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Didattica > Fonti > Stato e società nell'ancien régime > III, 11 | |||||||||
FontiStato e società nell'ancien régimea cura di Angelo Torre © 1983-2006 – Angelo Torre Sezione III - La nascita dell'assolutismo e il ricambio delle élites (1560-1660)11. La figura del ministro secentesco: un confronto fra le grandi monarchie occidentaliNel tratteggiare l'ascesa della funzione ministeriale del primo Seicento si è cercato da un lato di illustrarne la posizione di favorito, cioè di monopolizzatore del patronaggio regio. L'efficace caratterizzazione dell'ambasciatore veneziano Landò (1622) coglie con precisione sia gli elementi contraddittori della rapidissima carriera di George Villiers, più tardi duca di Buckingham — l'ostilità dei «sudditi», cioè dei notabili del regno, per chi ha sottratto loro ingenti risorse politiche —, sia i mutamenti della struttura politica imposti dalla presenza del favorito: la creazione, cioè, di un «partito» a lui favorevole attraverso un'accorta politica matrimoniale. Tuttavia, l'ostilità verso il ministro adombra un processo di fondo, la crisi dell'aristocrazia, che qui emerge attraverso l'opposizione dei Pari alla vendita di titoli nobiliari «come tutte le cariche». Risulta perciò comprensibile come l'ostracismo dei partiti aristocratici giochi sull'unico punto debole della strategia di Buckingham — la natura stessa del suo rapporto con il sovrano, qui illustrata accostando la leggiadria del corpo del favorito a un monarca che non predilige la conversazione di donne. Elemento, questo, che oltre a indicarci quanto naturalmente un conflitto politico interno alle élites tenda a rivestirsi di contenuti morali, illustra chiaramente come sia proprio il rapporto tra re e favorito — o meglio il monopolio del favore regio da parte di quest'ultimo — a costituire l'oggetto della contesa (doc. a). Ma nell'opposizione dell'élite politica al ministro non c'è solo questo: sono gli stessi contenuti della sua politica «riformatrice» a suscitare scontento: ciò vale per il documento relativo a Olivares, che costituisce una classica illustrazione della sua strategia politica (doc. b). Il Memorandum di Olivares a Filippo IV (1625) è tutto caratterizzato dagli impellenti problemi di politica interna, dei quali traccia un'analisi inoppugnabile, in parte confermata dagli avvenimenti dei due decenni successivi. Il problema dell'amalgama delle diverse province dell'Impero (o meglio, delle loro élites locali) rappresenta il nodo cruciale della storia della Spagna moderna (si confronti questo documento con la prima sezione, doc. 12/a), poiché comporta una trasformazione della stessa natura della Corona castigliana, un'omogeneizzazione della normativa giuridica e della pratica istituzionale profondamente osteggiate dalla sensibilità politica dei sudditi. Di fronte a tali scogli il Memorandum rappresenterà insieme il momento più alto del «riformismo» castigliano e della volontà omogeneizzatrice della nuova mentalità politica ministeriale, ma il suo fallimento preparerà la fine della supremazia spagnola nel continente europeo. Fonti: a/ Relazione dell'ambasciatore G. Lando (1621), in L. FIRPO (a cura di), Relazioni di ambasciatori Veneti al Senato, vol. I: Inghilterra, Torino, Bottega d'Erasmo, 1965 (ristampa anastatica della Ia ed. a stampa, a cura di G. Barozzi, G. Berchet, Venezia, 1863), pp. 717-25 (243-50 della Ia ed.); b/ G.MARAÑON, El Conde-duque de Olivares (La pasión de mandar), Madrid, Espasa-Calpe, 19523, Appendice XVIII, pp. 440-47. a/ Il ritratto del favorito inglese George Villiers duca di BuckinghamE sebbene il sig. Giorgio Villers inglese tenga un'apparenza di modestia, affabilità, benignità e cortesia molto grande, per le condizioni dell'animo, mostrando di meritare altrettanto il bel sereno della buona fortuna che gode da sei anni e mezzo in qua, quanto nell'età di 33 anni per la bellezza, grazia e leggiadria del corpo a tutti gli esercizi mirabilmente disposto; e se bene per gloria pare che dovessero avere i popoli di vedere Sua Maestà compiacersi con opera più divina che regia d'ingrandire il niente; non possono tuttavia soffrire che egli nato semplice gentiluomo (condizione ben poco stimata in quelle parti) sia sola scala, porta della corte, unico mezzano della grazia, si può in somma dire la medesima persona di lei, con tanta autorità che distrugge ed annulla talvolta fino le grazie che provengono dalla regia sua benignità […] Dispiace a molti che se gli si vuol parlare, s'incontrino difficoltà maggiori, con necessità di spese che di parlare a S.M. stessa […]. Dispiace che mentre gli corrono da tutte le parti torrenti d'oro e di ricchezze, ridotte per lo più in contanti, e nelle piazze di Spagna (come viene detto) sotto altri nomi, viva con parsimonia e riserva grande: come se facesse altrimenti gli sarebbe ascritto a vanità […] ma con la rabbia ed invidia universale contro non può far cosa che in ogni modo non disgusti, e sia lodata più fintamente che cordialmente, divenuto tanto grande che fa paura a tutti: sebbene si unisce sempre in parentadi per appoggio formando un grande partito, in gran parte riesce però questo violento e tanto più discaro ed odiato dal contrario e dall'universale quanto che con il cattolico, di tal animo egli tirando anco li seguaci e che sperano da lui alcuna cosa […]. Per li quali rispetti sopra detti, e per conseguire li suoi intenti il re […] fu ridotto a termine di convenire rinforzare un partito a suo favore e del detto favorito, con la creazione di nuovi baroni ed altri titolati per il bisogno proprio e per gli stimoli di essi favoriti, già fatto uso ordinario, vendendo detti onori come tutte le cariche, essendovi fino limitazioni stabilite, ed al danaro andando per lo più in conseguenza la giunta di qualche moglie parente di questi, di poco gusto; innalzandosi anco al più alto grado quelli di più basso nascimento, con mordente rancore degli antichi: i quali con ragione non possono patire che un mercante di borsa, un semplice gentiluomo che talvolta ancora s'incontrerà avere servito a loro stessi o a suoi antenati, divenga o quanto loro o più di loro. […] l'essenza del governo ristretta solo in Sua Maestà e nel favorito, con partecipazione di molto ma non di tutto al sig. principe, per tenerlo senza disgusto e documentarlo per la futura sua reggenza, ed a 4 o 5 del gabinetto, tutti ben disposti per non dir altro. […] Hanno introdotto anco essi favoriti, quando si trovano assenti, particolarmente di far stare accanto alla M. S. le dame loro parenti, quali come testimoni di quanto opera e dice si assicurano che altri non si ponghino innanzi nel favore e la trattengono con molto suo compiacimento, tuttoché per lo innanzi non amasse molto la conversazione di donne, servedola ed accompagnandola in carrozza, alla mensa, alla caccia, con onesto trattenimento, facendole passare lietamente le ore del giorno, sebben moltiplicandole di tal modo doppiamente gli affari, e sapendo e supponendo anco le voci del mondo e dei medesimi sudditi di fuori e di dentro, bene spesso non è tranquillità la sua, ma mordacissima e gravosissima inquiete. b/ Istruzione data nel 1625 dal conte-duca a Filippo IV sul governo di Spagna (frammenti)Vostra maestà e tutti gli altri re e principi sovrani del mondo posseggono i propri stati in virtù di tre titoli: successione, conquista o elezione […]. L'ordine più augurabile e l'obbedienza più sicura dei vassalli sono quelli offerti dal possesso per diritto di successione. Tutti i regni che vostra maestà possiede (tranne alcune parti modestissime di cui non conviene qui dar conto) sono pervenuti per diritto di successione: soltanto la Navarra e l'impero delle Indie sono frutto di conquista. Che ragione sussiste dunque per escludere dagli onori e dai privilegi di questo regno, e non consentir di godere degli onori, uffici e dei vantaggi posseduti dai nativi di Castiglia e Andalusia ai vassalli che non appartengono a regni conquistati, concedendo minori vantaggi e sicurezza, privando dei privilegi quelli nativi di regni e province che vostra maestà non ha ottenuto con la conquista […]. E perché meravigliarsi che la condizione di inferiorità rispetto ai vassalli di Castiglia, ammessi a tutti gli onori erogati da vostra maestà e al godimento della vostra regale presenza, sia causa di odi, scontento e sfiducia? Queste manifestazioni vanno considerate come affatto giustificate in tutti gli altri regni e province che hanno accettato il governo per tanto tempo pur privati non solo della presenza del re, ma ritenuti privi dell'onorabilità e incapaci della fiducia regia e inferiori agli altri vassalli, e nonostante che nessuno come loro abbia avuto vostra maestà per signore continuo pur essendo sfavoriti rispetto ai vassalli di regni ottenuti con la conquista […]. Vostra maestà deve convincersi che il problema più importante della monarchia è che Ella divenga re di Spagna: intendo con questo, Sire, che vostra maestà non si deve accontentare di essere il re di Portogallo, il re d'Aragona, il re di Valenza, il conte di Barcellona, ma si deve sforzare, conservando il segreto di questo progetto, di ridurre i regni di cui si compone la Spagna al regime e alle leggi della Castiglia, senza che si possa dare alcuna altra differenza tra di essi, e se vostra maestà otterrà tale risultato potrà a buon diritto venir considerato il monarca più potente del mondo. Tutto ciò non si può sperare di ottenerlo in un tempo limitato, e nemmeno è un progetto che si possa presentare a chicchessia, per fedele che possa esser ritenuto, perché è una questione, questa, che non può venir sottoposta alla discussione: occorre agire, predisporre e provvedere. Tale progetto vostra maestà lo può intraprendere da solo, se soltanto avrà la bontà di prendere in considerazione le brevi considerazioni che mi accingo a svolgere, al fine di consentire che, malgrado la vostra prudenza e l'esperienza che il passare degli anni vi consentirà di raggiungere, nessuna condizione propizia possa sfuggire alla determinazione di vostra maestà. Voglio dunque giustificare le affermazioni precedenti: vostra maestà non deve avere il minimo dubbio sul mio desiderio di ricondurre i suoi diversi regni alla condizione più sicura, e per il bene e l'espansione della religione cristiana, poiché io sono certo che la divisione presente, la molteplicità delle leggi e delle consuetudini locali indebolisce il potere di vostra maestà e le impedisce la realizzazione di scopi tanto alti e gloriosi. Le consuetudini locali e i privilegi particolari che non concernono la giustizia (poiché questa è per definizione unica in tutto l'insieme dei vostri regni, e tale deve restare) subiscono alterazioni a causa degli avvenimenti, e i sudditi hanno la facoltà di decidere attraverso le Cortes, nel caso che le leggi generali colpiscano la loro coscienza, di opporvisi e impedire l'attuazione dei nostri progetti. Occorre dunque cercare il rimedio con tutti i mezzi possibili, trovare pretesti legittimi; si griderà certo allo scandalo, ma in un affare di importanza capitale sconvolgere le abitudini non è un pregiudizio, poiché l'essenziale è raggiungere l'obiettivo principale. Ma, come dicevo all'inizio, in ogni eventualità occorre che la coscienza si fondi su solide giustificazioni. Ora, Sire, esistono tre strade aperte al raggiungimento dei vostri fini. Nonostante le loro differenze reciproche, vostra maestà potrà praticarle congiuntamente e, senza che ciò possa oggi sembrare possibile, esse si convalideranno reciprocamente. La prima strada, Sire, ed è la più ardua da seguire, ma anche la migliore consiste nel fatto che vostra maestà favorisca il trasformarsi dei sudditi di altri regni di Castiglia, e l'unione con la gente castigliana; occorre incoraggiare questa strada, in modo che quelli, vedendosi per così dire naturalizzati castigliani, ammessi agli uffici e alle dignità di Castiglia, dimentichino le proprie origini, in modo che in futuro l'unione possa addirittura esser affrontata con negoziati. La seconda strada consisterebbe nel fatto che vostra maestà raduni un grosso esercito, di mare e di terra reclutando quanti non hanno un lavoro, e induca i diversi regni a trattare l'unificazione con un negoziato, mescolando tuttavia la forza con l'astuzia: e la forza sarà di gran giovamento, ma non la si deve notare troppo, deve agire come per caso. La terza strada, che non possiede giustificazioni preliminari, è tuttavia la più efficace, e consiste in una visita personale di vostra maestà, con la forza militare di cui ho parlato sopra, in uno dei regni che si sceglierà come terreno di esperimento: occorrerebbe far suscitare un gran tumulto popolare, e, sotto il pretesto di reprimerlo, e allo scopo di riportare la calma ed evitare una ripresa dei disordini, emanare leggi come se si trattasse di un paese conquistato, leggi conformi a quelle di Castiglia. Si potrebbe allora ripetere la cosa nello stesso modo negli altri tre regni […]. Gli altri problemi del regno, Sire, si riducono alla cura della giustizia, alla buona amministrazione e al mantenimento costante dei vassalli sotto l'autorità di vostra maestà. Occorre che gli ordini di vostra maestà ricevano pronta esecuzione in tutti i vostri regni, e controllare che non si concedano deroghe alle pene previste per chi vi disobbedisce; e la lezione deve servire ai ministri medesimi. |
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