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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XIV
Svevi e Angioini

10. Carlo D'angiò la politica mediterranea
(A) Saba Malaspina, Storia dei fatti di Sicilia, V, 1, 2, 5; VI, 5, 11.

Saba Malaspina descrive con grande chiarezza l'amplissimo raggio delle ambizioni di Carlo d'Angiò dopo essere salito al trono di Sicilia. Trascinato, in fondo, dalla logica stessa del suo nuovo regno, Carlo guarda infatti al Mediterraneo intero come campo d'azione privilegiato, sul quale estendere la sua egemonia. Grazie anche all'influenza di Carlo su suo fratello Luigi IX, la crociata progettata da quest'ultimo viene inserita all'interno della politica di potenza dei sovrano siciliano: è la spedizione in Tunisia, nella quale Luigi morì e Carlo riuscì comunque a trovare un compromesso con i musulmani (1270). Ma il re guardava anche oltre: vantava diritti sul regno di Gerusalemme, ormai ridotto peraltro ad un fantasma, allacciava legami matrimoniali con la casa d'Ungheria e, soprattutto, puntava su Bisanzio. L'ombra, accanto al sovrano angioino, del legittimo pretendente al trono di Costantinopoli vela appena le mire imperiali di Carlo, che rinnova così – ma anche lui invano, nonostante alcuni successi militari – il sogno dei normanno Roberto il Guiscardo, fino al momento in cui la catastrofe del Vespro interviene a ridimensionare tutta la sua politica [cfr. paragrafo 11].


(A) Quando re Carlo venne a sapere che l'intera flotta del re di Francia e l'esercito crociato al completo erano giunti in Tunisia, e che i cristiani si erano accampati presso Tunisi, senza indugi prese il volo in quella direzione con un piccolo numero di galee, non quale si addiceva ad un re forte ma quale la pressante necessità richiedeva. Nel fare i suoi interessi egli aveva dunque il pretesto, o almeno l'occasione e la scusa, che il re di Francia aveva spinto un così grande esercito cristiano ad affrontare a così gran rischio i barbari e gli Arabi.
In realtà il re di Tunisi, approfittando della recente ribellione di Sicilia sedata a prezzo di tante vite, già da tre anni rifiutava di pagare a Carlo un reddito, o censo, che tributava annualmente al re di Sicilia perché si potesse effettuare un libero trasporto di vettovaglie a Tunisi perché gli Arabi potessero traversare legalmente il mare di Sicilia a loro piacimento, e perché i barbari non subissero atti di pirateria da parte dei Siciliani.
Questo era il motivo per il quale il re Carlo, bramoso di recarsi in quelle zone a strapparne con gli altrui mezzi la serpe che vi si annidava, aveva sagacemente provveduto che un così grande esercito si radunasse in Tunisia.
I Francesi – invano, ché la volontà divina gli era contro – erano sicuri di sé: riempivano gli accampamenti di schiere armate, addestravano la gente alle armi, e ogni giorno incalzavano attaccavano battaglia con gli infedeli, facevano a gara nel circondare le mura di Tunisi. Ma quella stirpe di cani, non so col favore di qual nume, resisteva ad ogni attacco, immota come scogli nel mare.

[In questi frangenti muoiono il re Luigi IX ed uno dei suoi figli, mentre un epidemia fa strage nell'esercito]

Allora il re Carlo con i due figli superstiti dei nominato Luigi (cioè il primogenito Filippo, che era succeduto al padre nell'onore ed onere del regno, e Pietro conte di Alançon), ed insieme agli altri capi dell'esercito, si uni in amicizia con il re di Tunisi e stipulò patti di pace.
Con gran danno si dissolse dunque l'esercito crociato: scossa la colonna cristiana, mostrò fenditure e crepe la torre di tanta fortezza. Chi ne aveva sete bevve dell'oro arabico ed una turba innumerevole – venduti così i travagli dei fedeli vergognosamente distolti dalla loro meta – fece ritorno alle imbarcazioni pronte sul lido, prese il mare ed approdò in Sicilia con Carlo e Filippo.

Perché la sua stirpe si estendesse nel tempo e si propagasse per diversi rami, il re unì in matrimonio al principe suo figlio la figlia del re di Ungheria [1]. Così il principe e la figlia del re di Ungheria si strinsero di indissolubili vincoli, mentre si poteva dire che quasi non vi fosse, nel mondo, un sangue illustre che a quello non fosse congiunto per qualche tramite. Dunque i re, pur lontani, facevano a gara nell'onorarsi scambievolmente e nell'ingraziarsi vicendevolmente con doni; e il re di Sicilia in talune circostanze inviò aiuti militari al re di Ungheria che era travagliato dalle preoccupazioni belliche.
Nel tempo di papa Innocenzo V, su concessione di una damigella [2] che aveva fama di essere figlia ed erede di Giovanni, già in di Gerusalemme, il re Carlo, o per prezzo, o per amore, o per una qualche permuta, o per ricompensa di uno scambio, ottenne il regno di Gerusalemme e da allora si intitolò re di Gerusalemme e di Sicilia. Ma dopo sei mesi papa Innocenzo, prostrato da forze fatali, scoccata l'ora della sua morte, trasmigrò da questo mondo [3].
li re, dopo che aveva riavuta la gloriosa carica di senatore, ambiva con tutte le sue forze a recarsi nei territori dell'impero romano: aveva già chi sosteneva il sito proposito e promuoveva la sua causa.
Si adoperò dunque ad accelerare l'armamento dei suoi vascelli. Per questo, oltre agli innumerevoli apparecchi di galee, di tartane e di imbarcazioni più pesanti per il trasporto dei cavalli – che erano state portate da ogni parte di Sicilia, Puglia, Calabria, Principato e Terra di Lavoro, quindi montate ed attrezzate quasi di tutto punto – comandò che a Palermo e a Messina si facessero un gran numero di gualdrappe per cavalli, frecce balestre, archi e armi da lancio, e volle che i diversi oggetti venissero fabbricati da artigiani che avessero fama di specialisti dei singolo settore. Tutto quello che gli sembrava necessario ad una simile traversata egli lo fece preparare con la massima celerità.
Erano pronti nella valle di Mazara cinquecento giovani destrieri che egli aveva selezionato tra i suoi vari armenti di cavalli ed aveva, in quella località, fatto custodire con cura ed allevare con la più grande attenzione.
Intanto tramite ambascerie solenni si alleò con i Veneziani contro il Paleologo [4], e con un impegno garantito stabilì con loro dei patti sui quali fu interpellato il sommo pontefice, che diede il suo assenso ed il suo favore. Così i Veneziani promisero di aiutarlo lealmente fino alla fine della guerra con tutte le forze armate navali che avevano o che erano in grado di avere.
L'imperatore costantinopolitano, genero dei predetto re [5], che sollecitava ogni giorno il re perché affrettasse la traversata finché era il momento opportuno, accettò con compiacimento e garantì ulteriormente ai Veneziani tutti gli accordi intercorsi tra loro ed il re.

Saba Malaspina, Storia dei fatti di Sicilia, V, 1, 2, 5; VI, 5, 11.

[1] Maria d'Ungheria, figlia ed erede di Stefano d'Ungheria, sposò Carlo (II) d'Angiò, che cercò in seguito di rendere effettivi i diritti angioini sull'Ungheria, dando vita ad un autonomo ramo dinastico.
[2] Maria di Antiochia.
[3] Innocenzo V (1276).
[4] Michele VIII Palelologo (1261-1282).
[5] Baldovino di Courtenay, morto nel 1274. Nel brano tutta la cronologia è approssimativa

 

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