Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
8. Produzione documentaria e memoria storica (A) Caffaro, Annali genovesi,
FSI 11, pp. 3-4. (B) Jacopo Doria, Annali genovesi,
FSI 14bis, p.176. (C) Rolandino da Padova, Cronaca
della Marca Trevigiana (D) Cronaca del Volturno,
FSI 58, pp. 32-33.
Del rilievo assunto dalla produzione documentaria nell'ambito della
società comunale dei secoli XII-XIII fa fede anche l'intervento
del potere comunale, che provvede a ordinare il passato stesso della
città in forma pubblica. È il caso dei consoli di Genova,
che nel 1252 danno mandato a un pubblico scrivano di copiare nel cartolario
del comune una cronaca, scritta fino ad allora in forma privata dal
concittadino Caffaro: è il nucleo iniziale degli Annali genovesi
(A). Viene così conferito un crisma di ufficialità
all'opera che sarà poi proseguita, sempre su incarico del comune,
da scrivani pubblici o suoi cancellieri, tranne che per l'ultima sezione
(1280-1293), scritta autonomamente da Iacopo Doria e anch'essa allegata
ufficialmente solo in un secondo tempo al resto dell'opera (B).
Ancora una forma di autenticazione, questa volta da parte dei professori
dello Studio padovano fu, nel 1262, la pubblica lettura della Cronaca
del padovano Rolandino, magister di grammatica e retorica e notaio.
Oltre al testo della postilla finale che certifica la lettura dell'opera,
proponiamo quello della prefazione che nella tradizione della Cronaca
di Rolandino precede il prologo e il testo, seguiti da un elenco dei
podestà padovani. Prefazione redatta dopo la lettura pubblica,
quando l'opera venne inserita in un libro ufficiale del comune – è
l'ipotesi di G. Arnaldi –, con un atto che, in un particolare momento
della vita politica padovana (dopo la traumatica esperienza del regime
di Ezzelino da Romano) accreditava “il racconto dei cronista come
una versione ufficiale cittadina degli avvenimenti” (C).
Contemporaneamente, anche al di fuori di un ambito urbano si fa un uso
rivendicativo del passato: è tale infatti il senso che, nel quadro del
più generale processo di riordinamento di diritti e prerogative, assume
l'inserzione di documenti in diverse cronache monastiche. Alcune di
queste cronache del XII secolo risultano addirittura semplici testi
destinati a raccordare la documentazione dei privilegi di cui sono dotati
i monasteri (D). (A) Chiunque per utilità sua o di
altri abbia voluto avere notizia degli anni passati a partire dal tempo
della spedizione a Cesarea [1]
fino ad oggi legga questo scritto tratto dalla memoria di Caffaro, e
una volta lettolo conosca il vero. Caffaro infatti, dato che dal tempo
del predetto viaggio fino a ora resse ed ebbe parte tra i consoli della
città di Genova, e vide e conobbe gli altri consoli che vi furono nel
predetto periodo, meditando nel cuore e nell'anima, i loro nomi, i termini
e le combinazioni degli incarichi dei consoli e delle compagnie, e le
vittorie e le modificazioni delle monete accadute in ogni consolato,
come più avanti si legge, egli stesso dettò e presentò in consiglio
plenario questo scritto ai consoli che allora [erano] in carica, Tanclerio
e Rubaldo Besaza e Ansaldo Spinola. I consoli in vero, udito l'avviso
dei consiglieri, ufficialmente e alla presenza di tutti i consiglieri,
istruirono il pubblico scrivano Guglielmo di Colomba affinché il libro
redatto e annotato da Caffaro scrivesse e lo ponesse nel cartolario,
in modo che in seguito e per ogni tempo gli uomini a venire conoscano
le vittorie della [città] di Genova. Caffaro, Annali genovesi, FSI 11, pp. 3-4. [1] Si riferisce alla spedizione in Palestina
del 1100. (B) Nell'anno 1294 dalla natività
del Signore, il sedici di luglio. lacopo Doria, uomo di grande onestà
e illustre per la sua scienza, prosecutore di questa lodevole opera
di fronte ai notabili uomini signori lacopo de Carcano podestà
del comune di Genova, Simone di Grumello capitano del popolo, l'abate
del popolo e gli anziani di quella stessa città presentò
la continuazione dell'opera da quello stesso felicemente organizzata
cronologicamente. I quali vedendo che la detta opera era stata ottimamente
composta, rifletterono, lodarono e decisero che la predetta opera fosse
rilegata nella presente cronaca lodando in molti modi il detto uomo
per una tale opera, composta così bene e con verità.
Io Guglielmo di Casponi notaio, fui presente alla presentazione nel
predetto consiglio e al predetto decreto e scrissi. Jacopo Doria, Annali genovesi, FSI 14bis, p.176. (C) È intenzione di
questo libro raccogliere in breve e per sommi capi tutte le cose che
qui sono annotate a onore e utilità e documentazione di tutta
la comunanza e del popolo padovano e degli altri popoli ovunque.
Per prima cosa dunque si annota ciò che i nostri antichi predecessori
fecero onorevolmente e con saggezza, in pace come in guerra, nella Marca
Trevigiana e altrove contro tutti coloro che insidiarono l'onore di
Padova.
Così pure, su tutto ciò che vien trattato nel libro, verranno
dati molti ammonimenti e salutari correttivi, con i quali la gente padovana,
che sempre ha scelto e sceglie la libertà, può constatare
in modo manifesto a proprio vantaggio, come sia orribile la crudeltà
dei tiranni in quelle città in cui essi sono al potere.
Così pure i pessimi tiranni, che non solo stendono le empie mani
sulle cose secolari ma dissipano anche i luoghi ecclesiastici, imprigionano
i religiosi, abbattono torri e palazzi, divorano ricchezze, rendono
orfani poveri e fanciulli, rendono vedove le donne, distruggono ogni
cosa e persona. Ora, come e quando con grande ingiustizia tali cose
vennero perpetrate a Padova, viene riportato nel libro secondo il loro
ordine, dicendo la verità, senza gettare infamia o accusare nessuno
di Padova, in modo da non produrre alcun odio o inimicizia tra alcuni
nobili o meno nobili di Padova o del distretto padovano; infatti tali
misfatti furono perpetrati con l'inganno da nemici della fede cattolica
contro la cattolica e innocente gente di Padova, che certamente volle
piuttosto esporsi al pericolo e alla morte che non esser privata dell'usata
libertà. E tutto ciò deve essere quasi specchio e lume
per coloro che sanno discernere e per i sapienti, in modo che in forza
dei passati flagelli che videro, desiderino premunirsi e con prudeza
e vantaggiosamente provvedere alla loro città per le cose future;
dato che stà scritto: “La fama delle cose passate fa che
si tema per le venture che domani potranno divenire turpi, come già
ieri”. Nel libro è conservato in modo completo il racconto
della nobile vittoria e del trionfo che i cittadini padovani, espulsi
dai propri beni contro ragione e contro il volere di Dio, ottennero
con successo in quei giorni, quando con una loro azione la città
stessa fu presa e liberata dalle mani degli empi, dall'infernale tirannide
degli scellerati e in qualche modo dalle mani dell'anticristo, cioè
Ezzelino.
Dopo di ciò [nel libro] è contenuto come la stessa città,
dopo essere tornata alla santa madre Chiesa, con avvedutezza e coraggio
si difese dalla numerosa moltitudine dei nemici risultato dell'alleanza
di molte città, di Lombardia e di altrove, che la assediarono,
volendo sottometterla, cosa che non avvenga mai! Sono annotate lì
ugualmente alcune altre vittorie degne di ogni memoria, che dopo il
ritorno della città alla Chiesa si ebbero contro i nemici della
Chiesa e della città di Padova nei pressi di Longare, di Rossano,
presso le porte di Bassano, nei pressi di Noventa, nella campagna di
Montagnana e altrove con onore e gloria. E anche il modo in cui furono
uccisi Ezzelino da Romano e suo fratello Alberico [1]
con il suo intero seguito e famiglia e come dopo esser caduti i loro
dominia rovinò quasi in un momento il loro primato. In maniera
che manifestamente si può vedere come contro Dio non vale né
primazia, né ricchezza, né potere. Si sappia che riguardo
tutte le predette vicende e molte altre, che non possono qui essere
citate singolarmente, ma sono state raccolte in sequenza nel libro,
è scritto in quale anno dei signore avvennero i singoli fatti,
e dove e in quale mese e per molti in quale giorno. Da ultimo sono stati
scritti in successione tutti nomi dei podestà o consoli e rettori
che ressero Padova e in quale anno, per un periodo di un centinaio di
anni addietro più o meno fino al tempo presente [2].
Sul tempo in cui venne approvata questa opera e da chi e dove.
Questo libro fu letto interamente e recitato ad alta voce tra i suddetti
dottori e maestri, alla presenza anche della lodevole società dei baccellieri
e degli studenti di arti liberali dello Studio di Padova. Insegnavano
anche in quel tempo a Padova uomini venerabili: maestro Agno, maestro
Giovanni, maestro Zambonino, profondi e esperti dottori in fisica e
scienza naturale, maestro Tredecino, provvido indagatore e dottore in
logica, maestro Rolandino, maestro Morando, maestro Zonta, maestro Domenico,
maestro Padovano, maestro Luchisio, professori abili e utili in grammatica
e retorica. Questi, convenuti appositamente a questo fine, lodarono,
approvarono e autenticarono solennemente nel chiostro di Sant'Urbano
in Padova il predetto libro e opera cioè cronaca con la loro autorità
di maestri, nel corrente anno del Signore 1262, indizione quinta, il
tredicesimo giorno del mese di aprile.
Rolandino da Padova, Cronaca della Marca Trevigiana
RIS [2], 8/1 Prefazione e XII, 19. [1] Ezzelino nel 1259 e Alberico nel
1260.
[2] Il rinvio è ad un elenco di podestà padovani (dal 1174 al 1267) riportato di seguito alla Cronaca. (D) Sono costretto, o benignissimo
padre, a assecondare i precetti della vostra famosissima onestà
con cui con tanta cura mi ammonite a indagare e compiere un'opera così
necessaria, che altri certo hanno lasciato incompiuta in alcune parti
e per altre parti neppure intrapresa. E già questo stesso ci
era stato ingiunto non molto tempo addietro dal venerabile padre, e
cioè a dire Girardo, di passare in rassegna con umile elogio
gli atti e i nomi dei santi padri abbati di questo sacro cenobio del
prezioso martire Vincenzo. Ma in realtà, intrattenuto per sette
anni in santa frequentazione e istruito nella regola degli insegnamenti
di Cristo, da quello stesso venerabile padre, che con l'aiuto di Dio
fu restauratore e conservatore di questo nostro monastero, fintantoché
quello rimase in vita, in ragione della giovane età ritenni di
non intraprendere affatto tutto ciò.
Ora in vero, con la misericordia di Dio onnipotente, consacrato nei
sacri templi e sostenuto dal vostro comando, comincerò dallo
stesso principio del mondo e collazionerò tanto le notizie tramandate
dal beato sacerdote Gerolamo [1]
che da Isidoro di Spagna [2],
che da Eusebio di Cesarea [3]
a loro volta raccolte da altri e, anche da Paolo Diacono [4]
che essendo cancelliere del re Desiderio scrisse diversi diplomi a favore
del nostro monastero […]. E scriviamo anche i privilegi di diversi
re e imperatori e di pontefici romani, e anche i donativi di diversi
fedeli, di terre o di chiese in essi conferite. Ancora è sembrato
opportuno inserire qui specialmente i nomi di coloro i cui privilegi
o precetti sono contenuti negli scrigni e le descrizioni della conferma
dei donativi.
Primo privilegio di papa Stefano II concesso all'abate Atone
Secondo privilegio di papa Pasquale I concesso all'abate Giosue
Terzo privilegio di papa Giovanni VIII concesso all'abate Maione
Quarto privilegio del signore papa Giovanni IX concesso al signor abate
Godelperto
Quinto privilegio di papa Stefano VII all'abate Raimbaldo Sesto privilegio
di papa Martino II concesso all'abate Leone
Settimo privilegio del signor papa Giovanni XII concesso all'abate Paolo. Cronaca del Volturno, [continua l'elenco] FSI 58, pp. 32-33. [1] San Gerolamo (347 circa – 420) dottore
della Chiesa e tra l'altro rielaboratore del Chronicon di Eusebio di
Cesarea.
[2] Isidoro di Siviglia (560 circa
– 636) dottore della Chiesa, autore delle Etymologiae, di un Chronicon
dalla creazione lino al 616, di una Historia dei goti.
[3] Eusebio di Cesarea (265 circa
– 339 o 340) vescovo e autore di una Cronaca e di una Storia ecclesiastica.
[4] Paolo Diacono (tra il 720 e il 724 – 799 circa) monaco, autore tra l'altro della Historia Langobardorum e dei Gesta episcoporum Mettensium. Cfr. vol. 1, cap. 6.
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