè a uomini che non siano di nascita del regno d'Inghilterra.

Annali del monastero di ……….

[1] Di seguito gli Annali di Burton hanno il testo delle petizioni dei baroni del maggio 1258, di cui riportiamo alcuni articoli nella numerazione che hanno ricevuto successivamente.
[2] Prerogative del signore di concedere, o negare il consenso al matrimonio del vassallo, spesso dietro una contropartita.


(D) 20. È stabilito [1] che quattro cavalieri siano designati in ogni contea per le malefatte degli sceriffi. Se accade che questi sbaglino, i quattro devono indurre gli sceriffi a fare ammenda. E se essi non fanno ammenda, devono segnalare gli sbagli fatti in un ruolo e mostrarli al giudice supremo alla fine dell'anno, quando questi ne fa richiesta, o prima se egli li richieda prima di allora, e se i querelanti che hanno subito tali malefatte vogliono intentare causa. E questi suddetti quattro cavalieri non hanno alcun potere di interferire nello svolgimento delle attività degli sceriffi.
22. II giudice supremo, il tesoriere, Sir Enrico di Bath, Sir Ruggero di Thurkebly e i baroni dello Scacchiere quest'anno devono decidere quali uomini ragguardevoli e leali debbano diventare sceriffo quest'anno. E questi devono essere valvassori delle stesse contee in cui servono. E per il prossimo anno, prima della festa di San Michele [2], devono essere eletti dalla corte della contea convocata al completo, quattro uomini ragguardevoli e leali che saranno utili al re e alla contea in questa carica. E per la festa di San Michele essi debbono essere allo scacchiere. E i baroni devono scegliere coloro che a loro giudizio sono i più competenti.

Annali del monastero di Burton, RS 36/1, pp. 477-478.

[1] È il testo delle provvisioni di Westminster (1259) riportato negli Annali di Burton.
[2] Il 29 settembre.

 

© 2000-2005 Reti Medievali Ultimo aggiornamento: