Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Antologia delle fonti bassomedievali > XII > 10

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XII
L'espansione europea / 2
Vicino Oriente, Bisanzio, Europa dell'Est

10. Gli Svevi e l'ordine teutonico
(A) Federico I, Diplomi, DRG 10/1, n. 80 (1154).
(B) Federico I, Lettera a Wibaldo abbate di Corvey (1157).
(C) Storia diplomatica di Federico II, II/1, pp. 549-552 (1226).
(D) Pietro di Duisburg, Cronaca della terra di Prussi, anno 1313.
(E) Storia diplomatica di Federico II, II/2, pp. 865-866 (122 5).
(F) Storia diplomatica di Federico II, II/2, pp. 865-866 (122 5).

Gli imperatori svevi non si impegnarono quasi mai direttamente nella colonizzazione dell'Europa orientale, ma – impegnati nelle faccende italiane [cfr. capitoli 7 e 14] – delegarono questo compito alla grande feudalità e in particolare a quella casa di Sassonia che doveva, ad un certo punto, rappresentare una pericolosa rivale della stessa stirpe imperiale: così Federico Barbarossa abbandonò nelle mani di Enrico il Leone importanti privilegi (comprese le investiture ecclesiastiche) sulle terre al di là dell'Elba (A). Nel 1157 comunque una lettera del Barbarossa ci informa di una sua vittoriosa spedizione in Polonia (B).
Federico II, da parte sua, dette via libera ai fedeli monaci-cavalieri dell'Ordine Teutonico, trasferiti nel nord dalla Terrasanta: il privilegio per il gran maestro Hermann von Salza del 1226 segna l'ingresso dell'Ordine in Polonia e la prima pietra del futuro stato prussiano fondato dai Teutonici (C). Analogamente Federico favorì l'altro ordine dei Cavalieri Portaspada indirizzato più direttamente alla lotta contro i Baltici. L'ordine era stanziato in Livonia e in seguito sarà assorbito dai Teutonici (D). Anche l'Estonia, come testimonia la fondazione di Memel, rientrò ben presto nel raggio d'azione dei monaci-cavalieri (F).
Enrico VII, figlio di Federico II, dette infine l'autorizzazione vescovo Alberto di fondare Riga: le nuove capitali del Baltico devono insomma la foro nascita alla penetrazione tedesca (E).


(A) Sappia lo zelo di tutti i feudi presenti e futuri che noi abbiamo ingiunto al nostro caro Enrico, duca di Sassonia, che istituisca, fondi e costruisca vescovati e chiese per la propagazione dei dominio dei nome cristiano nella provincia al di là dell'Elba, che egli tiene per la nostra munificenza. Noi gli conferiamo la libera facoltà di dotare queste chiese di beni fiscali, secondo il suo giudizio e la natura dei territori. 
E perché egli realizzi questi fini con più zelo e devozione noi accordiamo, a lui e ai suoi successori nella provincia, l'investitura di tre vescovati: Oldenburgo, Mecklemburgo, Ratzeburgo, in modo tale che chiunque sarà eletto sul seggio episcopale riceva dalla sua mano, come se fosse la nostra, ciò che è diritto dei re [concedere]. Noi aggiungiamo che, se nelle regioni circostanti dove la religione cristiana non è ancora professata riuscirà a fondare un vescovato con la sua valentia, egli vi avrà il medesimo potere.

Federico I, Diplomi, DRG 10/1, n. 80 (1154).


(B) Sebbene la Polonia sia difesa sia dall'abilità degli uomini sia dalla natura, a tal punto che i re e gli imperatori nostri predecessori non giunsero che con grande fatica alle rive dell'Oder, grazie a Dio, che chiaramente ci apri la via, abbiamo forzato le barriere innalzate con grande sforzo d'ingegnosità nei passaggi stretti, con mucchi di alberi abbattuti o con grandi sbarramenti di rocce. Nell'ottavo giorno dell'Assunzione della Santa Vergine, noi, contro le aspettative dei Polacchi, abbiamo passato con tutto il nostro esercito l'Oder, questo fiume che cinge il loro territorio come un muro e la cui profondità blocca ogni accesso. Tale era l'impazienza di tutti di guadagnare l'altra riva che alcuni sparirono dentro gorghi profondi, ma altri passarono a nuoto. A questa vista i Polacchi si spaventarono e non videro altra risorsa che fare il vuoto e distruggere tutto. Le città fortificate di Glogau e di Beuthen e molte altre ancora, che prima d'allora non erano mai state prese da un nemico, furono date alle fiamme per paura dei nostri colpi. E sebbene essi avessero riunito un'immensa armata grazie ai contingenti dei loro vicini, Ruteni, Parti, Prussiani e Pomerani, presero la fuga davanti a noi.

Federico I, Lettera a Wibaldo abbate di Corvey (1157).


(C) In nome della santa e individua i Trinità Federico secondo per divina clemenza imperatore romano sempre augusto, re di Gerusalemme e di Sicilia. Per questo Dio innalzò, sublime, il nostro impero su tutti i re della terra e ampliò i confini dei nostro dominio nelle diverse regioni del mondo, perché la cura della nostra sollecitudine si impegni nel magnificare il suo nome nei secoli e nel propagare la fede fra i pagani; affinché ci impegnano non a meno a sottomettere che a convertire i pagani, assecondano la grazia della sua provvidenza, mediante la quale uomini cattolici si assumono il compito di soggiogare le nazioni barbare e di riformare il culto divino con assidua fatica ed espongono senza cedimenti tanto i beni che le persone. Questo è il motivo per cui, con il presento scritto, vogliamo che sia noto a tutti i [fedeli] presenti e futuri dell'impero che il fratello Ermanno, venerabile maestro della sacra Casa dell'Ospedale di S. Maria Teutonica in Gerusalemme, nostro fedele, manifestando la devota volontà del suo animo ci rivelò che il nostro devoto Corrado, duca di Masovia e di Cuiavia, promise e offrì di provvedere per lui e i fratelli la terra chiamata Culm e altra terra, fra la sua marca e i confini dei Pruteni […]; il quale dono non aveva ancora ricevuto e implorava perciò supplichevolmente la nostra altezza. […]
Noi pertanto, considerando la pronta e evidente devozione del medesimo maestro per la quale ardeva nel Signore [dal desiderio] di ottenere la medesima terra per la sua Casa, e che questa terra fa felicemente parte dell'impero, […] abbiamo concesso all'autorità del medesimo maestro di invadere terra di Prussia con le forze della Casa e con ogni mezzo; concedendo e confermando al medesimo maestro, al suoi successori e alla sua Casa in perpetuo tanto la predetta terra che riceverà dal detto duca, secondo quanto ha promesso e a quanta altra ne concederà, e inoltre la terra che, con l'intervento di Dio, conquisterà in Prussia, [esercitandovi] il vecchio e dovuto diritto imperiale su monti, pianure, fiumi, boschi e mari, per tenerla libera da ogni servizio ed esazione e immune; e non siano tenuti a rispondere per ciò a nessuno. Sia lecito inoltre ad essi, per tutta la terra della loro conquista […], per gli interessi della Casa stabilire telonei e diritti di passaggio, istituire mercati, battere moneta […], possedere ed avere in eterno le miniere d'oro, argento, ferro e altri metalli e i giacimenti di sale che ci saranno o saranno trovati in queste terre. Concediamo inoltre loro di creare giudici e rettori che reggano e governino giustamente il popolo loro soggetto, sia i convertiti che quelli che permangono nella loro superstizione […]. Aggiungiamo infine, per nostra grazia, che il medesimo maestro e i suoi successori abbiano ed esercitino nelle loro terre quella medesima giurisdizione e potere che un altro principe dell'impero può avere nella terra che possiede, al massimo grado […].

Storia diplomatica di Federico II, II/1, pp. 549- 552 (1226).


(D) Federico secondo per grazia divina sempre augusto dei Romani, re di Gerusalemme e Sicilia. […] Vogliamo che sia noto a tutti i nostri fedeli dell'impero, presenti e futuri che Volkin, venerabile [maestro] della Casa della Milizia di Cristo in Livonia e i fratelli e nostri fedeli […] supplicarono la nostra altezza perché era grandemente opportuno per loro un aiuto della nostra benevolenza, a causa dei pagani loro vicini e per la speciale difesa degli uomini di quella regione, [e ci chiesero] di confermare, a loro e ai loro successori , tutti i possessi e i diritti che i vescovi di Livonia e Leale [1] possiedono giustamente in quelle terre e in futuro potranno ottenere a giusto titolo […]. Noi pertanto, considerando le lotte che il ricordato maestro potranno i e i fratelli cavalieri di Cristo sostengono frequentemente per la fede cristiana, e quanto siano necessarie le loro forze anche per confortare nella religione cristiana e difendere in quelle terre quelli che sono da poco convertiti, accogliendo misericordiosamente le suppliche del predetto maestro e dei cavalieri di Cristo per riverenza verso Dio […], confermiamo ad essi in perpetuo tutti i possessi e i diritti che sono posseduti giustamente e che in futuro potranno essere ottenuti in quelle parti dai vescovi di Livonia e Leale.

Storia diplomatica di Federico II, II/1, pp. 583-585 (1226).

[1] Oesel.


(E) Enrico re dei Romani e sempre augusto, a tutti i fedeli dell'impero […]. Dietro richiesta di Alberto, venerabile vescovo di Livonia, istituiamo una marca in tutto il suo episcopato e cioè in Livonia, Letia, Leale e nelle terre marittime, e per regale munificenza gli concediamo il medesimo principato con il diritto degli altri principi, dandogli l'autorità di battere moneta e di fondare una città a Riga e negli altri luoghi dove sarà opportuno o Se poi in quei luoghi sarà trovata una vena di qualche metallo o un tesoro nascosto, in queste cose abbiamo affidato alla stia fede, dietro consiglio dei nostri principi, il nostro speciale diritto. Stabiliamo pertanto, e sotto la determinazione della nostra grazia fermamente ordiniamo, che al predetto vescovo si risponda per tutte le giustizie e gli interessi spettatiti alla giurisdizione regale, e in tutto sia obbedito. Poiché noi lo amiamo sinceramente, come spetta ad un diletto principe dell'impero, e dato che per suo tramite si dilatano i confini dell'impero e, con l'approvazione di Dio, l'infedeltà barbarica viene sottoposta al giogo di Cristo, non vogliamo omettere nulla di ciò che può andare a suo vantaggio e a suo onore.

Storia diplomatica di Federico II, II/2, pp. 865-866 (122 5).


(F) L'anno dei signore 1313, alla festa di Pasqua, il gran maestro, il fratello Carlo. per la lode e la gloria di Dio e di sua madre e l'ampliamento dei confini della cristianità, mise all'opera tutta la tenacia delle sue truppe per edificare il luogo di Christmemel, sulle rive della Memel, a sei leghe a monte di Ragnit.
L'affluenza di navi fu tale in questo luogo che sulla Memel fu gettato un ponte, che poteva traversare facilmente chi veniva [al fiume] con lo scopo di raggiungere le terre degli infedeli. I Lituani concepirono più ammirazione per quest'opera che per tutte le imprese dei cristiani che essi poterono vedere durante la loro vita.

Pietro di Duisburg, Cronaca della terra di Prussi, anno 1313.

 

© 2000-2005
Reti Medievali
Up Ultimo aggiornamento: