Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
9. Clodoveo (A) Gregorio di Tours,
Storia dei Franchi, FV, II, 27. (B) Gregorio di Tours,
Storia dei Franchi, FV, II, 30-31. (C) Gregorio di Tours,
Storia dei Franchi, FV, II, 35, 37-38. (A) Accaduto tutto ciò,
venuto a morte Childerico, Clodoveo, suo figlio, prese il regno al posto
suo. Intanto, durante il quinto anno del suo regno, Siagrio, re dei
Romani e figlio di Egidio, stabilì la sua dimora presso la città
di Soisson, che un tempo abbiamo visto era stata occupata anche da Egidio.
Così Clodoveo, insieme con Ragnacario, suo parente, poiché
anch’egli teneva il regno, marciò contro di quello e gli
mandò a dire di preparare il campo di battaglia. Siagrio non
si piegò né ebbe paura di resistergli. Così vennero
a guerra fra loro e Siagrio si rifugiò velocemente presso il
re Alarico, a Tolosa. Clodoveo mandò dei messi ad Alarico, perché
gli fosse consegnato il fuggiasco; altrimenti il re goto avrebbe saputo
che gli sarebbe stata dichiarata guerra a causa del suo rifiuto. Alarico,
avendo timore di incorrere per causa di Siagrio nell’ira dei Franchi
(è tipico dei Goti aver paura), lo consegnò ben legato
ai messi di Clodoveo. Quando Clodoveo l’ebbe, ordinò che
fosse custodito; toltogli poi il regno decise che venisse passato a
fil di spada in gran segreto. […] Clodoveo portò a termine
molte guerre e molte vittorie. Nel decimo anno del suo regno dichiarò
guerra ai Turingi e li sottomise ai suoi ordini.
Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, FV, II, 27. Testo originale (B) Intanto la regina non smetteva
di pregare, affinchè Clodoveo arrivasse a conoscere il vero Dio
e abbandonasse gli idoli. Eppure in nessun modo egli poteva essere allontanato
da queste credenze, finché un giorno, durante una guerra dichiarata
contro gli Alamanni, egli fu costretto per necessità a credere
quello che prima aveva negato sempre ostinatamente. Accadde infatti
che, venuti a combattimento i due eserciti, si profilava un massacro
e l’esercito di Clodoveo cominciò a subire una grande strage.
vedendo questo, egli, levati gli occhi al cielo e con il cuore addolorato,
già scosso dalle lacrime, disse: “O Gesù Cristo,
che Clotilde predica come figlio del Dio vivente, tu che, dicono, presti
aiuto a coloro che sono angustiati e che doni la vittoria a quelli che
sperano in te, io devotamente chiedo la gloria del tuo favore, affinché,
se mi concederai la vittoria sopra questi nemici e se potrò sperimentare
quella grazia che dice d’aver provato il popolo dedicato al tuo
nome, io possa poi credere in te ed essere così battezzato nel
tuo nome. Perché ho invocato i miei dei ma, come vedo, si sono
astenuti dall’aiutarmi; per questo credo che loro non posseggano
alcuna capacità, perché non soccorrono quelli che credono
in loro. Allora, adesso, invoco te, in te voglio credere, basta che
tu mi sottragga ai miei nemici”. E dopo aver pronunciato queste
frasi, ecco che gli Alamanni si volsero in fuga, e cominciarono a disperdersi.
Poi, quando seppero che il loro re era stato ucciso, si sottomisero
alla volontà di Clodoveo dicendo: “Ti preghiamo, non uccidere
più la nostra gente: ormai siamo in mano tua”. Ed egli,
sospese le ostilità, parlò all’esercito e, tornando
in pace, raccontò alla regina in quale modo meritò d’ottenere
la vittoria attraverso l’invocazione del nome di Cristo. E questo
fu nel quindicesimo anno del suo regno.
Allora la regina ordinò di nascosto al santo Remigio, vescovo
della città di Reims, di presentarsi, pregandolo d’introdurre
nell’animo del re la parola della vera salute. Giunto presso di
lui, il vescovo cominciò con delicatezza a chiedergli che credesse
nel Dio vero, creatore del cielo e della terra, che abbandonasse gli
idoli, i quali non potevano giovare né a lui né ad altri.
Ma Clodoveo rispondeva: “Io ti ascolto volentieri, santissimo
padre; ma c’è una cosa: il popolo, che mi segue in tutto,
non ammette di rinunciare ai propri dei; eppure, egualmente, io andrò
e parlerò a loro secondo quanto m’hai detto”. Trovatosi
quindi con i suoi, prima ch’egli potesse parlare, poiché
la potenza di Dio lo aveva preceduto, tutto l’esercito acclamò
all’unisono: “Noi rifiutiamo gli dei mortali, o re pio,
e siamo preparati a seguire il Dio che Remigio predica come immortale”.
E annunziarono queste decisioni al vescovo, che, pieno di gioia, comandò
che fosse preparato il lavacro. […]
Allora il re chiese d’essere battezzato per primo dal pontefice.
S’avvicinò al lavacro come un nuovo Costantino, per essere
liberato dalla lebbra antica, per sciogliere in un’acqua fresca
macchie luride createsi lontano nel tempo. E, quando Clodoveo fu entrato
nel battesimo, il santo di Dio così disse con parole solenni:
“Piega quieto il tuo capo, o Sicambro; adora quello che hai bruciato,
brucia quello che hai adorato”. Il santo Remigio era vescovo di
grande scienza ed assai istruito negli studi retorici, ma anche tanto
elevato in santità da poter essere paragonato a Silvestro nei
miracoli. Esiste infatti un libro intorno alla sua vita che racconta
come egli risuscitò un morto.
Così il re confessò Dio onnipotente nella Trinità,
fu battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e
venne segnato con il sacro crisma del segno della croce di Cristo. Del
suo esercito, poi, ne furono battezzati più di tremila.
Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, FV, II, 30-31. Testo originale (C) Un giorno Clodoveo così
parlò ai suoi: “Giudico assai grave che questi Ariani occupino
una parte delle Gallie. Andiamo con l’aiuto di Dio e, dopo averli
sconfitti, riduciamo questa regione sotto il nostro dominio”.
Queste parole piacquero a tutti: mosso l’esercito, Clodoveo si
diresse a Poitiers. Colà soggiornava Alarico. Ma poiché
una parte dei nemici stava attraversando il territorio intorno a Tours,
in rispetto del beato Martino Clodoveo emise un editto secondo il quale
nessuno in quella regione doveva osare prendere come nutrimento altro
che erba ed acqua. Ma uno dell’esercito, trovato un po’
di fieno da un poveraccio, disse: “Forse che il re non ha prescritto
che si può prendere soltanto erba e null’altro? Questa”
disse “è erba. Quindi non trasgrediremo ai suoi ordini,
se la prendiamo”. E, facendo violenza al pover’uomo per
il fieno, se lo prese; ma l’episodio arrivò al re. E subito
l’uomo fu ucciso con la spada. Il re disse: “Come potrà
esserci speranza di vittoria, se offendiamo il beato Martino?”.
Questo bastò all’esercito perché non prendesse nient’altro
da questa regione.
Anzi, lo stesso re mandò nunzi alla santa basilica con il messaggio:
“Andate e forse riceverete da quel sacro luogo un auspicio di
vittoria”. Così, date loro offerte da portare nel luogo
santo, disse: “Se tu, o Signore, mi sarai d’aiuto e se tu
hai stabilito d’affidare alle mie mani questa popolazione infedele
e che sempre t’ha odiato, degnati di fare in modo che io sappia,
all’ingresso della basilica di San Martino, se tu ti degnerai
d’essere benevolo verso il tuo servo”. Avvicinatisi allora
i servi e giunti sul luogo, secondo il comando del re, mentre stavano
per entrare nella santa basilica, il primicerio all’improvviso
intonò quest’antifona: “O Signore, tu m’hai
cinto di forza per la guerra, hai fatto piegare sotto di me chi contro
me era insorto e hai fatto voltare ai nemici le spalle davanti a me
ed io ho distrutto quelli che m’odiavano”. Sentendo
il canto, rendendo grazie al Signore e promettendo voti al beato confessore,
gli inviati lo annunciarono felici al re. In seguito, quando Clodoveo
giunse con l’esercito presso il fiume Vienne, ignorava completamente
in quale punto attraversare. Il fiume infatti s’era ingrossato
a causa delle piogge copiosissime. Quella notte Clodoveo pregò
il Signore, perché si degnasse di mostrargli dove potesse passare
a guado e, fatto giorno, una cerva di meravigliosa grandezza entrò,
per volere di Dio, nel fiume prima di quelli e, passando a guado, mostrò
all’esercito dove potesse attraversare. Quando il re arrivò
a Poitiers, mentre ancora riposava lontano nelle sue tende, gli sembrò
che un fascio di fuoco uscisse dalla basilica di Sant’Ilario come
se stesse per venire verso di lui, in modo che, aiutato dalla luce del
beato confessore Ilario, egli potesse più facilmente sconfiggere
le schiere degli eretici, contro cui lo stesso sacerdote aveva combattuto
per la difesa della fede. Così egli chiese poi all’intero
esercito di non far bottino né in quel luogo né durante
il viaggio, e che non depredassero i beni di alcuno. Frattanto, il re
Clodoveo si scontrò con il re Alarico nella piana di Vouillé,
a dieci miglia dalla città di Poitiers, e mentre gli uni attaccavano
da lontano, gli altri resistevano facendosi sotto. Ma poiché
i Goti, secondo l’abitudine, si erano volti alla fuga, il re Clodoveo
con l’aiuto di Dio ottenne la vittoria. […]
A quel tempo un gran numero di Alverni era venuto insieme con Apollinare
e caddero quelli che erano i primi fra i senatori. In seguito a questa
battaglia Amalarico, figlio di Alarico, fuggì in Spagna e occupò
con saggezza il regno del padre. Clodoveo, invece, mandò suo
figlio Teodorico presso Clermont, attraverso Albi e la città
di Rodez. Andato via, questi ridusse sotto i poteri di suo padre tutte
le città dai confini dei Goti fino al confine con i Burgundi.
Alarico regnò ventidue anni. Intanto Clodoveo, dopo aver trascorso
l’inverno presso la città di Bordeaux, portando così
via da Tolosa tutti i tesori di Alarico, giunse ad Angouléme.
E a lui il Signore diede tanta grazia, che le mura della città
alla sua vista crollarono spontaneamente. Così, cacciati i Goti,
annetté la città al suo dominio. Dopo questi avvenimenti,
portata a termine la vittoria, se ne tornò a Tours, offrendo
molti doni alla santa basilica del beato Martino.
Clodoveo, poi, ricevette dall’imperatore Anastasio i codicilli
del consolato e, indossata nella basilica del beato Martino la tunica
di porpora e la clamide, si pose in capo il diadema. Salito, quindi,
a cavallo, sparse di sua mano alla folla presente oro e argento per
tutta la distanza che separa la porta dell’atrio della basilica
dalla chiesa cattedrale della città. Egli distribuì con
grande generosità e da quel giorno fu chiamato console o augusto.
Uscito poi da Tours, si recò a Parigi e vi stabilì la
sede del regno.
Gregorio di Tours, Storia dei Franchi, FV, II, 35,
37-38. Testo originale
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