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Fonti

Antologia delle fonti altomedievali

a cura di Stefano Gasparri
e Fiorella Simoni
con la collaborazione di Luigi Andrea Berto

© 2000 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


IX
L’età carolingia / 3
Società, istituzioni, economia

3. Gli ordinamenti militari
(A) Promemoria sull’esercito da inviare nella Gallia occidentale, KK 1, cc. 1-2 (807).
(B) Capitolare per i messi sulla mobilitazione dell’esercito, KK 1, c. 1 (808).
(C) Lettera all’abate Fulrado, KK 1 (800 circa).
(D) Capitolare di Boulogne-sur-Mer, KK 1, cc. 1-5, 10 (811).
(E) Capitolare sulla spedizione in Corsica, KK 1, cc. 1-3 (825).

(A) Promemoria su ciò che abbiamo stabilito a causa della carestia, e cioè che tutto l’esercito debba fare una spedizione al di là della Senna.

1. Prima di tutto, chiunque ha un beneficio deve venire all’esercito.

2. Qualunque uomo libero che possieda cinque mansi di sua proprietà, ugualmente deve venire all’esercito; e così pure chi ne possiede quattro o tre. E dove se ne trovano due, dei quali ciascuno ha due mansi, l’uno contribuisca all’armamento dell’altro; e venga all’esercito quello dei due che può meglio farlo; e dove si trovano due, di cui uno ha due mansi e uno soltanto uno, ugualmente si associno. […] Dove se ne trovano tre, dei quali ognuno ha un manso, in due armino il terzo; di loro venga all’esercito chi può meglio farlo. Di quelli che possiedono mezzo manso, in cinque armino un sesto.

Promemoria sull’esercito da inviare nella Gallia occidentale, KK 1, cc. 1-2 (807).

Testo originale


(B) Che ogni uomo libero […] venga all’esercito con il suo signore, se quello viene, oppure con il suo conte.

Capitolare per i messi sulla mobilitazione dell’esercito, KK 1, c. 1 (808).

Testo originale


(C) Carlo […], grande e pacifico imperatore, […] all’abate Fulrado.

Sappi che abbiamo convocato il nostro placito generale, per l’anno presente, nella Sassonia orientale, sul fiume Bode, nel luogo chiamato Stassfurt. Per questa ragione ti ordiniamo di recarti nel luogo predetto il 7 giugno […] con tutti i tuoi uomini bene armati ed equipaggiati, con le armi e gli utensili e inoltre tutto l’equipaggiamento militare in vitto e vestiti. Così che ogni cavaliere abbia scudo, lancia, spada lunga e spada corta, arco e faretra con le frecce; e nei vostri carri ci sia l’equipaggiamento di ogni specie […] ossia cibo per tre mesi a partire da quel placito, armi e vesti per un semestre. E soprattutto ti ordiniamo che facciate osservare la seguente disposizione […] che non si pretenda nulla al di fuori del foraggio, della legna e dell’acqua. Per quanto riguarda i doni che tu devi presentarci per il nostro placito, inviali a noi alla metà di maggio, dovunque noi saremo. […] Fa’ in modo di non commettere nessuna negligenza se vuoi beneficiare della nostra benevolenza.

Lettera all’abate Fulrado, KK 1 (800 circa).

Testo originale


(D) 1. Ogni uomo libero che sia stato chiamato alle armi e non si sia presentato pagherà l’ammenda per intero, cioè sessanta soldi: se non avrà di che pagare in garanzia del debito si metta al servizio del principe per il tempo necessario all’estinzione del debito: allora ritorni in libertà. Se l’uomo, che si è messo al servizio del principe per pagare l’ammenda, morirà in servizio, i suoi eredi non perdano né la libertà né l’eredità che gli spetta e non devono più preoccuparsi per l’ammenda.

2. I conti non pretendano di esigere l’ammenda per l’esenzione dal servizio militare, né per i servizi di guardia o di sentinella, né per l’acquartieramento, prima che il nostro messo abbia incassato la parte che ci spetta: dopo di che gli sarà consegnata per nostro ordine la terza parte che gli spetta. Il nostro messo non si faccia pagare né in terre né in schiavi, ma in oro e argento, vesti e armi, animali e armenti, o in generi di prima necessità.

3. Chiunque, detenendo da noi delle cariche, chiamato alle armi non si sarà presentato nel luogo stabilito per la riunione, si astenga dalla carne e dal vino per un numero di giorni corrispondenti al ritardo con cui si è presentato alla riunione.

4. Chiunque, senza il benestare del principe, abbandoni l’esercito, azione che i Franchi chiamano herisliz, vogliamo sia punito secondo l’antica sentenza: sia dunque imprigionato per essere condannato a morte.

5. Chiunque, detenendo dal principe un beneficio, avrà abbandonato un suo pari che marcia con l’esercito verso il nemico comune, e non avrà voluto seguirlo né rimanere con lui, perda la sua carica e il beneficio.


10. Vietiamo ai vescovi, abati e badesse e a tutti i reggitori della chiesa di dare o vendere ad estranei, ma soltanto ai loro vassalli, cotte o spade, senza il nostro permesso. Se capiterà che in una chiesa o luogo santo vi siano cotte in numero superiore al fabbisogno [dei reggitori] di quella chiesa, il reggitore della chiesa chieda al principe che cosa debba farne.

Capitolare di Boulogne-sur-Mer, KK 1, cc. 1-5, 10 (811).

Testo originale


(E) Vogliamo che tutti i conti mantengano questa disposizione tra quelli che con essi si dirigono in Corsica o devono restare.

1. I vassalli dominici che sono austaldi e che prestano spesso servizio nel nostro palazzo, vogliamo che rimangano; i loro uomini che in precedenza essi avevano e che per questa circostanza ad essi si erano commendati, restino con i loro signori. Coloro che invece si trovano a loro disposizione, vogliamo sapere chi siano e quindi vogliamo valutare, chi parta e chi rimanga. Coloro che invece godono di nostri benefici e risiedono fuori [dal palazzo]vogliamo che partano.

2. Gli uomini dei vescovi o degli abati, che risiedono fuori, vogliamo che vadano con i loro conti, eccetto i due che lui abbia scelto; e i loro austaldi liberi, tranne quattro, vogliamo che siano pienamente mobilitati.

3. Per i restanti uomini liberi, detti bharigildi, vogliamo che ogni conte si comporti in questo modo: è evidente che coloro che possiedono molti beni e che possono andare da soli, ed hanno anche salute e forze adatte, vadano; quelli che invece possiedono beni, ma tuttavia non sono in grado di andare, aiutino chi è valido ma povero. Riguardo ai liberi di secondo rango, che a causa della loro povertà non possono andare da soli, ma lo possono in parte, si uniscano in due, in tre o in quattro (e in altri se fosse necessario), i quali secondo la valutazione del conte diano l’aiuto a uno che possa così andare; e in questo modo codesta disposizione sia osservata fino a quelli che per troppa povertà né sono in grado di andare da soli, né sono in grado di dare aiuto a chi parte. I conti possono esentare ma solo secondo l’antica consuetudine che deve essere fedelmente osservata da quei conti.

Capitolare sulla spedizione in Corsica, KK 1, cc. 1-3 (825).

Testo originale

© 2000
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UpUltimo aggiornamento: 01/09/05