Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
4. Roma: l’aspirazione al primato (A) Leone I, Lettere,
PL 54, 104. (B) Gelasio I, Lettere,
PL 59, 8.
Già in età precostantiniana si era andata profilando
una posizione di preminenza dottrinale e giurisdizionale della chiesa
di Roma in quanto fondazione degli apostoli Pietro e Paolo. L’autorità
del vescovo di Roma (detto papa con termine greco originariamente destinato
a tutti i vescovi) era però anche legata alla situazione di Roma
capitale imperiale, ed in questo senso la fondazione della nuova capitale,
Costantinopoli, aprì una conflittualità religiosa tra
le due sedi. così nel 381 il canone 3 del concilio di Costantinopoli
assegnava al vescovo costantinopolitano “il primo posto d’onore
dopo il vescovo di Roma, perché quella città è
la nuova Roma”. Intanto, contro un Oriente che valorizzava le
contingenze politiche, la Chiesa di Roma si richiamava sempre più
alla tradizione apostolica ed al primato di Pietro con concetti che
troviamo compiutamente espressi nel testo di un sinodo romano dell’età
di papa Damaso (366-384), poi tramandato nel cosiddetto Decretum
Gelasianum. In seguito personaggi come Innocenzo (402-417) e Leone
(440-461) contribuirono molto a garantire ed estendere le competenze
di Roma. In Occidente Leone I ebbe l’appoggio dell’imperatore Valentiniano
III che nel 445 – con l’editto qui riportato (A)
– riconosceva al vescovo di Roma, indipendentemente dal consenso statale,
il diritto di intervenire sulle questioni ecclesiastiche in virtù
del primato di Pietro. Ma poco dopo il canone 28 del concilio di Calcedonia
del 451 (B) definiva le
prerogative della Chiesa di Costantinopoli: un limite implicito agli
interventi di Roma sulle Chiese di Oriente, che provocò la presa
di posizione di Leone nella lettera del 452 all’imperatore Marciano.
Inizialmente le rivendicazioni dell’episcopato orientale furono solo
parzialmente sostenute dalla corte, che mantenne un legame privilegiato
con la sede romana. In seguito però l’accrescersi del divario
dottrinale tra est ed ovest fece scattare una nuova solidarietà
tra i vescovi orientali e l’imperatore, che venne ad assumere il ruolo
di diretto antagonista del pontefice. Accadde così che – mentre
interveniva in merito al contrasto tra Roma e le chiese orientali –
papa Gelasio (492-496) si trovò a definire i rispettivi ambiti
del potere spirituale e di quello temporale, redigendo la famosa lettera
all’imperatore Anastasio che era destinata ad improntare di sé
un intero millennio.
(A) Habeat, sicut optamus, Constantinopolitana
civitas gloriam suam, ac protegente dextera Dei, diuturno clementiae
vestrae fruatur imperio. Alia tamen ratio est rerum saecularium, alia
divinarum; nec praeter illam petram quam Dominus in fundamento posuit,
stabiliserit ulla constructio. Propria perdit, qui indebita concupiscit.
Satis sit praedicto quod vestrae pietatis auxilio, et mei favoris assensu,
episcopatum tantae urbis obtinuit. Non dedignetur regiam civitatem,
quam apostolicam non potest facere sedem; nec ullo speret modo quod
per aliorum possit offensiones augeri. Privilegia enim Ecclesiarum sanctorum
Patrum canonibus instituta, et venerabilis Nicaenae synodi fixa decretis,
nulla possunt improbitate convelli, nulla novitate mutari.
Leone I, Lettere, PL 54, 104. Traduzione in italiano
(B) Pietatem tuam precor ne arrogantiam
judices divinae rationis officium. Absit, quaeso, a Romano principe,
ut intimatam suis sensibus veritatem arbitretur injuriam. Duo quippe
sunt, imperator auguste, quibus principaliter mundus hic regitur: auctoritas
sacra pontificum, et regalis potestas. In quibus tanto gravius est pondus
sacerdotum, quanto etiam pro ipsis regibus Domino in divino reddituri
sunt examine rationem. Nostri etenim fili clementissime, quod licet
praesideas humano generi dignitate, rerum tamen praesulibus divinarum
devotus colla submittis, atque ab eis causas tuae salutis expetis, inque
sumendis coelestibus sacramentis, eiusque (ut competit) disponendis,
subdi te debere cognoscis religionis ordine potius quam praesse. Nosti
itaque inter haec, ex illorum te pende e judicio non illos ad tuam velle
redigi voluntatem. Si enim, quantum ad ordinem pertinet publicae disciplinae,
cognoscentes imperium tibi superna dispositione collatum, legibus tuis
ipsi quoque parent religionis antistites, ne vel in rebus mundanis exclusae
videantur obviare sententiae; quo (rogo) te decet affectu eis obedire,
qui pro erogandis venerabilibus sunt attributi mysteriis? Pro inde sicut
non leve discrimen incumbit pontificibus, siluisse pro divinitatis cultu,
quod congruit; ita his (quod absit) non mediocre periculum est qui,
cum parere debeant, despiciunt. Et si cunctis generaliter sacerdotibus
recte divina tractantibus, fidelium convenit corda submitti, quanto
potius sedis illius praesuli consensus est adhibendus, quem cunctis
sacerdotibus et divinitas summa voluit praeminere, et subsequens Ecclesiae
generalis jugiter pietas celebravit?
Gelasio I, Lettere, PL 59, 8. Traduzione in italiano
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