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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


IV
I regni romano-germanici / 1
Verso l’egemonia franca

3. L’area franca: espansionismo, paganesimo, conversione
(A) Procopio, La guerra gotica, II, 25.
(B) Vita di Eligio, SRM 4, II, 16.

(A) In quei giorni i Franchi, apprendendo che tanto i Goti quanto i Romani avevano avuto parecchie perdite nella guerra, pensarono che avrebbero potuto essi stessi, con grande facilità, impadronirsi della maggior parte dell’Italia, in quanto ritenevano assurdo che altri continuassero tanto tempo a guerreggiare per assicurarsi il dominio di una terra così vicina al loro paese, mentre essi se ne rimanevano al di fuori, imparziali verso gli unì e verso gli altri.

Perciò, dimenticando sul momento i giuramenti e i trattati che poco prima avevano stipulato sia coi Romani che coi Goti (perché quanto a fedeltà nelle alleanze questo popolo è il più traditore di tutto il mondo), subito raccolsero centomila armati e, al comando di Teudeberto, calarono in Italia.

Avevano soltanto pochi cavalieri, che facevano da scorta al re ed erano gli unici armati di lancia; invece tutti gli altri erano appiedati e non possedevano né archi né lance, ma portavano una spada, uno scudo e una scure ciascuno. Il ferro di quest’ultima arma era largo e straordinariamente affilato da ambedue le parti, mentre il manico di legno era molto corto. Essi usavano sempre lanciare la scure ad un solo segnale, durante il primo assalto, e così, fracassati gli scudi dei nemici, li potevano uccidere. I Franchi, dunque, valicarono le Alpi che separano le Gallie dall’Italia e penetrarono in Liguria. […]

Finché rimasero in Liguria, i Germani non recarono alcuna molestia ai Goti, per non avere da loro nessun impedimento a compiere la traversata del Po. Difatti, quando raggiunsero la città di Ticino, dove c’era un ponte sopra il fiume costruito dagli antichi Romani, i Goti che ne avevano la vigilanza diedero loro ogni assistenza e li lasciarono passare tranquillamente dall’altra parte del fiume. Ma una volta preso sotto controllo il ponte, i Franchi catturarono tutte le donne e i bambini dei Goti che si trovavano là e li sacrificarono, gettandone i corpi nel fiume, come primizie di guerra. Questi barbari, infatti, pur essendosi convertiti al cristianesimo, conservano molte usanze della loro precedente religione, e fanno ancora sacrifici umani e praticano altri riti barbarici con cui ricavano profezie.

Vedendo ciò che essi facevano, i Goti furono presi da una terribile e si diedero alla fuga, riparando entro le mura della città. […]


[I Franchi sconfiggono sia i Goti, sia i Bizantini]


I Franchi intanto, sconfitti entrambi i nemici, come ho detto, ne occuparono i due accampamenti, completamente vuoti di uomini, e in essi trovarono per il momento sufficienti provviste. Ma in breve tempo, poiché erano molto numerosi, consumarono ogni cosa e dalle campagne intorno, abbandonate dagli abitanti, non poterono ricavare altro che bestiame e l’acqua del Po. A causa dell’eccessiva quantità di acqua che bevevano, non riuscivano a digerire quelle carni, e molti caddero malati di diarrea gastrica e dissenteria, da cui non erano in alcun modo in grado di liberarsi, per la mancanza di un cibo appropriato. Pare che in questa maniera sia perito un terzo dell’esercito dei Franchi. Anche a motivo di questo inconveniente essi non avevano possibilità di continuare la loro marcia e dovettero rimanere là. […]


[Il generale bizantino Belisario invia una lettera al re dei Franchi rimproverandolo per il suo comportamento]


Quando Teudeberto ebbe letto questa lettera, già preoccupato com’era per la situazione, e per di più rimproverato dai Germani, i quali si lamentavano di essere costretti a morire senza alcun motivo in una terra desolata, levò le tende e assieme ai Franchi sopravvissuti si ritirò in gran fretta nel proprio paese.

Procopio, La guerra gotica, II, 25.

Testo originale


(B) Fratelli carissimi, vi chiedo, e con grande umiltà vi ammonisco, che stabiliate di ascoltare attentamente quello che voglio suggerirvi per la vostra salvezza.

Ora, prima di tutto, ordino e scongiuro che non manteniate le sacrileghe usanze dei pagani e per nessuno motivo, per nessuna malattia, osiate quindi interpellare o consultare ciarlatani, indovini, divinatori, incantatori, perché chi commette questo peccato perde immediatamente il sacramento del battesimo. Così pure non badate ai presagi o agli starnuti, e mettendovi in viaggio non fate attenzione al canto di alcuni uccelli, ma sia che intraprendiate un viaggio o una qualsiasi altra attività, segnatevi nel nome di Cristo e dite con fede e devozione il Credo e il Padre nostro, ed il diavolo non potrà farvi alcun male. Nessun cristiano badi al giorno in cui uscire di casa o rientrarvi, in quanto tutti i giorni sono stati fatti da Dio; nessuno badi ad un giorno o ad una luna particolare per iniziare un lavoro; a Capodanno nessuno faccia empie ridicolaggini quali l’andare mascherati da giovenche o da cervi, o fare scherzi e giochi, e non stia a tavola tutta la notte né segua l’usanza di doni augurali o di libagioni eccessive. Nessun cristiano creda in quelle donne che fanno i sortilegi con il fuoco, né sieda in un canto, perché è opera diabolica. Nella festa di san Giovanni o in qualunque ricorrenza di santi nessuno segua l’usanza di celebrare il solstizio, di compiere danze o canti diabolici. Nessuno osi invocare i nomi dei demoni, come Nettuno, Orco, Diana, Minerva o Genisco, né credere ad altre simili sciocchezze. Al di fuori delle festività sacre nessuno celebri col riposo il giorno di Giove, né nel mese di maggio né mai; e nessuno celebri i giorni delle tignole e dei topi, o in genere un qualsiasi altro giorno che non sia quello del Signore. Nessun cristiano osi accendere lumi o fare offerte votive ai templi, alle pietre, alle fonti, agli alberi, ai luoghi cinti di siepi o presso i trivi. Nessuno osi appendere amuleti al collo di un uomo o di un qualunque animale, anche se sono opera di chierici, anche se si dice che è un oggetto sacro e che contiene parole divine: in essi non vi è infatti la medicina di Cristo, ma il veleno del diavolo. Nessuno osi fare sacrifici di purificazione, né fare incantesimi alle erbe, né far passare le pecore attraverso un albero cavo o un apertura del suolo, perché questa appare come una forma di consacrazione al diavolo. Nessuna donna osi appendersi al collo oggetti di ambra, e al telaio, nel tingere, o in qualsiasi altra attività non osi invocare Minerva o altre persone funeste, ma in ogni lavoro preghi che la grazia di Cristo la assista e confidi con tutto il cuore nella virtù del suo nome. Nessuno osi gridare a gran voce se talvolta si oscura la luna, perché, per volontà di Dio, essa si oscura in determinati tempi; né qualcuno tema di intraprendere un lavoro durante la luna nuova, poiché Dio ha fatto la luna per scandire il tempo e mitigare le tenebre notturne, e non per intralciare a qualcuno il lavoro o per fare impazzire gli uomini, secondo l’opinione degli stolti i quali credono che gli indemoniati patiscano a causa della luna. Nessuno chiami “signore” il sole o la luna né giuri su di loro, in quanto sono creature di Dio, e per volere divino sono al servizio delle necessità umane. Nessuno si assegni un destino, una sorte, una stella – quello che viene chiamato comunemente oroscopo – in modo da dire che egli sarà quale l’oroscopo lo avrà portato ad essere: Dio infatti vuole che tutti gli uomini si salvino ed arrivino alla conoscenza della verità, e regola ogni cosa nella sapienza, così come ha disposto prima della creazione del mondo.

Vita di Eligio, SRM 4, II, 16.

Testo originale

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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05