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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > II, 31 | |||||||||
FontiPredicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)a cura di Roberto Rusconi © 1981-2006 – Roberto Rusconi Sezione II - Movimenti religiosi e sette ereticali: la lotta per la predicazione ai laici31. I predicatori sanno alcune cose, i laici ne debbono sapere menoIl domenicano Jacopo Passavanti ricava, dalla sua predicazione in volgare nella chiesa di S. Maria Novella a Firenze, tenuta nella quaresima del 1354, un fortunato libro di pietà, dedicato ai laici devoti. In esso riappare il problema dell'esclusione dei laici dalla predicazione: ma non è questione né attuale né concreta. Ed allora la contrapposizione tra i predicatori ecclesiastici, cui tocca di parlare dal pulpito, ed i laici, cui spetta di ascoltarli, si dissolve in un diverso sapere religioso richiesto agli uni e agli altri. Fonte: J. PASSAVANTI, Lo specchio della vera penitenza, Firenze, J. e L. Ciardetti, 1821, pp. 103-4. Leggesi di messer San Domenico, patriarca dei Predicatori, che collo studio e colla molta sollecitudine, ch'egli avea d'imprendere [1] questa divina scienzia, acciocché poi colla vita apostolica predicandola convertisse il mondo a via di verità dall'errore e dalla tenebria del peccato, stette dieci anni, che non bevve vino. E di San Piero martire [2] si legge col testimonio della santa chiesa, che per la grande sollecitudine, ch'avea nello studio della Scrittura Santa, quasi sanza dormire o con piccolo sonno conduceva le notti. Ad avere questa scienzia della Divina Scrittura è tenuto ogni cristiano, ciascuno secondo lo stato e la condizione sua, e 'l grado ch' e' tiene: che altrimenti la dée sapere il prelato et il rettore dell'anime; altrimenti il maestro, e il dottore, e 'l predicatore, i quali debbono entrare addentro nel pelago profondo delle Scritture, e sapere intendere gli occulti misterii, per potergli sporre et insegnare altrui; apparecchiati di rendere ragione, come dice l'appostolo, delle cose della fede e della Sorittura a chiunque ne domanda. Et altrimenti sono tenuti i laici, e le persone sanza lettera, a' quali basta di sapere in genere de' comandamenti della legge, degli articoli della fede, de' sagramenti della chiesa, de' peccati, degli ordinamenti ecclesiastici, della dottrina del santo Evangelio, quanto è necessario alla loro salute e quanto n'odono da' loro rettori e predicatori della Scrittura e della fede; non assottigliandosi troppo, né mettendo il piede troppo addentro nel pelago della Scrittura: il quale non ogni gente sa, né puote, né dée volere guadare, ch' e' vi si sdrucciola, e spesse volte vi s'anniega dagl'incauti e curiosi e vani cercatori. Ma ciascuno dée sapere, et ingegnarsi di sapere, tanto quanto si richiede all'officio suo et allo stato ch' e' tiene. [1] Apprendere. [2] Il domenicano Pietro da Verona (cfr. docc. 13 e 14 della terza sezione). |
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