Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
8. Una presenza non trascurabile: città e mercanti (A) I placiti del
“Regnum Italiae”, FSI 92, 1, 56 (851-852). (B) Capitolare dei
missi dato a Nimega, KK 1, c. 18 (806). (A) Mentre in nome di Dio il
signor Ludovico imperatore teneva un placito generale a Pavia, vennero
a protestare davanti a lui Rotecario, Dedilo, Gudiperio e altri abitanti
di Cremona, perché Benedetto, venerabile vescovo della santa
Chiesa cremonese, commetteva molti soprusi nei loro confronti per le
navi che essi conducevano al porto della città, richiedendo il
ripatico, la palifittura e il pasto che né essi né i loro
genitori avevano mai dato. Il gloriosissimo signor imperatore, udendo
questo reclamo, mandò come suo rappresentante Teoderico, suo
diletto consigliere, che esaminasse diligentemente e risolvesse la questione.
Il predetto Teoderico venne a palazzo, là dove il conte Ubaldo
teneva giudizio insieme con i conti Adelgiso e Achedeo e con gli altri
giudici di palazzo. Venendo alla loro presenza il predetto vescovo Benedetto
e i predetti querelanti, discussero a lungo fra loro, finché
lo stesso Teoderico decise di tenere un’udienza a Cremona, dove avrebbe
potuto secondo la legge investigare su tutta la questione per mezzo
di uomini veraci e idonei. Venne dunque il predetto Teoderico a Cremona
e tenne giudizio nel palazzo vescovile, sedendo con lui il vescovo Benedetto,
Landeberto, Ariperto e molti altri. venendo qui i soprannominati abitanti
della città insieme con altri, dichiararono che il vescovo Benedetto
faceva ingiustamente molte violenze, poiché arbitrariamente esigeva
da loro il ripatico, la palifittura e il pasto, come li esigeva dai
militi di Comacchio, cosa che né essi, né i loro antecessori
avevano mai dato, né erano tenuti a dare per legge. Rispondeva
il predetto vescovo che ogni qualvolta qualsiasi mercante con le sue
navi giungeva nel porto, tutti questi tributi, cioè ripatico,
palifittura e pasto, soleva dare ai ripari della chiesa secondo il patto
che il signor imperatore Carlo Magno di buona memoria aveva riconfermato,
e portò idonei testimoni. Il primo fu Odeperto arciprete il quale
disse dopo aver giurato nella sua qualità di sacerdote: “Io
mi ricordo che prima dei tempi del signor Carlo e Pipino re, questi
uomini che intentano un’azione contro la chiesa a proposito del porto,
né loro, né i loro genitori erano proprietari di navi,
né portarono sale da Comacchio a questo porto, se non al tempo
del vescovo Pancoardo”. […] Gundeperto prete, dopo aver
giurato nella sua qualità di sacerdote, rispondendo alle domande
disse: “So che al tempo del signor Carlo e di Pipino re, costoro
non ebbero mai delle navi con le quali portare del sale da Comacchio
per venderlo, ma che portavano con le navi di Comacchio insieme con
i Comacchiesi sale e altre spezie e pagavano in comune con loro il ripatico,
e la palifittura agli agenti regi e alla Chiesa di Cremona secondo le
convenzioni”. […] Cunimondo, dopo aver giurato disse che
al tempo di re Bernardo fu ripario e riscuoteva ripatico e palifittura
e anche costoro li dovevano pagare secondo la legge. […] Castabile,
dopo aver giurato disse: “So che da 30 anni in qua, dopo che essi
cominciarono a navigare con le loro navi, danno ripatico e palifittura”.
[…] Infine, dopo molti testi e molte testimonianze simili, risultò
che i Cremonesi non avevano alcun privilegio per mezzo del quale potessero
negare alla santa Chiesa cremonese e ai suoi vescovi il ripatico e la
palifittura. […] Allora Teoderico interrogò Landeperto,
gastaldo di Sespili, e Ariperto, avvocato della stessa corte, se avevano
qualche documento per mezzo del quale la parte regia avesse dei diritti
da avanzare. Essi risposero: “Non abbiamo testimoni, né
documenti per i quali noi possiamo togliere il ripatico e la palifittura
alla Chiesa”.
Avendo udito tutte queste cose, ed essendo ormai chiarita la questione
in base all’inchiesta e alle risultanze, parve a noi esser giusto, e
così giudichiamo, che i sopraddetti uomini devono pagare il ripatico
e la palifittura per le loro navi, secondo gli antichi patti.
I placiti del “Regnum Italiae”, FSI 92,
1, 56 (851-852).
Testo originale (B) Chiunque al tempo della
mietitura o della vendemmia compra grano o vino in quantità superiore
al necessario per speculare, cioè con due denari compra un moggio
e lo conserva finchè non possa venderlo a quattro denari, sei
o più, questo diciamo essere lucro. Se invece compra a seconda
della necessità in modo da averne per sè e da distribuirne
agli altri, si tratterrà di commercio
Capitolare dei missi dato a Nimega, KK 1, c. 18 (806).
Testo originale
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