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Didattica

Fonti

Le campagne nell’età comunale
(metà sec. XI – metà sec. XIV)

a cura di Paolo Cammarosano

© 1974-2005 – Paolo Cammarosano


Sezione IV – Proprietari e contadini nei secoli XIII e XIV

10. I contratti di parziaria negli Statuti di Padova, Verona e Bologna

I giuristi dell’età comunale tendevano a considerare la locazione parziaria come una specie di rapporto di “società” tra padrone e lavoratore. Questa impostazione teorica, ripresa dal diritto romano, aveva l’importante conseguenza pratica di attribuire al padrone un diritto di sorveglianza sull’andamento dei lavori agricoli. Tale diritto viene sancito ed esempio nella rubrica CXXVIII del libro IV degli Statuti di Bologna dell’anno 1288, a c. di G. FASOLI e P. SELLA, I, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 1937 (Studi e Testi, 73), p. 268, che abbiamo qui tradotta (lettera c) e che il lettore porrà a confronto con il doc. n. 7. Nei due capitoli statutari veneti la tutela dei diritti padronali si riferisce al momento finale dei lavori agricoli (trebbiatura, vendemmia) e al trasporto della parte padronale dei prodotti, il cui onere viene addossato al lavoratore. Negli Statuti del Comune di Padova cit., la rubrica XXV del libro II (pp. 214-217) comprende 18 capitoli (dal 646 al 662), stesi tra la fine del secolo XII e il 1278 e concernenti i rapporti tra proprietari e contadini, i contratti di livello, la prestazione di decime: noi abbiamo riprodotto (lettera a) tutto il capitolo 652 (p. 215). Assai meno organica è la legislazione veronese in materia; si traduce qui (testo b) il capitolo CXLIII del libro II, dagli Statuti veronesi del 1276 colle correzioni e le aggiunte fino al 1323, a c. di G. SANDRI, I, Venezia, 1940 (Monumenti storici pubblicati dalla R. Deputazione di Storia Patria per le Venezie, n.s., III), p. 372.


a/ I livellari che detengono vigne, o terreni ove debbano piantare viti, siano tenuti ad eseguire bene tali lavori di piantagione, senza provocare guasti e senza lasciare tra un filare e l’altro uno spazio superiore ai sette piedi [1] – tranne che nei punti dove è l’ingresso del campo, allo scopo di farvi passare comodamente il carro con l’uva e il vaso vinario. Siano tenuti inoltre a lavorare bene viti e vigne e a custodire l’uva, perché non venga rubata o comunque sottratta né dai medesimi livellari e dai loro familiari né da altre persone. In caso di inosservanza di tali norme o anche di una sola tra esse, i livellari saranno tenuti, dietro querela del padrone, a versare 60 soldi al Comune e altri 60 soldi al padrone. Il livellario, il lavoratore e il villano sono tenuti, prima di trebbiare il frumento, la fava, la segala e l’orzo, prima di vendemmiare e prima di trasportare il grano grosso [2], a darne avviso con uno o due giorni di anticipo al padrone oppure a un suo rappresentante, in modo che possano sovrintendere alla trebbiatura o alla vendemmia: se poi non vorranno essere presenti, si proceda nondimeno alla trebbiatura e alla vendemmia, fermi restando gli altri diritti del padrone. Tale norma va applicata ai rustici, ai lavoratori e ai livellari che devono versare al padrone la metà, un terzo, un quarto od altra quota dei prodotti: in caso di inosservanza, paghino 60 soldi al Comune e altrettanto al padrone.


b/ Stabiliamo che nessun uomo, nessuna persona che lavori terre, vigne, oliveti o altri fondi dietro corresponsione della metà, del terzo, del quarto, del quinto, o sia comunque tenuto a versare al padrone una quota determinata dei prodotti, possa raccogliere, battere né trebbiare frutti, messi e prodotti in genere delle terre e dei fondi se non dopo averne dato avviso, con due giorni di anticipo […], alla persona o alle persone in nome delle quali detiene le terre e i fondi in questione. Il contravventore pagherà al Comune di Verona, ogni volta, un banno di 3 lire e sarà tenuto a risarcire il danno al padrone […] nella misura che questi avrà indicato sotto giuramento […] Lo stesso valga per quanti detengono prati dietro corresponsione di una determinata quota di fieno. I lavoratori siano tenuti a portare la quota di prodotti che spetta al padrone, entro tre giorni, alla casa che quest’ultimo possiede in quel centro entro il cui districtus il fondo coltivato si trova – fermi restando, in ogni caso, i patti stipulati tra padrone e lavoratore. Il lavoratore deve adempiere a tale obbligo prima di prendere dai campi la propria quota. Il contravventore pagherà, ogni volta, 60 soldi veronesi al Comune di Verona; e in tale materia si giudichi solo in base a quanto viene detto sotto giuramento dal padrone. Amen.


c/ Stabiliamo che i rustici siano tenuti a rompere, rovesciare, dissodare una terza volta e infine solcare e seminare i fondi che lavorano: se così non faranno, riceveranno una quantità di frutti diminuita in proporzione al mancato lavoro. Siano tenuti inoltre a dare avviso al padrone del fondo delle date in cui hanno intenzione di rompere la terra, rovesciarla, lavorarla la terza volta e seminarla, in modo che il padrone venga a vedere o mandi a vedere tali lavori: se poi non sarà venuto, le eventuali cause relative a tali lavori saranno giudicate in base al giuramento del rustico, purché questi abbia dato l’avviso di cui sopra. Ogni lavoratore di terre, vigne o fondi di qualunque specie sia tenuto a lavorarli nel modo che avrà promesso, e in caso di inadempienza sia condannato a pagare 20 soldi di bolognini per ogni tornatura [3] di terra arativa o di vigna che non avrà lavorato come promesso: la metà di questo banno vada al Comune, l’altra al denunziante; e si giudichi in base al giuramento del padrone, a meno che il lavoratore non dimostri con prove il contrario.

[1] Il piede padovano corrispondeva a m 0,35 circa.

[2] Cioè i diversi tipi di frumento e di grani a seme grosso (contrapposti ai grani cosiddetti minuti: panico, miglio, mèliga o sorgo).

[3] La tornatura bolognese equivale oggi a mq 2080.

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Ultimo aggiornamento: 17/2/05