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Didattica > Fonti > Predicazione e vita religiosa > V, 15

Fonti

Predicazione e vita religiosa nella società italiana (da Carlo Magno alla Controriforma)

a cura di Roberto Rusconi

© 1981-2006 – Roberto Rusconi


Sezione V - La Controriforma e il concilio di Trento

15. La predicazione nelle parrocchie secondo il concilio di Trento

Quando al concilio di Trento, a distanza di diciassette anni, si riprende in esame l'argomento della predicazione, nel contesto più generale della riforma della chiesa cattolica, ci si riallaccia formalmente alle disposizioni già approvate (doc. 8), ma se ne muta radicalmente la sostanza. Nel canone IV del Decretum de reformatione, approvato l'11 novembre 1563, nel corso della XXIV sessione conciliare, la predicazione non è più messa in relazione con la Scrittura, ma viene ordinata come compito principale del clero in cura d'anime. Deve essere continua, regolare, per comunicare la dottrina cattolica stabilita dal concilio. Infatti, in questo stesso canone, la predicazione è strettamente collegata con l'insegnamento del catechismo.

Fonte: Conciliorum Oecumenicorum decreta cit., p. 739. La traduzione è mia.


Il santo sinodo desidera che l'ufficio della predicazione, il quale è compito precipuo dei vescovi, venga esercitato il più frequentemente possibile per la salvezza dei fedeli: dovendo aggiornare per l'uso dei tempi presenti i canoni altrimenti editi al proposito sotto Paolo III [1], di felice memoria, comanda che annuncino le Sacre Scritture e la legge divina e tutte le altre cose, ogni qual volta giudichino possa essere necessario, i vescovi stessi nelle loro chiese direttamente oppure, se ne sono impediti da un motivo legittimo, per mezzo di altri che assumano per l'ufficio della predicazione; nelle altre chiese, invece, per mezzo dei parroci oppure, in caso di loro impedimento, per mezzo di altri scelti dal vescovo, a spese di coloro che o sono tenuti o sono soliti prestare queste spese; e in città oppure in qualunque parte della diocesi riterranno opportuno, almeno in tutte le domeniche e le festività solenni, mentre nei tempi di digiuno, della Quaresima e dell'Avvento del Signore, tutti i giorni o almeno tre giorni ogni settimana, se ritengono sia necessario. Ed il vescovo ammonisca con diligenza il popolo, che ognuno è tenuto a frequentare la sua parrocchia per ascoltare la parola di Dio, dove ciò si può fare senza difficoltà. E nessuno, sia secolare sia regolare, presuma di predicare, anche nelle chiese del proprio ordine, quando il vescovo glielo vieti. E le stesse persone cureranno anche che, almeno nelle domeniche e nelle altre festività, nelle singole parrocchie ai fanciulli i rudimenti della fede e l'obbedienza a Dio ed ai genitori vengano con diligenza insegnati da parte di coloro cui spetterà e, se si renderà necessario, ve li costringeranno anche ricorrendo alle censure ecclesiastiche. A ciò non si possono opporre né privilegi né consuetudini. Per il resto si mantengano in vigore le prescrizioni relative al compito della predicazione, decretate sotto il medesimo Paolo III.

[1] Il decreto Super lectione et praedicatione (doc. 8 di questa sezione).

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2006