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Agricoltura e società nel Medioevo

di Giovanni Cherubini

© 1972-2006 – Giovanni Cherubini


Fonti scritte e nuove tecniche di ricerca

Le testimonianze scritte sono anche per il Medioevo, nonostante le nuove tecniche e i nuovi indirizzi di ricerca di cui parleremo, le più importanti fra le fonti storiche. Anzi il fatto che almeno per tutto l'alto Medioevo esse si riferiscano in primissimo luogo, per ciò che riguarda l'economia, alla vita agricola può aver indotto gli studiosi a sottovalutare l'importanza dell'artigianato e del commercio di quel periodo storico. Sfortunatamente le fonti scritte medievali, soprattutto per l'alto Medioevo, presentano molte manchevolezze per lo studio della realtà economica, un po' meno per lo studio della società. Per i primi secoli, intanto, esse sono scarsissime di numero: lettere di Cassiodoro o del pontefice Gregorio Magno, frammenti di leggi barbariche più o meno influenzate dalla tradizione romana, come il longobardo editto di Rotari, narrazioni storiche come le opere di Gregorio di Tours per la Gallia o di Paolo Diacono per l'Italia. Si tratta, in tutti questi casi, di fonti indirette e generalmente prive di quei dati quantitativi, sempre indispensabili per penetrare a fondo la struttura economica di un periodo, di una regione, di una singola proprietà.

Con l'età carolingia e la ripresa della scrittura che allora si verificò compaiono fonti più sicure e più abbondanti, testimonianze dirette dell'attività rurale, come il Capitulare de villis, i Brevium exempla ad describendas res ecclesiasticas et fiscales, i «polittici» [docc. 2-4]. Con i polittici siamo finalmente in presenza di fonti ugualmente utili sotto l'aspetto qualitativo e quantitativo. Dato che si tratta di descrizioni, di inventari dei beni delle chiese e dei monasteri, non solo essi permettono di cogliere le caratteristiche essenziali delle grandi proprietà, ma anche di misurarne l'estensione delle varie parti, di calcolarne i redditi annui, di ricavarne, in qualche caso più fortunato, anche il livello di produttività della terra (cfr. V. FUMAGALLI, Rapporto fra grano seminato e grano raccolto, nel polittico del monastero di S. Tommaso di Reggio, «Rivista di storia dell'agricoltura», VI [1966], pp. 360-361).

Purtroppo tale tipo di fonti riguarda quasi unicamente le proprietà ecclesiastiche. Per quelle laiche le testimonianze sono quasi sempre indirette e perciò scarsamente utilizzabili sotto l'aspetto quantitativo, derivando soprattutto dalle donazioni fatte dai laici agli enti religiosi. Per i monarchi qualcosa di più è possibile sapere grazie al Capitulare de villis, ad uno dei Brevium exempla, a pochissimi polittici (in Germania uno dell'830-850 relativo a cinque domini della regione di Worms, un altro redatto poco prima dell'831, relativo alle proprietà reali nei Grigioni). Per forza di cose, dunque, le campagne dell'Occidente devono essere esaminate attraverso le proprietà ecclesiastiche, e ciò non può non nuocere a una completa ricostruzione del quadro.

C'è altresì da aggiungere che la documentazione, già così unilaterale, non è neppure uniformemente distribuita dal punto di vista geografico, sia in età carolingia che anche oltre il Mille. Ad esempio, in Italia, le regioni del nord o il territorio lucchese rappresentano delle zone fortunate rispetto al Meridione, alla Sicilia o alla Sardegna. C'è da dire però che, talvolta, una apparente maggiore povertà documentaria di qualche zona rispetto ad altre può derivare da una maggiore arretratezza nella ricerca storica. Ancora nel 1956 Gino Luzzatto, che all'inizio di questo secolo aveva studiato le grandi proprietà ecclesiastiche italiane [1], osservava che difficilmente sarebbe stato possibile trovare dei polittici ancora inediti [2]. Ma in questi ultimi anni altri ne sono stati invece individuati, addirittura già editi, ma difficilmente reperibili per la sede in cui furono pubblicati [3]. Altri ancora ne potrebbero rivelare ricerche future nei preziosi archivi ecclesiastici della penisola.

Dall'XI secolo le fonti dirette diventano sempre più numerose, anche se raramente esse offrono il supporto indispensabile delle cifre. Nonostante la sua maggiore ricchezza la documentazione «non permette ancora di conoscere bene il consumo, l'investimento e il risparmio» (G. Fourquin). Di conseguenza, come per il periodo precedente, il meccanismo economico deve essere studiato partendo dalla produzione, ciò che rende d'altra parte possibili paragoni con la produzione del primo Medioevo. Una fonte eccezionalissima per l'età è il famoso Domesday – Book, descrizione generale del regno d'Inghilterra ordinata da Guglielmo il Conquistatore nel natale del 1085. «Gli agenti del re si recarono in ogni villaggio e vi interrogarono un giurì di abitanti: l'inchiesta doveva essere minuziosa quanto quella a cui si dedicherà Dio al momento dell'ultimo giudizio. Da ciò il nome dei registri che ne consegnavano i risultati: Libro del giorno del Giudizio. Per la maggior parte, essi ci sono stati conservati. Sulla geografia agraria dell'Inghilterra nell'XI secolo, la popolazione e la sua composizione, l'organizzazione sociale, essi ci forniscono delle informazioni di notevole precisione» (Ph. Wolff).

Per certe regioni almeno, i polittici rimasti recano le cancellature e le correzioni subite nel corso degli anni. Con infinita pazienza e con un certo margine d'errore gli studiosi sono riusciti talvolta a ricostruire da ciò l'evoluzione subita da una certa proprietà in un certo lasso di tempo. Ma fortunatamente l'abitudine di condurre delle indagini precise e di stendere inventari (censiers) dai quali risultasse l'elenco dei tenanciers, dei loro possessi e dei loro obblighi non andò, almeno in molti complessi ecclesiastici, perduta nei secoli successivi. L'Inghilterra anzi, in cui la pratica fu introdotta dal continente, presenta per questo aspetto, a partire dalla fine del XII o dal XIII secolo, una situazione di particolare favore. E ciò ha permesso agli studiosi di condurre sulla organizzazione, sull'evoluzione, sull'amministrazione dei grandi  complessi religiosi dell'isola studi altrove difficilmente uguagliabili per numero, precisione, ricchezza di notizie e complessità dei problemi trattati. Nulla di paragonabile per l'Italia, i cui archivi ecclesiastici sono ancora poco esplorati.

Da un certo momento però, almeno per alcune zone delI'«area comunale», Toscana in particolare, la penisola italiana comincia a disporre di fonti abbondanti e per molti aspetti superiori a quelle di altre regioni d'Europa. Nei libri di conti degli uomini d'affari del XIV e XV secolo è possibile trovare notizie relative a contratti agrari, a estensione e organizzazione della «proprietà borghese», a piante coltivate e a prezzi dei prodotti agricoli, a investimenti nelle campagne, qualche volta a una vera e propria amministrazione della proprietà fondiaria da parte di questi uomini oculati e amici delle cifre e della precisione. Già dalla fine del XIII secolo fonti fiscali come gli estimi forniscono notizie abbastanza precise, oltre che sulla popolazione, anche sulla composizione e la distribuzione della proprietà. Particolare valore hanno in questo campo i «catasti» fiorentini (i primi sono del 1427), dai quali è possibile ricavare una descrizione ricchissima della società rurale e dei suoi molteplici rapporti con quella cittadina per una buona parte della Toscana [doc. 23]. Di notevole importanza, anche per la vita agricola oltre che per molti altri aspetti, nonostante sia spesso difficile trarne dati quantitativi e utilizzabili statisticamente, si rivelano infine i protocolli di «imbreviature» su cui i notai registravano, in forma breve ma completa dal punto di vista della sostanza dell'atto, le transazioni svoltesi alla loro presenza. Vendite, contratti, giuramenti di fedeltà da parte di contadini al loro signore, atti di affrancazione, «carte di libertà» concesse dai signori e accordi da loro stesi con le comunità rurali, attività economiche di cittadini o di contadini ricchi nelle campagne, fiscalità cittadina e fiscalità signorile, notizie su attrezzi da lavoro o su pratiche agrarie, aspetti molteplici di vita privata e di vita familiare scaturiscono da questi volumi di cui gli archivi delle nostre città – Genova, Firenze, Lucca, Pisa, Siena – sono particolarmente ricchi, almeno a partire dalla fine del XIII secolo. Questa maggiore abbondanza di fonti per gli ultimi secoli del Medioevo, d'altra parte non comune a tutta l'Italia, non toglie che lo studio della vita rurale della penisola presenti difficoltà sconosciute a molte regioni d'Europa. Il frazionamento politico del paese e la conseguente mancanza di fonti omogenee relative a tutta l'Italia, le stesse notevoli e molteplici diversità geografiche fra le singole regioni e sub-regioni rendono ancora impossibile un discorso sintetico sulla società rurale e l'agricoltura italiana. Solo un gran numero di ricerche particolari e documentate su singole zone permetterà in futuro di ridurre a unità le molteplici situazioni locali.

L'«insufficienza delle fonti scritte ha costretto gli storica mostrarsi ingegnosi». Da una quarantina d'anni «l'allargamento del campo della loro documentazione è uno dei tratti dominanti della ricerca storica» (Ph. Wolff). Da tempo è stata utilizzata la «toponomastica», che tenta di datare l'apparizione dei luoghi abitati, particolarmente nelle campagne, ma essa registra di continuo nuovi avanzamenti e applicazioni criticamente più sicure. Altrettanto può dirsi della «numismatica», il cui interesse è però meno immediato per la storia agraria, potendosi, dai ritrovamenti monetari, ma non con la sicurezza che ad essi si attribuiva in passato, fissare in primo luogo le correnti dei traffici.

Ma altre discipline, ben più recenti, stanno ora affermandosi sempre più decisamente. L'«archeologia», una volta circoscritta allo studio del mondo antico, ha cominciato a estendere il suo campo di interessi al Medioevo. Particolarmente utilizzata nei paesi dell'Europa centrale come la Polonia, la cui storia inizia appunto con il Medioevo e che in genere presenta una maggiore penuria di fonti scritte, essa ha fatto progressi notevoli soprattutto per quel che riguarda il settore cittadino, riuscendo anche a distinguere tra piccolo centro urbano e centro rurale attraverso la ricerca delle minime tracce di opifici artigianali e di stabilimenti commerciali. «In Polonia come in Fiandra (particolarmente a Gand), è all'insieme della superficie urbana che d'ora in poi si tenta di strappare i suoi segreti, in modo da individuare la posizione delle strade e delle piazze, degli edifici privati o pubblici. I vari strati del terreno permettono di tentare una datazione e, nei casi più favorevoli, di farsi un'idea delle condizioni economiche di ogni epoca» (G. Fourquin). Archeologia urbana dunque, ma utile anche per la storia del mondo rurale, in conseguenza di questa prospettiva generale e dei legami molteplici tra città e campagna. A quest'ultima è in ogni modo dedicata anche una branca specifica dell'archeologia, l'«archeologia rurale», all'interno della quale l'«archeologia agraria» si occupa dello studio dei campi. Si tratta di una disciplina molto giovane, iniziata tra le due guerre in Inghilterra, Paesi Bassi e Danimarca, poi estesasi dopo il 1945 alla Germania, all'Italia, alla Francia. Si spera che l'archeologia rurale permetterà in futuro di misurare approssimativamente l'estensione del territorio coltivato e della foresta, di studiare con più precisione le trasformazioni delle colture, le forme e la densità degli insediamenti, forse la stessa vita quotidiana delle campagne.

La recente «fotografia aerea» ne è una branca fondamentale perché permette di localizzare gli abitati rurali scomparsi e di rintracciare sotto la superficie del suolo o appena affioranti le opere idrauliche, le sistemazioni agrarie e le forme dei campi, il mantello boschivo, le strade del passato. Qualora si disponga di qualche documento scritto, indispensabile per datare certi fenomeni leggibili sulla fotografia aerea come in un palinsesto, e qualora si padroneggi una certa «tipologia» relativa ai campi e agli insediamenti medievali che permetta di riconoscere con sicurezza sulla fotografia ciò che veramente appartiene al Medioevo, la fotografia aerea può essere molto utile anche se non dà origine a una campagna di scavi. Questa necessità di preparazione tecnica vale in particolare per l'Italia, sul cui suolo si confondono le tracce di millenni di colonizzazione e dove, tra le sistemazioni preistoriche e quelle altomedievali, si stendono i lunghi secoli delle civiltà della Magna Grecia, degli umbri, degli etruschi e dei romani.

Particolare campo di ricerca è l' «archeologia delle tecniche», che utilizza gli oggetti trovati in tombe di cui sia possibile una approssimativa datazione, ma anche venuti alla luce attraverso apposite campagne di scavo. Si è potuto, ad esempio, dimostrare che in età merovingia ci fu un rinnovamento nelle tecniche di lavorazione dei metalli. Le armi ritrovate nelle tombe dimostrano che i germani avevano introdotto in Occidente tecniche molto superiori a quelle dell'antichità classica.

Certo, risultati di questo tipo significano ancora poco per Ia storia agraria fino a quando non è dimostrata la circolazione e la universale applicazione di nuove tecniche anche nel mondo rurale. Ben altrimenti importanti possono rivelarsi invece gli scavi di particolari villaggi scomparsi[4]. Particolare importanza per lo studio dell'agricoltura ha la «climatologia storica», che indaga sulle variazioni del clima attraverso i secoli e conseguentemente illumina sull'avanzamento o l'arretramento dello spazio coltivato, l'introduzione o l'abbandono di certe culture. Per questa nuova discipline disponiamo anche, come abbiamo indicato nella bibliografia, del lavoro di sintesi del Le Roy Ladurie.

Di più difficile applicazione, anche perché richiede collaborazione fra storici e botanici e d'altra parte non è sempre utilizzabile con sufficiente sicurezza su tutti i terreni, è lo studio stratigrafico dei pollini delle diverse specie vegetali depositatisi attraverso i secoli nei vari strati del terreno. Dalla loro diversa proporzione e dalle loro variazioni nel tempo (ad esempio cereali o piante d'alto fusto) è possibile ricavare notizie sulla diversa destinazione del suolo a epoche diverse. La ricerca più nota è in questo campo quella relativa alle torbiere di Roten Moor, in Germania.

[1] G. LUZZATTO, I servi nelle grandi proprietà ecclesiastiche italiane nei secoli IX e X, Senigallia, 1909, ora ristampato nel volume Dai servi della gleba agli albori del capitalismo, Bari, Laterza, 1966, pp. 1-177.

[2] G. LUZZATTO, Per una storia economica d'Italia, Bari, 1967 (2a ed.), p. 129.

[3] V. FUMAGALLI, Rapporto, cit., p. 360 e Note per una storia agraria altomedievale (cfr. Bibliografia essenziale), p. 364.

[4] Nell'importante volume collettivo Villages désertés et histoire économique (XI-XVIII siècle), Paris, S.E.V.P.E.N., 1965, seppure nella unica prospettiva dei «villaggi scomparsi» e con una capienza cronologica che parte dall'XI secolo e supera la fine del Medioevo, possono leggersi articoli generali su «problemi di metodo» relativi alla demografia, alla geografia, all'archeologia, alla fotografia aerea, alle fonti scritte, alla toponomastica. Fra i molti e importanti contributi più particolari raccolti nel volume, di alto interesse sono i rapporti sugli scavi di due villaggi francesi, uno dei quali in declino nel XIV e XV secolo, l'altro passato attraverso varie fasi tra la meta del X secolo e la fine del Medioevo. Per la fotografia aerea, in particolare per gli aspetti tecnici della disciplina, basterà aggiungere G. SCHMIEDT, Contributo della foto-interpretazione alla ricostruzione del paesaggio agrario altomedievale, nel volume spoletino Agricoltura e mondo rurale in Occidente, già segnalato nella Bibliografia essenziale.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06