Logo di Reti Medievali

Didattica

Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


IX
L’età carolingia / 3
Società, istituzioni, economia

4. Il ruolo della chiesa
(A) Capitolare generale dei missi dominici, KK 1, cc. 1-5, 13 (802).
(B) Capitolare di Héristal, KK 1, c. 7 (779).
(C) Concilio di Francoforte, KK 1, c. 25 (794 ).

(A) 1. Sull’invio della legazione da parte del signore imperatore. Il serenissimo e cristianissimo signore imperatore Carlo ha scelto tra i suoi ottimati, uomini molto prudenti e saggi, sia arcivescovi che semplici vescovi, venerabili abati e laici devoti, e li ha mandati in tutto il suo regno, e per mezzo loro ha fatto sì che si possa vivere secondo la retta legge, contenuta in tutti i seguenti articoli. Inoltre, laddove nella legge attuale sia stato stabilito qualcosa di non perfettamente retto e giusto, ha ordinato che con diligenza ed attenzione se ne informino e glielo comunichino: egli stesso infatti, se Dio lo concede, desidera migliorarla. Nessuno osi opporsi con l’abilità o l’astuzia alla legge scritta come molti fanno, né far violenza alle chiese di Dio, ai poveri, alle vedove, ai minori né ad alcun cristiano. Ma tutti vivano in assoluta conformità ai precetti divini, secondo giustizia, e si esorti ciascuno a restare con tutta l’anima fedele ai suoi impegni o alla sua professione; i canonici osservino rigorosamente le regole della vita canonica, astenendosi dagli affari e dai turpi guadagni, le religiose facciano vita rigorosamente ritirata, i laici e i secolari usino con rettitudine delle loro leggi, senza frode o malizia, e tutti vivano in perfetta pace e carità reciproca. Che gli stessi messi si informino se da qualche parte c’è chi si lamenta per una ingiustizia subita da altri, con la stessa diligenza con cui desiderano conservarsi il favore di Dio onnipotente e non mancare alla promessa di fedeltà; in modo che dappertutto e nei confronti di tutti, delle sante chiese di Dio come dei poveri, dei minori e delle vedove e di tutto il popolo, dimostrino di osservare la legge e la giustizia nella sua integrità, secondo la volontà e il timor di Dio. Se poi vi fossero situazioni che essi stessi, con la collaborazione dei conti provinciali, non riuscissero a sanare e a ricondurre alla giustizia, ne riferiscano al loro tribunale senza alcuna ambiguità, con relazioni scritte; e nessuno si opponga alla retta via della giustizia né cedendo all’adulazione o alla corruzione, né per difendere un parente o per timore dei potenti.

2. Sulla promessa di fedeltà al signore imperatore. Ha prescritto che ogni uomo in tutto il suo regno, sia ecclesiastico che laico, ciascuno secondo l’impegno che si è assunto, che già prima abbia giurato fedeltà nel nome del re, ora rinnovi lo stesso giuramento nel nome dell’imperatore; coloro che non hanno ancora prestato giuramento, similmente lo facciano tutti a partire dal dodicesimo anno d’età. E a tutti sia comunicato pubblicamente, in maniera che ognuno possa comprendere, quanti e quanto grandi siano gli obblighi compresi in questo giuramento; non si tratta soltanto, come molti fino ad ora hanno creduto, di essere fedeli al signore imperatore finché è in vita, di non chiamare alcun nemico nel suo regno per fargli guerra, di non appoggiare o tacere l’infedeltà altrui, ma bisogna che tutti sappiano che questo sacramento comprende in sé i seguenti impegni.

3. Primo, che ciascuno si sforzi di conservare la propria persona, secondo i precetti divini e con impegno solenne, integralmente al sacro servizio di Dio, proporzionalmente al suo intelletto e alla sua forza, giacché il signore imperatore non può personalmente esercitare su tutti singolarmente il suo controllo disciplinare.

4. Secondo, che nessuno osi mettere in discussione, portar via o nascondere, con lo spergiuro o con qualche altro espediente o frode, cedendo all’adulazione o nella speranza di una ricompensa, un servo del signore imperatore, né mettere in discussione un confine, il possesso di una terra e null’altro che sia compreso nelle proprietà di giurisdizione regale e che nessuno osi nascondere o sottrarre, con lo spergiuro o con altri espedienti, i fiscali fuggitivi che ingiustamente e con la frode si dicono liberi.

5. Che nessuno osi ingannare, rapinare, fare torti d’altro genere alle sante chiese di Dio, alle vedove, agli orfani, ai pellegrini; perché lo stesso signore imperatore, dopo Dio e i suoi santi, si è costituito loro protettore e difensore.


13. I vescovi, gli abati e le badesse scelgano avvocati, visdomini e centenari, che conoscano la legge, amino la giustizia e siano pacifici e mansueti, in modo che per mezzo loro la santa Chiesa di Dio accresca le sue sostanze e il suo prestigio; perché non vogliamo assolutamente che vi siano nei monasteri preposti o avvocati nocivi e avidi, dai quali non ci può venire che oltraggio e danno. Ma siano tali quali il diritto canonico e la regola ordina che essi siano ossequienti alla volontà divina, sempre pronti a far giustizia a tutti, pienamente osservanti della legge senza frodarla con l’astuzia, e amministrino equamente la giustizia nei confronti di tutti; che i preposti siano quali la santa regola ordina essi siano.

Capitolare generale dei missi dominici, KK 1, cc. 1-5, 13 (802).

Testo originale


(B) Per quanto riguarda le decime, ciascuno dia la sua decima, e ne sia dispensato soltanto per ordine e per decisione del vescovo nella cui diocesi risiede.

Capitolare di Héristal, KK 1, c. 7 (779).

Testo originale


(C) Che tutti coloro i quali sono debitori per un beneficio [ricavato] sui beni della chiesa donino, senza eccezione, le decime e le none ovvero i censi, secondo i primi capitoli [emanati] dal signor re, e ogni uomo dia dalla sua proprietà la legittima decima alla chiesa.

Concilio di Francoforte, KK 1, c. 25 (794 ),

Testo originale

© 2000
Reti Medievali
Ultimo aggiornamento: 01/09/05