Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Strumenti > Scrittori religiosi del Trecento > Testi, 1 (2/4)

Strumenti

Scrittori religiosi del Trecento

di Giorgio Petrocchi

© 1974 – Giorgio Petrocchi


Testi

1. Fioretti di san Francesco (2/4)
COME SANTO FRANCESCO INSEGNAVA A RISPONDERE A FRATE LEONE, E NON POTÉ MAI DIRE SE NON CONTRARIO DI QUELLO CHE SANTO FRANCESCO VOLEA [IX]

Essendo santo Francesco una volta nel principio dell'Ordine con frate Leone in uno luogo dove non aveano libri da dire l'Ufficio divino, quando venne l'ora del Mattutino disse santo Francesco a frate Leone: «Carissimo, noi non abbiamo breviario, col quale noi possiamo dire il Mattutino; ma acciò che noi spendiamo il tempo a laude di Dio, io dirò e tu mi risponderai com'io t'insegnerò. Io dirò così: – O frate Francesco, tu facesti tanti mali e tanti peccati nel secolo, che tu se' degno dello inferno —; e tu, frate Leone, risponderai: – Vera cosa è che tu meriti lo inferno profondissimo –». E frate Leone con semplicità colombina rispose: «Volentieri, padre; incomincia al nome di Dio». Allora santo Francesco cominciò a dire: «O frate Francesco, tu facesti tanti mali e tanti peccati nel secolo, che tu se' degno dello inferno». E frate Leone rispose: «Iddio farà per te tanti beni, che tu ne andrai in Paradiso». Disse santo Francesco: «Non dire così, frate Leone, ma quando io dirò: – O frate Francesco, tu hai fatte tante cose inique contro a Dio, che tu se' degno d'esser maladetto da Dio –; e tu rispondi così: – Veramente tu se' degno d'essere messo tra' maladetti —». E frate Leone risponde: «Volentieri, padre». Allora santo Francesco, con molte lagrime e sospiri e picchiare di petto, dice ad alta voce: «O Signore mio Iddio del cielo e della terra, io ho commesso contro a te tante iniquità e tanti peccati, che al tutto io sono degno d'esser da te maladetto». E frate Leone risponde: «O frate Francesco, Iddio ti farà tale, che tra i benedetti tu sarai singolarmente benedetto».

Santo Francesco maravigliandosi che frate Leone rispondea pur il contrario di quello che gli aveva imposto, sì lo riprese dicendo: «Perché non rispondi tu come io t'insegno? Io ti comando per santa obbedienza che tu risponda come io t'insegnerò. Io dirò così: – O frate Francesco cattivello, pensi tu che Dio arà misericordia di te? con ciò sia cosa che tu abbi commessi tanti peccati contro al Padre delle misericordie e Dio d'ogni consolazione, che tu non se' degno di trovare misericordia. – E tu, frate Leone pecorella, risponderai: – Per niuno modo se' degno di trovare misericordia –». Ma poi quando santo Francesco disse: «O frate Francesco cattivello» ecc., frate Leone rispose: «Iddio Padre, la cui misericordia è infinita più che il peccato tuo, farà teco grande misericordia, e sopra essa t'aggiugnerà molte grazie».

A questa risposta santo Francesco, dolcemente adirato e pazientemente turbato, disse a frate Leone: «Perché hai tu avuto presunzione di fare contro all'obbedienza, e già cotante volte hai risposto il contrario di quello ch'io t'ho imposto?». Risponde frate Leone molto umilemente e riverentemente: «Iddio il sa, padre mio, che ogni volta io m'ho posto in cuore di rispondere come tu m'hai comandato; ma Iddio mi fa parlare secondo che a lui piace e non secondo che piace a me». Di che santo Francesco si maravigliò, e disse a frate Leone: «Io ti priego carissimamente che questa volta tu mi risponda com'io t'ho detto». Risponde frate Leone: «Di' al nome di Dio, che per certo io risponderò questa volta come tu vuoi». E santo Francesco lagrimando disse: «O frate Francesco cattivello, pensi tu che Iddio abbia misericordia di te?». Risponde frate Leone: «Anzi, grande grazia riceverai da Dio, ed esalteratti e glorificheratti in eterno, imperò che chi si umilia sarà esaltato. E io non posso altro dire, imperò che Iddio parla per la bocca mia».

E così in questa umile contenzione, con molte lagrime e con molta consolazione spirituale, sì vegghiarono insino a dì.

A laude di Cristo. Amen.

COME SANTA CHIARA MANGIÒ CON SANTO FRANCESCO E CO' SUOI COMPAGNI FRATI IN SANTA MARIA DEGLI ANGELI [XV]

Santo Francesco, quando stava ad Ascesi, spesse volte visitava santa Chiara, dandole santi ammaestramenti. Ed avendo ella grandissimo desiderio di mangiare una volta con lui, e di ciò pregandolo molte volte, egli non le voleva mai fare quella consolazione. Onde vedendo i suoi compagni il desiderio di santa Chiara, dissono a santo Francesco: «Padre, a noi pare che questa rigidità non sia secondo la carità divina, che suora Chiara, vergine così santa, a Dio diletta, tu non esaudisca in così piccola cosa, come è mangiar teco; e specialmente considerando ch'ella per la tua predicazione abbandonò le ricchezze e le pompe del mondo. E di vero, s'ella ti domandasse maggiore grazia che questa non è, sì la dovresti fare alla tua pianta spirituale». Allora santo Francesco rispose: «Pare a voi ch'io la debba esaudire?». E i compagni: «Padre, sì, degna cosa è che tu le faccia questa consolazione». Disse allora santo Francesco: «Da poi che pare a voi, pare anche a me. Ma acciò ch'ella sia più consolata, io voglio che questo mangiare si faccia a Santa Maria degli Angeli, imperò ch'ella è stata lungo tempo rinchiusa in Santo Damiano, sicché le gioverà di vedere un poco il luogo di Santa Maria, dov'ella fu tonduta e fatta sposa di Gesù Cristo; ed ivi mangeremo insieme al nome di Dio».

Venendo adunque il dì ordinato a ciò, santa Chiara esce del monastero con una compagna, e accompagnata da' compagni di santo Francesco venne a Santa Maria degli Angeli. E salutata divotamente la Vergine Maria dinanzi al suo altare, dov'ella era stata tonduta e velata, sì la menarono vedendo il luogo, infino a tanto che fu ora di desinare. E in questo mezzo santo Francesco fece apparecchiare la mensa in sulla piana terra, siccome era usato di fare. E fatta l'ora di desinare, si pongono a sedere insieme santo Francesco e santa Chiara, e uno de' compagni di santo Francesco colla compagna di santa Chiara, e poi tutti gli altri compagni s'acconciarono alla mensa umilemente. E per la prima vivanda santo Francesco cominciò a parlare di Dio sì soavemente, sì altamente, sì maravigliosamente, che, discendendo sopra di loro l'abbondanza della divina grazia, tutti furono in Dio ratti.

E stando così ratti cogli occhi e colle mani levate in cielo, gli uomini d'Ascesi e di Bettona e quelli della contrada dintorno vedeano che Santa Maria degli Angeli e tutto il luogo e la selva, ch'era allora allato al luogo, ardevano fortemente, e parea che fosse un fuoco grande che occupava la chiesa e il luogo e la selva insieme. Per la qual cosa gli Ascesani con gran fretta corsono laggiù per ispegnere il fuoco, credendo fermamente ch'ogni cosa ardesse. Ma giugnendo al luogo e non trovando ardere nulla, entrarono dentro e trovarono santo Francesco con santa Chiara e con tutta la loro compagnia ratti in Dio per contemplazione e sedere intorno a quella mensa umile. Di che essi certamente compresono che quello era stato fuoco divino e non materiale, il quale Iddio avea fatto apparire miracolosamente, a dimostrare e significare il fuoco del divino amore, del quale ardeano le anime di que' santi frati e sante monache; onde ei si partirono con grande consolazione nei cuori loro e con santa edificazione.

Poi, dopo grande spazio, ritornando in sé santo Francesco e santa Chiara insieme cogli altri, e sentendosi bene confortati del cibo spirituale, poco si curarono del cibo corporale. E così compiuto quel benedetto desinare, santa Chiara bene accompagnata si ritornò a Santo Damiano. Di che le suore, veggendola, ebbono grande allegrezza; però ch'elle temeano che santo Francesco non l'avesse mandata a reggere qualche altro monastero, siccome egli avea già mandato suora Agnese, santa sua sirocchia, per badessa a reggere il monastero di Monticelli di Firenze; e santo Francesco alcuna volta avea detto a santa Chiara: «Apparecchiati, se bisognasse ch'io ti mandassi in alcuno luogo»; ed ella come figliuola della santa obbedienza avea risposto: «Padre, io sono sempre apparecchiata ad andare dovunque voi mi manderete». E però le suore si rallegrarono molto, quando la riebbono; e santa Chiara rimase d'allora innanzi molto consolata.

A laude di Cristo. Amen.

COME SANTO FRANCESCO RICEVETTE IL CONSIGLIO DI SANTA CHIARA E DEL SANTO FRATE SILVESTRO, CHE DOVESSE PREDICANDO CONVERTIRE MOLTA GENTE: E FECE IL TERZO ORDINE E PREDICÒ AGLI UCCELLI E FECE STARE QUETE LE RONDINI [XVI]

L'umile servo di Cristo santo Francesco, poco tempo dopo la sua conversione, avendo già raunati molti compagni e ricevuti all'Ordine, entrò in grande pensiero e in grande dubitazione di quello ch'egli dovesse fare: o d'intendere solamente ad orare, o alcuna volta a predicare; e sopra ciò desiderava molto di sapere la volontà di Dio. E però che l'umiltà ch'era in lui non lo lasciava presumere di sé né di sue orazioni, pensò di cercare la divina volontà colle orazioni altrui.

Onde egli chiamò frate Masseo e dissegli così: «Va' a suora Chiara e dille da mia parte ch'ella con alcuna delle più spirituali compagne divotamente preghino Iddio, che gli piaccia di dimostrarmi qual sia il meglio: o ch'io intenda al predicare o solamente all'orazione. E poi va' a frate Silvestro e digli il simigliante». Costui era stato nel secolo quel messer Silvestro, il quale avea veduto una croce d'oro procedere della bocca di santo Francesco, la quale era lunga insino al cielo e larga insino alle estremità del mondo; ed era questo frate Silvestro di tanta divozione e di tanta santità, che ciò ch'egli chiedea a Dio, impetrava ed era esaudito, e spesse volte parlava con Dio; e però santo Francesco avea in lui grande devozione.

Andò frate Masseo e, secondo il comandamento di santo Francesco, fece l'ambasciata prima a santa Chiara e poi a frate Silvestro. Il quale, ricevuta che l'ebbe, immantanente si gittò in orazione e orando ebbe la divina risposta, e tornò a frate Masseo e disse così: «Questo dice Iddio che tu dica a frate Francesco: che Iddio non l'ha chiamato in questo stato solamente per sé, ma acciò che faccia frutto delle anime e molti per lui sieno salvati». Avuta questa risposta, frate Masseo tornò a santa Chiara a sapere quello ch'ella avea impetrato da Dio. Ed ella rispose ch'ella e l'altre compagne aveano avuto da Dio quella medesima risposta, la quale avea avuta frate Silvestro.

Con questo ritorna frate Masseo a santo Francesco, e santo Francesco lo ricevette con grandissima carità, lavandogli i piedi e apparecchiandogli desinare. E dopo il mangiare, santo Francesco chiama frate Masseo nella selva e quivi dinanzi a lui s'inginocchia e traesi il cappuccio, facendo croce delle braccia, e domandalo: «Che comanda ch'io faccia il mio Signore Gesù Cristo?». Risponde frate Masseo che sì a frate Silvestro e sì a suora Chiara e alla sirocchia Cristo avea risposto e rivelato che: «la sua volontà si è che tu vada per lo mondo a predicare, però ch'egli non t'ha eletto pur per te solo, ma eziandio per salute degli altri». Allora santo Francesco, udito ch'ebbe questa risposta e conosciuta per essa la volontà di Cristo, si levò su con grandissimo fervore e disse: «Andiamo al nome di Dio». E prende per compagni frate Masseo e frate Angelo uomini santi.

E andando con impeto di spirito, senza considerare via o semita, giunsono a uno castello che si chiamava Cannario. E santo Francesco si pose a predicare, comandando prima alle rondini, che cantavano, ch'elle tenessono silenzio insino a tanto ch'egli avesse predicato. E le rondini ubbidironlo. Ed ivi predicò in tanto fervore, che tutti gli uomini e le donne di quel castello per devozione gli voleano andare dietro e abbandonare il castello; ma santo Francesco non lasciò, dicendo loro: «Non abbiate fretta e non vi partite, e io ordinerò quello che voi dobbiate fare per salute dell'anime vostre». E allora pensò di fare il terzo Ordine per universale salute di tutti. E così lasciandoli molto consolati e bene disposti a penitenza, si partì indi e venne tra Cannano e Bevagno.

E passando oltre con quello fervore, levò gli occhi e vide alquanti arbori allato alla via, in su' quali era quasi infinita moltitudine d'uccelli; di che santo Francesco si maravigliò e disse a' compagni: «Voi m'aspetterete qui nella via, e io andrò a predicare alle mie sirocchie uccelli». Ed entrò nel campo e cominciò a predicare agli uccelli ch'erano in terra; e subitamente quelli ch'erano in su gli arbori vennono a lui, e insieme tutti quanti stettono fermi, mentre che santo Francesco compié di predicare; e poi anche non si partivano insino a tanto ch'egli diede loro la benedizione sua. E secondo che recitò poi frate Masseo a frate Jacopo da Massa, andando santo Francesco fra loro, toccandoli colla cappa, niuno però si movea.

La sostanza della predica di santo Francesco fu questa: «Sirocchie mie uccelli, voi siete molto tenute a Dio vostro creatore, e sempre e in ogni luogo il dovete lodare, imperò che v'ha dato libertà di volare in ogni luogo; anche v'ha dato il vestimento duplicato e triplicato; appresso, perché egli riserbò il seme di voi nell'arca di Noè, acciò che la specie vostra non venisse meno nel mondo; ancora gli siete tenute per lo elemento dell'aria che egli ha deputato a voi. Oltre a questo, voi non seminate e non mietete, e Iddio vi pasce e davvi i fiumi e le fonti per vostro bere, davvi i monti e le valli per vostro refugio, e gli alberi alti per fare il vostro nido. E con ciò sia cosa che voi non sappiate filare né cucire, Iddio vi veste, voi e i vostri figliuoli. Onde molto v'ama il Creatore, poi ch'egli vi dà tanti benefici. E però guardatevi, sirocchie mie, dal peccato della ingratitudine, ma sempre vi studiate di lodare Iddio».

Dicendo loro santo Francesco queste parole, tutti quanti quegli uccelli cominciarono ad aprire i becchi, distendere i colli, aprire l'ali e reverentemente inchinare i capi insino in terra, e con atti e con canti dimostrare che le parole del padre santo davano a loro grandissimo diletto. E santo Francesco insieme con loro si rallegrava e dilettava, e maravigliavasi molto di tanta moltitudine d'uccelli e della loro bellissima varietà e della loro attenzione e famigliarità; per la qual cosa egli in loro divotamente lodava il Creatore.

Finalmente compiuta la predicazione, santo Francesco fece loro il segno della croce e diede loro licenza di partirsi; e allora tutti quegli uccelli in ischiera si levarono in aria con maravigliosi canti, e poi secondo la croce ch'avea fatta loro santo Francesco si divisono in quattro parti; e l'una parte volò inverso l'oriente, l'altra inverso l'occidente, la terza inverso il meriggio, e la quarta inverso l'aquilone, e ciascheduna schiera andava cantando maravigliosamente; in questo significando che, come da santo Francesco gonfaloniere della Croce di Cristo era stato a loro predicato e sopra loro fatto il segno della croce, secondo il quale eglino si dividevano cantando in quattro parti del mondo; così la predicazione della Croce di Cristo rinnovata per santo Francesco si dovea per lui e per i suoi frati portare per tutto il mondo; i quali frati, a modo che uccelli, non possedendo niuna cosa propria in questo mondo, alla sola provvidenza di Dio commettono la loro vita.

A laude di Cristo. Amen.

1, 2, 3, 4

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 10/12/06