Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
7. Il paganesimo degli Slavi (A) Elmoldo, Cronaca degli Slavi,
SRG 32, I, 52. Il mondo slavo nel XII e XIII secolo fu al centro di un duplice attacco, da
est (i Mongoli) e da ovest (i Tedeschi). Il cuore della civiltà
degli Slavi era costituito – come in tutte le società pressoché
ferme allo stadio tribale, come era il caso soprattutto delle popolazioni
slave del nord – dalla loro religione pagana, una religione indoeuropea
con forti tratti comuni al di sopra dei frazionamento tribale. Boschi
sacri e culto degli antenati, nel racconto di Elmoldo, si uniscono a divinità
cupe e a riti sanguinosi e demoniaci: è evidente, come sempre in
questi casi, l'incomprensione culturale dell'osservatore cristiano; anche
se è indubbio che la crudeltà della lotta tra Tedeschi e
Slavi dovette dare spazio, nel culti di questi ultimi, a numerose uccisioni
rituali di prigionieri cristiani.
(A) In quei giorni [1]
crebbe in Slavia il culto di molti idoli e l'errore delle superstizioni.
Infatti [fra tutti i loro dèi], oltre ai boschi sacri e al culto
degli antenati - dei quali campi e castelli abbondavano -, primi e più
importanti erano Prove, dio della terra di Aldenburg, Siva, dea dei
Polabi, Radigast, dio della terra degli Obodriti. A questi [dèi]
erano addetti i sacerdoti e dedicate le libagioni sacrificali e il molteplice
culto religioso. Inoltre [è] il sacerdote [che] stabilisce, secondo
la volontà della sorte le solennità da dedicare agli dèi;
e [allora] si riuniscono uomini e donne, con i bambini, e uccidono per
i loro dèi buoi e pecore come vittime, [ma] anche molti uomini
cristiani, del cui sangue affermavano che i loro dèi si compiacessero.
Dopo che la vittima è stata uccisa, il sacerdote beve il sangue
per essere più abile nel pronunciare gli oracoli. Infatti è
opinione di miti che con il sangue è più facile evocare
i demoni. Consumati i sacrifici secondo l'uso, il popolo si dedica ai
banchetti e alla festa. C'è anche questo strano errore tra gli
Slavi: infatti nei loro banchetti e bevute collettive portano in giro
una tazza, nella quale raccolgono parole non dirò di consacrazione,
ma di esecrazione in nome dei [loro] dèi, del buono come del
cattivo, riconoscendo apertamente che ogni prospera fortuna è
governata dal dio buono, l'avversa dal dio cattivo. Per cui chiamano
anche nella loro lingua il dio cattivo Diabol o Zeerneboch, cioè
dio nero. Fra i molti dèi degli Slavi è potentissimo Zuantevith,
dio della terra dei Rugiani, in quanto molto efficace negli oracoli,
al cui cospetto gli altri erano ritenuti quasi [semplici] semidei. Perciò
erano soliti dedicare a lui annualmente, a mo' di bestiame, un cristiano
che la sorte aveva indicato. E da tutte le province slave mandavano
a quello le offerte stabilite per i sacrifici.
[Gli Slavi] sono caratterizzati da una straordinaria riverenza per l'amore
verso i boschi; non indulgono facilmente al giuramenti né sopportarono
che il bosco sia profanato dai nemici. Inoltre la gente slava è
di una crudeltà congenita, che non si riesce a saziare; non sopporta
l'ozio, tormentando [perciò] le regioni adiacenti per terra e
per mare. Quanti generi di morii inflissero ai cristiani è difficile
da raccontare: ad alcuni estrassero le viscere legandole intorno ad
un palo; altri li inchiodarono in croce, irridendo il segno della nostra
redenzione. Ritengono infatti che [solo] i più scellerati siano
inchiodati in croce. Quelli che tengono in prigionia per farli riscattare
con il denaro, li affliggono con tante torture e ceppi [così
dolorosi], che a stento uno che non è al corrente di queste cose
se lo può immaginare. Elmoldo, Cronaca degli Slavi, SRG 32, I, 52. [1] Siamo negli anni 1131-1134.
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