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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


X
L’Italia
L’età dell’anarchia politica

8. La cessione dei diritti pubblici e i castelli
(A) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 36 (902).
(B) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 47 (904).
(C) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n.65 (906).
(D) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 75 (911).
(E) Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 76 (911).
(F) Ugo, Diplomi, FSI 38, n. 15 (928).
(G) Ugo e Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 53 (940?).
(H) Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 11 (948).
(I) Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 10 (947).

(A) In nome del Signore Dio onnipotente ed eterno. Berengario re per il favore della clemenza divina [1]. […] Sappia pertanto anticipatamente la solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri presenti e futuri che […] mediante questo nostro precetto e con dono della nostra generosità abbiamo concesso al monastero di S. Cristina detto Olona una corte di proprietà del nostro regno detta Salussola, sita presso questo monastero – dove ora è abate Giovanni detto anche Azzone – a più o meno cinque miglia di distanza, che noi stabiliamo che sarà [del monastero] finché vivrà il detto abate, per il vitto e il sostentamento dei frati che lì servono Dio; concediamo al già nominato monastero [la corte] con le case, le terre, le vigne, i campi, i prati, i pascoli, le selve, […] le peschiere, il corso e il decorso delle acque (compreso l’alveo del Po), i mulini, il ripatico, le paludi, i monti, le pianure, tutto ciò che è diviso o indiviso, i redditi, i semi di entrambi i sessi, gli aldi uomini e donne e il districtus e la capacità di perseguire legalmente ogni questione, ovvero qualunque cosa si possa fino ad ora dire e nominare come appartenente al potere e alla parte regia nella sua totalità, con le isole e i guadi del Po che appartengono a detta corte, e Brolio, Castellione, Laurenziaga e Meleto, con tutto il diritto di caccia della medesima corte.

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 36 (902).

Testo originale

[1] Emesso a Pavia.


(B) In nome della santa e indivisibile Trinità. Berengario re per il favore della clemenza divina [1]. […] Sappia pertanto la solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri presenti e futuri che il venerabile vescovo Ildegario e il glorioso conte del nostro sacro palazzo Sigefredo, nostri diletti consiglieri, si sono rivolti alla nostra mansuetudine, a nome di Adelberto reverendo vescovo della santa chiesa di Bergamo, rivelandoci che la medesima città di Bergamo è stata devastata per l’attacco dei nemici, per cui ora è angustiata soprattutto dall’incursione dei crudeli Ungari e dalla pesante oppressione dei conti con i loro ufficiali, e chiedendoci che le torri e le mura della città siano riedificate e che, con la fatica e l’impegno del predetto vescovo e dei suoi concittadini e di coloro che si rifugiano lì sotto la difesa della chiesa matrice del Beato Vincenzo, siano riportate allo stato precedente […]. Assentendo volentieri alle loro devote preghiere, […] abbiamo stabilito che per l’impellente necessità e le incursioni dei pagani la medesima città di Bergamo sia riedificata ovunque il predetto vescovo e i suoi concittadini lo stimeranno necessario. Inoltre le torri e i muri e le porte della città, [ricostruite] con la fatica e l’impegno del medesimo vescovo e dei concittadini lì rifugiatisi, stiano in eterno sotto il potere e la protezione del vescovo e dei suoi successori.

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 47 (904).

Testo originale

[1] Emesso a Monza.


(C) In nome del Signore Dio eterno. Berengario re [1]. Sappia la devota solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri presenti e futuri che Ardingo, reverendissimo vescovo e diletto nostro arcicancelliere, ha pregato umilmente la clemenza della nostra serenità affinché, a causa dell’incursione dei pagani, concedessimo con la nostra autorità al diacono Audeberto, della santa chiesa di Verona, la libertà di costruire un castello nella località detta Nogara, fra le corti delle Due quercie e il villaggio di Tilliano, sulla riva del fiume Tartaro, e ci degnassimo di concedere in perpetuo – dietro le preghiere del predetto vescovo – al detto diacono il permesso di esercitare i commerci e costruire un mercato intorno e dentro il medesimo castello. Cedendo alle degne richieste di quello, abbiamo concesso al diacono Audeberto di costruire nel predetto luogo e fondo un castello, e con questo scritto gli abbiamo concesso di rafforzarlo con bertesche, merli e propugnacoli e fossati e ogni difesa necessaria […]; e [pertanto] costruisca lì, con il nostro permesso, un mercato di sua proprietà, [e poi] concediamo al medesimo diacono in proprietà, nella sua totalità, il teloneo, la palifittura, il ripatico [2], tutti i redditi e tutte le entrate, i diritti coercitivi o qualunque cosa per qualunque motivo lì sia potuta talvolta appartenere alla parte regia. E nessun conte, visconte, sculdascio, gastaldo, decano o persona grande o piccola di qualunque dignità e ordine osi custodire il placito nel medesimo castello, o esigere o rivendicare lì qualcos’altro alla parte regia, o presuma richiedere il mansionatico [3], o costringa a pagare qualcosa del medesimo mercato alla parte pubblica […].

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n.65 (906).

Testo originale

[1] Emesso a Verona.

[2] Dazi di natura commerciale, gli ultimi due collegati al movimento via acqua.

[3] Diritto di alloggio, proprio dei funzionari pubblici [cfr. 7 (C), nota 2].


(D) In nome del Signor nostro Dio eterno Gesù Cristo. Berengario re [1]. […] Sappia la devota solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri, presenti e futuri, che il reverendissimo vescovo Ardingo e il nostro diletto fedele Ingelfredo hanno richiesto supplichevolmente alla nostra clemenza che concedessimo a Pietro, venerabile vescovo della santa chiesa di Reggio, il permesso di costruire un castello nella sua pieve costruita in Vicolongo in onore di santo Stefano. Cedendo alle loro preghiere, abbiamo stabilito di fare così, e abbiamo ordinato di scrivere questo precetto della nostra concessione, tramite il quale abbiamo concesso al già detto vescovo Pietro il permesso di costruire un castello nella sua predetta pieve. Pertanto stabiliamo con nostra regale decisione che nessun duca, conte, visconte (segue la consueta formula di immunità).

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 75 (911).

Testo originale

[1] Emesso a Senna, corte regia.


(E) In nome del Signor nostro Dio eterno Gesù Cristo. Berengario con il favore della divina clemenza re [1]. […] Sappia la devota solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri, presenti e futuri, che questi uomini, e cioè: il giudice regio e visdomino della santa chiesa di Novara Leone, lo scabino Warnemperto, i fratelli Petronace e Teuperto, Donnolo, Benedetto, un altro Benedetto figlio del fu Uvedeo, un terzo Benedetto, Angelberto, un altro Angelberto, i fratelli Orso e Walperto, Aredeo, Peredeo, i fratelli Domenico e Stefano, un altro Stefano, Simperto, il notaio Gauso, Widelperto, un altro Teuperto e Walfredo suo fratello, Teuderado, tutti abitanti nel villaggio di Galiate, Guido del medesimo luogo, Rimfredo, i fratelli Amelfredo e Martino, Alperto, Arisuso del villaggio di Berconate, vennero da noi chiedendo che dessimo loro il permesso di costruire un castello nelle loro proprietà, a causa della persecuzione dei pagani e dei cattivi cristiani. Dando alle loro preghiere, per amore di Dio e ricompensa della nostra anima, assenso affinché costruiscano un castello, e propugnacoli e bertesche per munirlo quanti vorranno, con la scrittura di questa pagina ordiniamo che nessun conte, visconte o sculdascio (segue la consueta formula di immunità).

Berengario I, Diplomi, FSI 35, n. 76 (911).

Testo originale

[1] Emesso a Novara.


(F) In nome di Dio eterno. Ugo per grazia di Dio re [1]. […] Sappia la solerzia di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri, presenti e futuri, che il venerabile vescovo Sigefredo, carissimo e fedele nostro consigliere ha richiesto umilmente alla nostra clemenza che ci degnassimo di concedere ed elargire, con l’autorità di un nostro precetto, tutta la funzione pubblica [2], nella sua integrità, che per antica consuetudine suole essere esercitata da un ufficiale pubblico – ossia da un conte, un visconte, uno sculdascio, un decano, un saltario o un vicario – alla santa chiesa di Parma costruita in onore di santa Maria, dove è vescovo lo stesso Sigefredo, e alla chiesa di S. Donnino […] su tutti i [suoi] beni […]. Abbiamo acconsentito alle sue preghiere per amore di Dio onnipotente e per l’esaltazione delle medesime chiese e per la salvezza della nostra anima e per il devoto servizio del già nominato venerabile vescovo […].

Ugo, Diplomi, FSI 38, n. 15 (928).

Testo originale

[1] Emesso a Pavia.

[2] In latino publica functio.


(G) In nome del Signore Dio eterno. Ugo e Lotario per il favore della divina clemenza re [1]. […] Sappia la devozione di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri presenti e futuri che il vescovo Ambrogio e il conte Eldrico, diletti fedeli nostri, hanno richiesto supplichevolmente alla nostra serenità che ci degnassimo di concedere in perpetuo a titolo di proprietà, mediante questo precetto da noi scritto, al nostro fedele conte Aleramo una corte detta Foro, sul fiume Tanaro, nel comitato di Aqui. Cedendo alle loro preghiere, concediamo con questo nostro precetto nella sua totalità la medesima corte […], insieme con i castelli, le cappelle, le case, le terre, […] le peschiere, i porti, […] i diritti di caccia, i redditi, i diritti coercitivi, i servi, le ancelle, gli aldi maschi e femmine […]. Inoltre concediamo al medesimo fedele nostro Aleramo e ai suoi eredi ogni districtio [2] e funzione pubblica e la pubblica azione giudiziaria […] nella villa di Ronco e su tutti gli arimanni [3] che lì dimorano […].

Ugo e Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 53 (940?).

Testo originale

[1] Emesso a Pavia.

[2] Diritto di esercitare il potere coercitivo proprio dell’autorità pubblica.

[3] Parola di origine longobarda, che in quest’epoca designa gli uomini liberi rimasti in rapporto con il potere pubblico.


(H) In nome della santa e indivisibile Trinità. Lotario per il favore della divina clemenza re [1]. […] Sappia la totalità di tutti i fedeli della santa chiesa di Dio e nostri, presenti e futuri, che per intervento e richiesta del venerabile vescovo Attone nostro diletto fedele […] con questo nostro precetto […] doniamo alla chiesa della beata madre di Dio e vergine Maria e del martire san Giusto, che è a capo della chiesa di Trieste – dove è vescovo il venerabile Giovanni nostro diletto fedele – tutti i diritti del nostro regno e il potere coercitivo e la pubblica azione giudiziaria e tutto ciò che appartiene alla nostra parte pubblica, tanto nella città di Trieste che fuori, all’intorno e ovunque per un raggio di tre miglia, e tutto il circuito del muro della medesima città con tre porte e postierle […].

Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 11 (948).

Testo originale

[1] Emesso a Pavia.


(I) In nome della santa e individua Trinità, Lotario per grazia di Dio re [1]. […] Sappiano tutti i fedeli della santa Chiesa di Dio e nostri che per consiglio e preghiera del marchese Berengario nostro sommo consigliere, e del conte Manfredo, con queste nostro precetto confermiamo, secondo quanto giustamente e legalmente possiamo, alla santa chiesa di Mantova, a capo della quale si trova il venerabile vescovo Pietro, il diritto di battere moneta già concesso alla sede episcopale dai nostri predecessori, stabilendo che in queste tre città, Mantova, Verona e Brescia, abbia fermo e inviolabile corso senza opposizione alcuna. Vogliamo tuttavia che la lega dell’argento e il peso sia quello che piacerà e sarà convenuto dai cittadini delle predette città. E ordiniamo anche, con la nostra regale autorità che, quanto noi e i nostri predecessori abbiamo concesso alla santa Chiesa mantovana, sia osservato e conservato in perpetuo.

Lotario, Diplomi, FSI 38, n. 10 (947).

Testo originale

[1] Emesso a Verona.

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05