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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XIII
Chiesa e società cristiana (XII-XIII secolo)

6. Repressione e intolleranza
(A) Lucio III, “Ad abolendam” (1184), PL 201, n. 171.
(B) Innocenzo III, “Licet ecclesiarum praelatis” (1199), PL 214, II, 142.
(C) Cesario di Heisterbach, Dialoghi dei miracoli, V, 21.
(D) Gregorio IX, “Excommunicamus” (1231), RP 9/1 n. 539.
(E) Innocenzo IV, “Lacrimabilem Iudeorum” (1247), ES 2, n. 409.

Le posizioni di opposizione o estraneità all'unità cattolica, che alcuni gruppi venivano attuando o mantenendo, esponevano quei gruppi alla diffusa intolleranza sociale, ai soprusi del potere, alla repressione delle istituzioni. Nei confronti degli eretici la repressione istituzionale, le cui basi risalgono all'età costantiniana [cfr. vol. I, capitolo 2, 1] registra una svolta decisiva allorché si decise che i vescovi, nelle visite obbligatorie alla diocesi, dovessero cercare (con termine tecnico inquirere, da cui inquisizione) gli eretici senza attendere che qualcuno presentasse accusa formale contro di loro. Questa disposizione appare già formalizzata, nel decreto Ad abolendam, emanato nel 1184 da Lucio III (A): nel decreto si disponeva anche che gli interrogatori e la condanna degli eretici fossero di competenza della chiesa, mentre veniva invece demandata al potere laico (braccio secolare) l'esecuzione della sentenza. La repressione istituzionale, che progressivamente si aggrava fino alla estrema durezza della costituzione Excommunicamus promulgata da Gregorio IX nel 1231 (D), sembra voler salvaguardare alcuni criteri di cautela nei confronti di avventati ed indiscriminati: si veda in proposito la lettera di Innocenzo III al capitolo di Metz (B). I criteri di cautela risultavano però interamente travolti quando sul piano degli eventi, come avvenne nella crociata antialbigese, la repressione dell'eresia veniva ad incrociarsi con complessi giochi di potere, creando così una collusione i cui esiti sfrenati ci sono restituiti nel racconto della presa di Beziérs (1209), inserito dal cisterciense Cesario di Heisterbach nei suoi Dialogi miraculorum (C), composti intorno al 1220. In confronto alla posizione degli eretici – cui veniva negato il diritto di esistere e che erano oggetto di una spietata convergenza tra oppressione del potere e repressione delle istituzioni – la situazione delle comunità ebraiche, tra XII e XIII secolo, sembra risentire soprattutto della intolleranza sociale e dei soprusi dei potenti, mentre sotto il profilo ideologico-istituzionale, nonostante le gravissime limitazioni [cfr. paragrafo 5 (E)], la liceità della religione ebraica veniva periodicamente difesa con numerosi interventi di sovrani e pontefici.


(A) Per sopprimere la malvagità delle diverse eresie, che in più parti del mondo si sono messe a pullulare in questi ultimi tempi, si deve dar impulso al vigore ecclesiastico. Perciò noi, sostenuti dalla presenza e dalla forza del nostro carissimo figlio Federico, illustre imperatore dei Romani, sempre Augusto, e degli altri patriarchi, arcivescovi, e dei molti principi qui convenuti da diversi parti dell'impero ci ergiamo con la generale sanzione di questo decreto contro gli eretici stessi, le cui diverse falsità esigono di essere trattate in diversi capitoli, e per mezzo di questa costituzione condanniamo con autorità apostolica ogni eresia, sotto qualunque nome sia conosciuta.
In primo luogo, dunque, decidiamo che siano soggetti a perpetua scomunica i Catari ed i Patarini e coloro che si fregiano dei falso nome di Umiliati oppure di Poveri di Lione, i Passagini, i Giosefini, gli Arnaldisti. E poiché alcuni, sotto apparenza di pietà, ma essendo del tutto privi delle virtù che la caratterizzano, secondo quanto dice l'Apostolo, rivendicano per sé l'autorità di esercitare la predicazione, mentre lo stesso Apostolo dice: In che modo ci saranno dei predicatori, se non saranno mandati? [1], annodiamo con uguale vincolo di perpetua scomunica tutti coloro che avranno la presunzione di predicare sia in pubblico che in privato, pur avendone ricevuto la proibizione oppure non essendo stati inviati, al di fuori di ogni autorizzazione ricevuta dalla Sede apostolica oppure dal vescovo del luogo, e tutti coloro che a proposito del sacramento del corpo e del sangue di nostro signore Gesù Cristo, oppure a proposito del battesimo, oppure della confessione dei peccati, oppure del matrimonio o degli altri sacramenti della chiesa, non hanno timore di pensare e di insegnare in maniera diversa da quello che la sacrosanta chiesa romana predica e osserva; ed in generale tutti coloro che saranno giudicati eretici o dalla stessa chiesa romana, oppure dai singoli vescovi nelle proprie diocesi con il consiglio dei chierici, oppure, in caso di sede vacante, dagli stessi chierici col consiglio, se necessario, dei vescovi delle sedi vicine. […]
A questo, su consiglio dei vescovi e per suggerimento della maestà imperiale, aggiungiamo che tutti gli arcivescovi o vescovi, personalmente o per mezzo dei loro arcidiaconi o altre persone oneste e capaci, dovranno una o due volte l'anno visitare le parrocchie delle loro diocesi dove corre voce vi siano degli eretici, ed ivi indurre tre o più testimoni degni di fede, se necessario tutto il vicinato, a giurare di denunciare al vescovo o all'arcidiacono gli eretici a loro noti, nonché chiunque partecipi a riunioni segrete o il cui comportamento contrasti con quello comune dei fedeli. Quindi il vescovo o l'arcivescovo convocherà gli accusati e, se essi non si purgheranno dei delitti loro imputata ti o se, dopo tale purgazione scivoleranno di nuovo nella perfidia, verranno puniti secondo il giudizio dei vescovi. Se poi qualcuno non vorrà prestare giuramento, stimandolo cosa superstiziosa e biasimevole, lo si giudichi ipso facto come eretico e perciò passibile delle pene prescritte.

Lucio III, “Ad abolendam” (1184), PL 201, n. 171.

[1] Rom. 10, 15.


(B) Al vescovo ed al capitolo di Metz.
Anche se i prelati della chiesa hanno l'obbligo di catturare le piccole volpi che minacciano di distruggere la vigna dei Signore [1] questo va inteso con prudenza ed attenzione: devono infatti evitare ad ogni costo che la zizzania sia raccolta prima della mietitura per non correre il rischio – Dio ne guardi! – che con il loglio sia divelto anche il buon grano [2]. Come non deve essem in alcun modo tollerata la malvagità eretica, così la religiosità dei semplici non deve cerio venire indebolita: la nostra pazienza non deve infondere audacia agli eretici, ma la nostra impazienza non deve confondere i semplici, a rischio che, strappati a noi, si pieghino al male e, da semplici che erano, si mutino in eretici.

[Il papa ricorda che il vescovo di Metz lo ha interpellato a proposito di persone che si valgono di una traduzione in volgare delle Scritture.]

Poiché non è facile proferire una sentenza nei casi dubbi, – e tale è questo, dal momento che nella tua lettera non hai ritenuto di dover dire con chiarezza che costoro sbaglino in materia di fede o si allontanino dalla dottrina salutare – e poiché ignoriamo completamente le opinioni e la vita sia di coloro che hanno fatto questa traduzione delle Scritture sia di coloro che insegnano basandosi su tale traduzione (cose che non possono del resto effettuarsi, né l'una né l'altra, senza una certa istruzione) […] con questa nostra lettera apostolica vi incarichiamo ed ordiniamo di adoperarvi ad ammonirli con la più grande cura, con i ragionamenti e le esortazioni, perché desistano da ciò che vi sembri degno di biasimo, e non usurpino un compito che a loro non compete. Cercate, con sollecitudine, di apprendere la verità: chi sia stato l'autore della traduzione, quale lo scopo del traduttore, quale la fede del suo pubblico, quale l'occasione dell'insegnamento; se venerino la sede apostolica e la chiesa cattolica. Questo affinché, convenientemente informati da una vostra lettera su questi argomenti e su tutti gli altri argomenti necessari per accertare la verità, noi possiamo arrivare a comprendere meglio quale decisione sia opportuno prendere.

Innocenzo III, “Licet ecclesiarum praelatis” (1199), PL 214, II, 142.

[1] Cfr. Cant. 2, 15.
[2] Cfr. Mt. 13, 29.


(C) Al tempo del papa Innocenzo, predecessore di questo Onorio che regge ora il papato [1], mentre era ancora in corso lo scisma tra Filippo ed Ottone, entrambi re dei Romani [2], per l'invidia dei diavolo presero a sbocciare, o per meglio dire a maturare, le eresie degli Albigesi. Le loro forze erano tali che tutto il buon grano della fede di quel popolo sembrava trasformato nella zizzania dell'errore. Alcuni abbati dei nostro ordine [3] furono inviati lì insieme ad alcuni vescovi per estirpare il loglio con il rastrello della predicazione cattolica. Ma per l'opposizione dei nemico, che aveva sparso quel cattivo seme, ottennero ben pochi risultati. […] L'errore degli Albigesi si affermò a tal punto che in breve tempo infettò fino a mille città, e se non fossero intervenute le spade dei fedeli a reprimerlo, ritengo che avrebbe corrotto l'intera Europa.
Nell'anno dei Signore 1210 [4] per tutta la Francia e la Germania fu predicata la crociata contro gli Albigesi e nell'anno successivo si mossero contro di loro, dalla Germania, Leopoldo duca d'Austria, Engilberto allora preposto, in seguito arcivescovo, di Colonia, suo fratello Adolfo conte de Monte, Guglielmo conte di Julich e molti altri di diversa condizione e grado. Lo stesso avvenne in Francia, Normandia e Poitou.
Predicatore e capo di tutti era Arnaldo [5], abbate cisterciense, in seguito arcivescovo di Narbona. Come giunsero alla grande città chiamata Béziers – dove si diceva vi fossero più di centomila abitanti – la cinsero d'assedio. Al vedere i crociati gli eretici [6] urinarono su un volume dei Vangelo e lo gettarono dal muro contro i cristiani facendo seguire un lancio di frecce e gridando: «Ecco, sciagurati, la vostra legge». Cristo, seminatore dei Vangelo, non lasciò invendicata quell'ingiuria. Infatti alcuni dell'esercito crociato, infiammati dallo zelo della fede, simili a leoni, sull'esempio di coloro dei quali si legge nel Libro dei Maccabei [7], portarono scale, salirono sulle mura, e mentre gli eretici per volere divino si ritiravano atterriti, aprirono le porte a quelli che venivano dietro di loro e presero così la città. Poiché, per ammissione degli eretici, si era venuto a sapere che nella città vi erano dei cattolici insieme con gli eretici, i crociati chiesero all'abbate: «Che dobbiamo fare?». L'abbate, temendo che gli altri si fingessero cattolici solo per il timore della morte e che, dopo la loro pazienza, tornassero alla loro perfidia, si dice che abbia risposto: «Uccideteli tutti. Il Signore sa quali sono i suoi» [8]. Così in quella città venne ucciso un numero incalcolabile di persone. Per virtù divina i crociati presero anche un'altra grande città, situata presso Tolosa, chiamata Pulcravalle per la sua posizione. Inquisirono tutti gli abitanti e mentre tutti promisero di voler tornare alla fede vi furono quattrocentocinquanta che, istigati dal diavolo, perdurarono nella loro ostinazione: di questi, quattrocento furono bruciati sul rogo e cinquanta furono impiccati. I Tolosani, costretti, promisero ogni soddisfazione, ma la promessa, come poi apparve, celava l'inganno. Infatti il perfido conte di Saint-Gilles, principe e capo di tutti gli eretici, dopo che i suoi feudi allodi, città e castelli gli erano stati sottratti nel concilio Lateranense, e dopo che per la massima parte erano stati occupati dall'eroe cattolico Simone di Montfort si è recato a Tolosa ed ancora oggi non cessa di vessare ed attaccare i fedeli [9].

Cesario di Heisterbach, Dialoghi dei miracoli, V, 21.

[1] L'A. scrive dunque dopo il luglio 1216 data della consacrazione di Onorio III (1216-1227).
[2] Lo scisma nel regno di Germania, iniziato nel 1198, terminò nel 1208 per l'uccisione di Filippo di Svevia.
[3] La predicazione fu affidata essenzialmente ai Cisterciensi che non ottennero però risultati apprezzabili e suscitarono anche critiche di parte cattolica [cfr. paragrafo 7 (A)].
[4] In realtà 1208.
[5] Arnaud Amari, abbate di Citeaux dal 1199, arcivescovo di Narbona dal 1212.
[6] Béziers era difesa da Raimondo Ruggero di Béziers e Carcassonne. Al crociati si era unito il conte stesso di Tolosa, Raimondo VI di Saint-Gilles – già scomunicato per favoreggiamento all'eresia – che intendeva riconciliarsi con la chiesa ed eliminare uno scomodo vassallo.
[7] Cfr. 2 Mac. 10, 35.
[8] Su questa frase esiste una copiosa letteratura che per lo più tende a negarne l'autenticità. La caduta di Béziers (21 luglio 1209) fu comunque accompagnata dalla strage di migliaia di inermi.
[9] Fu il già citato Raimondo VI cui vennero sottratti nel 1215 i territori (che passarono a Simome di Monfort, capo della crociata). Fu però suo figlio, Raimondo VII, che tornò in Tolosa difendendola dall'assedio di Simone.


(D) Scomunichiamo e colpiamo con l'anatema tutti gli eretici: Catari Patarini, Poveri di Lione, Passagini, Giuseppini, Arnaldisti Speronisti, o comunque si chiamino. Essi hanno aspetti diversi ma le loro code sono legate l'una con l'altra perché si accordano nella vanità [1]. Una volta condannati dalla chiesa siano abbandonati al giudizio secolare – i chierici dopo essere stati degradati – per subire la giusta pena. Se qualcuno di costoro, dopo la cattura, non [2] vorrà fare la degna penitenza, sia incarcerato a vita. Giudichiamo allo stesso modo eretici tutti quelli che credono negli errori di costoro.
Così vogliamo che siano sottoposti alla stessa sentenza di scomunica quelli che accolgono, difendono e sostengono gli eretici. Ed abbiamo stabilito che se qualcuno di questi, dopo la scomunica, non desisterà dalla sua presunzione di fatto sia bollato di infamia e venga escluso dalle cariche pubbliche e dai consigli, né possa rendere testimonianza. Sia anche escluso dai testamenti, così che non abbia possibilità di fare testamento né di venire designato come erede. Inoltre nessuno sia tenuto a rendergli conto di nulla, fila liti sia tenuto a rendere conto agli altri.

[Si specifica che gli atti di tali persone, nel caso rivestissero gli uffici di giudici, avvocati, notai, devono essere considerati nulli, mentre per i chierici si prescrive che decadano da benefici e cariche.]

Coloro invece che siano semplicemente sospetti, se non avranno debitamente – secondo il tipo di sospetto e secondo la persona – dimostrato la propria innocenza, siano colpiti da scomunica e siano evitati da tutti finché non abbiano reso debita soddisfazione. Se per un anno persisteranno nella scomunica siano condannati come eretici.

[Seguono ulteriori disposizioni che riguardano i processi degli eretici e che vietano loro di ricevere i sacramenti e di venire sepolti in terra consacrata]

Ugualmente vietiamo che i laici osino discutere, in pubblico o in privato, sulla fede cattolica: chi lo facesse sia colpito da scomunica.
Ugualmente se qualcuno conoscesse eretici o persone che si raccolgono in conventicole e si discostano, per vita e costumi, dall'uso comune dei fedeli, si preoccupi di segnalarli al suo confessore o ad altra persona che ne faccia giungere notizia al vescovo, altrimenti sia colpito da scomunica.
I figli degli eretici e di coloro che li accolgono e li sostengono non possano accedere a cariche e benefici ecclesiastici fino alla seconda generazione. Qualunque atto che non tenga conto di questa norma noi lo dichiariamo nullo.

Gregorio IX, “Excommunicamus” (1231), RP 9/1 n. 539.

[1] Cfr. Giud. 15, 4 e cfr. paragrafo 15 (C).
[2] Poiché si ritiene che a partire da questo testo per “giusta pena” (animadversio debita) si intenda il rogo, i commentatori propongono di espungere il “non”.


(E) Agli arcivescovi ed ai vescovi di Germania.
Abbiamo accolto la protesta, degna di pianto, dei Giudei di Germania, i quali lamentano che alcuni principi sia ecclesiastici che secolari ed altri personaggi nobili e potenti delle vostre città e delle vostre diocesi, per poter saccheggiare ed usurpare ingiustamente i loro beni, architettano contro di loro piani scellerati, e creano molteplici pretesti adatti ai propri fini. Così costoro – senza aver valutato che le testimonianze della fede cristiana sono uscite tutte, per così dire, dall'archivio della loro memoria, e che la sacra Scrittura tra gli altri precetti impone: Tu non ucciderai [1] e proibisce loro di toccare, durante la solennità pasquale, qualunque corpo morto – falsamente imputano ai Giudei che nella solennità pasquale si comunichino con il cuore di un fanciullo ucciso (come se la loro legge lo imponesse mentre ciò è palesemente in contrasto con la loro legge), e con malizia, se capita di trovare da qualche parte un cadavere, li incolpano di quella morte. Con questo e con altri innumerevoli stratagemmi incrudeliscono contro di loro, e con questi pretesti, senza accusa formale senza una confessione, senza dimostrazione di colpevolezza, in contrasto con i privilegi loro concessi dalla sede apostolica, contro Dio e contro la giustizia li spogliano dei loro beni e li angustiano con la fame, con il carcere, e con immani e infinite persecuzioni e vessazioni, tormentandoli con varie pene e condannandone molti ad tana orribile morte Al punto che quegli stessi Giudei sotto il dominio di tali principi, signori e potenti si trovano in tana condizione peggiore di quella dei loro padri in Egitto sotto il dominio dei Faraone [2], e sono costretti a lasciare con un miserevole esilio quei luoghi che essi ed i loro predecessori abitavano ormai da un tempo immemorabile: così paventando il loro sterminio hanno deciso di ricorrere alla sede apostolica perché provvedesse. E poiché noi non vogliamo che siano tormentati ingiustamente i predetti Giudei, la cui conversione Dio misericordioso attende – poiché, sulla parola dei profeta, crediamo che i loro posteri si salveranno – ordiniamo che voi, proteggendoli, riportiate giustizia in tutto ciò che troverete essere stato compiuto ingiustamente contro di loro dai già menzionati prelati, nobili e potenti, e che per il futuro non permettiate più che vengano ingiustamente molestati da qualcuno con queste e simili accuse.

Innocenzo IV, “Lacrimabilem Iudeorum” (1247), ES 2, n. 409.

[1] Es. 20, 13; Deut. 5, 17.
[2] Cfr. Es. 1 sgg.

 

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