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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


V
I regni romano-germanici / 2
L’Italia longobarda

6. Liutprando, l’apogeo del regno
(A) Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, FV, VI, 43-44, 48-49, 53-54.

(A) In quel tempo il re Liutprando confermò alla Chiesa di Roma la donazione del patrimonio delle Alpi Cozie. Non molto dopo lo stesso re prese in moglie Guntrut, figlia di Teutperto, duca dei Bavari, presso il quale era stato in esilio: da essa generò solo una figlia.

In quel periodo Faroaldo, duca di Spoleto, occupò Classe, città dei Ravennati; ma per ordine del re Liutprando, la restituì ai Romani, Contro Faroaldo insorse suo figlio Transamundo, lo fece chierico e prese il suo posto.

Inoltre Liutprando, quando apprese che i Saraceni, devastata la Sardegna, profanavano anche i luoghi dove un tempo, a causa delle devastazioni dei barbari, erano state trasferite e degnamente sepolte le ossa del santo vescovo Agostino, mandò suoi uomini e, pagando una grande somma, le ottenne e le portò nella città di Ticino, dove le compose di nuovo con l’onore dovuto a un tale padre. In questi giorni la città di Narni fu occupata dai Longobardi.

In quel tempo il re Liutprando assediò Ravenna e invase e distrusse Classe. Allora il patrizio Paolo mandò da Ravenna gente per uccidere il pontefice; ma i Longobardi combatterono per la difesa del papa e, grazie alla resistenza degli Spoletini al ponte Salario e dei Longobardi di Tuscia in altre parti, il piano dei Ravennati fu sventato. In questo tempo a Costantinopoli l’imperatore Leone fece rimuovere le immagini dei santi e le bruciò, ordinando al pontefice romano di fare altrettanto se voleva conservare la grazia imperiale. Ma il papa rifiutò di farlo. Pure gli eserciti di Ravenna e delle Venezie si opposero unanimi a tali ordini e, se il papa non lo avesse impedito, si sarebbero dati un altro imperatore. Anche il re Liutprando occupò i castelli dell’Emilia, Feroniano e Montebello, Busseta e Persiceto, Bologna e la Pentapoli e Osimo. Allo stesso modo prese allora anche Sutri. Ma dopo qualche giorno questa fu di nuovo resa ai Romani.

Intorno a quel tempo Carlo, principe dei Franchi, inviò suo figlio Pipino da Liutprando, perché secondo il costume gli tagliasse i capelli. Questi, recidendogli la chioma, divenne suo padre adottivo e lo rimandò al genitore ricco di molti doni regali.

Intanto l’esercito dei Saraceni entrò nuovamente in Gallia e compì molte devastazioni. Carlo mosse contro di loro e, attaccata battaglia non lontano da Narbona, li sconfisse, come prima, facendone grandissima strage. Ma in seguito ancora una volta i Saraceni entrarono in Gallia e giunsero fino in Provenza e, presa Arles, distrussero ogni cosa all’intorno. Allora Carlo mandò ambasciatori con doni al re Liutprando, chiedendo aiuto contro i Saraceni; senza esitazioni il re si affrettò in suo soccorso con l’esercito dei Longobardi al completo. Come lo seppero, i Saraceni fuggirono subito da quelle regioni; Liutprando, con tutto i1 suo esercito, tornò in Italia. Molte guerre condusse questo re contro i Romani e in esse fu sempre vincitore, eccetto una volta, a Rimini, dove il suo esercito, mentre lui era assente, fu sconfitto e un’altra quando, presso il villaggio di Pilleo – il re si trovava allora nella Pentapoli –, un gran numero di persone che portavano al re piccoli doni, offerte e le benedizioni delle singole chiese furono assalite dai Romani e uccise o fatte prigioniere. E ancora, mentre Ildeprando, nipote del re, e Peredeo, duca di Vicenza, tenevano Ravenna, attaccati all’improvviso dai Venetici, Ildeprando fu fatto prigioniero e Peredeo fu ucciso combattendo valorosamente. In seguito i Romani, gonfi della solita superbia, riunitisi tutti al comando del duca di Perugia Agatone, mossero per prendere Bologna, dove erano allora accampati Walcari, Peredeo e Rotcari. Ma questi, piombando sui Romani, ne fecero una gran strage, costringendo gli altri alla fuga.

Paolo Diacono, Storia dei Longobardi, FV, VI, 43-44, 48-49, 53-54.

Testo originale

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 01/09/05