Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Fonti > Antologia delle fonti bassomedievali > XVIII > 2

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XVIII
L'Europa alla fine del Medio Evo

2. La prima fase del conflitto
(A) Monaco di Sant'Albano, Cronaca d'Inghilterra, RS 64, pp. 35-36.
(B) Cronache dei regni di Giovanni II e Carlo V, pp. 148 sgg.
(C) Jean Froissart, Cronache, I, 413-414.
(D) Trattato di Bretigny, cc. 1-3, 11, 13-14, 32 (1360).

La tregua del 1347, stipulata dopo la resa di Calais agli Inglesi, e dettata anche dalle difficoltà finanziarie del sovrano d'Inghilterra, venne interrotta nel 1351. Alcuni anni dopo, muovendo dalla Guienna, il figlio del re Edoardo III, Edoardo principe del Galles, o principe nero, arriverà ad infliggere ai Francesi ancora una pesante sconfitta a Poitiers (1356). In quella battaglia lo stesso re di Francia, Giovanni II detto il Buono (1319-1364), venne fatto prigioniero (A). La Francia fu allora percorsa da un moto di profondo disagio e di protesta. I nobili venivano accusati di essere i maggiori responsabili della sconfitta per aver anteposto i propri interessi a quelli comuni. A Parigi, nella convocazione degli Stati generali del 1356 prevalse la rappresentanza delle forze borghesi, guidate dal prevosto della corporazione dei mercanti cittadini Etienne Marcel. In cambio di un forte contributo finanziario teso alla costituzione di un nuovo esercito, l'assemblea riuscì a ottenere dal principe ereditario Carlo – reggente per il padre prigioniero – la concessione di alcune limitazioni del potere nobiliare e monarchico. Ma nel 1358, di fronte all'incalzare di richieste marcate sempre più in senso antifeudale e in seguito all'assalto al palazzo reale e all'assassinio di tre nobili (B), Carlo convocò nuovi Stati generali a Compiègne che videro prevalere nobili e clero. Contemporaneamente, tra maggio e giugno del 1358, in relazione con le vicende parigine, moti di ribellione contadina antifeudale (la cosiddetta jacquerie) si diffusero dal Beauvaisis estendendosi a gran parte del settentrione del paese. Alla vaghezza delle aspirazioni sociali ancora sempre segnate dalla sensibilità religiosa medievale, si sommava, nei moti, la mancanza di un qualsiasi programma e coordinamento. La breve avventura dei contadini ribelli, conclusasi con un massacro, è descritta da Jean Froissart nelle sue Cronache, evidentemente dal punto di vista di un interprete del sentire nobiliare (C). Anche la vicenda di Etienne Marcel si esaurì di lì a poco, mettendo fine al tentativo di imporre al sovrano e ai nobili un organismo di controllo che fosse reale espressione politica dei ceti borghesi. Edoardo III cercò di approfittare di tutto ciò riavviando le ostilità con l'intenzione di giungere a Reims, per farsi coronare re di Francia proprio nella città simbolo della sacralità del potere sovrano [cfr. cap. 10, 2]. Obbligato a rinunciare al suo progetto, Edoardo consentì all'avvio, a Bretigny (D), di trattative che sanciranno per il sovrano inglese il pieno possesso, libero cioè da vincoli feudali, di un terzo del territorio francese, in cambio della rinuncia alle pretese inglesi sul trono di Francia.


(A) In quello stesso anno [1], il 19 settembre, o come vogliono alcuni il 21 dello stesso mese, quasi verso la fine dell'anno dal suo avvento in Guascogna [Edoardo [2], presso Poitiers con 1900 uomini d'arme e altrettanti arceri si scontrò con il re di Francia, che veniva contro di lui con 7000 uomini armati scelti e altri armati, palvesari [3], e balestrieri, in grandissimo numero. Erano presenti due cardinali […] inviati dal papa per incitare alla pace quelle genti preparate alla guerra. […] Dunque, dopo che i cardinali ebbero diligentemente fatto opera di mediazione tra l'uno e l'altro popolo, e avendo constatato di non poter ricondurre la pace, rinunciarono sdegnati, e subito le schiere si scontrarono; non appena si infransero le lance proseguirono con le spade, le scuri, le bipenne. Allora rifulse la virtù del signor cavaliere Giacomo Aude che con potente impeto attaccò e infranse le fila dei francesi e in quel giorno fu cagione di morte per molti nemici. Allora si manifestò la fedeltà e la costanza dei conti di Warwik e di Southfolk, e di tutti gli altri nobili che combatterono coraggiosamente, con tale fervore e durezza finché le loro mani si irrigidirono nell'impugnare le spade e le scuri. Nè meno lodevole era lo stesso principe e comandante dell'esercito inglese il quale in questo combattimento non solo si dimostrò condottiero ma anche combattente stimato ed esperto, osando e tentando e facendo tutto ciò che fa un soldato coraggioso. Lo scontro non fu né breve né facile e agli Inglesi toccò per tre volte in quel giorno attaccare battaglia in forza della moltitudine sopraveniente dei nemici. Alla fine infondendo Dio costanza ai nostri e paura ai francesi, mentre i nostri incalzavano, i francesi fuggirono e lì prima furono uccisi il duca di Borbone e Atene, il vescovo di Chaluz e altri signori e nobili in numero di ventidue; vennero uccisi duemila cavalieri e uomini d'arme scelti e ottocento comuni. Furono anche catturati il re di Francia e il suo figlio minore Filippo. Furono presi anche i signori Giacomo di Borbone e l'arcivescovo di Sens, e undici conti, ventidue uomini nobili, più di duemila cavalieri e uomini d'arme. Alcuni in vero asseriscono che in questa battaglia furono uccisi due condottieri, diciannove gran signori e cinquemila armati; e ancora il volgo che non viene conteggiato. Compiuto e terminato il predetto combattimento, il principe tornò a Bordeaux con gloria e trionfo, conducendo Giovanni re di Francia, e qui fu accolto dal clero riguardosamente e dai cittadini con gioia e onori.

Monaco di Sant'Albano, Cronaca d'Inghilterra, RS 64, pp. 35-36.

[1] La battaglia di Poitiers si combatte il 19 settembre 1356.
[2] Edoardo principe di Galles, figlio del re d'Inghilterra Edoardo III (1327-1377).
[3] Uomini armati di palvese, un ampio scudo che copriva quasi l'intera persona.


(B) Giovedì ventiduesimo giorno del detto mese di febbraio 1358, al mattino, e fu il secondo giovedì di quaresima, il suddetto prevosto dei mercanti [1] fece riunire a Saint-Eloy, vicino al palazzo reale, tutte le corporazioni delle arti di Parigi, armate, ed erano circa tre mila uomini in armi. E verso l'ora di terza, un avvocato del Parlamento, maestro Regnaut d'Acy, mentre dal palazzo si recava a casa, che era presso Saint-Landry, fu ucciso presso la corporazione della Maddalena, nella casa di un pasticciere, dove egli si nascose quando si accorse che lo volevano uccidere, ed ebbe tante e tali ferite che morì subito senza parlare. Subito dopo, il prevosto insieme a molti altri salirono nella camera di monsignore il duca [2] nel palazzo, e là trovarono il duca al quale il prevosto disse in sostanza queste parole: “Sire, non allarmatevi per le cose che vedete, perché così è stato ordinato e conviene che si faccia”. E appena dette queste parole, alcuni della schiera del prevosto si avventarono su monsignore Jehan de Conflans, maresciallo della Champagne, e lo uccisero, vicino al letto di monsignore il duca e in sua presenza. E alcuni altri della compagnia del detto prevosto si avventarono su monsignore Robert de Clermont, maresciallo del detto duca di Normandia, il quale fuggì in un'altra stanza, ma essi lo raggiunsero e lo uccisero. E monsignore il duca, che era sconvolto per quello che vedeva, pregò il prevosto di volerlo salvare, perché tutti i suoi ufficiali, che erano nella sua camera, erano fuggiti e lo avevano abbandonato. Ed il prevosto gli disse: “Sire, non abbiate timore”. E gli mise il suo cappello che era di quelli che portavano i partigiani del Comune, metà rosso e metà blu, col blu a destra; e prese il berretto del detto duca che era di brunette nera con un ricamo d'oro; e lo portò per tutto quel giorno, mentre monsignore il duca portò il cappello del prevosto. Subito dopo alcuni della schiera del prevosto presero i corpi dei due cavalieri e li trascinarono, con molta inumanità, davanti a monsignore il duca, fino al cortile del Palazzo davanti la scala di marmo; e là rimasero distesi e scoperti, alla vista di tutti coloro che li volessero vedere, fino all'ora del desinare molto tardi, e non vi fu nessuno che osasse spostarli. E il detto prevosto dei mercanti e il suo gruppo andarono nella loro casa in Grève, che era detta casa del Comune. E là il detto prevosto, affacciato alle finestre della detta casa sulla piazza di Grève, parlò a un gran numero di persone armate della città, che erano nella piazza, e disse loro che quello che era stato fatto era stato fatto per il bene del regno, e che quelli che erano stati uccisi erano falsi, malvagi e traditori. E il prevosto dei mercanti chiese al popolo che era là che lo approvassero e lo sostenessero, perché egli aveva fatto fare ciò per il bene del regno. E allora molti, ad una voce, gridarono che approvavano il fatto e che volevano vivere e morire col prevosto.

Cronache dei regni di Giovanni II e Carlo V, pp. 148 sgg.

[1] Etienne Marcel.
[2] Carlo, figlio di Giovanni II.


(C) Poco dopo la liberazione del re di Navarra [1], ci fu una incredibile e grande sciagura in diverse parti del regno di Francia, come il Beauvaisis, la Brie, le rive della Marna, il Laonnais, il Valois, la terra di Coucy e intorno a Soissons. Infatti alcuni contadini, senza capi, si riunirono nella zona di Beauvais. All'inizio non erano neanche in cento uomini, e dicevano che tutti i nobili del regno di Francia, cavalieri e scudieri, tradivano il regno, e che sarebbe stato un gran bene il distruggerli tutti. Ognuno di essi disse: “Questa è la verità: vergogna a chi non è per la distruzione di tutti i nobili”. Allora si misero insieme e se ne andarono, senza altro consiglio e senza armi, tranne che mazze ferrate e coltelli, nella casa di un cavaliere che abitava là vicino; entrarono a forza nella casa e uccisero il cavaliere, la moglie e i figli, grandi e piccoli, e bruciarono la casa. Poi andarono in un altro castello e fecero assai peggio, poiché presero il cavaliere e lo legarono ben stretto ad una trave, e in parecchi violentarono la moglie e la figlia sotto i suoi occhi; poi uccisero la moglie, che era incinta, sua figlia e tutti i bambini, e poi il cavaliere tra grandi sofferenze, e bruciarono e demolirono il castello. Così fecero in parecchi castelli e case patrizie, e crebbero tanto di numero che furono ben presto in seimila. Dappertutto dove andavano il loro numero cresceva, perché tutti quelli che erano come loro li seguivano: sicché ogni cavaliere, dama, scudiero, le loro mogli e i loro bambini li fuggivano. Le dame e le damigelle conducevano i loro figli dieci o venti leghe lontano, dove potevano stare al sicuro, e lasciavano le case incustodite con i loro averi dentro. E quei miserabili, riuniti in bande, senza capi e senza insegne, rubavano e bruciavano tutto, uccidevano tutti i nobili che trovavano, e violentavano tutte le dame e le pulzelle, senza pietà e senza scampo, come cani arrabbiati. Certo, mai ci fu tra i cristiani e tra i Saraceni una furia pari a quella di questi disgraziati, perché chi più faceva del male o delle azioni vili, azioni che creatura umana non dovrebbe osar di pensare, immaginare o guardare, quello era il più apprezzato tra essi ed il più prestigioso. […] E avevano fatto tra di loro un re, che chiamavano Jacques Bonhomme [2] che era, come si diceva per l'appunto, di Clermont nel Beauvasis , e ad eleggerlo furono i peggiori dei peggiori. Quei miserabili bruciarono e demolirono intorno a Beauvais, Corbie, Amiens e Montdidier, più di sessanta case patrizie e castelli. Se Dio non vi avesse posto rimedio per la sua grazia, i misfatti si sarebbero tanto accresciuti che tutte le comunità avrebbero visto lo sterminio dei nobili, e poi della santa chiesa, e di tutti i ricchi, in ogni luogo; infatti gentaglia simile faceva lo stesso nella Brie e nel Partois. Tutte le dame e le damigelle del paese, i cavalieri e gli scudieri che poterono sfuggire alla strage dovettero rifugiarsi a Meaux nella Brie, l'un dopo l'altro, in camicia, come potevano, anche la duchessa di Normandia e la duchessa di Orléans e tante grandi dame, come le altre, se volevano evitare di essere violentate e quindi uccise. […]
Quando i gentiluomini delle zone di Beauvais e di Corbie, del Vermandois, del Valois, e delle terre dove questi malfattori confluivano e facevano le loro scelleratezze, videro le loro case così distrutte ed i loro amici uccisi, chiesero soccorso ai loro amici di Fiandra, Hainaut, Brabante, Hesbaye; e ne vennero subito da molte parti. Allora gli stranieri ed i gentiluomini del luogo che li conducevano si misero insieme. Cominciarono anche loro ad uccidere e fare a pezzi quei miserabili, senza pietà e senza scampo, e li impiccavano in massa agli alberi, dove li trovavano. Anche il re di Navarra ne sterminò in un giorno più di tremila, molto vicino a Clermont nel Beauvaisis. Ma si erano già tanto moltiplicati che se fossero stati tutti insieme sarebbero stati centomila. Quando si domandava loro perché facessero questo, rispondevano che non lo sapevano, ma che lo vedevano fare dagli altri, e così lo facevano anch'essi; e pensavano di dovere in tal modo distruggere tutti i gentiluomini ed i nobili del mondo, in modo che non ce ne potesse essere più nessuno.
Intanto il duca di Normandia [3] partì da Parigi all'insaputa dei cittadini, con tutto il suo seguito, diffidando del re di Navarra, del prevosto dei mercanti [4] e dei cittadini, perché erano tutti d'accordo. Si recò al ponte di Charenton, sulla Marna convocò molti nobili che gli erano fedeli, e sconfessò il prevosto dei mercanti e quelli che lo appoggiavano. Quando il prevosto dei mercanti udì che il duca di Normandia era al ponte di Charenton e che vi ammassava soldati, cavalieri e scudieri, e che voleva attaccare i cittadini di Parigi, pensò subito che ne potesse venire un gran male e che di notte facessero delle incursioni a Parigi, che a quel tempo non era difesa da mura. Allora mise all'opera degli operai, tutti quelli che poté trovare e ricuperare da tutte le parti; e fece fare grandi fossati intorno a Parigi, e poi cinte, muri e porte, e vi stava dietro notte e giorno. In capo a un anno gli operai erano ben tremila: dunque fu un grande avvenimento quello di chiudere e circondare di mura e di ogni opera di difesa in un anno una città come Parigi e di così grande perimetro. E vi dico che fu il più gran bene che mai il prevosto abbia fatto in vita sua, perché altrimenti la città sarebbe stata più tardi saccheggiata, ed i suoi abitanti scacciati molte volte, ed in varie circostanze, come saprete poi.

Jean Frisisart, Cronache, I, 413-414.

[1] Carlo II detto il Malvagio (1349-1387).
[2] Jacque Bohomme era il soprannome attribuito tradizionalmente ai contadini.
[3] Carlo, duca di Normandia, poi re come Carlo V (1364-1380).
[4] Etienne Marcel.


(D) Giovanni, per grazia di Dio re di Francia, facciamo sapere a tutti i presenti e a venire che abbiamo visto il trattato d'accordo, fatto or è poco da certi negoziatori e procuratori, tra noi e il nostro carissimo fratello il re d'Inghilterra, contenente la forma che segue: Carlo, figlio primogenito del re di Francia, reggente il regno, duca di Normandia e delfino di Vienne, a tutti coloro che queste presenti lettere vedranno, salute. Noi vi facciamo sapere che,
Da tutti i dibattiti e le discordie, mossi e condotti tra Monsignore il re di Francia e noi per lui e per noi, da un lato e il re d'Inghilterra d'altro lato, per il bene del paese, è accordato l'VIII giorno di Maggio, l'anno di grazia milletrecentosessanta, a Brétigny presso Chartres, nella maniera che segue:
1. Per prima cosa, che il re d'Inghilterra, con quel ch'egli tiene in Guienna e in Guascogna, avrà, per lui e per i suoi eredi perpetuamente e per sempre, tutte le cose che seguono, nel modo in cui il re di Francia e suo figlio, o alcuno dei suoi antenati, re di Francia, le tennero; vale a dire quel che era tenuto in sovranità, in sovranità, e quel che in dominio, in dominio e per il tempo e maniera sopra chiariti, La città, il castello e la contea di Poitiers, e tutta la terra e il paese del Poitou, insieme col feudo di Thouart e la terra di Belleville;
La città e il castello di Xaictes e tutta la terra e il paese di Saintonge, di qua e di là dalla Charente;
La città e il castello d'Agen e la terra e il paese d'Agénois:
[prosegue l'elenco di città e castelli]
E, se vi sono alcuni signori, come il conte di Fois, il conte d'Armagnac, il conte di Lisle, il conte di Pierregort, il visconte di Limoges, o altri, che tengono alcune terre o luoghi, entro i termini dei detti luoghi, essi faranno omaggio al re d'Inghilterra e ogni altro servizio e dovere dovuti a cagione delle loro terre e luoghi, nella maniera che hanno fatto in passato [1].
2. Parimenti, avrà il re d'Inghilterra tutto ciò che il re d'Inghilterra, o alcuni dei re d'Inghilterra anticamente, tennero nelle città di Monstereul sul mare e nei pressi.
3. Parimenti, avrà il re d'Inghilterra tutta la contea di Pontieu nella sua interezza; salvo ed eccetto che, se alcune cose sono state alienate dai re d'Inghilterra, che sono stati in tempo passato, della detta contea e appartenenze e ad altre persone che non ai re di Francia, il re di Francia non sarà tenuto a restituirle al re d'Inghilterra. […]

11. Parimenti, accordato è che il re di Francia e suo figlio primogenito, il reggente, per essi e per tutti i loro eredi e per tutti i re di Francia e loro successori, per sempre, quanto più presto si potrà fare, senza mal congegno, e, al più tardi, entro il san Michele prossimo a venire, in un anno, restituiranno e daranno al detto re d'Inghilterra e a tutti i suoi eredi e successori e trasferiranno ad essi tutti gli onori, obbedienze, omaggi, condizioni di ligi, vassalli, feudi, servizi, riconoscimenti, giuramenti, diritti, mero e misto imperio e ogni sorta di giurisdizioni alte e basse, salvaguardia, signorie e sovranità che appartenevano e appartengono o potrebbero in qualche maniera appartenere al re e alla corona di Francia, o ad alcun'altra persona, a cagione del re e della corona di Francia, in qualsivoglia tempo, alle città, contee, castelli, terre, paesi, isole e luoghi innanzi nominati, o in alcuni d'essi, e nelle loro appartenenze e attenenze qualsivoglia, o alle persone, vassalli o sudditi qualsivoglia d'essi […].

13. Parimenti, è stabilito che affinché questo presente trattato possa essere più rapidamente compiuto, il re d'Inghilterra farà condurre il re di Francia a Calais, entro tre settimane dopo la natività di san Giovanni Battista prossimo veniente, cessando ogni giusto impedimento, a carico del re d'Inghilterra, fuorché le spese dell'ostello del detto re di Francia. 14. Parimenti, accordato è che il re di Francia pagherà al re d'Inghilterra tre milioni di scudi d'oro, di cui due valgono un nobile della moneta d'Inghilterra;
E ne saranno pagati al detto re d'Inghilterra, o ai suoi delegati, seicentomila scudi a Calais, entro quattro mesi, da quando il re di Francia sarà venuto a Calais;
E, da allora, saranno pagati quattrocentomila scudi, tali come sopra, nella città di Londra, in Inghilterra, ogni anno successivo, fintanto che i detti tre milioni saranno pagati.

32. Parimenti, accordato è che il re di Francia e suo figlio primogenito, il reggente, per essi e per i loro eredi, re di Francia, quanto più presto potrà essere fatto, si scioglieranno e distaccheranno del tutto dalle alleanze che hanno con gli Scozzesi; e prometteranno, quanto più presto si potrà fare, che mai essi, né i loro eredi, né i re di Francia che in tempo futuro saranno, daranno, o faranno al re, o al regno di Scozia, o ai sudditi di questo, presenti e a venire, conforto, aiuto, né favore contro il detto re d'Inghilterra, né contro i suoi eredi e successori, né contro il suo regno, né contro i suoi sudditi, in qualsivoglia maniera; e che non faranno altre alleanze con i detti Scozzesi, in nessun tempo a venire, contro i detti re e regno d'Inghilterra.
E, similmente, quanto più presto si potrà fare, il re d'Inghilterra e il suo figlio primogenito si scioglieranno e dipartiranno del tutto dalle alleanze che anno con i Fiamminghi, e prometteranno che sia essi, che i loro eredi, che i re d'Inghilterra che in tempo futuro saranno, non daranno, né faranno ai Fiamminghi, presenti o a venire, aiuto, conforto, né favore contro il re di Francia, i suoi eredi e successori, né contro il suo regno, né contro i suoi sudditi, in qualsivoglia maniera; e che non faranno altre alleanze con i detti Fiamminghi, in nessun tempo a venire, contro i re e regno di Francia.

Trattato di Bretigny, cc. 1-3, 11, 13-14, 32 (1360).

[1] Fu soprattutto a proposito di questa clausola che nel 1368 sorse il dissidio che portò alla rottura del trattato.

 

© 2000-2005
Reti Medievali
Up Ultimo aggiornamento: