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Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XVII
Gli uomini, la terra e il denaro

3. Gli strumenti dell'economia
(A) Francesco Calducci Pegolotti, La pratica della mercatura, pp. 191-192.
(B) Melis, Aspetti della vita economica medievale, 184 (1392).
(C) Melis, Documenti per la storia economica, 154 (1354).
(D) Libro segreto di Giotto d'Arnoldo de' Peruzzi, pp. 440-441 (1325).
(E) Melis, Documenti per la storia economica, 5 (1388).

Già con la fine del XIII secolo, l'aumento del volume della produzione e degli scambi si era scontrato con la scarsità di moneta in circolazione. Il passivo nella bilancia degli scambi con l'Oriente, la difficoltà di reperire i metalli preziosi per il conio contribuirono a accentuare questo squilibrio. Inoltre, per ragioni fiscali o legate ai nuovi bisogni di governo si ricorse spesso alla svalutazione della moneta. Veniva svilito il valore intrinseco riducendo la percentuale di metallo prezioso nelle leghe, o anche veniva semplicemente elevato il potere nominale di monete che restavano identiche a prima dal punto di vista del loro tenore metallico; il tutto era complicato dal frequente oscillare del rapporto di valore tra oro e argento, in una situazione in cui il bimetallismo compariva in diversi tipi di transazioni e quindi veicolava interessi diversi di diversi gruppi sociali e economici (A). A ciò si dovette sommare la drastica contrazione di credito determinatasi a partire dagli anni Quaranta del XIV secolo, come esito del fallimento a catena di molte compagnie bancarie e mercantili [cfr. paragrafo seguente]. In ogni caso, proseguiva il processo di messa a punto degli strumenti e delle tecnologiche della finanza e del commercio, come i sistemi di contabilità (B),le forme di credito bancario (C), e soprattutto la forma associativa della compagnia (D), destinata a soppiantare quella della commenda. Nata per lo più come società commerciale, la compagnia finì spesso per assumere una fisionomia mista, bancaria, commerciale, industriale, avvalendosi di agenti (fattori) o strutturandosi in filiali. A documentare delle aspirazioni, delle procedure e della trama di relazioni reciproche degli esponenti della vita economica risultano preziose le seppur rare testimonianze di corrispondenze commerciali (E).


(A) In Firenze si batte moneta doro e moneta d'argento e moneta picciola come diviserà [1] qui appresso d'innanzi: primeramente, si batte in Firenze moneta d'oro che s'appellano fiorini d'oro, che li 98 fiorini a conto pesano appunto libbre 1 in Firenze; e sono di lega finissima, quanto più possono essere, che sono di carati 24 fine per oncia. E chi mette oro fine nella zecca di Firenze, che altrimenti non lo riceverebbe se non fusse fine, ma ricevendolo fine sì ne dàe al mercatante che'l vi mette, d'ogni libbra fiorini d'oro 95 e 2/5, sicché ne rimane alla zecca per lo comune soldi 12 a oro, de'quali soldi 12 a oro se ne fanno le spese a fare la moneta, cioé il fiorino doro, e rimanne al comune alcuna cosa, come dice qui appresso e innanzi:
Per gli uvrieri che gli lavorano e dirizzano e rendono i fiedono fatti e ricotti e ribianchiti, costa soldi 2, denari 9 per libbra.
Per gli munetieri che gli coniano, denari 9 piccioli per libbra.
Per carboni, denari 4 piccoli per libbra.
Per ferri e pile, e per gli torselli, e per conciare masserizie, denari 1 piccioli per libbra.
Per calo, che fa l'oro a lavorarlo, denari 9 piccioli per libbra.
Sommano queste 5 partite soldi 4, denari 9 piccioli per libbra.
Per salaro dello'ntagliatore che intaglia i conii con che si coniano i detti fiorini d'oro, all'anno lire 80 piccioli.
Per salario di due orafi che sentenziano e giudicano l'oro nella zecca, a ragione di lire 60 piccioli l'anno per ciascuno, montano tramendue lire 120.
Per salaro di coloro che tengono il conto della zecca e che pesano l'oro, in somma di lire 120 piccioli l'anno.
Per salaro d'uno garzone che affita loro, lire 30 l'anno.
E battesi in Firenze una moneta d'ariento, cioè grossi d'ariento, che n'entrano appunto soldi 13, denati 10 de'detti grossi a conto in una libbra di Firenze, e sono di lega d'once 11 1/2 d'ariento fine per libbra.E chi mette ariento della detta lega nella zecca di Firenze si ne ria dalla detta zecca de'detti grossi coniati soldi 13, denari 7 a conto della libbra, e grossi 3 ne rimangono nella zecca per libbra per lo comune, de'qualli 3 grossi ne fanno le spese a fare la detta moneta, e se v'à rimaso si è del comune, come diviserà qui appresso. È quali grossi si chiamano per nome <guelfi> e si spendono per soldi 2 e denari 8 piccioli l'uno, piccioli fiorentini.
Per fonditura a fare le verghe dell'argento, denari 2 piccioli per libbra.
Per gli uvrieri che gli lavorano e dirizzano e rendono i fiedoni bianchiti, soldi 2, denari 6 piccioli per libbra.
Per gli monetieri che coniano la moneta, denari 10 piccioli per libbra.
Per carboni, tra ogni cosa denari 7 piccioli per libbra.
Per ferri di pile e di torselli, e conciatura di stoviglie e di masseritie, denaro 1 piccioli per libbra.
Per calo che fa l'argento a fonderlo e a lavorare, da once 5 1/2 per centinaio di libbre, che ne tocca denari… piccioli per libbra.
Per lo salaro del saggiatore che fa il saggio, lire 60 piccioli l'anno.
Per tutti altri uficiali delta moneta dell'oro de' detti qui a drieto salvo il salaro de'sentenziatori, che non hisognano della moneta dell'argento come alla moneta dell'oro però che il saggiatore è in luogo de'sentenziatori, puote costare per tutto lire 150 l'anno.
E battesi in Firenze moneta picciola che è di lega donce 1 d'argento fine per libbra, che i soldi 45 della detta moneta piccioli siccome escono della zecca di Firenze pesano appunto 1 libbra di Firenze. E chi mette argento nella zecca di Firenze per volere moneta piccina si ne rià della zecca soldi 37 della detta moneta piccina a conto per ciascuna libbra; e <il> rimanente alla zecca del comune, ch'è soldi 8 de'detti piccioli per libbra, de'quali soldi 8 se ne fanno le spese a fare la detta moneta piccina, e se v'a di rimaso si è del comune come diviserà dallato e inanzi.

Francesco Calducci Pegolotti, La pratica della mercatura, pp. 191-192.

[1] Si esporrà.


(B) Francesco da Prato e Manno di Albizio e compagni di Pisa deono dare, per ispese a lloro roba, cioè:
1 charatello di groma
3 balle di merce, contrassegnate 1, m/l, d/l, p.
ci mandorono da Pisa, dì 7 d'aghossto 1392, per Masseo Rogio, caradore. per nostra provisione, fondachaggio, basstagi,
f. -s. 26 p.
per portare il cartello di groma a nave d'Antonio Vitale,
f. -s.10
1 balletta di scheruoli
1 balla di chassia
2 forzieri da soma
ci mandorono da Pisa, di 26 d'aghossto 1392; per Iohanni di Mone,
charadore;
per nostra provisione, fonclachaggo, basstagi,
f.-s.20

1 fardello di merce
1 balla di stagno in verghe
ci mandorono da Pisa, dì 31d'aghossto, per la Formicha, carradore;
per nostra provisione, fondachaggo, basstagi,

f.-s.20

2 balle di panni
1 balletta di chotone filato
ci mandorono da Pisa, insino dì 17 d'aghossto, per Iohanni di ser Orso, charadore,
per nostra provisione, fondachaggo, basstagi,

f. - s.17

50 farde di lana
21 farde di lana
ricevemo da nave di Iohanni Chonte e Bartolomeo dal Fiesscho,
venne di Chatalognia, dì… d'aghossto..
per nostra provisione, per acqua, s. 2 il chapo,

f.. 2 s. 2

27 sacca di lana
1 balla di choiame
ricevemo dal legno di Stefano Micheli, venne di Proenza insino dì 13 d'aghossto;
per nostra provisione, per acqua, s. 2 il chapo,

f. -s. 56

4 casse di vetruolo
ci mandorono da Pisa, dì 2 settembre, per Iohanni di ser Orso, carradore;
per nostra provisione, fondachaggo, basstagi,

f. - s. 20

2 balle di violette
3 balle di boldroni
3 balle di pelli
ricevemo da nave Raspea, venne d'Aghua Morta, dì 13 settembre 1392;
per nostra provisione, fondachaggo, barcha, basstagi,

f. -s.58

1 balla di soatto
1 balla di chotone
2 balle di panni ci mandavono da Pisa, dì 23 settembre, per Antonio di Michele, charadore;
per nostra provisione, fondachaggo, basstagi,
f. - s. 22
per mandare a nave Raspea dette 4 balle e una balla di stagno e uno fardello di lavoro:
tocchòne a nnoi per uno schifo,
f.-s.18
15 balle di charte
ci mandarono da Pisa, per 3 charadori, dì….,
per nostra provisione, fondacaggio, basstagi,

Somma f. 7.s. 22 pice.

f.1.s.5

E tanto ponete a nostro chonto: Idio con voi. per dì 15 d'ottobre 1392.
benvenuto Michi e compagni in Livorno, salute.

Melis, Aspetti della vita economica medievale, 184 (1392).


(C) Charocco Charocci [1] da Florensa de' avere, a dì 28 d'ottobre anno ditto [2], per panni 6 verghati di grana, per f. 43 il panno

f. 258 d'oro
E de'avere lo soprascritto, lo soprascritto dì, per panni 8 diviziati, per f. 30 il pano; avemoli li soprascritti panni a dIì26 di maggo anno ditto, soma
f. 240 d'oro

Sensale Dato Botacini
Demmo al soprascritto, che ci de' rifare di difetto ch'ebe a cortigia, in del soprascritti panni,
f.3 s. 20
Demmo a Charocco soprascritto, a dì 28 d'ottobre anno ditto, li quali danari iscrisi per lui a Mazino Aiutamicristo [3], quie di sotto,
f. 490 d'oro
Demmo al soprascritto, a dì 10 d'ottobre, li quali danari diei per lui a Pero Chambi,
f. 1 s. 11 pic.
Demmo al soprascritto, a dì 10 d'aprile anno ditto, di resto di panno ch'ebe, si chome spare al Libro del S, a fogli 59.
f. 3 s. 42
Mazino Aiutamicristo de'avere, a dì 28 d'ottobre anno ditto, li quali danari li scisi per Charocco Charocci, per panni ch'ebi da lui; posti a sua ragione, quie di sopra, f. quatrocentononanta
f. 490 d'oro
Iscriseleli, a dì 28 di maggo anno ditto.

Demmo a Mazino soprascritto, a dì 23 di marso anno ditto, f. quatrocentononanta d'oro, li quali danari li die'per moi Arighuccio Marpigho [4] contanti, lo soprascritto d'; posti a sua ragione, al Libro del S. a fogli 52,
f. 490 d'oro
Demmo a Mazino soprascritto, lo soprascritto dì, per pro'del soprascritto danaro,
f. 16 s. 18.

Melis, Documenti per la storia economica, 154 (1354).

[1] Fornitore di una partita di panni alla compagnia Sancasciano.
[2] Il 1335.
[3] Colui che assume il debito della compagnia Sancasciano nei riguardi del fornitore Charocco Charocci.
[4] Il debito della compagnia Sancasciano con Mazino Aiutamicristo viene estinto per l'intervento di un altro banchiere, Arriguccio Malpiglio.


(D) A nome di Dio amen MCCCXIIII
Io Giotto figliuolo che fue Arnoldo Amidei de'Peruzi feci conpagnia con Tomaso mio fratelo e filiuolo del detto Arnoldo, e con messere Guido e con messere Amideo di messere Filippo de' Peruzi, e chon Rinieri e con Filippo con Silvestro e con Donato filiuoli che fuoro Pacino del detto Arnoldo de' Peruzi, e chon messere Ridolfo filiuolo che fue Donato de' Peruzi, e con Tano e con Gherardo filiuoli che fuoro Michi Baroncieli e con Chatelino filiuolo che fu Mangia de Infangati, e chon Rugieri filiuolo che fue Lotieri Silimanni, e con Gherardo filiuolo che fue Gientile Bonacorsi, e con Filippo filiuolo Vilano Stoldi, e con Giovanni filiuolo che fue Riccho Raugi, e con Istefano filiuolo che fue Unguicione Bencivenni, ne la quale compagnia misi per mia parte Ibr. 5.500 in fior., die in kalen novenbre anno 1324. […] E sono per tutti diciesette conpagni. E i detti conpagni sono in concordia che quando voranno fare ragione de la detta conpagnia che si facia e a quelo tenpo e a'sudetti conpagni, i quali saranno ne la città e nel contado di Firenze piacerà, o a le due parti di loro che di que'cota'conpagni si ritrovasero ne la città o nel contado di Firenze, e ciò che nne faranno valia e tengha sì come per tutta la conpagnia fosse fatto; e di ciò che nostro Signiore Idio ci conciederà di trovare guadagniato, netti di spese o danno che si ricievese o perdite o di ma'debiti o di salari di fattori e d'ogni altre spese che fatte fosero per la nostra conpagnia per quale che fosse la cagione in qualunque parte fosse, quelo cotale guadagnio così netto si debia partire in tra'sopradetti conpagni e darne a catuno sua parte secondo la parte che ciascuno de'conpagni à ne la detta conpagnia; e se si trovase perduto, di che Dio guardi, ciascuno de'conpagni ne debia portare sua parte secondo la detta parte ch'à in questa conpagnia.
I sopradetti conpagni riconoscono d'essere partefici [1] e d'essere tenuti di tutto quelo che la detta conpagnia dè ricievere e dè dare altrui in Firenze e fuori di Firenze in qualunque parte sia.
I sopradetti conpagni sono in concordia che a quale de'compagni di questa conpagnia mancase danari per adenpiere quelo che dè dare per lo fornimento de la parte ch'à meso nel corpo di questa conpagnia che ne doni a la conpagnia per buono e lecito guadagno a ragione di sette per,cientinaio l'anno benedetti da Dio. E ancora sono in concordia che quale de' conpagni di questa conpagnia tengono de'loro danari in questa conpagnia di fuori dal corpo de la conpagnia che la conpagnia ne doni a que'chotali a ragione di sette per centinaio l'anno per buono e lecito guadagnio benedetti da Dio.
Ancora sono in concordia i detti conpagni che 'danari che'detti compagni ànno fuori dal corpo de la conpagnia che li debiano tenere in questa conpagnia iscritti in su'libri nostri di Firenze e non altrove, e che la conpagnia ne doni a que'cotali c'avere li dovranno per buono e lecito guadagnio a ragione di sette per cientinaio l'anno benedetti da Dio. E se que'cotali ch'avere ne dovessero ne volesero trarre per conpere di posesioni o per maritare loro femene ch'eli 'l posano fare a la loro libera volontade.
La detta conpagnia si è fatta e ordinata e ferma a ognie buono e leale e veracie intendimento secondo buono uso di merchantanti e di canbiatori di Firenze, ed è scrita di mano di me Giotto Arnoldi de'Peruzi per volontade de'detti conpagni ch'alora ierano in Firenze, die 13 d'agosto anno 1325, ed è soscritta e fermata per li conpagni c'alora ierano in Firenze.
La detta conpagnia si è scritta a libro segreto quarto di mano di me Giotto Arnoldi de'Peruzi, e qui l'ò iscritta per averlo a memoria per questo mio libro segreto, il quale segreto quarto si è de'sopradetti conpagni.

Libro segreto di Giotto d'Arnoldo de' Peruzzi, pp. 440-441 (1325).

[1] Balla.


(E) Al nome di Dio, a dì 11 d'agosto 1388.
Avemo vosstra lettera, a dì 9 di quessto: rispondiamo apresso a' bisongni.
Vero è, chome dite, che tre pondi [1] di verdetto ci à fatto fornire Anbruogo di Meo di Genova e mandato lo ci à fatto fare a Pisa a' vosstri, e a lui s'è detto conto, di tutto. Hora voi dite del secondo siete stati pegio forniti che degl'altri: e chosi deba essere, però fu chonperato di verno: è quando è più umido e più trissto di tuto l'anno: e, sechondo da Fiancescho avete saputo, così è vero. Mai voi, né niunno facia conpera di verno di verdetto arà buona roba, o rade volte: da Francescho nosstro ne siete avisati, sì che sta bene. Non chale altro sopr'a cciò dire.
Hora, di nuovo dite ve ne chonperiamo uno pondo, al modo de l'ultimo vi mandamo; hora è di pregio e peso chome l'altro: e chosì faremo e quessta matina n'abiamo già chominciato a conperare; e fia pressto, raxonate, per lo primo passagio di qua parta. Avèsimolo saputo 8 giorni inanzi, lo varemo fornito e mandato per 2 navi sono in Aghua Morta [2] cariche per partire in quessti pochi gorni; pur ci si atende una nave da Genova, nolegata per li Cuorbizi e monna Duccia: mandiamo per essa e a gorni saprete che seguirà. E' danari ci bisongnerà per detto verdetto traremo di Pignone de' vostri con più vantaggio potremo.
Dite v'avisiàno prego di panni d'ongni raxone e villaggi, però avete animo a volerne e chosì faremo.
Qua o qui presso si fanno l'ano 5 fiere: le tre si fanno a Pesanasso e le due a Montagnaccho 9.
Le tre si fanno a Pesanasso sono quesste: Pentechossta è la prima; e a dì 8 di setenbre è l'altra; e a Tutt'i Santi, l'altra. Le due di Montagnaco sono a dì 12 genaio, a Santo Lare, e a 1/2 Quaresima.
Le migliori di tute queste 5 fiere si è a Pentecossta e setenbre; e poi Tutti Santi; queste tre sono migliori di tutti e anche quella di meza Quaresima si passa. Tutta volta le 2 primaie sono migliori e sempre ci à gran quantità di panni e strani assai ci vengono. Tuti c' paesani si forniscono a Pentecosta e per navicare a setenbre e Ongnisanti e Natale alssì. Raxonate panni assai si fanno continovamente al paese. E 'prregi di su'villaggi sono quessti [3], ciò quelli si sono venduti su' villagi: panni di Montulivo, fr. 12 1/2; Castelnuovo, fr. 11; Villapincia, fr. 11 1/2; Laborda, fr. 10; Ravello fr. 10 Nno, contrafatti fr. 8; palmelle di Limone, fr. 15 in 22; Gingnacho picholi, fr. 8 1/2, grandi, fr. 10 1/2 in 11; Chiaramonte, fr. 7 1/2 in 8; San Filicie, fr. 8 1/2; Dulforle, fr. 8 In 8 1/2; divisati di Tolosa, fr. 14 in 15; vergati e crociglati, f-r. 11; mischi di Bidersi, fr. 13 1/2 in 14 1/2, bigi, 10 1/2 in 11. Questi sono prregi sono venduti, a'dì passati su'villagy. Anno di spesa, da'villagi qui, eaxonate 1/4 di fr. per panno. Quessti prregi sono un pocho caretti, per 11 molti statone levati per gaschoni e per quessti Corbizi: vagiono meno 1/2 fr. la pezza, quando non sono sì richiessti. Siate avisaty: noi siamo bene a desstro a servirvi come altri ci sia.
Avendo bisongno di panni, vi converebe rimettere e`danari, però si conperano cho' danari in mano. E poi alle tre fiere senprre, per assai panni ci si comperano, ci si tringe a danari, e dura ben 15 gorni la stretteza: 8 gorni innanzi e 8 apresso; e la fiera dura 8 gorni, e senprre gettano carestia. Siate avvisati e prrovedete di rimettere dnari, se n'avete bisongno.
Spezie ànno al dì d'oggi cattivo spaccio. Pure omai ci vegnamo apresando a la stagone loro: comincieranno a essere un pocho meglo ritocche non sono di 'state. Direnvi in questa loro prregi. Atèndecisi di Levante una nave - fatta a Rodi, di 800 botti - de' venire in Aghua Morta e una pichola nave di Nerbona: porteranno della roba assay e n'enpierano ciò ci fia.

Melis, Documenti per la storia economica, 5 (1388).

[1] Aigues Mortes, porto importante della Francia meridionale.
[2] Pèzenas e Montagnac, in Linguadoca.
[3] Elenco di diversi tipi di panni, a seconda del luogo di provenienza e del tipo di lavorazione.

 

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