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Didattica > Fonti > La società urbana nell’Italia comunale > IV, 25

Fonti

La società urbana nell’Italia comunale (secoli XI-XIV)

a cura di Renato Bordone

© 1984-2005 – Renato Bordone


Sezione IV – La struttura politico-sociale

25. L'origine dell'ufficio podestarile a Genova

Prima ancora che, come a Cremona, scoppino i contrasti violenti fra militi e popolo, le concorrenze di prestigio e di potere all'interno dell'originaria classe di governo – spesso sfociate nel ricorso consueto alle guerre private (doc. 21) – contribuiscono a provocare una trasformazione istituzionale del sistema: la nomina di un solo ufficiale, il podestà, al quale sono affidati i compiti che in precedenza spettavano ai consoli (per un elenco delle sue competenze cfr. il doc. 24, relativo a Cremona). Semplificando il processo, ma con viva attenzione al clima di violenza che lo accompagna, il cronista genovese Ottobono Scriba racconta come nella sua città si giunse all'affermazione del regime podestarile.

Fonte: BELGRANO (a cura di), Annali genovesi cit., II, pp. 36-37.


A causa dell'invidia di molti che desideravano smodatamente di ottenere l'ufficio comunale di console, molte discordie civili e odiose cospirazioni sono sorte nella città [di Genova]. Sicché accadde che i sapienti e i consiglieri della città si riunirono insieme e convennero di comune accordo che dall'anno successivo [1190] terminasse il regime consolare e stabilirono quasi all'unanimità di avere in futuro un solo podestà. A ricoprire tale ufficio fu eletto Manigoldo di Tetocio, bresciano, e felicemente fu costituito. Ma mentre egli era in città col compito a lui affidato e concesso dai consoli del comune di esercitare la giustizia criminale e durante una riunione, in casa dello scriba comunale Ogerio Pane, dei consoli [uscenti] che esaminavano la contabilità del consolato ormai al termine, ecco che Fulchino e Guglielmo Balbo, figli di Anselmo de Castello, commettono un gravissimo delitto. Con l'inganno e senza ragione alcuna uccidono infatti Lanfranco Pepe, persona nobile ed egregio console. Riprendono in seguito a ciò le discordie civili e le divisioni, ma il giorno seguente al delitto quell'uomo egregio del podestà Manigoldo, toccato da grave dolore e da vergogna per ciò che era successo, riunisce un parlamento generale e, indossata la corazza e prese le armi, monta a cavallo, si reca allo splendido palazzo che Fulco aveva in Castello e lo distrugge per punizione del delitto compiuto, anche se non riesce a catturare gli assassini che intanto avevano lasciato la città e si erano nascostamente rifugiati a Piacenza.

I consoli di giustizia continuarono intanto a trattare con onestà le cause dei cittadini, rendendo a ciascuno giustizia senza contrasti.

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UpUltimo aggiornamento: 01/03/2005