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Fonti

Stato e società nell'ancien régime

a cura di Angelo Torre

© 1983-2006 – Angelo Torre


Sezione IV – La ristrutturazione dello stato e i suoi meccanismi sociali nel secondo Seicento

15. Il controllo statale del flusso di risorse: le manifatture

Gli intrecci tra lo stato di «guerra» economica con le formazioni politiche rivali e la preoccupazione per la capacità della popolazione interna di garantire una congrua entrata all'erario statale, che già abbiamo incontrato nell'atteggiamento popolazionista, si possono rinvenire anche nella creazione di manifatture nel quadro della politica economica mercantilista. Tale problematica raggiunge il suo apice nella Francia di Luigi XIV, dove lo stato assume deliberatamente il ruolo di promotore delle attività manifatturiere. La relazione del sire de la Canière, sub-délégué di Aurillac (Alvernia) all'intendente d'Ormesson (doc. a) precisa ulteriormente come lo stato giunga a promuovere attività anche poco redditizie dal punto di vista economico, ma capaci di «diffondere» redditi monetari nella provincia o, più specificamente ancora, nella giurisdizione territoriale dell'amministratore interessato. È inoltre indicativo dell'ottica mercantilistica che presiede alla relazione di la Canière l'accento posto sulla necessità della regolamentazione da parte dello stato al fine di ottenere una produzione di manufatti di lusso, destinati a uno smercio necessariamente limitato, ma che consentano nel breve periodo la realizzazione di una certa quota di reddito monetario. Tuttavia, la questione basilare con cui gli amministratori degli stati europei dovevano cimentarsi era rappresentata dal problema della forza-lavoro: questo aspetto della problematica relativa alle manifatture emerge con estrema acutezza nella situazione inglese, dove l'aspetto normativo della politica mercantilista è destinato a svilupparsi in assenza di un «forte» apparato statale e l'azione dello stato non privilegia tanto l'attività di regolamentazione, quanto piuttosto quella di controllo delle conseguenze dello sviluppo delle manifatture nel quadro di un'assistenza paternalistica ispirata al cosiddetto «Act of Settlement and Removal» del 1662 (doc. 7/b). Occorre tuttavia guardarsi dal considerare l'economia inglese come un sistema già liberatosi da quasi tutte le antiche regolamentazioni corporative: l'angolo prospettico per cogliere senza anacronismi le condizioni politiche e sociali in cui si sviluppano le manifatture inglesi è offerto dal problema della mendicità e dello sfruttamento razionalmente produttivo delle classi popolari. È quanto viene percepito con straordinaria perspicacia nel 1704 da Daniel Defoe nella sua polemica con la proposta di sir Humphrey Mackworth di istituire in ogni parrocchia, o gruppo di parrocchie, una casa da lavoro dedita alle più diverse attività manifatturiere nelle quali impiegare i poveri locali. Di questo documento eccezionale che giustifica certo l'ampiezza con la quale viene riportato, vanno ancora sottolineati alcuni aspetti: se i poveri vengono aiutati non lavoreranno in cambio di un salario, e il loro impiego nella produzione di merci in istituzioni pubbliche è destinato soltanto a creare una maggior disoccupazione nell'industria privata, cosicché il tentativo di attenuare la miseria ottiene soltanto il risultato di rallentare la produzione. Inoltre la creazione di impiego pubblico danneggia — secondo Defoe — la nazione poiché tende ad aumentare l'afflusso delle merci sul mercato e accelera la rovina dei mercanti privati. Il dimenticato saggio di Defoe — ignorato dai contemporanei, che vent'anni dopo la sua pubblicazione attueranno effettivamente quanto suscita il suo sarcasmo — va dunque interpretato come una reazione totale al sistema del governo paternalistico che ancora presiede all'iniziativa di un la Canière, non diversamente del resto dall'élite politica inglese e continentale. Accanto, tuttavia, Defoe non si lascia sfuggire la condizione sostanziale dello sviluppo di un'industria privata: egli si riferisce infatti al sistema economico inglese come a un tutto integrato, come a un insieme di flussi di merci e di uomini che si sarebbe tentati di chiamare «mercato» nazionale.

Fonti: a/ A. DE BOISLISLE (a cura di), Correspondance des contrôleurs généraux des Finances avec les intendants des provinces cit., tomo II, p. 190; b/ D. DEFOE, Giving Alms no Charity and Employing the Poor a Grievance to the Nation, being an Essay upon this great Question, Wether Workhouses, Corporations, and Houses of Correction for Employing the Poor, as now Practis'd in England, London, 1704, in A select collection of scarce and valuable economical tracts…, London, s. e., 1859.


a/ Un «sub-délégué» di fronte al problema delle manifatture (1704)

Ho ricevuto le due relazioni sulle manifatture di ricami che mi avete fatto l'onore di inviarmi; le ho trasmesse a persone competenti […]. I nostri ricami a lungo erano stati venduti a prezzi molto alti; i mercanti ne traevano profitti considerevoli e, a misura che questi crescevano, ne facevano godere gli artigiani che, trovando un tornaconto, si preoccupavano di migliorare i processi produttivi. Tale commercio è caduto, mercanti e artigiani hanno dimostrato un sempre maggior disinteresse; il mercante non si preoccupa più di procurare bei modelli, filo di ottima qualità, né di ricercare le ricamatrici migliori. In tal modo, non producendosi più manufatti di buona qualità, si è cercato di praticare tecniche più a buon mercato, e si vende a prezzi più bassi; e infine ci si è trovati senza sbocchi commerciali. Le operaie migliori sono morte o se ne sono andate, e ne restano poche che siano interessate al miglioramento della tecnica […]. Fino a che è sussistita la manifattura regia, si aveva un consumo di sei o settecentomila livres. Questo denaro si diffondeva nella città e nelle campagne, l'operaia aveva una paga che si elevava fino a trenta soldi al giorno, vi trovavano occupazione le figlie delle migliori casate, e nell'elezione si aveva abbondanza d'ogni genere di prodotti; ciò non venne ignorato dal consiglio del re, e in base a questa considerazione si determinò un aumento dei sussidi, poiché ciò si traduceva in una maggior facilità di riscossione delle imposte. Con l'esaurirsi di tale risorsa, la provincia ha visto svanire ogni sua possibilità. Sarebbe interesse del re il ristabilimento di tale commercio: […] se sua maestà non intende inviare ad Aurillac dei mercanti […] se ne potrebbero cercare tra i nativi; ma poiché questi ultimi non sono in grado di anticipare capitali, sua maestà dovrebbe elargire dei fondi da recuperare in seguito e, al fine di perfezionare l'opera, potrebbe ordinare l'invio di qualche ragazza […] da impiegare come istruttrice delle operaie […] ma tutti questi sforzi resterebbero inutili se non si cercasse di provvedere, allo stesso tempo, alla creazione di sbocchi, della quale opera sua maestà potrebbe farsi promotore: la corte, il resto del regno e gli stessi stati vicini si conformerebbero ben presto […] e, col tempo, il denaro tornerebbe a circolare.

b/ Una voce dissenziente: fare l'elemosina non è carità e dare lavoro ai poveri è un danno per la nazione

Ai cavalieri, cittadini e borghesi riuniti nel parlamento

[…] avendo illustrato come ci siamo potuti trasformare in una ricca, fiorente e popolosa nazione, desidero esaminare nel modo più conciso possibile come siamo tornati allo stato di nazione povera […] con il termine povera intendo gravata da una folla di povera gente postulante, disoccupata, indifesa […].

E in primo luogo desidero stabilire le seguenti massime fondamentali […]:

1. Esiste in Inghilterra più lavoro di quante sono le braccia necessarie a svolgerlo, e di conseguenza vi è mancanza di gente, e non di lavoro.

2. Nessuno, che sia dotato validamente di arti e sensi, può in Inghilterra cadere in miseria per mancanza di lavoro.

3. Tutte le case di lavoro, corporazioni e istituti di carità create per assistere i poveri e disporli al lavoro […] costituiscono e costituiranno pubbliche calamità, oltraggi alla nazione destinati a rovinare intere famiglie e a incrementare il numero dei poveri.

4. Ciò che è necessario all'Inghilterra non è l'imposizione del lavoro ai poveri, ma la regolamentazione della povertà.

[…] 1. Io dunque affermo che in Inghilterra esiste più lavoro di quante siano le braccia necessarie a svolgerlo. Intendo provarlo.

Primo. Attraverso l'alto costo dei salari, che in Inghilterra superano quelli di tutte le altre nazioni del mondo. E non conosco nessun'altra dimostrazione che equivalga alle considerazioni che si possono trarre dal commercio. I salari, come gli scambi, crescono e diminuiscono come le rimesse e i pagamenti, gli imprenditori e i lavoratori si equilibrano l'un l'altro […].

Si può obiettare a questo punto che ciò è contraddetto dal numero di mendicanti. Per quanto possa esser spiacevole sono costretto qui a definire l'accattonaggio come un impiego, poiché è chiaro che, se ci fosse più lavoro delle braccia necessarie a svolgerlo, nessuna persona provvista di arti e di sensi validi avrebbe bisogno di mendicare, e gli invalidi sarebbero posti in condizione di non mendicare.

Infatti l'accattonaggio è un mero scandalo in generale; negli uomini validi è uno scandalo nei confronti della loro industriosità, negli impotenti è uno scandalo nei confronti del paese.

No, l'accattonaggio, come praticato finora, è uno scandalo nei confronti della nostra carità, e questa forse è la causa prima di tutti i nostri mali presenti […] e la gente, in Inghilterra, ha così chiara la nozione della pietà e della carità da incoraggiare il vagabondaggio, e con un malposto zelo far più male che bene […].

Intendo […] dimostrare che esiste un metodo praticabile per ridurre l'accattonaggio in Inghilterra, e riuscire a provvedere al mantenimento dei poveri impotenti con un carico molto minore di quello che oggi le singole parrocchie sono obbligate ad assumere […].

E mi sembra strano […] che siamo costretti ad applicare la nostra fantasia a cercar loro lavoro e a studiare il modo di utilizzarli, anziché obbligarli a cercarselo e a preoccuparsene da soli. Da questa errata nozione derivano tutte le nostre case di lavoro e le corporazioni […]. Credo che sia semplice osservare come […] queste case di lavoro ecc. tendano ad aumentare […] il numero dei poveri […] Il metodo principale che si suggerisce per l'impiego dei poveri consiste nel metterli al lavoro in […] produzioni […] quali filature, tessiture, e manifatture di lana inglese. […] Queste case di lavoro, case di correzione e magazzini in cui impiegare i poveri sicuramente potranno diminuirne il numero in questa o quella particolare parte dell'Inghilterra […]. Ma, ciò concesso, il loro esito consiste nell'aumento dei poveri in generale.

1. Le produzioni nelle quali questi gentiluomini propongono di impiegare i poveri, sono del tipo da sempre conosciuto in Inghilterra.

2. Sono tutte condotte al massimo delle loro possibilità, e considerando i presenti accidenti di guerra e le interruzioni del commercio estero si può dire piuttosto al disopra che al disotto degli sbocchi disponibili.

Supponiamo ora che una casa di lavoro per l'impiego di bambini poveri li utilizzi nella filatura di lana pettinata. Per ogni matassa di pettinato filata da questi bambini, vi sarà una matassa in meno filata da qualche famiglia o persona povera, che già in precedenza si dedicava a tale occupazione […].

Ma applicare i poveri nella stessa produzione in cui prima venivano impiegati altri poveri, e nello stesso tempo non aumentare il consumo, equivale a dare all'uno quel che si toglie all'altro […]. Vi è un'altra doglianza che intendo toccare […]. Le manifatture inglesi sono felicemente allocate nelle diverse parti del regno, e di qui vengono reciprocamente convogliate dalla circolazione del commercio verso Londra per esservi vendute all'ingrosso, come il sangue verso il cuore, e da qui vengono redistribuite in minori quantità nelle altre parti del regno per la vendita al dettaglio… Da questo scambio di prodotti trae il proprio mantenimento un'abbondante numero di famiglie di mercanti, attraverso il trasporto delle merci in una e nell'altra direzione, e trovano impiego vaste quantità di uomini e animali, così come di contadini, rifornitori di alimenti, con tutte le persone che da questi dipendono. Su queste basi non si può non osservare… che ad esempio il trasferimento di una grande produzione di lana dalle diverse parti dell'Inghiltera a Londra, conduce a un manifesto detrimento del commercio in generale […].

È difficile calcolare quale sconvolgimento dovrebbe subire il commercio in generale, se ogni contea dovesse decidere di produrre in tal modo tutti i prodotti di cui bisogna, poiché ciò causerebbe al commercio interno tali convulsioni, mentre esso ha goduto finora della massima regolarità che il mondo abbia mai conosciuto. Che strana impresa sarebbe quella di imporre a ogni borgo una manifattura, e a ogni parrocchia il suo magazzino; il commercio cadrebbe nelle mani delle compagnie di beneficenza (corporations), le quali procurano di solito gli stessi danni dei monopoli […]. I fondi parrocchiali, sotto la direzione dei giudici di pace, possono in breve tempo istituire piccole manifatture, dove si dovrebbero produrre tutti i prodotti di pubblica utilità, dove i più poveri sarebbero condannati a lavorare, e tutti gli altri costretti a svolgere i propri traffici. In tal modo i bottegai, che pagano le imposte, e sono il sostegno della nostra circolazione interna, sarebbero immediatamente rovinati, e così ridurremo in miseria la nazione per soccorrere i poveri.

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UpUltimo aggiornamento: 01/04/2006