Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”
8. La caduta del regno (A) Vita di Adriano,
Pontificale romano, I, p. 495-499. (B) Leggi longobarde,
prologo di Adelchi (866). (A) Allora il re Carlo Magno, protetto
da Dio, riunendo tutta la moltitudine degli eserciti del suo regno franco,
e inviando [dei guerrieri] dal medesimo esercito ad occupare tutte le
Chiuse, con molti fortissimi guerrieri franchi si avvicinò alle
medesime Chiuse attraverso il Moncenisio; e rimanendone lontano, nei
territori franchi, si accampò con i suoi eserciti. Desiderio
e tutta la moltitudine degli eserciti longobardi era asserragliata nelle
Chiuse – che essi avevano fortificato con marchingegni e con mura –
con lo scopo di opporvi una forte resistenza. Allorché si avvicinò
alle Chiuse, il cristianissimo re franco mandò subito due suoi
messi a Desiderio, pregandolo che – siccome prima aveva incassato la
quantità stabilita di denaro – rendesse pacificamente le città
contese. Ma quello non volle assolutamente accondiscendere alla proposta.
E mentre il re Desiderio rimaneva protervo in tanta durezza d’animo,
volendo il cristianissimo re franco ricevere pacificamente ciò
che spettava di diritto a S. Pietro, mandò a dire al re longobardo
che gli mandasse solo tre ostaggi, figli di giudici longobardi, come
pegno della restituzione delle città in questione, e subito,
senza mettere in atto alcun inganno o ingaggiare battaglia sarebbe tornato
in patria con l’esercito franco. Ma neppure così riuscì
a piegare la mente malvagia di quello.
E perciò Dio onnipotente, vedendo la malvagia perfidia e l’intollerabile protervia del
medesimo maligno Desiderio, mentre i Franchi avevano deciso di tornare a casa il giorno
successivo, generò il terrore e una forte paura nel cuore di quello e di suo figlio
Adelchi, e pure di tutti i Longobardi. E la notte stessa, abbandonate le proprie tende e
tutta l’attrezzatura, si dettero tutti quanti alla fuga senza che alcuno li inseguisse.
vedendo ciò, l’esercito franco si gettò al loro inseguimento e ne uccise molti. Lo
stesso Desiderio, fuggendo il più velocemente possibile con i suoi giudici e rifugiandosi
a Pavia, lì stabilì di rinchiudersi con i suoi giudici e una moltitudine di Longobardi.
E fortificando le mura della città, si preparò a resistere agli eserciti franchi e a
difendere la propria capitale con i suoi Longobardi. Suo figlio Adelchi invece, prendendo
con sé il franco Autcario e la moglie e i figli di Carlomanno, si rifugiò nella città
di veroni, perché era la più difesa tra tutte le città longobarde. Gli altri Longobardi
invece si dispersero e ritornarono alle loro città. […] Il cristianissimo Carlo, re dei
Franchi, muovendo con tutti i suoi eserciti e riunendoli davanti alla città di Pavia,
circondandola da ogni parte la assediò. E mandando subito dei messi in Francia, fece
portare lì a Pavia sua moglie, l’eccellentissima Ildegarda, e i nobilissimi figli. E
avendo saputo che Adelchi aveva trovato rifugio a Verona, lasciando la maggior parte dei
suoi eserciti a Pavia si affrettò verso Verona con un gruppo di fortissimi Franchi. Ed
essendo giunto colà, subito Autcario e la moglie, e i figli di Carlomanno di propria
volontà si consegnarono al benignissimo Carlo. E [quello] accogliendoli nella sua maestà
raggiunse di nuovo Pavia. Dirigendo poi immediatamente squadre di guerrieri [dappertutto],
prese molte città longobarde poste al di là del Po e le condusse sotto il suo dominio.
[…] Essendo ritornato con i suoi eserciti a Ticino l’eccellentissimo Carlo re dei
Franchi, e combattendo e assediando con durezza la città di Pavia, nello stesso tempo
l’ira di Dio si abbatteva e infuriava sopra tutti i Longobardi che erano entro quella
città, e molti morivano di malattia e della strage dell’epidemia; così per volontà di
Dio l’eccellentissimo re dei Franchi prese la città, Desiderio re dei Longobardi e tutti
quelli che erano con lui. [Carlo] portò in Francia con sé il predetto Desiderio re dei
Longobardi e sua moglie.
Vita di Adriano, Pontificale romano, I, p. 495-499. Testo originale (B)
L’onnipotente ordinatore di tutto, così come gli piacque, sottopose un tempo il regno
d’Italia alla nostra stirpe dei Longobardi. [Egli], ispiratore di ogni bene, si degnò di
instillare nei cuori dei re felicemente regnanti, affinché [le] sancissero in consiglio
comune, le norme della legge, per le quali, vivendo il popolo soggetto e tutta la stirpe
nella legalità, e senza oltrepassare i limiti della legge stabilita, nessuno osava
commettere azioni ostili contro qualcun altro. […] Mentre perdurava allora la gloria di
questa famosa stirpe, improvvisamente la stirpe dei Galli invase la sovranità e il
vertice del regno. In quel tempo teneva lo scettro dei Longobardi Desiderio, il cui genero
era allora Carlo, re dei Franchi, il quale, invidiando il suo trono e mirando [ad esso],
non rifuggì dall’agire in modo subdolo e con astuzia contro di lui. Catturatolo e
gettatolo in carcere, sottomise al suo comando il regno d’Italia e la stirpe dei
Longobardi. Mentre così, sminuita per disposizione del Creatore, la suddetta stirpe
cadeva tanto in basso, governava allora il ducato di Benevento il duca Arechi, in tutto
cattolico e magnifico, il quale, ponendosi come imitatore degli avi, resse con nobiltà ed
onore i resti della sua stirpe e, seguendo le orme dei re, ebbe cura di emendare o di
istituire con solerzia alcuni capitoli nei suoi decreti, per quanto attiene alla salvezza
ed alla giustizia della sua patria; cose che sono di evidente utilità e sono conservate
inserite nel corpo dell’editto.
Leggi longobarde, prologo di Adelchi (866) Testo originale
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