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Didattica > Fonti > Le campagne nell’età comunale > III, 6

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione III – La proprietà fondiaria nella prima età comunale

6. Il monastero di S. Cipriano di Murano compra terreni per poi cederli in Iivello ai venditori

Concessioni livellarie si trovano in grande quantità nel Codice diplomatico padovano dall’anno 1101 cit., e meritano uno studio comparativo approfondito. Quella che traduciamo sotto la lettera (b), edita nel vol. I, p. 194, n. 246, presenta motivi particolari di interesse: è riconosciuto espressamente ai livellari il diritto di vendere i beni concessi loro; tra gli oneri dei livellari sono prestazioni d’opera e albergarie; si fissa per le vigne un canone parziario differenziato, a seconda che si tratti di vigne già impiantate o da piantarsi (per questo aspetto si faccia un confronto con un livello del 1130: ibid., p. 170, n. 214); soprattutto, la concessione in livello ai coniugi ha per oggetto terre delle quali essi erano stati proprietari: il 20 febbraio del 1133 i due le vendettero al monastero di S. Cipriano – è il documento che traduciamo sotto la lettera (a), edito nel volume citato; p. 193, n. 245 – per riceverle indietro, il giorno stesso, a titolo livellario (per un altro esempio cfr. ibid., pp. 196-197, nn. 249-250). Ordinarie nei livelli del territorio padovano del secolo XII sono le altre clausole di (b): perpetuità della concessione, canone misto di denaro e di una determinata quota dei prodotti – con l’aggiunta di un amiscere – e attribuzione ai livellari dell’onere di trasporto del canone.


a/ Risulta che noi, Enrico di Fosca e Antonia, coniugi, che facciamo professione di vivere secondo la legge longobarda […], abbiamo ricevuto da te, Signor Rodolfo, priore di S. Cipriano di Venezia, per conto del tuo monastero, argento e altri oggetti del valore di 48 lire di denari Veronesi, prezzo definitivo e tra noi convenuto di tutte le case e i beni immobili – vigne, campi, prati, selve, paludi, zone di pesca e di caccia, con i diritti di godimento sulle acque e sulle condotte d’acqua e con i diritti di raccolta e di pascolo e il godimento delle terre incolte e con ogni diritto annesso al suolo di nostra proprietà – nella villa di Campolongo e nella sua curtis e nel suo territorio nonché in tutto il territorio della Saccisica. Si tratta complessivamente di 40 campi a misura di pertica tra vigne, altre terre a coltura e terreni boscosi da dissodare. Per il prezzo suddetto si intendono comunque venduti tutti i beni che risultino di nostra proprietà a Sacco e nel Regno Italico, eccezion fatta per un mulino a Campo di Cornio, che manteniamo in nostra proprietà, e per i beni che abbiamo in pegno.


b/ Per convenzione tra il Signor Rodolfo, per grazia di Dio priore nel monastero di S. Cipriano di Venezia, e i coniugi Enrico di Fosca e Atonia […] furono dati a questi ultimi a titolo di livello e dietro versamento di un fitto, in perpetuo, i terreni che costituivano il manso già tenuto e coltivato dai coniugi, da questi ceduto ai monaci, sito nel territorio della Saccisica, nella villa di Campolongo e nella sua curtis e territorio […]. Se i conduttori vorranno alienare i beni qui concessi, dovranno darli al monastero, ove esso voglia comprarli, e con uno sconto di 10 soldi veronesi sul prezzo fatto ad altri; se poi il monastero non vorrà comprare tali beni, i conduttori potranno venderli a chi vorranno, tranne che a persone più potenti, e purché rimangano validi i rapporti qui stabiliti […].

Ogni anno, nella festività di S. Stefano o il giorno precedente, dovranno essere dati al monastero 10 soldi di denari veronesi nonché una spalla di porco e due focacce di frumento – oppure una focaccia sola, nel caso che questo amiscere venga consegnato in Campolongo – e uno staio di grani ogni sei, un fastello di lino ogni sei, preparato e legato per il monastero allo stesso modo con cui i conduttori preparano e legano il proprio lino, e la metà del vino prodotto nelle vigne già piantate: per le vigne che saranno eventualmente piantate dai conduttori, essi daranno un’urna di vino su tre. Dovranno ancora le albergarie, quando il priore o i suoi messi ne faranno legittima richiesta, senza contestazioni. Ogni anno, inoltre, dovranno lavorare a proprie spese un campo di terra [1], coltivandovi quei grani che il priore Tutti i canoni di cui sopra, fatta eccezione per le albergarie, dovranno essere portati dai coniugi e dai loro eredi, di persona o tramite loro messi, fino a Conche o a S. Cipriano: quando poi sarà istituito nella curtis e nel territorio di Rosara o di Lova un porto o un magazzino per il vino e per gli altri prodotti che S. Cipriano ritrae dalle terre di Corte e di Campolongo, allora i canoni potranno essere versati lì.

[1] Intendi: di proprietà del monastero e non compreso tra i terreni concessi ai coniugi. Per il “campo” cfr. qui sopra doc. n. 2, nota 2. Oggi il campo padovano misura circa mq. 3800.

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UpUltimo aggiornamento: 17/01/05