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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > IV, 20

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione IV – La struttura politico-sociale

20. I consorzi familiari all'interno del comune

La classe di governo che regge le sorti del comune cittadino non appare, al di là della formale concordia che emerge dai documenti pubblici, mai completamente senza contrasti al suo interno: strumento dell'affermazione politica delle famiglie dei maggiorenti è il «consorzio» o clan familiare che raccoglie membri della medesima stirpe (doc. a) o membri di stirpi diverse, collegati fra loro in una sorta di patto comune di difesa economica e militare (doc. b). Spesso il centro di attività di tali clan è rappresentato da una torre e già abbiamo visto in precedenza nel caso di Pisa (Terza sez., doc. 22) come questa possa diventare elemento di concorrenza fra i consorzi.

Fonte: a/ F. NICCOLAI, I consorzi nobiliari e il comune nell'alta e media Italia, Bologna, Zanichelli, 1940, pp. 168-69 (trad. it. parz. in D. WALEY, Le città-repubblica dell'Italia medievale, Milano, Il Saggiatore, 1969, p. 171); b/ Ibidem, pp. 164-66.


a/

[12 aprile 1196]

Giuriamo di aiutarci scambievolmente senza frode e in buona fede… con la nostra torre e casa comune e giuriamo che nessuno di noi agirà contro gli altri né direttamente né attraverso terzi. Se questa torre risultasse necessaria ad uno dei giurati per i suoi fini… gli altri gli metteranno a disposizione la torre e la casa e lo aiuteranno e non l'ostacoleranno. Le questioni riguardanti la costruzione della torre saranno risolte attraverso la decisione di due uomini scelti dai giurati ed essi decideranno in buona fede che cosa sia nel miglior interesse dei parenti che prestano questo giuramento. I giurati faranno prestare ai loro figli, se ne hanno, un giuramento consimile prima che compiano quindici anni, nel termine d'un mese da che ne vengano richiesti o entro qualsiasi termine i rettori vogliano stabilire. Se tra i giurati sorgesse disaccordo i rettori del momento convocheranno le parti in disaccordo entro trenta giorni per raggiungere un accordo; esse dovranno accettare la decisione dei rettori. Nessun acquisto relativo alla torre sarà fatto da un singolo; ognuno deve essere consultato in merito a tale acquisto e chi desideri parteciparvi dovrà avervi parte, poiché le parti di quelli che non vi partecipano apparterranno agli altri.

b/

[Firenze, secolo XIV]

Al nome di Dio e della sua madre Vergine Maria.

Sia manifesto a chi vedrà o legerà questa scritta, che noi tale e tale prometente ciascuno per se e sue rede, eziandio per tale e tale, siamo in questa concordia, cioè:
Che tutti noi come che per addietro siamo stati parenti, vicini ed amici d'uno e medesimo animo, fedeli e divoti di Santa Chiesa, et amatori del Popolo e del Comune e della libertà della Città di Firenze, e di Parte Guelfa, vogliamo che de quinci inanzi per fortifichare i sopradecti animi, promettere e giurare d'aiutare l'uno l'altro, e favoregiare con ciò che bisongo facesse, come fanno o debano fare i veri consorti d'un sangue.

E per potere pienamente conservare questa fede tra noi che faciamo questa scritta, soscritta a pié per mano di ciaschuno di noi, nella quale si conterrà a capitolo a capitolo le nostre intenzioni e volontà cioè:
In prima siamo in concordia et vogliamo che tra noi si facia uno estimo di fiorini … d'oro, acciò che ogni espesa che occorresse si possa paghare de' detti denari; e che questi denari che si imponessono tengha uno camarlingho di noi il quale l'elegierà per noi overo per nostri albitri.

Item che tra noi si chiamino overo s'elegano iij albitri i quali abiano a conosciere e definire ongni e ciaschuna chosa che tra noi ocorresse, e i due di loro possano fare di concordia.

Item che alchuno de' sopradetti non possa né debia fare alchuna 'mpresa, cioè si quistione o di bricha, sanza la diliberazione de' sopradetti albitri; e se contro a ciò facesse alchuno, i detti albitri il possano coregiere et condannare chome a loro paresse.

Item che se chaso avenisse che alchuno di noi fosse da alchuna persona ofeso et oltragiato, che tutti e ciascuno sian tenuti et debban aiutare, difendere et vendichare con avere et con persona e a sé la brigha rechare, chome se fosse nella sua propria persona; e che niuno né deba né possa fare né acordo né pace, sanza la diliberazione de' detti albitri.

Item che se alchuno di noi avesse alchuna quistione a Palagio, la quale fosse con persona possente, overo fosse forte chaso, che ciascheduno sia tenuto e deba aconpangnare e aiutare e consilgliare chome veri congiunti e fratelfi e consorti, a richiesta di quegli che così avesse la questione.

Item che se alquno o più di noi fosse condanato per alquna cagione, la qual condanagione fosse opera fatta per sodisfacimento o buona operazione d'alquno di noi overo di tutti noi soprascritti, e fosse fatta per comandamento o per deliberazione di detti albitri, allora o in quel chaso si debba paghare la condanagione per lo comune di tutti i sopradetti secondo il loro estimo: salvo che se quel cotale condanato, perché fosse troppo grande la condanagione per alquna quantità di moneta minore che la condanagione, fosse contento di ricevere bando e d'aconciarsi più tosto altrove che qui, si deba per simil modo paghare.

Item se chaso avenisse che alquno o più di noi, per diliberazione o comandamento degli albriti, facessono cosa per la quale uscisse condanagione personale, allora o per via di provisione insino in cotanto per mese…, overo per donagione insino a cotanta quantità, istia alla diliberazione degli albitri. Item se alquno facesse alquna cosa la quale non fosse con diliberatione o comandamento degl'albriti; allora e in quel chaso gl'albitri con un per famiglia di noi soprascritti abbiano a diliberare quell'aiuto, o non, che sia da fargli, nonne schifando però la brigha che non si può per la promessa fatta.

Item siamo contenti che se alquno di noi s'avesse quistione o brigha o impresa che si facesse per qualunque cosa da quinci innanzi che chatuno ne deba fare pace e concio e concordia, come piacesse a detti albriti; e dove non piacesse loro, cioè agl'abriti, per niuno si deba fare contro alla loro diliberazione.

E ancora siamo contenti e vogliamo che se alquno di noi di sopra nominati si scostassono di non volere osservare la sopradetta convegna delle cose qui scritte, che i detti albitri gli debano condanare e dagl'altri che rimanghono siano nimicati e apellati traditori.

E se incontrasse alquno caso nuovo che qui non fosse spetialmente nominato, alora si deba stare alla diliberatione de' decti albitri.

E siamo in concordia che tutte le condanagioni o pagamenti, le quali gl'albitri fecessono paghare ed alquno per disubidienza o per altra chagione, i detti danari pervegnano alle mano del chamarlingo, si veramente che gl'albriti non possano né debano condanare niuno in più che soldi X per lira del suo estimo, si veramente che non possino i iijm f. p.

Item che se per queste chose osservare bisongnasse fare spese alchune, si debano spendere de' danari i quali il chamarlingho sopradetto avesse, a diliberazione de' detti albitri, e se il detto chamarlingho non n'avesse, che se ne impongano.

E siamo in concordia che le sopradicte cose s'intendano tutte di brighe e di quistioni che da quinci innanzi s'aquistassono o intervenissono; e niuna cosa s'intenda per le cose passate da quinci addietro, stando la dichiaratione a sopradecti albitri, se fosse nuova o vechia la decta brigha o questione.

E tutti siamo in concordia, voglano e promettiamo su la sancte Dio guagnele le sopradecte cose oservare e mantenere e non venire contro, ma da quinci inanzi leali e fermi fedeli l'uno a l'altro stare ed esere ad una brigha e a una pace: nella quale concordia Idio ci prosperi e ci mantenga per la sua misericordia.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005