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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


I
La fine del mondo antico / 1
Il cristianesimo, le chiese, la Chiesa

3. Le grandi eresie del IV e V secolo
(A) Socrate, Storia ecclesiastica, PG 67, 1, 9.
(B) Concilio di Costantinopoli, Simbolo, (381).
(C) Massimino Ariano, Dissertazione contro Ambrogio, 56, 59-60, 63.
(D) Cirillo, Lettere, PG 77, 24.
(E) Concilio di Calcedonia, Definizione della fede, (451).
(F) Evagrio, Storia ecclesiastica, PG 86/2, 3.

(A) Dopo che per grazia di Dio e del pio imperatore Costantino ci siamo riuniti da diverse città e province, venne celebrato un grande e santo sinodo in Nicea; parve necessario dunque a tutta il santo sinodo inviare lettere a voi dalle quali possiate conoscere che cosa si è preso in esame e considerato e che cosa fu deciso e stabilito. Anzitutto fu discusso, alla presenza del piissimo imperatore Costantino, intorno alla empietà e stoltezza di Ario e di quelli che sono con lui, e parve bene a tutti i presenti di anatematizzare la sua empia opinione e i discorsi blasfemi che egli faceva, dicendo che il Figlio di Dio è nato dal nulla e che vi è stato un tempo in cui non era; diceva inoltre che il Figlio di Dio poteva scegliere la virtù o il vizio essendo dotato di libero arbitrio e lo chiamava creatura e fattura. Il santo sinodo condannò tutto ciò, né sopportò di ascoltare la sua empietà, né la stoltezza delle sue parole blasfeme.

Socrate, Storia ecclesiastica, PG 67, 1, 9.

Testo originale


(B) Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e di quelle invisibili: e in un solo Signore Gesù Cristo, figlio unigenito di Dio, generato dal Padre prima di tutti i secoli, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato, non creato, della sostanza del Padre, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Per noi uomini e per la nostra salvezza egli discese dal cielo, prese carne dallo Spirito Santo e da Maria vergine, e divenne uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, fu sepolto e risuscitò il terzo giorno secondo le Scritture, salì al cielo, si sedette alla destra del Padre: verrà nuovamente nella gloria per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Crediamo anche nello Spirito Santo, che è signore e dà vita, che procede dal Padre; che col Padre e col Figlio deve essere adorato e glorificato, ed ha parlato per mezzo dei profeti. Crediamo alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. Crediamo in un solo battesimo per la remissione dei peccati e aspettiamo la resurrezione dei morti, e la vita del secolo futuro. Amen.

Concilio di Costantinopoli, Simbolo, (381).

Testo originale


(C) Costui secondo la provvidenza di Dio e la misericordia di Cristo, mentre aveva trent’anni ed era lettore, fu ordinato vescovo per la salvezza di molti dei Goti, così che non fosse soltanto erede di Dio e coerede di Cristo, ma almeno in questo, per grazia di Cristo, imitatore di Lui e dei suoi santi e come il santo David per trent’anni fu re e profeta, reggendo ed ammaestrando il popolo di Dio ed i figli di Israele, così anche il beato Ulfila apparve come un profeta e fu ordìnato sacerdote di Cristo a reggere, correggere, ammaestrare ed edificare il popolo dei Goti, cosa che per volere di Dio ed aiuto di Cristo venne in modo mirabile realizzata mediante il suo ministero.[…]

Ulfila al momento della morte lasciò il testamento della sua fede per il popolo a lui affidato dicendo così: “Io Ulfila, vescovo e confessore, ho sempre creduto in tal modo e in questa sola vera fede voglio passare al mio Signore. Credo che uno è Dio Padre, e solo non generato ed invisibile, e credo nel suo unigenito Figlio Signore e Dio nostro creatore e fattore di ogni creatura, che non ha nessuno simile a sé. Quindi uno è Dio Padre di tutti, che è anche Dio del Dio nostro. E [credo che] uno è lo Spirito Santo, virtù illuminatrice e santificante […] non Dio né Signore, ma fedele ministro di Cristo, non uguale, ma sottomesso e obbediente in tutto al Figlio; e il Figlio sottomesso e obbediente in tutto e a Dio Padre simile […] ”.

Massimino Ariano, Dissertazione contro Ambrogio, 56, 59-60, 63.

Testo originale


(D) Cirillo ai preti, diaconi, popolo di Alessandria, carissimi ed amatissimi, salute nel Signore.

Avrei dovuto narrarvi ampiamente quello che è avvenuto, tuttavia poichè i corrieri avevano fretta vi scrivo brevemente. Sappiate che il sinodo si radunò nella grande città di Efeso, nella chiesa chiamata della Madre di Dio il 22 giugno. Dopo aver impiegato tutto il giorno in discussioni, alla fine abbiamo emanato la sentenza di deposizione di quel bestemmiatore Nestorio, che neppure aveva osato presentarsi al concilio, e lo abbiamo rimosso dalla carica di vescovo. I vescovi convenuti erano pressappoco duecento; tutto il popolo della città, dal principio del giorno fino a notte, attendeva le decisioni della sinodo e non appena seppe che quel bestemmiatore era stato condannato, cominciò a gran voce a lodare Dio e ad applaudire il concilio perchè era stato colpito il nemico della fede.

Cirillo, Lettere, PG 77, 24.

Testo originale


(E) Sarebbe stato, dunque, già sufficiente alla piena conoscenza e conferma della pietà questo sapiente e salutare simbolo della divina grazia. Insegna, infatti, quanto di più perfetto si possa pensare intorno al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, e presenta, a chi l’accoglie con fede, l’inumazione del Signore.

Ma poiché quelli che tentano di respingere l’annuncio della verità, con le loro eresie hanno coniato nuove espressioni: alcuni cercando di alterare il mistero dell’economia dell’incarnazione del Signore per noi, e rifiutando l’espressione Theotocos per la Vergine; altri introducendo confusione e mescolanza e immaginando scioccamente che unica sia la natura della carne e della divinità, e sostenendo assurdamente che la natura divina dell’Unigenito per la confusione possa soffrire, per questo il presente, santo, grande e universale sinodo, volendo impedire ad essi ogni raggiro contro la verità, insegna che il contenuto di questa predicazione è sempre stato identico; e stabilisce prima di tutto che la fede dei 318 santi padri dev’essere intangibile […].

Seguendo, quindi, i santi padri, all’unanimità noi insegnamo a confessare un solo e medesimo Figlio: il Signore nostro Gesù Cristo, perfetto nella sua divinità e perfetto nella sua umanità, vero Dio e vero uomo, [composto] di anima razionale e del corpo, consustanziale al Padre per la divinità, e consustanziale a noi per l’umanità, simile in tutto a noi, fuorché nel peccato, generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, e in questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza da Maria vergine e madre di Dio, secondo l’umanità, uno e medesimo Cristo signore unigenito; da riconoscersi in due nature, senza confusione, immutabili, indivise, inseparabili, non essendo venuta meno la differenza delle nature a causa della loro unione, ma essendo stata, anzi, salvaguardata la proprietà di ciascuna natura, e concorrendo a formare una sola persona e ipostasi. Egli non è diviso o separato in due persone, ma è un unico e medesimo Figlio, unigenito, Dio, verbo e Signore Gesù Cristo, come prima i profeti e poi lo stesso Gesù Cristo ci hanno insegnato di lui, e come ci ha trasmesso il simbolo dei padri.

Stabilito ciò da noi con ogni possibile diligenza, definisce il santo e universale sinodo, che a nessuno sia lecito presentare, o anche scrivere, o comporre una [formula di] fede diversa, o credere, o insegnare in altro modo. Quelli poi che osassero o comporre una diversa formula di fede, o presentarla, o insegnarla, o tramandare un diverso simbolo a quelli che intendono convertirsi dall’Ellenismo alla conoscenza della verità, o dal Giudaismo o da un’eresia qualsiasi, costoro, se sono vescovi o chierici, siano considerati decaduti: il vescovo dal suo episcopato, i chierici dal clero; se poi fossero monaci o laici, dovranno essere scomunicati.

Concilio di Calcedonia, Definizione della fede, (451).

Testo originale


(F) In quei tempi il concilio di Calcedonia non era divulgato nelle chiese, ma non era nemmeno del tutto respinto. Il responsabile di ogni chiesa agiva come più gli sembrava opportuno. Alcuni difendevano con grande zelo le posizioni del concilio e non tolleravano che nei suoi decreti si mutasse una sola sillaba o una sola lettera: con quelli che non ne accettavano i canoni non volevano avere assolutamente alcun rapporto. Altri non solo non accettavano il concilio ed i suoi canoni, ma colpivano di anatema il concilio stesso e la lettera di Leone. Altri si attaccavano allo Henótikon di Zenone, pur discutendo tra loro se le nature di Cristo fossero una o due: più solleciti della pace e della concordia i sostenitori dell’ultima tesi, ingannati dal decreto imperiale gli altri. Insomma, le chiese del mondo intero erano divise in varie fazioni e nemmeno i vescovi tentavano più di comunicare tra loro. Ne nacquero molte divisioni in Oriente, in Occidente ed in Africa, poiché i vescovi d’Oriente non concordavano con quelli d’Occidente e d’Africa, e questi a loro volta non si accordavano con gli orientali. Ma si arrivò ad ulteriori assurdità: ad un certo punto i vescovi d’Oriente non comunicavano più tra loro e così quelli d’Occidente e d’Africa non comunicavano né tra loro né con chi veniva da fuori o con gli stranieri.

Evagrio, Storia ecclesiastica, PG 86/2, 3.

Testo originale

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/09/05