Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
9. La crociata del nord (A) Elmoldo, Cronaca degli Slavi, SRG 32, I, 59, 62, 63, 65. Sull'aspetto della pacifica penetrazione agricola prevalse ben presto
quello dell'intollerante lotta al nemico pagano. A Francoforte, Bernardo
di Clairvaux predicò contemporaneamente la crociata contro i
musulmani di Gerusalemme [cfr. paragrafo 3] e di Spagna e contro gli
Slavi (1146). I medesimi protagonisti dei dissodamenti, come i vescovi
di Amburgo e i vescovi di Holstein, si misero allora a capo delle forze
cristiane, ponendo fine alla precedente fase di patteggiamenti con i
capi slavi. Ma gli interessi dei signori tedeschi già da tempo
presenti stabilmente in terra slava spingevano per un accordo, contro
una guerra che devastava le loro stesse terre. Per questo, nonostante
la superiorità militare tedesca, la guerra si trascinò
senza episodi decisivi, con una serie di compromessi e di falsi battesimi
da parte slava. (A) Durante il papato del santissimo Eugenio e il regno di Corrado, fiorì
Bernardo abbate di Chiaravalle, la cui fama fu resa celebre da un grande
numero di segni, a tal punto che da tutto il mondo folle di popolo affluivano
da lui, desiderose di vedere i miracoli da lui compiuti. Questi pertanto,
entrato nella terra teutonica, si recò nella celebre curia di
Francoforte, dove allora, per caso, il re Corrado era accorso per fare
festa con una gran folla di principi. Stando dunque il santo uomo in
chiesa, tutto desideroso di curare malati nel nome di Dio, alla presenza
del re e dei maggiori poteri, era incerto fra tante schiere di gente
di cosa uno soffrisse ovvero chi, per caso, soccorrere. Era lì
presente il nostro conte Adolfo [1],
che desiderava conoscere con maggiore certezza la virtù di quell'uomo,
operante per azione divina. Nel frattempo al santo è presentato
un fanciullo cieco e zoppo, sulla cui malattia non poteva esserci alcun
dubbio […]; [Bernardo] gli restituì la vista, poi, correggendo
le ginocchia contratte, gli ordinò di correre sui gradini, dando
indizi evidenti di aver recuperato sia la vista che la capacità
di camminare.
Il santo, istruito non so da quali oracoli, prese ad esortare i principi
e l'altra folla dei fedeli ad andare a Gerusalemme a combattere e a
soggiogare alle leggi cristiane le barbare nazioni dell'oriente, dicendo
che si avvicinavano i tempi nei quali la pienezza dei popoli doveva
entrare, e così tutto Israele sarà salvo [2].
Subito, alle parole esortatrici di quello, è incredibile a dirsi
quanta folla di gente si votò alla partenza i primi e più
importanti erano il re Corrado, Federico duca di Svevia, che poi regnò
[3], il duca Guelfo con
vescovi e principi, la cavalleria dei nobili e un numero che supera
ogni stima possibile di non nobili e popolani. Che dirò dell'esercito
teutonico, quando anche Luigi re di Parigi [4]
e tutta la forza dei Franchi aspiravano ad entrare a far parte di esso?
Non è noto ai tempi vicini né udito da un secolo che un
esercito di tale importanza si radunasse, un esercito dico, così
grande. Furono segnati con la croce sulle vesti e sull'armatura. Sembrò
[opportuno] d'altra parte ai capi della spedizione destinare una parte
esercito in oriente un'altra in Spagna, una terza agli Slavi che abitano
presso di noi.
Il terzo esercito dei crociati si occupò degli Slavi, degli
Obodriti e Liutizi nostri vicini, per vendicare morti e stermini compiuti
verso i cristiani, in particolare i Danesi. Capi di questa spedizione
erano Alberone vescovo di Amburgo e di tutta la Sassonia, Corrado duca
di Zähringen Adelberto marchese di Saltwedel Corrado di Within. Udendo
allora Nicloto che in breve tempo si sarebbe radunato un esercito per
distruggerlo, convocò tutta la sua gente e cominciò a
costruire il castello di Dobin, perché fosse un rifugio per il
popolo in caso di necessità. E mandò ambasciatori al conte
Adolfo, ricordandogli il patto che avevano stipulato, e contemporaneamente
chiedendogli di dargli la possibilità di un colloquio e di avere
un consiglio. E poiché il conte rifiutava dicendo che questo
sarebbe stato incauto da parte sua a causa della contrarietà
dei principi, egli mandò degli ambasciatori a dirgli: «Avevo
stabilito di essere il tuo occhio e il tuo orecchio nella terra degli
Slavi che hai cominciato ad abitare, perché tu non subissi le
molestie degli Slavi che un tempo possedevano la terra dei Vagrii [5]
e rifiutano di essere privati ingiustamente dell'eredità dei
loro padri. […]» Dissero i messaggeri del conte a Nicloto:
«La necessità che tu conosci impedisce al nostro signore
di parlare con te questa volta. Ma mantieni ancora la tua fede e la
tua promessa verso il nostro signore, in modo tale che, se vedrai guerre
da parte degli Slavi sorgere contro di lui, lo premunirai.»
E Nicloto promise. […] Ma le cose andarono diversamente.
Sentendo infatti Nicloto che la partenza della spedizione di coloro
che avevano giurato [6]
era irrevocabile, di nascosto prepara una flotta e, attraversato lo
stretto, la manda alle bocche della Trave per devastare tutta la terra
dei Vagrii prima che l'esercito dei Sassoni invadesse le sue terre.
[…]
Udito ciò il conte radunò un esercito per combattere contro
gli Slavi e cacciarli dalla sua terra. Avutane notizia, gli Slavi tornarono
alle navi e partirono, carichi di prede umane e di varie suppellettili
che avevano predato nella terra dei Vagrii.
Nel frattempo questa notizia vola per tutta la Sassonia e la Westfalia:
gli Slavi, fatta un'irruzione, hanno attaccato guerra per primi; e [quindi]
si affrettò tutta questa spedizione insignita dei segno della
croce a scendere nella terra degli Slavi e a punire la loro iniquità.
Diviso l'esercito, assediarono due fortezze, Dobin e Dumin, e montarono
contro di loro mite macchine [da guerra]. Venne anche un esercito danese
e si aggiunse a quelli che assediavano Dobin, e l'assedio divenne più
aspro. […] Ma dissero gli uomini del nostro duca e marchese Adelberto
fra di loro: «Questa terra che devastiamo, non è forse
la nostra, e il popolo, che vogliamo catturare, non è il nostro
popolo? Perché dunque abbiamo portato qui i nostri nemici, dissipatori
delle nostre vettovaglie? Forse che questa iattura non è già
abbastanza grande per i nostri signori?» Pertanto da quel giorno
iniziarono a tentennare nelle azioni di guerra e ad alleviare l'assedio
moltiplicando gli indugi. Tutte le volte che gli Slavi erano vinti in
uno scontro, l'esercito si fermava per non inseguire i fuggitivi e impadronirsi
[così] dei castello. In ultimo, poiché i nostri ormai
si ostinavano, fu fatto un accordo di quesito tenore, che gli Slavi
ricevessero la fede cristiana e lasciassero i Danesi che tenevano prigionieri.
Molti di loro in verità furono falsamente battezzati, e dei prigionieri
rilasciarono tutti i vecchi e gli inabili, trattenendo gli altri che
per età erano più robusti [e adatti] al servizio. Così
quella grande spedizione si risolse con un piccolo premio. Subito dopo,
infatti, [gli Slavi] si abbarbicarono al peggio: non tennero fede ai
loro battesimi e non si astennero dal depredare i Danesi. Elmoldo, Cronaca degli Slavi, SRG 32, I, 59, 62, 63, 65. [1] Conte di Holstein.
[2] Rom. 11, 25-26.
[3] Si tratta di Federico I Barbarossa.
[4] Luigi VII di Francia.
[5] È la zona di Lubecca,
nell'Holstein.
[6] Cioè i crociati.
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