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La mercatura medievale

di Armando Sapori

© 1972-2006 – Armando Sapori


NOTA BIBLIOGRAFICA

A queste brevi pagine, che dedicate soprattutto ai giovani raccontano fatti ma più ancora accennano a problemi, sarebbe inappropriato far seguire una lunga bibliografia. Mi limiterò pertanto a suggerire poche opere ma stimolanti, naturalmente quasi tutte recenti, alle quali, del resto, corredate come sono ciascuna da bibliografie talora vastissime, il lettore potrà attingere per approfondire qualche punto e per chiarire qualche idea per cui abbia particolare interesse.

Relazioni a congressi

Nei congressi si fa il punto, attraverso a relazioni generali e a comunicazioni particolari, che poi vengono raccolte in volume, sullo stato delle conoscenze delle varie discipline. Ai nostri fini sono di particolare importanza gli atti dei «Congressi internazionali di scienze storiche», i quali sono tenuti periodicamente e a turno in vari paesi europei. Segnalo, per il più stretto nesso col tema di questo volumetto, la relazione dal titolo L'économie européenne aux derniers siècles du moyen-age tenuta al decimo congresso di Roma del 1955 («X Congresso internazionale di scienze storiche», Roma, 4-11 settembre 1955, Relazioni, vol. VI: Relazioni generali e supplementi, Firenze, Sansoni, 1955, pp. 801- 957), opera collettiva di P. JOHANSEN, M. MOLLAT, N. POSTAN, A. SAPORI, CH. VERLINDEN, i cui singoli apporti furono coordinati e presentati da M. Mollat. Per darne un' idea cito le parole di Y. Renouard che presiedé le sedute delle discussioni: «Cinque autori, delle cui esposizioni il prof. Mollat ha fatto la sintesi senza smorzare la originalità del pensiero di ciascuno né attenuare le divergenze, hanno composto non solo una bibliografia completa e aggiornata della storia economica del basso Medioevo, ma, sotto certi aspetti, una sorta di manuale critico di questa storia che sottolinea tanto le lacune tutt'ora esistenti quanto i risultati raggiunti». Fra gli interventi che hanno attinenza col problema della «crisi» del secolo XIV, si vedano quelli di E. Kosmisky, R. Lopez, F. Melis, M. Postan e uno mio («Congresso» ecc. cit., volume non numerato di Atti, Firenze, Sansoni, 1957, pp. 389-414).

Sul piano nazionale ricordo il congresso tenuto a Perugia dal 9 al 13 settembre 1967 organizzato dalla «Società degli storici italiani», dal titolo La storiografia italiana negli ultimi vent'anni (vol. I, Milano, Marzorati, 1970, pp. 653). E. SESTAN riferì sull'Alto Medioevo (pp. 59-77), G. MARTINI sul Basso Medioevo (pp. 79-471) e M. BERENGO sul Cinquecento (pp. 483-518). I riferimenti bibliografici, raggruppati per argomenti, sono presentati col riassunto delle varie opere esaminate criticamente: il che porta alla formulazione di una interessante problematica. Nella relazione di G. Martini fra i problemi più approfonditi è quello degli indirizzi storiografici, la storia narrativa e la storia strutturale. Il primo – legato alla concezione fin dalle origini aristocratica della storia, – tiene in evidenza i singoli soggetti: è accusato di correre il rischio di perdere di vista le società nel loro complesso. Il secondo – impostato sul finire dell'Ottocento per la ispirazione del «materialismo storico» , e che è andato via via estendendosi e affinandosi – analizza la composizione dei gruppi economici e sociali e il sistema dei loro reciproci rapporti: gli viene obbiettato che per il gusto di una problematica astratta e impersonale finirebbe per cancellare dalla storia gli uomini vivi con le loro passioni e con i loro interessi concreti. I termini del problema, già messi in evidenza dal relatore per il fatto di raggruppare sotto i due indirizzi gli studi esaminati, sono ancor più precisati con acute osservazioni personali. Pure essendo evidenti le sue preferenze per la storia narrativa, conclude con equilibrio che «se nella storia strutturale un qualche rischio c'è, vale la pena di correrlo quando si pensi ai positivi risultati che si sono raggiunti e che ancora si possono raggiungere: si tratta di un filone di ricerche fra i più validi che si sono delineati negli ultimi venti anni… la storia narrativa, pur conservando le sue peculiari esigenze, può e deve accogliere i risultati della storia strutturale se vuole ancora conservare una funzione vitale e propulsiva». Un altro problema, e qui mi fermo, è quello della «periodizzazione» a proposito del quale si vedano i paragrafi della relazione L'interpretazione generale del Medioevo, e Il trapasso dal Medioevo al Rinascimento: sul che avrò occasione di tornare dicendo fra poco di un'opera di R. Lopez. Nelle pagine di M. Berengo indico il problema della «crisi di libertà», molta parte della quale è «il declino delle vecchie forme della vita politica italiana e di una in particolare, che di quel mondo era stata tipica: la cittadina-repubblicana».

Opere Collettive

Si tratta di opere pubblicate sotto la direzione di un coordinatore che ha distribuito i temi. Fra quelle più attinenti al nostro soggetto suggerisco: The Cambridge economic history of Europe from the decline of the Roman Empire, vol. II: Trade and Industry in the Middle Ages, Cambridge, 1952, pp. 604.

Storia del mondo moderno (trad. di The new Cambridge modern history), vol. I: Il Rinascimento, 1493-1520, vol. II: La Riforma, 1520-1559, vol. III: La Controriforma e la rivoluzione dei prezzi 1559-1610, Milano, Garzanti, 1967-1968. Opera fondamentale di carattere generale, nella quale però alcuni capitoli sono dedicati alla storia economica.

Antologie

Storia dell'economia italiana a cura di C. M. CIPOLLA, vol. I: Secoli settimo-diciassettesimo, Torino, Einaudi, 1959, pp. 623. È una raccolta di venticinque saggi con note a pie' di pagina, inquadrati in un'ampia prefazione con spunti problematici. Il curatore non ha inteso di fornire un panorama dello sviluppo, nel tempo, delle conoscenze relative alla storia economica, perché in tal caso «si devono scegliere le cosiddette pagine 'classiche' e l'antologia diventa un po' la raccolta dei successivi 'errori' di quella particolare branca di studi che l'antologia vuole illustrare», e ha optato invece per la scelta delle pagine «che si ritengono 'valevoli', e l'antologia diventa una raccolta di quelle che al momento si ritengono essere le 'verità'». Gli autori, quando è stato possibile, hanno rivisto il testo e le note originari dei loro lavori, e vi hanno apportato quelle aggiunte e quegli aggiornamenti che hanno ritenuto opportuni.

Impostazione diversa ha la pubblicazione curata da F. CATALANO, dal titolo Stato e società nei secoli, pagine di critica storica, vol. I: L'età medievale, Messina-Firenze, G. D'Anna, 1967, pp. 707. È un insieme di una sessantina di scritti – tra i quali alcuni di cronisti come Liutprando da Cremona, Dino Compagni e Giovanni Villani – raggruppati per argomenti, a ciascuno dei quali è premessa una «introduzione», corredata di una bibliografia di solito molto abbondante: tanto più necessaria perché nei brani riprodotti non si hanno note a pie' di pagina. Alla fine, tavole cronologiche dal 503 al 1492, e brevi biografie degli autori, dei quali, quando si tratta di storici, sono indicate anche le opere principali. Essendo il volume destinato «a sussidio e complemento dell'insegnamento della storia soprattutto dei licei classici e scientifici», il Catalano dice di aver fatto poco posto agli aspetti economici e sociali che sono trascurati, appunto, nei programmi di quelle scuole. A parte, però, che non sono affatto preminenti guerre e figure di grandi capitani, direi piuttosto che una scelta felice ha evitato la «specificità» di una sola disciplina, la storia economica: le cui trattazioni di solito non offrono, perché normalmente troppo circoscritte, i legami necessari a comprendere nella sua complessità la vita delle civiltà.

Altra impostazione, infine, si ha in Nuove questioni di storia medievale, Milano, Marzorati, 1964, pp. 830. I venticinque saggi raccolti sono dovuti ad autori di specifica competenza sui vari argomenti, e sono stati scritti espressamente per il volume. Non hanno note a pie' di pagina, ma sempre una nota bibliografica alla fine, di solito molto ampia. Per la molteplicità dei temi, molti dei quali non di storia economica, vale quanto ho detto sopra per l'antologia del Catalano.

Opere singole

F. BRAUDEL, La Méditerranée et le monde méditerranéen à l'époque de Philippe II, 2ª éd. rev. et corr., Paris, Colin, 1966, voll. 2, pp. 589, 629 con tavole, carte geografiche e alla fine una vastissima bibliografia. È un grande saggio di quella che or ora si è detta «storia strutturale», che comunque in ultimo si impernia sulla figura dominante del sovrano spagnolo. Nelle «Letture» che seguono a questa nota bibliografica riporto una recensione alla prima edizione italiana (Civiltà e imperi del Mediterraneo nell'età di Filippo II, Torino, Einaudi, 1953, voll. 2, pp. 1558 complessive con tavole), nella quale si insiste appunto sull'indirizzo storiografico seguito [n. 2].

R. EHRENBERG, Le siècle des Fugger, éd. abregée (tratta dall'edizione tedesca), Paris, S.E.V.P.E.N., 1955, pp. 433. Opera classica che risale al 1896, ma che ha mantenuto tutta la sua validità. Imperniata sulla storia economica tedesca del secolo XVI, abbraccia, in sostanza, l'economia di tutta l'Europa anche con riguardo all'Italia.

G. FOURQUIN, Histoire économique de l'Occident médiéval, Paris, Colin, 1971, pp. 446 con appendici di «documenti», di uno «sguardo bibliografico», di un «glossario dei termini economici» (veramente utile ai giovani). L'A. non avanza suggestioni brillanti, ma raccoglie informazioni aggiornate che dispone in un quadro ordinato e chiaro, avendo presente di «cogliere meglio la netta continuità fra la vita economica medievale e quella dei tempi moderni», spezzata arbitrariamente dai «periodi storici». Questo è il filo conduttore dell'opera dalla «premessa» alla «conclusione», che si chiude con queste parole: «non diversamente dalla natura anche la storia non fa salti. Questo è vero per l'economia dei settori secondario e terziario nei quali il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni non fu un ponte gettato su un precipizio, ed è ancora più vero per l'attività del settore primario dove il passaggio fu assolutamente trascurabile. L'idea di un iato fra due periodi della storia in genere e della storia economica in particolare è dovuta meno all'orgoglio, un po' ingenuo, degli uomini del secolo XVI che credettero di avere inventato e tutto cambiato, che alla eccessiva specializzazione degli storici».

J. HEERS, L'occident médiéval aux XIVe et XVe siècles, Paris, Presses Universitaires de France, 1963, pp. 388 con carte geografiche. È una visione «ottimistica» della crisi del Trecento: «In questi 'tempi difficili' l'evoluzione della società segna un cambiamento più rapido e decisivo, talvolta spettacolare, dopo i grandi flagelli del XIV secolo».

P. JEANNIN, Les marchands au XVle siècle, Paris, Éditions du Seuil, 1957, pp. 192 con illustrazioni. È un quadro efficace, e intelligente, del mercante dell'Europa del Cinquecento.

J. LE GOFF, La civiltà dell'Occidente medievale, Firenze, Sansoni, 1969, pp. 685 con tavole cronologiche dall’882 al 1315, carte geografiche, senza note a pie' di pagina, e con una nota bibliografica alla fine del volume. Vuole essere un  «ridimensionamento» del periodo Medioevo, che sarebbe stato eccessivamente valutato in questi ultimi tempi. Riporto nelle «Letture» [n. 1] un brano caratteristico riguardante la visione che l'A. ha della Crociata.

R. S. LOPEZ, La nascita dell'Europa, secoli V-XIV, ed. italiana riv. e ampliata (dall'originale francese), Torino, Einaudi, 1966, pp. 458 con tavole e carte geografiche, senza note a pie' di pagina sostituite da un orientamento bibliografico alla fine del volume. Poiché ho detto di aver compreso in questa «Nota» opere particolarmente stimolanti, aggiungo che questa del Lopez è oltremodo suggestiva per la originalità del pensiero che il Martini nella sua relazione ha messo in tutta evidenza. Intanto, mentre il periodo storico è generalmente accettato come tale – e tutt'al più si sono proposti e di continuo si propongono spostamenti delle date iniziali e finali tradizionali (il che basterebbe a provare la sua illogicità) – il Lopez sostiene nettamente la continuità della storia e quindi l'arbitrarietà delle sue suddivisioni: il che investe, al di là di un dato cronologico, qualche cosa di più sostanziale, la stessa interpretazione dell'età medievale. Compresa nel mondo occidentale fra dieci secoli dalla caduta dell'Impero di Roma ai tempi moderni, il Lopez non riconosce, a differenza di quanto ritiene un'altra e opposta concezione, che i due massimi poteri della Chiesa e dell'impero l'abbiano serrata a unità, facendone una universalità politico-religiosa. E sempre nel quadro di questa idea ha allargato la narrazione al di là dei confini spaziali del continente, considerando tra i fattori del divenire dell'Europa anche gli eventi, sincroni, del mondo asiatico fino alla Mongolia e alla Cina, al sub-continente indiano. «È la concezione 'emisferica', così il Martini, che vuole tener conto dei flussi e riflussi dei popoli, dei rapporti economici, tecnici e culturali, delle analogie di situazione tra l'Europa e l'Asia, perché anche nel Medioevo tali elementi hanno avuto importanza e possono oggi fornire interessanti spiegazioni». Ed ecco, infine, la storia strutturale sulla cui scena non si trovano soltanto le figure di un Carlo Magno che fa rivivere la larva dell'Impero romano, di un Urbano II che bandisce la crociata, di un Bonifacio VIII che conclude vittoriosamente la lotta con l'impero, ma anche tutte le componenti della società, le quali, nell'àmbito di diverse situazioni geografiche, politiche e sociali, sono le vere artefici della loro storia. Su un'altra idea originale a proposito della crisi del Trecento, ho detto a lungo nel testo.

G. LUZZATTO, Storia economica d'Italia, Il Medioevo, Firenze, Sansoni, 1963, pp. 307; e Storia economica dell'età moderna e contemporanea, parte I: L'età moderna, 3ª ed. riv., Padova, CEDAM, 1950, senza note a pie' di pagina, ma con un orientamento bibliografico al principio o alla fine di ogni capitolo. Il Luzzatto è considerato generalmente un ottimo manualista (il manualista è di solito un compilatore dei risultati attinti dagli scritti altrui), mentre gli storici sanno che alla base dei suoi lavori a carattere divulgativo stanno severe ricerche dirette di archivio elaborate in una quantità di preziose monografie. La narrazione, densa e pure agile, nobilitata con il tenere in costante rilievo il filo logico di un pensiero rigorosamente organico, è inoltre sicura: in quanto, senza far posto alla fantasia per riempire gli inevitabili vuoti delle fonti documentarie, ha chiesto al documento non più di quello che può dare, e insieme non ha trascurato nessuna delle domande che gli possono essere rivolte. I volumetti qui indicati li consiglio pertanto per un primo chiaro orientamento generale, per passare poi – chi lo voglia – alla problematica.

E. PERROY, Il Medioevo. L'espansione dell'Oriente e la nascita della civiltà occidentale, 2ª ed. (dall'originale francese), Firenze, Sansoni, 1969, pp. 615 con carte geografiche, senza note a pie' di pagina, ma con una bibliografia per argomenti alla fine, e con tavole cronologiche dal 379 al 1492. Il Perroy ha dato il nome all'opera che ha diretto, alla quale hanno collaborato quattro specialisti: J. AUBOYER per le civiltà dell'Asia; A. C. CAHEN per i settori bizantino, musulmano e per i paesi slavi; G. DUBY per l'Europa occidentale fino alla fine del XIII secolo; M. MOLLAT per i secoli XIV e XV. Pure essendo un'opera di storia generale, vi ha largo posto la storia economica.

H. PIRENNE, Storia economica e sociale del Medioevo, Milano, Garzanti, 1967, pp. 311 (trad. dall'originale francese del 1933). La validità di questa sintesi rimane intatta nonostante che siano passati quaranta anni da quando fu scritta, perché è un modello di ciò che più conta nell'opera di storia: la capacità di suscitare ininterrottamente idee con la suggestione delle idee. «Se pure superata dal punto di vista tecnico – scriveva nel 1959 F. L. Ganshof – non cessa di prodigare agli studiosi, e a chiunque sappia pensare, insegnamenti preziosi, di arricchire il nostro spirito intavolando con noi un dialogo appassionante». E. H. Van Werweke, nel presentare l'edizione italiana, la addita «come esempio ai giovani per la chiarezza sovrana, per il senso delle masse, per lo slancio e soprattutto per il gusto della vita, e per l'arte di sapere sempre scoprire l'uomo dietro le cose». Ai giovani la suggerisco anche io in questa «Nota», aggiungendo che comunque nel volumetto un aggiornamento c'è con una bibliografia dello stesso Van Werweke (pp. 243-311), non limitata a semplici schede delle opere apparse dopo il 1933, ma «ovunque ciò sia possibile, abbiamo aggiunto alla indicazione del titolo un breve commento che indicasse al lettore la misura in cui lo studio in questione avesse confermato, modificato o completato le idee esposte dal Pirenne, oppure quali nuove vie di ricerca esso avesse intraprese».

Y. RENOUARD, Les hommes d'affaires italiens du Moyen- âge, Paris, Colin, 1949, pp. 262, con una brevissima nota bibliografica in fine. La profonda conoscenza che l'A. ha della storia economica italiana, e particolarmente dei protagonisti, i mercanti, fa di quest'opera uno strumento di necessaria consultazione.

A. SAPORI, Le marchand italien au Moyen-âge, Paris, Colin, 1952, pp. LXX, 126. Sono quattro conferenze tenute nel 1949 all'École Pratique des Hautes Études (pp. I-LXX) alle quali segue, nella pubblicazione, una bibliografia per argomenti (pp. 1-115). Accostando lo studio del Renouard a questo mio, e a quelli dell'Ehrenberg e del Jeannin si ha un quadro dei mercanti dal 1100 al 1500 ricco di figure e di colore.

A. SAPORI, Studi di storia economica, secoli XIII-XVI, terza ed. accresciuta, Firenze, Sansoni, 1955, voll. 2, pp. 1369; e Studi di storia economica, vol. III, 1967, pp. 726. I volumi sono corredati di indici analitici, alla fine del secondo tomo da p. 1187 a p. 1355, e alla fine del terzo, da p. 627 a p. 714, che rendono agevole la consultazione, e da bibliografie alla fine del secondo e del terzo volume, rispettivamente alle pp. 1115-1186 e 595-625. È una raccolta di 78 saggi scritti a partire dal 1925. Credo di segnalare il saggio XXXIV del vol. III su Medioevo e Rinascimento: proposte per una nuova periodizzazione, un tema a cui ho accennato più volte in questa «Nota». Il mio suggerimento di stabilire una continuità dal secolo XII a tutto il XVI, cinque secoli che avrebbero visto il principio, l'apogeo e la fine della rinascita, ha trovato naturalmente netti dissensi, e consensi soltanto parziali. Ultimo a parlarne è stato G. Martini il quale, dopo avere riassunto chiaramente le mie argomentazioni, conclude: «La tesi sostenuta dal Sapori ha suscitato molte riflessioni, utili certamente per l'approfondimento del problema, ma anche non poche perplessità… Malgrado le riserve che si possono fare, la tesi ha un pregio cospicuo: quello cioè di porre il problema del Rinascimento come parte della storia di una intera società in evoluzione, e di intendere quindi il valore della 'cultura' non nel senso aristocratico limitativo proprio del Burchkardt e degli scrittori dei suoi tempi, ma come l'insieme delle espressioni artistiche, letterarie, religiose e anche del mondo politico e pratico. Il che è un modo concreto e moderno di impostare la questione».

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UpUltimo aggiornamento: 19/11/06