Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
5. Il mondo della produzione (A) Giovanni Villani, Nuova
Cronica, XII, 94. (B) Galfrido di Swynebroke, Cronaca,
p. 59. (C) Statuto del grano della
Repubblica fiorentina, 147 (1348).
Per quanto i dati risultino insufficienti e le interpretazioni divergano,
sembra che anche nel settore manifatturiero, e in particolare in quello
guida della produzione dei panni di lana, si ebbe una prima flessione
già nel secondo decennio del Trecento. Nella povertà di
indicazioni dirette, si è spesso fatto riferimento ai dati sulle
botteghe fiorentine forniti da Giovanni Villani nella sua Cronica, che
sono però da intendere con un puro valore di indicatore (A).
Anche nei paesi fiamminghi si assisté al declino delle manifatture
di Ypres, che venne in qualche misura affiancato e compensato dal diffondersi
della produzione tessile in centri minori del Brabante.
Il sorgere di nuovi poli della produzione – in Italia: la Lombardia –
spesso in piccoli centri meno soggetti a controlli e monopoli corporativi,
o lo spostamento nelle campagne di alcune fasi lavorative, come la follatura,
fu parte – insieme all'orientarsi della produzione verso prodotti tessili
diversi dalla lana come le tele cotonate o la seta di – una sorta di processo
di riconversione, connesso a una serie di diversi fattori. In primo luogo,
la lavorazione dei panni di lana cominciò a soffrire della carenza
di materia prima, dopo che la monarchia inglese ebbe limitato l'esportazione
dall'isola di lana grezza, promuovendone la lavorazione in loco (B).
Ma, soprattutto, furono gli effetti dello spopolamento della grande peste
a determinare una contrazione del mercato e un suo orientarsi in due diverse
direzioni: da una parte verso prodotti di minor pregio e dall'altra, in
forza della polarizzazione della ricchezza verso gli altri prodotti di
lusso. La peste provocò al contempo anche la diminuzione del numero
dei lavoratori, determinando almeno in un primo momento un'impennata del
costo del lavoro (C) e un miglioramento
delle condizioni dei lavoratori stessi, anche se va pure considerato che
i salari, fissati secondo gli indici stabiliti in leggi e statuti, soffrivano
delle alterazioni del valore intrinseco della moneta. Nel complesso, piuttosto
che di depressione, per quanto riguarda l'attività manifatturiera
si può parlare in questo periodo di una fase segnata da una serie
di progressivi aggiustamenti, nel senso di una riconversione verso nuovi
processi lavorativi, anche in forza dell'apporto di migliorie tecnico-meccaniche. (A) Dapoi ch'avemo detto dell'entrata
e spesa del Comune nostro di Firenze in questi tempi
[1],
ne pare si convenga di fare menzione dello stato e condizione di quella,
dell'altre grandi cose della città; perché i nostri successori
che verranno per li tempi s'avvegghino del montare o bassare di stato
o potenzia che facesse la nostra città, acciò che per
li savi e valenti cittadini, che per li tempi saranno al governo di
quella, per lo nostro ricordo e asempro di questa cronica procurino
d'avanzar la inistato e podere. Trovamo diligentemente che in questi
tempi avea in Firenze circa a XXV d'uomini da portare arme da XV in
LXX anni, cittadini, intra'quali avea MD nobili e potenti che sodavano
per grandi [2]
al Comune. Avea allora in Firenze da [3]
LXV cavalieri di corredo. Ben troviamo che anzi che fosse fatto il secondo
popolo, che regge al presente, erano i cavalieri più di CCL,
che poi che'l popolo fu, i grandi non ebbono lo stato e signoria sì
grande come prima, e però pochi si facieno cavalieri. Istimavasi
avere in Firenze da LXXXX di bocche tra uomini e femmine e fanciulli,
per l'aviso del pane bisognavano al continuo alla città, come
si potrà comprendere apresso; ragionandosi avere comunemente
nella città da MD uomini forestieri, e viandanti e soldati, non
contando nella somma di cittadini riligiosi e frati e religiose e rinchiuse
[4], onde faremo
menzione apresso. Ragionasi in questi tempi avere nel contado e distretto
di Firenze da LXXX uomini. [ … ] Le botteghe dell'arte della lana
erano CC e più, e faceano da LXX in LXXX di panni, di valuta
di più di MCC migliaia di fiorini d'oro; che bene il terzo e
più rimaneva nella terra per overaggio [5],
sanza il guadagno de'lanaiuoli; del detto ovraggio viveano più
di XXX persone. Ben trovamo che da XXX anni adietro erano CCC botteglie
o circa, e faceano per anno più di C panni; ma erano più
grossi della metà valuta [6],
però ch'allora non ci venia né sapeano lavorare lana d'Inghilterra,
com'hanno fatto poi. I fondachi dell'arte di Calimala di panni franceschi
e oltramontani erano da XX, che faceano venire per anno più di
X panni di valuta di più di CCC di fiorini d'oro, che tutti si
vendeano in Firenze sanza quelli che mandavano fuori. Banchi di cambiatori
LXXX banchi. La moneta dell'oro battea per anno CCCL di fiorini d'oro,
talora CCCC; e di danari da quattro [7]
più di XX libre. Le botteghe di calzolai e zoccolai e pianellai
erano da CCC. Il collegio di giudici da LXXX in C; e notari da DC; medici
di fisica e di cirogia da LX, e botteghe di speziali allora da C. Mercatanti
e merciai, grande numero, da non potere bene stimare per quelli ch'andavano
fuori di Firenze a negoziare; e molti altri artefici di più mestieri,
maestri di pietra e di legname [8].
Forfora avea allora in Firenze CXLVI, e trovamo per la gabella della
macinatura e per fornari ch'ogni dì bisognava alla città
dentro CXL moggia di grano, onde si può stimare quello bisogava
l'anno; non contando ch'lla maggiore parte degli agiati e ricchi e nobili
cittadini co loro famiglie più di III mesi, e tali più
dell'anno, in villa in contado. Troviamo che intorno, gli anni MCCLXXX
ch'era la città in filice e buono stato, ne volea la settimana
da DCCC moggia. Di vino trovamo per la gabella delle porte n'entrava
l'anno da LV di cogna, e in bondanza talora più X cogna. Bisognava
l'anno IIII tra buoi e vitelle; castroni, pecore LX; capre e becchi
XX; porci XXX. Entravano del mese di luglio per la porta a San Friano
CCCC some di poponi per dì, che tutti si stribuivano nella cittade. Giovanni Villani, Nuova Cronica, XII, 94. [1] 1338 circa.
[2] Dovevano garantire come grandi.
[3] Circa.
[4] Monache di clausura.
[5] Per le spese di messa in opera.
[6] Più rozzi e valevano la
metà di quelli fabbricati ora.
[7] Quattrini.
[8] Muratori e falegnami. (B) In quello stesso parlamento
[1] fu stabilito
che nessuna lana prodotta in Inghilterra uscisse dal regno, ma che da
essa gli Inglesi traessero panni e che tutti i follatori e tessitori
di qualunque grado, abili nel fare panni con competenza, da dovunque
venissero, fossero bene accolti in Inghilterra e godessero di alcuni
privilegi; vivessero senza sottostare al fisco regio, e potessero facilmente
guadagnarsi la vita con la manifattura. Stabilito ciò, per quanto
in principio sembrasse essere stato senza frutto, tuttavia in seguito
l'arte di fare panni crebbe nel regno di oltre, venti volte rispetto
a quanto non lo fosse prima. Nel parlamento predetto fu stabilito che
in futuro nessuno, comprasse per importarli panni fabbricati oltremanica. Galfrido di Swynebroke, Cronaca, p. 59. [1] Del 1337. (C) I contadini e i lavoratori
della terra senza moglie, quelli che per indigenza lavorano e coltivano
la terra e vigne per un salario e a giornata non possono chiedere, esigere
o avere un salario o un ingaggio più alto di quanto sotto indicato,
cioè: dalle calende di novembre alle calende di febbraio di ogni
anno tre soldi e sei denari di fiorino piccolo al giorno o per lavoro,
provvedendo essi stessi al vitto; dalle calende di febbraio alle calende
di giugno quattro soldi di fiorino piccolo al giorno o per lavoro, provvedendo
essi stessi al vitto; dalle calende di giugno alle calende di novembre
non possono esigere più di tre soldi di fiorino piccolo al giorno
o per lavoro, sotto pena, per il contravventore, in qualunque dei casi
predetti, di cento soldi di fiorino piccolo ogni volta. E se, il contravventore
non può pagare l'ammenda resterà un mese nella prigione
del Comune di Firenze, e in tal modo la pena sarà eseguita. In
tale materia, ci si atterrà alla dichiarazione giurata di colui
che avrà fatto eseguire il lavoro, o di colui che avrà
pagato il compenso. Statuto del grano della Repubblica fiorentina, 147 (1348).
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