Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
5. La lotta in oriente fra le città italiane (A) Martin da Canal, Storia di
Venezia, 69-71. (B) Annali Genovesi, FSI
14, pp. 30-32. (C) Andrea Dandolo,
Cronaca estesa, RIS2 12/1, VII.
Presenti in Terrasanta fin dalla prima metà dei XII secolo [cfr. paragrafo
1], Venezia, Pisa e Genova si combatterono ferocemente per il possesso
delle principali piazzeforti commerciali e per l'ottenimento di privilegi
da parte dei poteri politici. L'intersezione delle aree di influenza
delle tre città era profonda soprattutto in Siria e Palestina,
a Tiro, Giaffa, Acri, Tripoli. Gli scontri armati sono già frequenti
nel XII secolo e si infittiscono ulteriormente nel XIII, quando – essendo
ormai in netta decadenza Pisa – Genova deve fronteggiare la decisa ascesa
veneziana, Cile poggiava sulla grande ricchezza e potenza acquisita
dalla città lagunare nel nuovo impero latino di Costantinopoli
sorto in conseguenza della quarta crociata; in questo quadro è
importante anche l'acquisto della base territoriale di Creta, occupata
dai Veneziani definitivamente nel 1211 (A).
Il momento più caldo dello scontro duecentesco tra Genova e Venezia
fu la cosiddetta «guerra di Acri» (1257-58), vinta dai Veneziani,
per il controllo di quella città (B);
ma la guerra continuò anche in seguito (C),
incrociandosi con la riscossa greca nei confronti dell'impero latino,
che era appoggiata naturalmente dal Genovesi.
La stessa ricostituzione dell'impero bizantino nel 1261, ad opera di Michele Paleologo,
può dunque essere vista – in parte almeno – come un episodio della
lotta tra Genova e Venezia per il predominio commerciale in oriente. (A) Quando messer Ranieri Dandolo e
messer Ruggero Piermarino, capitani, ebbero preso Corone, la misero
sotto buona guardia e partirono di là con la loro compagnia e
si recarono a Candia, che è una città dell'isola di Creta.
E cominciò subito una battaglia straordinariamente grande: quelli
di Creta si difendevano con vigore e i Veneziani portavano loro impetuosissimo
assalto. I due capitani si batterono valorosamente e i Veneziani s'impegnarono
tanto che quelli della città non poterono reggere: volgono in
fuga e i Veneziani li incalzano. E la loro prodezza fu tale che presero
Candia, cioè la maggiore città di Creta: e d'allora in
poi messere il doge Pietro Ziani fu signore dell'isola di Creta e la
diede a molti Veneziani, che da allora in poi furono cavalieri e tengono
la cavalleria per messere il doge di Venezia.
A quel tempo, come vi ho raccontato, i Veneziani erano in guerra coi
Genovesi, e messere il doge fece armare sei navi e sei galee – e ciò
due anni dopo la presa di Candia – e fu eletto capitano messer Jacopo
Longo. Salparono da Venezia e si misero in alto mare e tanto andarono
per mare che incontrarono tre navi genovesi: e il capitano le fece subito
prendere; e le altre navi genovesi che erano in mare se ne andarono
in fuga fino a Genova e il capitano tornò a Venezia con le navi
e le galee.
Che dirvi? Quella guerra tra Veneziani e Genovesi durò a lungo
e si danneggiarono molto spesso reciprocamente; finché la fama,
che corre veloce, se ne andò a Costantinopoli, e si seppe che
i Genovesi avevano presa una nave veneziana – e ciò avvenne nell'anno
1214 dall'Incarnazione di nostro signor Gesù Cristo. E quando
il podestà di Costantinopoli [1]
ricevette la notizia, fece armare subito due navi e due galee veneziane,
e fu eletto capitano messer Giovanni Trevisan.
Quel capitano salpò da Costantinopoli con la compagnia che vi ho
raccontato, e si misero in mare e andarono fino a Cartagena che si trova
sul mare di Genova, e lungo il percorso presero quattro navi genovesi;
e nel Garbo e ai Trapani e intorno alla Sicilia presero ventisette navi
genovesi. E quand'ebbero fatto ciò, ritornarono con grande gioia
e con grande festa a Costantinopoli e messere il podestà riservò
loro grande accoglienza; e sappiate che essi fecero grande bottino sui
Genovesi. Martin da Canal, Storia di Venezia, 69-71. [1] Il massimo funzionario veneziano di Costantinopoli e
dell'intera Romània.
(B) Affinché sia meglio conosciuta,
mi sono proposto di spiegare quanto più brevemente possibile
la causa della discordia nata Oltremare tra Genovesi, Veneziani e Pisani,
sebbene essa sia nata in tempi diversi.
Bisogna infatti sapere che Veneziani e Genovesi a lungo sono stati in
pace. […]. Essendo tuttavia in Acri consoli i nobili Simone Malocello
[…], un Genovese fu colpito da un Veneziano, e a quel punto i
Genovesi presero le armi e, radunatasi una folla in grande tumulto andarono
fino al palazzo dei Veneziani, cacciando per le vie tutti i Veneziani
e anche ferendone alcuni. I Veneziani furono molto turbati da questi
avvenimenti, e mantennero rancore nel loro animo, sebbene i Genovesi
facessero molte scuse per tutto ciò, dicendo che era accaduto
improvvisamente, senza una volontà deliberata. […]
In seguito una nave veneziana fu catturata da alcuni [pirati], e un
genovese, Barozio Mallone, la comprò; e, allorché la portò
nel porto di Acri, i Veneziani non ricorsero al diritto ordinario ma
alla violenza, impadronendosene con la forza. Per questo motivo i Genovesi
presero le armi, invasero il porto di Acri, recuperarono la predetta
nave e presero tutte le navi veneziane, danneggiando i Veneziani nella
cattura.
Essendo avvenuti questi fatti, vennero ad un [tentativo di] accordo;
ma poiché non riuscirono a concordare sul risarcimento dei danni,
la cosa rimase a questo punto. E per questo i Veneziani mandarono messaggeri
al doge di Venezia e a Venezia, presentando molte lamentele sui Genovesi.
Il doge per questo mandò molte lettere a Genova piene di lamentele
per le offese che diceva essere state compiute dai Genovesi Oltremare,
e fu stabilita dai Genovesi un'ambasceria che si doveva incontrare a
Bologna con gli ambasciatori di Venezia. Fu tuttavia tanto rimandata
che i Veneziani mostrarono il loro animo, [tutto teso] ad offendere
i Genovesi: e infatti quello stesso anno con un loro convoglio inviarono
quattordici galee armate che, approdate al porto di Acri, presero e
bruciarono tutti i legni genovesi. Presero anche la casa di S. Saba
che era tenuta dai Genovesi, e la bruciarono, e così pure molte
case nella città. I Genovesi allora, vedendo questi fatti, presero
le armi e attaccarono battaglia con Pisani e Veneziani; ci furono molte
stragi e rovine e nell'incendio bruciarono molte case al di fuori della
ruga [1] di quelli. Così
entrambe, le parti si prepararono alla guerra alzando difese. Preparando
macchine e tutto quello che era utile e necessario perse, preparando
macchine la guerra. Inoltre in città c'erano più di cinquanta
tra briccole, trabucchi e mangani, che giorno e notte si gettavano pietre
a vicenda. In quello stesso periodo i Genovesi distrussero dalle fondamenta
una vecchia torre del Pisani, che quelli non furono capaci di difendere.
Annali Genovesi, FSI 14, pp. 30-32.
[1] Via, con il significato di quartiere.
(C) In quell'anno [1]
Iacopo Dauro entrò nel mar Pontico con dieci galee, prese la
città di Mesambria e portò via dalla chiesa di S. Sofia
il corpo di S. Teodoro martire, il quale, dopo aver ucciso il drago,
fu decollato per ordine di Licinio augusto. Poi Iacopo Dauro portò
il corpo a Venezia e lo mise nella chiesa di S. Salvatore, sua pieve.
[…] Poiché le forze dei Latini erano debilitate, il doge,
inviando Iacopo Querini come capitano delle sue galee a tutela dell'impero
di Costantinopoli conservò intatto [2].
[…] In quell'anno [3]
Teodoro, che si considerava imperatore dei Greci, morendo lasciò
fiducioso i suoi figli alle cure di Michele Paleologo.
Questi, essendo aumentato in potenza e avendo indebolito le forze dei
Latini, prese la città di Costantinopoli. Pertanto Marco Gradenigo,
allora podestà dei Veneziani [di quella città], l'imperatore
Baldovino e il patriarca Pantaleone Giustiniani, con molti Latini, si
rifugiarono a Negroponte trasportati da navi veneziane, e furono accolti
onorevolmente da Lorenzo Tiepolo, baiulo dei luogo, colpito dall'eccezionalità
della situazione. […] Michele Palelologo, spinto dall'ambizione
di diventare imperatore, fece soffocare i figli di Teodoro (che gli
erano stati affidati) e cinse la corona imperiale; fece un patto con
i Genovesi, che riteneva simili ai Veneziani, e ricevette subito da
loro trenta galee bene armate. […] Per esortazione dei baiulo
Lorenzo Tiepolo tre galee uscirono da Negroponte e fecero grande strage
dei Greci presso Costantinopoli, ma, mentre tornavano, furono catturate
dalle galee dei Genovesi: alcuni dei prigionieri furono uccisi gli altri,
presentati all'imperatore, furono accecati dietro suo comando. […]
In quell'anno [4]
i Genovesi, essendo venuti a sapere che i Veneziani avevano preparato
un convoglio che doveva partire per la Siria, mandarono Oberto Doria
armato di venticinque galee il doge di Venezia tuttavia fece partire
lo stesso il convoglio, ma per stia sicurezza inviò [anche] Marzo
Zeno alla testa di trenta galee. Questi, [giunto] presso Modone [5],
avendo avuto notizie delle galee genovesi lasciò il convoglio,
avanzò verso di quelle e le insegui audacemente mentre fuggivano;
e poiché non riuscì ad ottenere nulla, tornò a
Modone, e, preso con sé il convoglio, si diresse verso Acri.
Allora Pasquale Malono, con quattro galee, prese presso Dragenara una
nave veneziana, carica di merci e di mercanti, che navigava verso Negroponte;
e Oberto Doria, salvatosi con la fuga, conquistò il forte di
La Canea nell'isola di Creta e lo distrusse; [dal canto suo] il capitano
dei Veneziani, lasciata la carovana ad Acri, tornò in patria.
[…]
Nel frattempo, Iacopo Dandolo, mandato come capitano di tredici galee
per scortare la carovana che stava per tornare, [giunto] presso Modone
ebbe sentore di quelle novità, e, navigando verso Negroponte,
incontrò il convoglio; [tutti insieme] tornano a Ragusa, e, [poiché
lì furono informati da Giovanni Storlano conte del luogo, che
Luca Grimaldi con ventotto galee si dirigeva verso la Siria, lasciato
fa Ragusa] il convoglio [Iacopo Dandolo] si diresse verso di quelli;
[i Veneziani] trovarono i Genovesi nel porto di Acri che attaccavano
gli abitanti e presero loro virilmente cinque galee, con i loro equipaggi;
le altre, messesi al sicuro con una fuga a Tiro, in seguito tornarono
a Genova. Andrea Dandolo, Cronaca estesa, RIS2 12/1, VII. [1] Anno 1257.
[2] Anno 1257-1259.
[3] Anno 1261.
[4] Anno 1265-1266.
[5] Modone in Messenia.
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