Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
1. La vita religiosa e la differenziazione degli ordini (A) Anselmo di Havelberg, Dialoghi,
PL 188, I, 10. (B) Vita di Guglielmo abate di
Hirsau, SS 12, 17. (C) Statuti cisterciensi
(1134), pp. 12-13. Tra XI e XII secolo si assiste al moltiplicarsi di nuove forme organizzate
di vita religiosa delle quali si fa testimone ed apologeta, tra gli
altri, il canonico premostratense Anselmo di Havelberg, nel primo libro
dei suoi Dialogi, composti intorno al 1149/50 (A).
Con la parziale eccezione degli ordini cavallereschi, la cui nascita
rispondeva ad esigenze particolari, al centro spirituale di questo processo
di rinnovamento sì collocano le medesime istanze che animavano
il movimento riformatore gregoriano. Da questo punto di vista caratteristiche
di povertà e distacco dal mondo che qui testimoniamo attraverso
gli statuti cisterciensi del 1134 (C)
– sono riscontrabili, tra XI e XII secolo, in tutte le fondazioni nuove
o rinnovate: dal centro riformato di Hirsau – propulsore della ideologia
gregoriana ad opera dell'abate Guglielmo (1069-1091) – al nuovo ordine
monastico dei Cisterciensi – ennesima reinterpretazione del monachesimo
benedettino che a partire dal 1113 aveva trovato in Bernardo di Clairvaux
un carismatico organizzatore – fino alla simbiosi tra vita eremitica
e vita canonicale attuata a partire dal 1121 dai Premostratensi di Norberto
di Xanten. Ad uguali premesse non corrispondono però gli stessi
esiti. Così mentre nel mondo cisterciense l'antico ideale di
fuga dal mondo tendeva a chiudersi nel vagheggiamento della perfezione
monastica altri centri, come Hirsau o Prémontré, sembrano
aver tentalo con la predicazione itinerante una diversa comunicazione
con i laici entrando anche in contatto con realtà di indigenza
materiale e spirituale, pari a quella presentateci nella anonima Vita
Willhelmi abbatis Hirsaugiensis (B). (A) In questo quarto stato
della chiesa [1]
apparvero uomini religiosi, amici della verità, che restaurarono
la vita religiosa. Ecco Agostino, vescovo di Ippona, legato della provincia
di Numidia in Africa che avendo raccolto intorno a sé dei fratelli,
veri, non ipocriti, decise di vivere secondo la vita apostolica e prescrisse
loro una regola di vita comune che in seguito, promulgata ed approvata
nell'intera chiesa cattolica, ha chiamato, ha raccolto, e continua fino
ad oggi a raccogliere un gran numero di uomini in una santa comunità
di vita, ad imitazione degli apostoli e secondo l'esempio di un così
grand'uomo [2].
Seguendo le sue tracce sorse, al tempo di papa Urbano, il religiosissimo
N. di Saint Ruf in Borgogna [3]
che avendo raccolto dei fratelli sotto la medesima professione canonicale,
dapprima rischiarò tutto quel territorio, poi diffuse progressivamente
tale forma di vita in varie regioni. Nella medesima professione, e ad
imitazione vita apostolica sorse quindi, ai tempi di papa Gelasio, un
religioso chierico di nome Norberto [4],
che in virtù della sua religione, e per gli scismi che allora
si verificavano nella chiesa di occidente, ricevette dal pontefice romano
Gelasio delle lettere che lo autorizzavano a predicare. Quest'uomo,
che ai suoi tempi fu il più illustre e famoso nella vita religiosa,
percorse predicando diversi territori, raccolse una nutrita schiera
di religiosi, istituì molte comunità, e con la parola
e l'esempio le indirizzò verso la perfezione della vita apostolica.
Ebbe tanta grazia davanti a Dio e davanti agli uomini, che quelli che
potevano seguirlo si professavano beati. In seguito divenne arcivescovo
della chiesa di Magdeburgo il suo corpo santo e venerabile riposa nella
chiesa di Santa Maria della sua metropoli, dove egli aveva stabilito
i fratelli dei suo ordine. La vita religiosa da lui rinnovata prese
dunque a svilupparsi grandemente, ed ora si è sparsa per tutta
la terra al punto che non vi è quasi nessun territorio in occidente
dove non si trovino comunità dei suo ordine: in Francia, in Germania,
in Borgogna, in Aquitania, in Spagna citeriore, nella Bretagna minore,
in Inghilterna, in Dania, in Sassonia, in Liutitizia, in Polonia, in
Moravia, in Baviera, in Svevia, nella Pannonia cioè Ungheria,
in Lombardia, in Liguria, in Etruria cioè Tuscia. Tutti questi
territori hanno infatti comunità di quest'ordine e confidano
sull'aiuto che viene loro dal loro esempio e dalle loro preghiere. Questa
medesima società santa ha esteso i suoi rami anche in oriente:
esiste infatti una sua comunità a Bethlemme ed un'altra nella
località chiamata S. Habacuc.
Ma nell'ordine monastico, dopo i molti padri dei monachesimo egiziano,
sorse il beato Benedetto [5]:
uomo di Dio, pieno di Spirito Santo, che rapito dall'eremo di Norcia,
dove si era rifugiato, divenne abate di monaci a Montecassino, in Campania.
Questi, di grandissimo fervore religioso, su ispirazione delle Spirito
Santo prescrisse ai suoi una regola rinnovando e rafforzando la professione
monastica che già allora vacillava. Ed egli, o personalmente,
o tramite la sua regola, instaurò un gran numero di fondazioni
monastiche in molti territori.
Nei tempi moderni, in Tuscia, in una località chiamata Camaldoli,
è poi sorto un uomo religioso di nome Giovanni [6],
che nell'ambito della professione monastica si è rivestito con
i monaci suoi fratelli di un nuovo fervore e di un nuovo abito, trovando
un grande numero di seguaci.
E pure recentemente, in un'altra località che ha nome Vallombrosa,
presso i monti di Perugia, è sorta un'altra religiosissima comunità
di monaci, che si distinguono dagli altri monaci per una nuova regola
e un nuovo abito, e che ha ugualmente trovato molti seguaci [7].
In seguito in Borgogna, in una località chiamata Citeaux, quasi
ai giorni nostri, è sorta un'altra nuova comunità di monaci
[8], differenti
per regola e per abito da tutti gli altri che hanno il nome e la realtà
di monaci. E poiché essi appaiono sopravanzare gli altri ed eccellere
per il coraggio della sopportazione, l'umiltà dell'abito, la
scrupolosa osservanza della regola, l'amore della santa povertà
e il fervore della religiosità, hanno trovato innumerevoli seguaci
della loro vita religiosa. Tra questi, nella località di Clairvaux,
si è manifestato un abate di nome Bernardo, uomo di vita religiosissima,
insigne per la virtù di operare miracoli, celebre per santità
dall'occidente fino all'oriente, che il venerabile papa Eugenio, un
tempo monaco della sua abbazia, ha spesso onorato di meritato rispetto
nei concili dei vescovi.
Ugualmente, poco prima dei nostri tempi, una nuova istituzione ha avuto
inizio a Gerusalemme, nella città di Dio. Lì si sono riuniti
dei laici, uomini legati ad una regola, che hanno il nome di Cavalieri
del Tempio. Costoro, avendo abbandonato le loro proprietà, vivono
e militano sotto l'obbedienza di un unico maestro, hanno rinunciato
al lusso negli abiti e sono pronti a difendere la tomba gloriosa del
Signore contro i Saraceni: pacifici tra loro, strenui combattenti nel
mondo; tra loro obbedienti alla disciplina della regola, nel mondo obbedienti
alla disciplina militare; tra loro assuefatti al santo silenzio, fuori
tetragoni tra i clamori e le violenze della guerra; e per dirla in breve,
sia tra loro che nel mondo pronti ad obbedire con assoluta semplicità
ai comandi ricevuti. La loro vita ed il loro proposito sono stati inizialmente
confermati – per suggerimento di molti vescovi che erano stati convocati
in concilio – da papa Urbano, il quale aveva dichiarato che chiunque
si unisse a quella comunità nella speranza della vita eterna,
e vi perseverasse fedelmente, otteneva la remissione dei peccati; ed
aveva affermato che i loro meriti non erano inferiori a quelli dei monaci
e dei canonici che conducevano vita comune. Anselmo di Havelberg, Dialoghi, PL 188, I, 10. [1] Gli stati della chiesa sono
qui indicati con la simbologia dei selle sigilli dell'Apocalisse:
il quarto stato, che per l'A. abbraccia, dai primi secoli cristiani,
l'età contemporanea, è simboleggiato appunto dal cavallo
pallido (Apoc. 6, 7-8) ed è caratterizzato dagli ipocriti,
cui vengono contrapposti i veri cristiani dei nuovi ordini religiosi.
[2] Ad Agostino ed al suo ambiente
[cfr. vol. I, capitolo 2, 9] risalgono alcuni testi normativi cui, a
partire dal secolo VIII, si sono ispirati i canonici regolari, vale
a dire i chierici che conducevano vita religiosa comune. In particolare
i canonici premostratensi, cui l'A. appartiene, seguivano la cosiddetta
Regula secunda.
[3] La comunità di Saint-Ruf,
presso Avignone, sorse intorno al 1038/39 e si sviluppò alla
fine dei secolo XI.
[4] Norberto di Gennep (ca. 1082-1134),
canonico di Xanten, iniziatore della comunità di Prémontré
(presso Laon), poi arcivescovo di Magdeburgo.
[5] Cfr. vol. I, capitolo 2, 9
(C).
[6] Si riferisce, probabilmente,
al ravennate Ramualdo, cui risale, nel 1012, la fondazione di Camaldoli.
[7] La comunità monastica
di Vallombrosa, punta aggressiva del movimento antisimoniaco in età
gregoriana, fu fondata nel 1036 dal fiorentino Giovanni Gualberto.
[8] Il monastero di Citeaux (in latino Cistercium),
presso Langres, fu fondato nel 1098 da Roberto di Molesme. Sorsero presto
numerosi centri cisterciensi affiliati, tra i quali Clairvaux, fondato
nel 1115 da Bernardo. (B) Una volta si stava recando [1]
in una cella che aveva fatto costruire presso il Danubio su richiesta
di un certo conte. Ed aveva ormai cominciato ad avvicinarvisi quand'ecco,
sul limitare dei boschi, scorge una casupola: prende allora con sé
uno dei compagni di viaggio e mentre tutti gli altri proseguivano per
la loro strada lui si avvia senza indugio in quella direzione. Come
giunge a quella capanna trova una donna poverissima; entra e, dimentico
della sua dignità, dimentico del consueto rigore, si siede accanto
al fuoco e fa sedere anche lei. Mentre le paria di cose sante ed edificanti
si guarda intorno e le chiede in quale modo mai vivessero lei e suo
marito, dal momento che in casa non avevano assolutamente nulla da cui
trarre mezzi di sussistenza. Lei conferma di non avere altro che la
sua stessa misera esistenza, di vivere di pane ed acqua, e di procurarseli
anche questi a stento, con il lavoro quotidiano delle sue mani. Poiché
nel frattempo era tornato dai campi il marito, egli chiede ad entrambi
se conoscano la fede cattolica, senza la quale nessuno può giungere
alla salvezza eterna. E loro in tutta semplicità asseriscono
di ignorare completa mente cosa sia mai la fede. Prorompendo in altri
lamenti, e commiserando dal più profondo del cuore la loro duplice
miseria, lui allora esclama «C'è forse da stupirsi se vi
mancano i beni esteriori, dal momento che nell'intimo – lo dico con
infinita pena – siete privi di Dio, che ci concede ogni cosa per fruirne
in abbondanza?» Così parlando gli espone brevemente la
fede, per quanto loro erano in grado di comprendere, e dopo averli istruiti
secondo le circostanze, ordinò che lo seguissero alla cella dove
era diretto. Vi giunsero il giorno successivo, e lui li accolse con
benevolenza, il trattenne paternamente per parecchio tempo e soccorse
non poco alle loro necessità. In tal modo egli colmò la
penuria della loro anima con l'insegnamento della sacra dottrina, ed
insieme alleviò generosamente la miseria della loro esistenza
terrena. Vita di Guglielmo abate di Hirsau, SS 12, 17. [1] Si tratta di Guglielmo, che aveva
riformato nel 1056 l'abbazia di Hirsau tra Reno e Danubio, facendone
un centro propulsore della riforma gregoriana che coinvolgeva anche
il clero e il laicato. (C) Nella Carta della Carità
[1] tra le altre
cose è contenuto che una volta ogni anno tutti gli abbati dei
monasteri che, per grazia di Dio, sono ripartiti nelle diverse province,
debbano riunirsi nella chiesa di Citeaux e deliberare con gran e cura
sull'osservanza della Regola e sull'organizzazione di tutta la loro
vita. […] È per questo motivo dunque che, riuniti nel luogo
sopraddetto, hanno stabilito questi capitoli ed hanno deciso che debbano
essere osservati dalla comunità fraterna delle nostre congregazioni.
1. In quale luogo debbano essere costruiti i monasteri.
I nostri monasteri non vengano costruiti nelle città, nei castelli,
nei villaggi, ma in luoghi lontani dalla presenza degli uomini.
2. Dell'unità del comportamento di vita in materia umana
e divina.
Perché tra le abbazie non cessi di esistere perennemente una
indissolubile unità, è stato stabilito in primo luogo
che la Regola di s. Benedetto sia interpretata ed osservata da tutti
nello stesso modo, così che uguali siano i libri (sempre purché
relativi all'ufficio divino), uguale il vitto, uguale l'abito, uguali
in ogni cosa gli usi.
4. Dell'abito.
L'abito sia semplice e di nessun pregio, senza pellicce, camicie, orditi,
quale lo richiede la Regola.
5. Da dove i monaci debbano procurarsi il vitto.
Il vitto dei monaci dei nostro ordine deve provenire dal lavoro manuale
dalla coltivazione della terra, dall'allevamento del bestiame. Ci è
dunque consentito possedere per il nostro uso acque, foreste, vigne,
prati terre lontano dalle abitazioni degli uomini che vivono nel mondo,
ed anche animali salvo quelli che, più che essere utili costituiscono
oggetto di curiosità e di vanità, come i cervi, le gru,
e altri di questo genere. Per la coltivazione dei campi, l'allevamento,
la conservazione, possiamo avere fienili e granai, sia vicini che lontani,
ma non più lontani di una giornata di marcia, che devono essere
custoditi dai conversi.
6. Sui conversi.
I lavori ai fienili ed ai granai saranno compiuti dai conversi e da
lavoratori assoldati che prenderemo, come i conversi, con il permesso
dei vescovi, quali necessari collaboratori, per i quali avremo la medesima
cura che per i monaci, considerandoli fratelli e compartecipi dei nostri
beni spirituali e materiali.
7. Che non dobbiamo disporre di redditi.
La nostra istituzione ed il nostro ordine esclude che si disponga di
redditi provenienti da chiese, altari, diritti di sepoltura, di decime
dei lavoro o del vitto altrui, di redditi provenienti da tenute agricole
e lavoratori, di rendite di terre, di entrate di forni e mulini, e di
altre simili cose contrarie alla purezza monastica. Statuti cisterciensi (1134), pp. 12-13. [1] Si tratta di un testo pensato per
mantenere unite le molteplici fondazioni cisterciensi. Un suo primo
abbozzo è anteriore al 1119, ma il testo è perduto nella
forma originaria.
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