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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XIII
Chiesa e società cristiana (XII-XIII secolo)

3. L'organizzazione sistematica del sapere
(A) Graziano, Concordia dei canoni discordanti, PL 187, III, 1-2.
(B) Pietro lombardo, I libri delle sentenze, PL 192, prologo.
(C) Cencio Camerario, Il libro dei censi della chiesa romana, RP 6/1, pp. 1-4.
(D) Alano di Lilla, Somma sull'arte del predicare, PL 210, prologo.

Nell'ambito ecclesiastico le istanze di centralizzazione mostrarono, nel loro evolversi, una connessione profonda con le esigenze intellettuali di un ordinamento coerente delle conoscenze secondo una forma che consentisse una complessiva reperibilità del materiale disponibile. Sotto questo profilo criteri analoghi improntano sia la messa a punto di uno strumento fiscale quale il Liber censuum che il cardinale Cencio Savelli redasse intorno al 1192 (C) – elenco minuzioso di tutti gli istituti ecclesiastici ed i domini secolari dipendenti dalla chiesa e ad essa tributari –; sia la formalizzazione del diritto della chiesa (o diritto Canonico) attuata dal monaco bolognese Graziano così il suo Decretum seu concordantia discordantium canonum (ca. 1139/1142) (A) – un'opera che raccoglie e razionalizza l'insieme delle norme vincolanti (risalenti alla Bibbia, ai canoni dei concili, alle lettere pontificie) che dovevano poi guidare ed ispirare l'opera di governo della curia pontificia. In confronto al Liber censuum ed al Decretum meno immediato può apparire il legame tra la centralizzazione romana ed altre opere di sistematizzazione delle conoscenze quali i Sententiarum libri quatuor (B), composti intorno al 1157 dal teologo Pietro Lombardo o la Summa tic arte praedicandi (D) composta intorno al 1201 da Alano di Lilla, monaco cisterciense e maestro a Parigi. Tuttavia la comune aspirazione di mettere a disposizione della chiesa, in modo immediatamente fruibile, la totalità dei sapere inserisce di fatto questi (e moltissimi altri) autori nel processo che tendeva ad ancorare saldamente ed unitariamente la vita cristiana intorno ad una chiesa gerarchicamente organizzata.


(A) Altra cosa è la costituzione civile, altra quella ecclesiastica: e poiché la costituzione civile è chiamata diritto civile o forense, vediamo come debba essere chiamata la costituzione ecclesiastica. La costituzione ecclesiastica deve andare sotto il nome di canone. Cosa sia il canone lo proclama Isidoro [1] nel libro VI delle Etimologie, capitolo 16, dicendo:
«Canone, in greco, equivale al latino regola». «Regola è detta così perché conduce rettamente e non fa deviare. Secondo un'altra opinione regola è detta così perché regge o perché fornisce la norma del retto vivere o perché corregge ciò che è distorto e malvagio».
Tra i canoni, però, alcuni sono decreti di pontefici [2], altri sono statuti di concili. Tra i concili, alcuni sono ecumenici, altri provinciali, Tra i provinciali, alcuni sono indetti per autorità del pontefice romano, alla presenza del legato della santa romana chiesa, altri per autorità dei patriarchi o primati o metropoliti della provincia.

Graziano, Concordia dei canoni discordanti, PL 187, III, 1-2.

[1] Vescovo di Siviglia dal 577 178, m. 536.
[2] Si intendono qui sia le norme promulgate spontaneamente da un papa (decreti o costituzioni), sia quelle promulgate in risposta ad un quesito, con le lettere decretali.


(B) Noi che, come la povera donna del Vangelo, desideravamo offrire qualcosa delle nostre misere risorse al tesoro di Dio [1], abbiamo avuto la presunzione di scalare luoghi impervi e di intraprendere un'opera che andava al di là delle nostre forze, fiduciosi di portarla a compimento e di trarne un frutto in base alla promessa del Samaritano che lasciò due denari per curare l'uomo trovato quasi morto [2], impegnandosi a pagare tutto quello che sarebbe stato ancora necessario. Ci conforta la veridicità di chi ha fatto la promessa, ma ci atterrisce l'immensità dei lavoro. Ci sprona il desiderio del profitto, ma ci scoraggia la nostra debolezza [3] che è però vinta dallo zelo verso la casa di Dio. Infiammati da quello zelo abbiamo infatti cercato, contro gli errori di chi vive secondo la carne, di fortificare la nostra fede come torre di David, o meglio di mostrarla a tutti dopo averla fortificata, ed abbiamo cercato di aprire i recessi delle investigazioni teologiche, e – compatibilmente alle nostre capacità di comprensione – di informare sui sacramenti della chiesa [4].

[L'A. afferma che l'opera è in antitesi con coloro che non sottomettono la volontà alla ragione e che adattano la dottrina ai propri desideri].

Tra l'asserzione di ciò che è vero e la difesa di ciò che piace vi è una battaglia che ancora dura in quanto la verità è ostacolata e la volontà dell'errore è difesa. E poiché noi vogliamo distruggere la loro comunità odiosa a Dio, devastare le loro piaghe (così che non possano spargendo agli altri il contagio della nequizia), e porre sul candelabro [5] la luce della verità, con molto lavoro e fatica con l'aiuto di Dio, da testimonianze della verità basate su eterno fondamento abbiamo messo insieme questo volume, diviso in quattro libri. In questo volume troverai gli esempi e la dottrina dei maggiori; in esso, tramite la sincera professione della fede cristiana, abbia svelato le frodi della dottrina eretica […]. La nostra voce ha echeggiato quella dei padri, non mi sono allontanato dalle loro soglie. Questa impresa non deve apparire superflua a chi non ne usufruirà perché è pigro o è troppo dotto, dal momento che è necessaria ai molti che non sono pigri ed ai molti (tra i quali io) che non sono dotti. Ho racchiuso in un breve volume le sentenze dei padri, testimoniandole con le loro stesse citazioni, così che chi cerca non debba sfogliare un gran numero di libri, dal momento che la brevità gli offre senza fatica ciò che egli va cercando. […] Perché si trovi più agevolmente ciò che si cerca, abbiamo premesso i titoli dei capitoli nei quali i singoli libri sono divisi [6].

Pietro lombardo, I libri delle sentenze, PL 192, prologo.

[1] Cfr. Mc. 12, 43.
[2] Cfr. Lc. 10, 33 sgg.
[3] Cfr. Agostino, De Trinitate, III, proemio.
[4] Ivi.
[5] Cfr. Mt. 5, 15; Mc. 4, 21; Lc. 8, 16.
[6] A partire dal XII secolo si generalizzò l'uso di tecniche di aiuto al lettore, quali la “capitolazione” qui ricordata.


(C) Io Cencio, già camerario [1] del papa Clemente III di buona memoria, ora camerario del papa Celestino III, canonico di S. Maria Maggiore in Roma, alla domanda sulla opportunità e necessità di riordinare il materiale dei censi della chiesa romana (materiale che già in passato era stato messo in ordine da altri) risponderò brevemente e chiaramente nel modo che segue. La chiesa romana si trovava a subire una perdita ed un danno notevoli, in quanto il papa Eugenio I di buona memoria, il suo successore Adriano [2], ed altri, avevano redatto sui censi memoriali incompleti, non scritti ed ordinati secondo i criteri di autenticità: così che gli ulteriori successori, attraverso quei memoriali, non riuscivano ad accertare quali chiese e monasteri, ospedali e case di assistenza (che è quasi la stessa cosa), quali città, castelli, campagne o residenze speciali, quali re e principi – occupando ciò che era di piena proprietà dei beato Pietro e della santa romana chiesa – fossero debitori di censi alla chiesa, ed in che misura lo fossero lo mi sono reso conto di questo, ed ho visto che facilmente si poteva porre rimedio al danno che la chiesa subiva, ed allora – considerando anche il fatto che la mia persona, sin dalla più tenera infanzia, era stata compiutamente allevata, fatta progredire, ed innalzata proprio dalla santa romana chiesa – dopo una lunga ed accurata preparazione ho reso noti come segue i censi che i santi padri avevano stabilito dall'inizio in determinati regni, province, vescovati e località. Li ho resi noti per quei che ho potuto, pur senza esibirli tutti, così come li ho trovati nei documenti sii papiro e nei volumi dei regesti dei pontefici della chiesa romana (sia antichi che moderni). Ho accuratamente riportato in questo volume i nuovi censi che sono stati istituiti nella chiesa romana al tempo mio o che vengono ora stabiliti per il futuro, dando così esempio a chi verrà dopo di me perché – così come io ho fatto scrivere i censi dal dilettissimo Guglielmo Rofio di St-Jean d'Angély in Poitou, chierico camerario e scrittore della cancelleria pontificia [3] – allo stesso modo d'ora in poi, fino alla fine dei mondo i nuovi censi vengano fatti registrare in questo medesimo volume che è stato predisposto, io credo, lasciando spazio sufficiente.
In questo modo se talvolta, come spesso capita, i debitori del censo non manderanno i propri messi alla sede apostolica, colui che sarà allora pontefice della chiesa romana – una volta che il camerario addetto ai censi lo abbia informato di non aver ricevuto da quei tali i censi dovuti – potrà, senza scrupoli e titubanze, esigere il debito tramite un suo messo o legato o altra persona: alcune sedi infatti sono tanto lontane dalla chiesa romana che non possono affrontare ogni anno la visita alla sede apostolica. Ed ora inizierò da Roma, perché capo del mondo, e dai sette vescovati adiacenti.

Cencio Camerario, Il libro dei censi della chiesa romana, RP 6/1, pp. 1-4.

[1] Cencio Savelli, in seguito papa col nome di Onorio III (1216-1227). L'istituzione della carica di camerario e dell'ufficio della camera apostolica, preposta alle finanze pontificie, risale a papa Urbano II (1088-1099). Con Adriano IV il ammirano, o camerlengo assunse la cura di tutti i possedimenti papali.
[2] Ovviamente Eugenio III (1145-1153), erroneamente I nel testo, ed Adriano IV (1154-1159).
[3] Viene ricordato qui lo scriba dei Liber censuum il quale proveniva dall'altro grande organo amministrativo curiale, vale a dire la cancelleria pontificia.


(D) Ho visto la scala di Giacobbe [1] che dalla terra toccava il cielo, e vi erano angeli che salivano e scendevano. La scala sono i progressi dei cattolico, che si va edificando dallo stadio iniziale della fede fino al compimento della perfezione. In questa scala il primo gradino è la confessione; il secondo la preghiera; il terzo il ringraziamento; il quarto la conoscenza della Scrittura; il quinto, se qualcosa appare dubbio nella Scrittura, è l'investigazione presso persona autorevole; il sesto è l'esposizione della Scrittura; il settimo è la predicazione. […] E poiché sugli altri gradini, sui come e quando sia opportuno salirli, varii autori hanno esposto un trattato, è ora proprio sulla predicazione – su quale debba essere, ad opera di chi ed a chi debba essere tenuta, e su che tema, come, quando e dove – che abbiamo ritenuto di dover comporre un trattato ad utilità dei prossimo, dato che l'argomento è stato affrontato da pochi. In primo luogo dobbiamo dunque esaminare cosa sia la predicazione, e quale debba essere sia riguardo alla esteriorità delle parole che al peso dei concetti, e quanti tipi di predicazione vi siano. In secondo luogo bisogna vedere da chi debba essere tenuta la predicazione. In terzo luogo a chi debba essere rivolta. In quarto luogo perché. In quinto luogo dove.

Alano di Lilla, Somma sull'arte del predicare, PL 210, prologo.

[1] Cfr. Gen. 28. 12 sgg.

 

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