Fonti
Antologia delle fonti altomedievali
a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto
© 2000 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
7. I maestri di palazzo, la chiesa franca e i missionari anglosassoni (A) Beda, Storia ecclesiastica
degli Angli, V, 10-11. (B) Lettere di S. Bonifacio,
ES 1, 50. (C) Concilio di Estimes,
CC 1, c. 2, (743).
Sullo scorcio dell’età merovingia, e particolarmente nel periodo
dell’egemonia dei Pipinidi, alle presenze irlandesi e brettoni sul continente
si affiancò una sistematica azione missionaria condotta dagli
Anglosassoni che si posero come obiettivo privilegiato il territorio
tra il basso Reno ed il Weser, abitato dalle popolazioni pagane dei
Sassoni e dei Frisoni. Come ci testimonia il passo della Historia
ecclesiastica di Beda, che qui riportiamo (A),
l’azione dei missionari anglosassoni fu assunta sotto l’egida dei Pipinidi,
che seppero ben valutare l’utilità delle missioni ai finì
della loro politica espansionistica verso nord-est: nacque così
un’intesa destinata ad ulteriori sviluppi, il cui primo frutto fu il
costituirsi dell’arcivescovado di Utrecht (696) dovuto all’azione congiunta
di Pipino di Herstal e del missionario Wilbrord. Con Wilbrord iniziò
nel 716 la sua attività il monaco Winfrid (Bonifacio) che però,
con l’appoggio di Carlo Martello ed in stretta connessione con Roma
– come si vede dalla lettera che qui riportiamo, tratte dall’epistolario
di Bonifacio (B) – operò
poi principalmente nei territori, recentemente assoggettati ai Franchi
ed ancora largamente pagani, di Assia e Turingia. Ma se la diffusione
del cattolicesimo nelle zone periferiche del mondo franco veniva incontro
agli interessi di Carlo Martello, diversamente accadeva per altri obiettivi
perseguiti da Bonifacio, quali la solida organizzazione ecclesiastica
dei territori transrenani e, soprattutto, la riforma della Chiesa franca:
una solidarietà più ampia, in questa direzione, si sarebbe
attuata solo con i successori di Carlo Martello, avviando il processo
che avrebbe portato i maggiordomi di palazzo sul trono franco.
Non è un caso quindi che già Pipino III (come, per |