Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
2. Le premesse. L’odio antiebraico e i pellegrinaggi (A) RODOLFO IL GLABRO, Storie, PL 142, III, 24-25. (B) ADEMARO DI CHABANNES, Storia, SS 4, III, 46-47. (C) RODOLFO IL GLABRO, Storie, IV, PL 142, 18.
Tutto il secolo XI conosce una grande accelerazione del movimento umano. Mercanti,
studiosi, predicatori, pellegrini rappresentano una considerevole
massa di uomini che si spostano da un luogo all’altro. Fra essi, uno
degli elementi più dinamici è rappresentato dai pellegrini (C).
Nel racconto di Rodolfo il Glabro, la crescita del pellegrinaggio
appare al tempo stesso un segno di ripresa dopo i terrori legati alla
fine del millennio e una spia dell’imminente venuta dell’Anticristo.
L’ondata di pellegrini si orientava verso i grandi santuari come Santiago
de Compostela [paragrafo 1], Mont Saint-Michel in
Normandia, S. Michele al Gargano, o verso città sante come Roma e Gerusalemme.
Il flusso umano andò aumentando verso quest’ultima città, convogliando
insieme umili e grandi come il duca di Normandia o il conte di Angoulême.
Tutto ciò si legava anche a notizie oscure e deformate: ad esempio la
distruzione, nel 1009, del Sepolcro di Cristo dovuta al califfo del Cairo
Hakim – che l’Islam stesso riteneva un eretico – fu attribuita
invece all’opera di una supposta nefanda alleanza tra le autorità musulmane
e gli Ebrei (A, B).
È l’idea, che periodicamente riemergerà nella storia europea, della
congiura ebraica contro i cristiani. Essa darà la stura alle prime sanguinose
persecuzioni degli Ebrei, che accompagnarono sinistramente il varo della
crociata [paragrafo 5 (B, C)]. (A)
Nel medesimo tempo, cioè nove anni dopo il millennio, la
chiesa di Gerusalemme che conteneva il sepolcro del Signore Salvatore
nostro fu completamente distrutta per ordine del principe di Babilonia
[1]. I motivi di questa distruzione ebbero origine
– a quanto si sa – nei fatti che ora racconteremo.
Poiché grandi folle di fedeli giungevano da tutte le parti del mondo
a Gerusalemme per visitare l’insigne monumento del Signore, il diavolo,
provandone invidia, si risolse di nuovo a usare gli Ebrei, suo popolo
favorito, per riversare il veleno della sua malvagità sui servitori
della vera fede.
Vi era ad Orléans, città regia della Gallia, un numero considerevole
di Ebrei, più superbi, invidiosi ed audaci del resto del loro popolo.
Costoro, dopo aver progettato un criminale disegno, riuscirono a corrompere
con denaro un vagabondo di nome Roberto, servo fuggitivo del monastero
di Santa Maria di Moutiers, che si nascondeva sotto abiti da pellegrino.
Lo mandarono in segreto a portare al principe di Babilonia una lettera
scritta in caratteri ebraici, che fu fissata al suo bastone sotto
una ghiera di ferro per evitare che potesse per caso essere sottratta.
Roberto partì e consegnò al principe questa lettera piena di perfidie
e di menzogne, nella quale lo si avvertiva che se non si fosse affrettato
a distruggere il tempio venerabile dei cristiani egli sarebbe stato
completamente spogliato di ogni potere, perché i cristiani gli avrebbero
invaso il regno. La lettura di queste notizie riempì di furore il
principe, che inviò i soldati a distruggere completamente il tempio.
Essi andarono ed eseguirono gli ordini ricevuti, ma quando cercarono
di demolire con martelli di ferro l’interno del Santo Sepolcro, i
loro sforzi furono inutili. Contemporaneamente essi rasero al suolo
la chiesa del beato martire Giorgio, a Ramla, la cui virtù prodigiosa
era stata un tempo il terrore dei Saraceni. Si diceva che spesso coloro
che vi erano entrati per rubare venivano colpiti da cecità. Poco tempo
dopo la distruzione del tempio si seppe con certezza che questa grande
infamia era da attribuire alla scelleratezza degli Ebrei.
Quando la notizia venne divulgata, tutti i cristiani di comune accordo
stabilirono di cacciare definitivamente gli Ebrei dai loro territori
e dalle loro città. Divenuti oggetto di generale esecrazione, gli
Ebrei furono cacciati dalle città, alcuni passati a fil di spada,
altri annegati nei fiumi o uccisi in vari modi; molti, poi, si diedero
volontariamente la morte, tanto che dopo questa giusta vendetta a
stento si trovava qualche Ebreo nel mondo romano.
Allora un decreto dei vescovi proibì a tutti i cristiani ogni tipo
di rapporto con loro. Stabilirono però di accogliere nelle comunità
soltanto coloro che avessero voluto convertirsi alla grazia del battesimo
e rinunciare ad ogni pratica ed usanza giudaica. Molti accettarono
queste condizioni, spinti più dall’amore per la vita terrena e dalla
paura della morte che attratti dalle gioie della vita eterna. Infatti
tutti quelli che ipocritamente avevano promesso di convertirsi, quasi
subito ritornarono impudentemente alle loro antiche usanze. Roberto
fu catturato e, flagellato senza pietà, confessò il crimine del suo
tradimento. Fu trascinato allora subito sul rogo dai soldati del re
davanti a tutto il popolo fuori della città e in breve fu ridotto
in cenere.
Gli Ebrei erranti e fuggitivi, che erano sopravvissuti allo sterminio
vivendo clandestinamente, cinque anni dopo la distruzione del tempio
ricominciarono ad apparire in piccoli gruppi nelle città.
E poiché è necessario che alcuni Ebrei – sia pure per essere svergognati
– esistano sempre, sia come testimoni dei propri crimini sia dello
spargimento del sangue di Cristo, per questa ragione noi crediamo
che l’astio dei cristiani contro di loro per un disegno della divina
giustizia sia stato sospeso temporaneamente.
Nello stesso anno, comunque, col favore della clemenza di Dio, la
madre di quello stesso principe, cioè Emiro di Babilonia, di nome
Maria, ferventissima cristiana, cominciò a far ricostruire con pietre
levigate e squadrate il tempio distrutto per ordine del figlio. E
si dice anche che suo marito, il padre del principe di Babilonia di
cui abbiamo parlato in questo capitolo, come un altro Nicodemo praticasse
in segreto la religione cristiana.
Allora da ogni parte del mondo una folla incredibile di uomini accorse
di nuovo esultante a Gerusalemme, contribuendo con le proprie offerte
alla ricostruzione della casa di Dio. RODOLFO IL GLABRO, Storie, PL 142, III, 24-25. [1] Il califfo del Cairo, Hakim.
(B)
In quei tempi apparvero segni negli astri, siccità disastrose,
piogge eccessive, epidemie, carestie funestissime, numerose eclissi
di sole e di luna; e la Vienne, per tre notti, straripò a Limoges
per due miglia. E il sopraddetto monaco Ademaro, che allora con suo
zio, l’illustre Ruggero, viveva a Limoges nel monastero di San Marziale,
svegliatosi una volta nel cuore della notte, mentre guardava fuori
le stelle, vide nella parte meridionale del cielo, quasi confitto
nell’alto, un grande crocefisso, e l’immagine del Signore appesa alla
croce che versava un copioso fiume di lacrime. Colui che ebbe questa
visione, attonito, non poté far altro che rompere in pianto. Egli
vide questa croce e l’immagine del Crocefisso, color di fuoco e di
sangue, per tutta la metà di una notte, poi il cielo si chiuse. E
tenne sempre nascosto nel suo cuore ciò che avevo veduto, fino al
giorno in cui scrisse queste righe; e il Signore gli è testimone che
ha veduto queste cose.
Quell’anno, il vescovo Alduino costrinse gli Ebrei di Limoges a farsi
battezzare, pubblicando una legge che li metteva nell’alternativa di diventare
cristiani o di lasciare la città, e ordinò che per un mese i maestri della
scienza divina disputassero con gli Ebrei per dimostrare la falsità dei
loro libri; e tre o quattro Ebrei si fecero cristiani. Tutti gli altri
si affrettarono a cercar rifugio in altre città, con mogli e figli. Ci
fu anche qualcuno che si uccise con la spada piuttosto che accettare il
battesimo. Lo stesso anno, il sepolcro del Signore a Gerusalemme fu distrutto
dagli Ebrei e dai Saraceni, nel terzo giorno delle calende di ottobre,
l’anno 1010 della sua incarnazione. Infatti gli Ebrei d’Occidente e i
Saraceni di Spagna avevano inviato in Oriente una lettera d’accusa verso
i cristiani, con l’annuncio che eserciti d’Occidente s’erano messi in
moto contro i Saraceni D’oriente. Allora il Nabucodonosor di Babilonia,
che essi chiamano l’Amirato [1], istigato alla collera
dai consigli dei pagani, gettò i cristiani nella desolazione, promulgando
una legge che condannava tutti i cristiani dei suoi stati, i quali rifiutassero
di farsi saraceni, alla confisca dei beni o alla morte. Ne seguì che innumerevoli
cristiani si convertirono alla legge saracena; ma nessuno fu degno di
morire per il Cristo, eccetto il patriarca di Gerusalemme, trucidato con
ogni sorta di supplizi, e due giovani fratelli decapitati in Egitto, che
si segnalarono con numerosi miracoli. La chiesa di San Giorgio, che fin
allora nessun Saraceno aveva potuto profanare, fu distrutta con molte
altre chiese di santi, e per punizione dei nostri peccati fu rasa al suolo
la basilica del Sepolcro del Signore. Poiché non riuscivano in nessun
modo a spezzare la pietra del monumento, vi accesero un grande fuoco,
ma essa restò salda e dura come un diamante. ADEMARO DI CHABANNES, Storia, SS 4, III, 46-47. [1] Cioè emiro: più esattamente califfo [cfr. A, nota 1]. (C)
In quegli stessi anni fu tale il numero delle persone che
da tutto il mondo si recava a Gerusalemme al Sepolcro del Salvatore,
che nessuno prima avrebbe osato sperare in una tale affluenza. I primi
ad intraprendere questi pellegrinaggi furono gli strati più umili
della popolazione; seguirono gli uomini di media condizione, ed infine
i più grandi re, conti, marchesi e vescovi. Da ultimo partirono per
Gerusalemme – e il fatto avveniva per la prima volta – anche molte
donne nobili accompagnate da altre più povere.
E molti avrebbero desiderato morire prima del ritorno al loro paese.
Tra gli altri pellegrini di quell’epoca vi fu anche Roberto, duca
di Normandia [1], che si recò a Gerusalemme accompagnato
da un gran numero di Normanni, portando con sé una grande quantità
di dono d’ora e d’argento che intendeva distribuire. Ma durante il
viaggio di ritorno morì a Nicca, dove fu sepolto. I suoi ne ebbero
un immenso dolore, anche perché Roberto non aveva figli legittimi
che potessero succedergli al governo delle terre. Egli aveva sì sposato,
come è noto, la sorella del re degli Angli Canuto [2],
ma per incompatibilità di carattere l’aveva poi ripudiata. Tuttavia
da una concubina aveva avuto un figlio che chiamò Guglielmo [3],
dal nome di un suo antenato. Prima di partire aveva chiesto a tutti
i signori del suo ducato di impegnarsi con giuramenti militari a riconoscere
il figlio naturale come loro capo un sua vece qualora egli non fosse
tornato, e tutti poi mantennero prontamente, con il beneplacito del
re dei Franchi Enrico [4], l’impegno giurato. […]
Molte persone chiesero ad alcuni degli spiriti più attenti e pensosi
di quel tempo di dare una spiegazione di quella enorme affluenza di
popolo verso Gerusalemme, mai vista ai tempi passati. La loro risposta
fu molto cauta: tutto questo presagiva la venuta del miserabile Anticristo,
che bisognava aspettarsi di veder comparire – come testimonia l’autorità
divina – verso la fine di questo secolo. Tutta questa folla non faceva
che aprire la via dell’oriente da dove sarebbe giunto l’Anticristo,
incontro al quale senza indugio i popoli tutti dovranno andare, dando
così compimento alla profezia del Signore: “Anche gli eletti, se possibile,
cadranno allora in tentazione”. [5]
In questo discorso ci fermiamo qui, senza per questo voler negare che
la devota perseveranza dei fedeli riceverà poi da Cristo, che è giudice
giusto, la meritata ricompensa. RODOLFO IL GLABRO, Storie, IV, PL 142, 18. [1] Roberto I, duca dal 1028 al 1035.
[2] Canuto il Grande, re di Danimarca, Inghilterra
e Norvegia (1016-1035).
[3] È il futuro Guglielmo il Conquistatore, figlio
naturale di Roberto I, destinato a diventare oltre che duca di Normandia
anche re d’Inghilterra [cfr. cap. 4, 7, 8].
[4] Enrico I (1031-1060).
[5] Mt., 24, 24.
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