Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
4. L'Inghilterra di Edoardo III e i disordini sociali (A) Thomas Walsingham, Storia
d'Inghilterra, RS 28/1, pp. 139-142. (B) Rotoli del Parlamento,
III, p. 90. (C) Monaco di Sant'Albano,
Cronaca d'Inghilterra, RS 64, pp. 320-321. (D) manca il paragrafo (E)
Anonimo, Cronaca, pp. 140-sgg.
Dopo il regno di Edoardo II (1307-1327), segnato da scontri tra i nobili
a tutto scapito del potere monarchico e dalle difficoltà innescate
specialmente dal fallito tentativo di conquistare la Scozia (1314), dove
poi poté affermarsi la sovranità di Roberto Bruce (1328)
(A), il regno di Edoardo III (1327-1377)
vide la rinascita del potere monarchico, forte delle affermazioni sul
continente dell'esercito inglese: quest'ultimo era costituito sulla base
di una coscrizione dei sudditi ed era affiancato da compagnie mercenarie,
arruolate però sempre tra inglesi e attive sotto il controllo dell'aristocrazia
dell'isola. L'esigenza dei sovrani inglesi di procurarsi il denaro per
la conduzione della guerra contro la Francia fu probabilmente la maggiore
e più evidente ripercussione che del conflitto si ebbe in Inghilterra.
Già nella fase preparatoria all'avvio delle operazioni militari,
l'indebitamento di Edoardo III aveva raggiunto livelli tali da provocare,
per la sua insolvenza, il fallimento, ad esempio, delle compagnie toscane
dei Bardi e dei Peruzzi (1343), che erano tra i suoi maggiori creditori
[cfr. cap. 17, 4 (A)]. Pur potendo contare sul vasto patrimonio fondiario
della corona e specialmente sui diritti doganali sull'esportazione della
lana, il re doveva ricorrere al versamento di un sussidio da parte dei
sudditi. Le esigenze belliche, cui non riuscivano certo a far fronte le
prede dei saccheggi, né le rate del ricco riscatto pagato dai francesi
per la liberazione del loro re Giovanni II, determinarono un aggravarsi
della fiscalità e, a partire dal 1377, per ampliare il numero dei
contribuenti, si volle istituire un sistema di tassazione basata sul testatico
(la pool-tax) (B). Questa nuova tassa,
rinnovata nel 1399 e nel 1380, fu tra le cause scatenanti di una rivolta
contadina che, partendo dal Kent, nell'estate del 1381 percorse l'Inghilterra.
Sulla base di una diffusa esigenza religiosa di rinnovamento, amplificata
dalla predicazione egualitaria e antinobiliare del prete John Ball (C),
i contadini si proponevano obiettivi specifici come l'affrancamento dei
servi e l'abolizione dei limite massimo fissato per i salari; ma, dopo
un rapido successo che li portò anche all'occupazione di Londra,
vennero duramente sconfitti (D). (A) Dall'isola di Ely il
re si trasferì a Lincoln, quindi a York e Newcastle sulla Tyna.
Giunto a Berwick, qui attese tutti coloro tenuti a prestargli il servizio
militare, e essendo convenuti tutti, tranne il conte di Lancaster e
di Waren, di Warwick e Arundel, che non erano voluti venire perché
[egli] rifiutava di dare applicazione agli articoli, richiesti più
volte e concessi, organizzò le sue forze e si affrettò
con un grande esercito per liberare dall'assedio il castello di Strivelyn.
Dopo aver fissato gli accampamenti nei dintorni del luogo, alcuni dell'esercito
del re degli Inglesi, cavalcando allo scoperto di fronte alle schiere
degli Scozzesi, li provocarono atrocemente; quelli, accorsi con coraggio,
uccisero molti nobili Inglesi il giorno di domenica la vigilia di San
Giovanni Battista. Esarcerbati da questo episodio, gli Inglesi intendevano
con fermezza vendicarsi entro l'indomani; e dato che il giorno cominciava
a sorgere, entrambi gli eserciti si preparavano al combattimento. Intorno
a ora terza del giorno, avvicinatesi da entrambi le parti, le schiere
si disposero al combattimento secondo la consuetudine militare. I comandanti
degli Inglesi schieravano i fanti con archi e lance in una prima fila,
i cavalieri venivano a costituire diverse ali sul retro. Da parte degli
Scozzesi in vero erano tutti soldati a piedi dato che nel conflitto
combattuto tempo prima presso Feukyrke la loro cavalleria si era rivelata
infelicemente avendo abbandonata la battaglia e essendo fuggita lasciandoli
soli a combattere. Roberto di Bruce che si era nominato “re degli Scozzesi”
precedette a piedi l'esercito degli Scozzesi, dando esempio ai suoi
affinché nessuno pensasse a fuggire. Cominciato il combattimento,
corsero per scontrarsi reciprocamente tra moltitudini che si affrontavano
e la maggior parte furono colpiti, molti feriti, molti morirono. L'orribile
fragore delle lance spezzate, il terribile risuonare metallico delle
spade vibrate contro gli elmi, l'insostenibile forza delle scuri degli
Scozzesi, delle frecce e dei giavellotti scagliati da entrambe le parti,
nubi straordinarie, potevano terrorizzare anche i coraggiosi veterani.
L'ardore raddoppiato dei combattenti, la voce di chi incitava, lo strepito
di chi gridava, il gemito di chi moriva potevano essere uditi ben oltre
quanto si possa dire, mentre si combatteva con alterna fortuna né
si poteva a lungo capire in quale momento quale parte prevalesse. Tuttavia
infierendo Bellona [1]
la parte degli Inglesi sofferse un decisivo pericolo. Rendendosi conto
di questo, Gilberto, conte di Glover fremette di rabbia come un cinghiale
e raccolta la sua ferocia insieme ad alcuni suoi compagni irruppe contro
gli Scozzesi; mutilandone alcuni con la spada, troncando e trucidando
e più volte bagnò la sua spada del sangue scozzese; e
chiunque colpiva con la spada, gli amputava o il capo o qualcuna delle
membra. Gli Scozzesi, notato che un avversario tanto feroce imperversava
contro di loro, raccoltisi corsero insieme in soccorso dei loro, circondando
Gilberto da ogni lato concentrano contro di lui il peso del combattimento,
fiaccandolo sui lati con le punte delle lance e delle spade e qua e
là colpendolo con tutte le forze; e con tale ferocia finché
cadde a terra privo delle sue forze. Allora, rabbiosi e disumani gli
Scozzesi colpirono, infilzarono e ferirono il capo di questi con scuri
a due lame e spade.
Anche il nobile barone Roberto di Clifford con molti altri nobili uomini venne
ucciso in questo funesto scontro: caddero infatti in quel giorno i signori
Pagano Typetop, Guglielmo Maresciallo, Egidio di Argenten, Edmondo di
Maule con molti altri i cui nomi sarebbe lungo inserire tra i presenti,
in un numero circa di settecento militi e scudieri. Il conte di Hereford
e di Penbrok, vista la disfatta dei loro volsero le spalle ritenendo
di potersi salvare con la fuga. Ma il conte di Hereford fu catturato
mentre fuggiva vicino al castello di Bothwell; vennero catturati anche
e tenuti prigionieri ventitré baroni e baronetti, sessantotto
cavalieri; un numero elevatissimo di chierici e scudieri; tra cui il
signore Ruggero di Northburgh, custode dello scudo del signor re, che
in quella stessa occasione gli fu sottratto dagli Scozzesi, venne condotto
in prigionia. In vero la somma totale di conti, baroni e cavalieri uccisi
e catturati fu di centocinquantaquattro. […] Questo cruento combattimento
accadde presso il castello di Strivelyn, in un luogo che volgarmente
viene chiamato “Bannekemora” [2],
con grande contentezza per gli Scozzesi e lutto per gli Inglesi. Thomas Walsingham, Storia d'Inghilterra, RS 28/1, pp. 139-142. [1] Dea della guerra.
[2] Bannockburn. (B) In primo luogo i Lords
e i Comuni hanno concordemente deciso che, per le suddette necessità
[1], saranno
dati a ciascun laico del regno, siano maschi che femmine, quale che
sia il loro stato o condizione, di età superiore ai 15 anni,
tre groats [2],
eccetto i veri mendicanti [3],
i quali non saranno gravati di alcuna tassa. Resta inteso, tuttavia,
che la riscossione si faccia in ordine ed in modo che ogni laico sia
tassato ugualmente secondo il suo reddito e nella maniera che segue:
cioè, alla cifra totale stabilita in ciascuna città i
maggiorenti secondo la loro ricchezza aiutino i meno ricchi; in modo
tale che i più capaci non paghino oltre la somma di 60 groats
per sé e per la moglie e nessuna persona paghi meno di un groat
per sé e per la moglie. Nessuno dovrà pagare altrove che
nel luogo in cui sarà con sua moglie e i suoi figli o dove egli
vive per ragioni di servizio. [Si stabilisce] che tutti gli artigiani,
operai, servi o altri laici, come pure i servi che dimorano presso alti
prelati e signori temporali qualsiasi, abati, priori, membri di una
collegiata, impiegati della Cancelleria, e nella Banca comune, nella
Banca del re, nello Scacchiere, nell'Esattoria, e con tutti gli altri
ufficiali, cavalieri, scudieri, mercanti, cittadini, borghesi e con
tutte le altre persone, che ciascuno di essi sia valutato e gravato
secondo le possibilità dei suo stato e nella forma sopraddetta. Rotoli del Parlamento, III, p. 90. [1] L'impegno finanziario per
la guerra contro la Francia.
[2] Monete d'argento del valore
di 4 penny.
[3] Quelli cioè che non fingessero di esserlo. (C) Questi [1]
per oltre venti anni, sempre predicando in luoghi diversi ciò
che sapeva sarebbe piaciuto al volgo, denigrando tanto gli ecclesiastici
che i signori secolari, acquistava piuttosto la benevolenza del popolo
comune che il merito presso Dio. Insegnò infatti alla plebe che
le decime non dovevano essere pagate al curato se non nel caso in cui
chi dava fosse stato più ricco del vicario che riceveva o del
rettore. Insegnò anche che le decime e le offerte si sarebbero
dovute sottrarre ai curati se fosse risultato che il soggetto o parrocchiano
conducesse una vita migliore del suo curato. Insegnò anche che
nessuno è degno del regno di Dio se non sia nato nel matrimonio.
Insegnò poi i perversi dogmi del perfido Giovanni Wycliffe, e
le opinioni che sosteneva e le false insensatezze e molte altre cose
che sarebbe lungo ripetere. Per cui, impedito dai vescovi nelle cui
parrocchie intendeva [predicare] in modo che non predicasse per l'avvenire
nelle chiese si diede a predicare in piazze e strade come nei campi.
Né gli mancarono gli ascoltatori tra i cittadini comuni, dato
che egli si preoccupò sempre di attirare al sermone denigrando
i prelati e con parole compiacenti. Infine, scomunicato, e dato che
non desisteva, fu costretto in carcere, dove predisse che sarebbe stato
liberato da ventimila sostenitori. Il che poi accadde nel predetto sconvolgimento
del regno, quando i comuni assaltarono tutte le carceri e spinsero a
uscirne i prigionieri [2].
E essendo stato così liberato, essi lo seguirono, mentre egli
istigava a perpetrare molte malefatte, predicando che si dovesse agire
proprio in tal modo. E affinché la sua dottrina contaminasse
più persone, a Blackheath, dove erano convenuti insieme duecentomila
uomini dei comuni, cominciò in tal modo un sermone: Quando Adamo
zappava ed Eva filava, chi era allora gentiluomo? e continuando il sermone
iniziato con le parole dei proverbi che aveva assunto come tema intendeva
proporre e provare che all'origine dei tempi tutti gli uomini erano
uguali, il servaggio fu introdotto dalle azioni ingiuste degli iniqui,
contro la volontà di Dio; dato che se Dio avesse avuto l'intenzione
di fare gli uni servi e gli altri signori, avrebbe stabilito questa
distinzione fin dal principio. Considerassero dunque ormai l'occasione
offerta loro da Dio, in cui, deposto il giogo di un'antica servitù,
volendolo, avrebbero potuto godere della libertà a lungo desiderata. Monaco di Sant'Albano, Cronaca d'Inghilterra, RS 64, pp. 320-321. [1] John Ball, prete seguace delle
dottrine di Wycliffe.
[2] John Ball fu liberato nel 1381
dai ribelli di Wat Tyler che accompagnò nella marcia su Londra. (D)… (E) Nello stesso giorno di
mercoledì [1]
e prima dell'ora dei Vespri, i comuni del Kent, nel numero di sessantamila,
giunsero a Southwark dove si trovava il Maresciallato. Essi demolirono
e rasero al suolo tutte le case del Maresciallato e liberarono tutti
i prigionieri che erano stati rinchiusi lì per debiti e fellonia.
Quindi abbatterono una bella abitazione che apparteneva a John di Imworth,
allora ufficiale giudiziario del Maresciallato della magistratura del
re e guardiano dei prigionieri che si trovavano lì. Tutte le
abitazioni dei giurati e degli informatori giudiziari appartenenti al
Maresciallato furono anch'esse distrutte durante quella notte. […]
In quel momento [2]
una gran parte dei comuni si diresse verso la Torre di Londra per parlare
con il re. Poiché non poterono ottenere udienza da lui, assediarono
la torre dal lato di Santa Caterina, quello che volge a sud. Un altro
gruppo di comuni, che era nella città, andò verso l'ospedale
di San Giovanni, a Clerkenwell, e lungo la strada diede fuoco all'abitazione
e ai possessi di Roger Legett, informatore giudiziario, che era stato
decapitato in Cheapside, come anche a tutta la proprietà e le
case in affitto dell' ospedale di San Giovanni che poterono trovare.
In seguito arrivarono alla bella prioria del suddetto ospedale, e appiccarono
il fuoco ad alcuni belli e nobili edifici in essa - un grande e terribile
danno alla prioria per tutti i tempi a venire. Quindi essi tornarono
a Londra per dormire o commettere altri misfatti. In quel momento il
re si trovava in una torretta della grande Torre di Londra, e vide la
proprietà dei Savoia e l'ospedale di Clerkenwell, e le case di
Simon Hosteler vicino Newgate, e la proprietà di John Butterwick,
tutti in fiamme. Egli radunò tutti i lords intorno a lui nella
sala, e chiese loro consiglio su cosa si dovesse fare in una tale crisi.
Ma nessuno di loro poté o volle dargli alcun suggerimento […].
Sul tardi quel giovedì, la cosidetta festa del Corpo di Cristo,
il re, ansioso e triste nella Torre, salì su una piccola torre
che si affacciava verso Santa Caterina, dove si trovava un folto gruppo
di comuni. Disse loro di andare in pace tutti alle loro case, e che
avrebbe perdonato loro tutte le varie malefatte. Ma tutti gridarono
ad una voce che non sarebbero andati prima di aver rinchiuso i traditori
nella Torre ed ottenuto la garanzia che sarebbero stati liberati da
ogni genere di servitù e alcuni altri punti che volevano richiedere.
[…] Allora [3]
il re fece emettere un proclama che tutti i comuni del paese che fossero
ancora nella città dovessero andare a Smithfield per incontrarlo
là, e così fecero. E quando il re con il suo seguito giunse
lì, egli volse verso est, in un luogo prima di San Bartolomeo,
una casa di canonici; e i comuni si disposero in gruppi numerosi sul
lato ovest. In quel momento il sindaco della città, William di
Walworth, venne avanti, e il re gli ordinò di avvicinarsi ai
comuni e di far venire da lui il loro capo. E quando egli fu chiamato
dal sindaco, questo capo, di nome Wat Tyghler di Maidstone, avvicinò
il re con grande baldanza, in groppa a un piccolo cavallo cosicché
i comuni potessero vederlo. Ed egli smontò, tenendo in mano un
pugnale che aveva preso da un altro uomo; e quando fu sceso da cavallo
si inchinò a metà e prese il re per la mano, scuotendo
il suo braccio con forza e rozzezza, dicendogli: “Fratello, fatevi animo
e gioite, poiché avrete, nei prossimi quindici giorni, quarantamila
comuni in più di quelli che avete al presente, e noi saremo buoni
compagni”. E il re disse a Walter: “Perché non fate ritorno alle
vostre terre?”. Ma l'altro rispose, giurando, che né lui né
alcuno dei suoi compagni sarebbero andati via finché non avessero
ottenuto le loro garanzie come volevano avere, con l'inclusione di alcuni
punti che desideravano chiedere. Tyghler minacciò che i lords
del regno si sarebbero pentiti amaramente se questi punti non fossero
stati fissati secondo la volontà dei comuni. Quindi il re gli
chiese quali fossero i punti in questione [affermando] che egli liberamente
e senza smentita li avrebbe registrati e vi avrebbe apposto il sigillo.
Di conseguenza il detto Wat elencò i punti che voleva richiedere;
ed egli domandò che non dovesse esistere altra legge che quella
di Winchester e quindi non dovesse esservi la messa al bando in nessun
processo di legge, e che nessun lord dovesse avere alcun dominio in
futuro, ma la proprietà dovesse essere divisa tra tutti gli uomini,
eccetto che per la proprietà personale del re. Egli chiese anche
che i beni della santa chiesa non rimanessero nelle mani dei religiosi,
né dei parroci e vicari, e altri uomini di chiesa; ma che il
clero che già avesse dei possedimenti mantenesse sufficienti
mezzi di sussistenza e il resto dei loro beni fosse diviso tra le persone
della parrocchia. E domandò che vi fosse solo un vescovo in Inghilterra
e un solo prelato, e che tutte le terre e le proprietà in affitto
dei possidenti dovessero essere prese loro e divise tra tutti i comuni,
riservando per loro soltanto una ragionevole quantità di mezzi
di sussistenza. E domandò che non ci fossero più servi
in Inghilterra e nessuna condizione di servaggio ma che tutti gli uomini
fossero liberi e di una sola condizione. Anonimo, Cronaca, pp. 140-sgg. [1] 12 giugno 1381.
[2] È il 13 giugno. Siamo ormai
a Londra dove proseguono le devastazioni.
[3] Dopo aver tentato un accordo nell'incontro di Mile End.
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