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L’Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


1. La Polonia, i Cavalieri dell’Ordine Teutonico, la Lituania (1/4)

Nel XIII secolo il Regno di Polonia scomparve dalla carta dell’Europa e il suo territorio, retto dalla dinastia reale dei Piasti, fu ridotto a un’infinità di staterelli in lotta fra di loro. Nel clamore delle guerre per il trono di Polonia quasi si estinse la coscienza di quella monarchia polacca unitaria di cui, all’inizio dell’XI secolo, Boleslao il Coraggioso aveva posto le basi. Là dove prima esisteva un organismo statale unitario sorsero piccoli Stati indipendenti. La Slesia si disgregò in diversi ducati che avevano i loro centri a Breslavia, Legnica, Opole, Glogów e in altri castelli della regione. Il Ducato della Grande Polonia aveva il suo centro a Poznaň mentre il centro della Piccola Polonia era Cracovia. Sulla costa occidentale del Mar Baltico si trovava il Ducato di Stettino, e là dove oggi sorge Varsavia era invece situato il centro del Ducato di Masovia. Questi e altri Stati feudali testimoniavano dello smembramento della Polonia. La causa fondamentale di queste divisioni di carattere feudale va ricercata nel basso grado di sviluppo della società medievale polacca, chiusa economicamente nelle singole zone agricole e non legata ancora da una produzione artigianale e da un commercio abbastanza intensi. Il feudatario, che nell’ambito del suo castello e dei suoi possedimenti era padrone incontrastato dei contadini, rappresentava spesso la più alta istituzione giuridica e politica e non voleva riconoscere nemmeno la supremazia del duca o del re. Alla fine del XIII secolo la Polonia – come in genere tutta l’Europa orientale – era ancora un paese relativamente poco popolato. I campi coltivati erano spesso circondati da vaste foreste cui solo molto lentamente gli abitanti del luogo potevano sottrarre nuovi terreni che in seguito avrebbero potuto coltivare, arare e seminare. L’inizio del sistema di rotazione delle colture (semina in primavera, in autunno e poi maggese) avviene in Polonia alla fine del XIII secolo ed è legato all’impiego dell’aratro (in parte già dotato di un coltro di ferro) e dell’erpice. Si calcola che verso il 1300 in Polonia la densità della popolazione fosse di 5-6 abitanti per km² – vale a dire circa quattro volte inferiore a quella del­l’Italia di allora, e tuttavia, al tempo stesso, due volte maggiore di quella dei paesi russi.

A partire dalla fine del XIII secolo nella campagna polacca i sistemi di lavoro fino allora in uso subirono però a poco a poco delle trasformazioni sostanziali. Nel paese incominciarono ad arrivare dall’estero, particolarmente dalle regioni germaniche, ma anche dalle Fiandre e dall’Italia, gruppetti di agricoltori, di artigiani e di mercanti che cercavano in Polonia nuove possibilità di lavoro e di guadagno. Lo spostamento di questi gruppi dai paesi d’origine alla Polonia era spesso favorito dai duchi, dai nobili e dai conventi i quali intendevano trasformare altre superfici di terreno incolto in zone agricole e volevano fornire all’artigianato e al commercio dei centri stabili sotto la loro protezione. Si sviluppò così la colonizzazione esterna, cosiddetta tedesca, che recò vantaggi sia a coloro che in Polonia avevano organizzato tale movimento sia ai nuovi venuti. I feudatari polacchi ottennero in tal modo nuovi tributi in denaro e in natura, che moltiplicavano le loro entrate, mentre i colonizzatori divennero proprietari di terreni e nuovi abitanti delle città polacche.

Nelle campagne polacche, accanto ai vecchi contadini del luogo, si stabilirono i nuovi agricoltori; intorno ai vecchi villaggi polacchi incominciarono a sorgere, fondati dai colonizzatori, nuovi villaggi nei quali i contadini godevano di un nuovo diritto, il cosiddetto diritto tedesco, che assicurava loro la proprietà delle terre e delle case e garantiva una notevole libertà, quale, ad esempio, quella di movimento. Al tempo stesso, però, il contadino doveva pagare per ogni lán (circa 16,8 ettari) contributi in denaro e in natura ed era tenuto a compiere alcuni giorni di corvée all’anno per il padrone – il feudatario. Accanto a questi contadini si stabilirono presto nei villaggi anche altri agricoltori, cosiddetti ortolani, i quali disponevano solamente di piccoli appezzamenti di terra (circa 1/4 di lán) e che di conseguenza prestavano, per la maggior parte, lavoro nei poderi dei loro vicini più ricchi; spesso lavoravano come salariati nel podere del sindaco del villaggio (szołtys), il quale stava a capo dell’amministrazione autonoma del villaggio stesso. Dalla metà del XIV secolo i poderi dei sindaci si andarono ingrandendo, spesso raggiunsero anche un’estensione di diversi lán e, quindi, riuscirono a produrre grano non solo per il proprio consumo, ma anche per il mercato: si calcola che la resa unitaria del seme fosse in media 3. Anche questo è un livello molto basso, specie in confronto all’Italia settentrionale dove intorno alla metà del XV secolo la resa unitaria poteva arrivare a 10. Pur essendo il rendimento della cerealicoltura polacca così basso, esso consentiva tuttavia – specialmente nei dintorni delle città – la vendita del grano sul mercato locale.

Verso la fine del XIII secolo ha inizio lo sviluppo delle città polacche. Già prima, ai piedi dei castelli dei feudatari, sorgevano borghi di artigiani e di mercanti. Con la colonizzazione tedesca in queste città affluiscono nuovi abitanti stranieri, soprattutto tedeschi, che costruiscono mercati e fortificazioni secondo il modello delle città dell’Europa occidentale. Le nuove città sorgono per la maggior parte nella Slesia, nella Pomerelia, nella Grande Polonia e nella Piccola Polonia. In esse viene applicato anche un nuovo diritto cittadino, basato sui codici della città di Magdeburgo. Il cosiddetto diritto di Magdeburgo offre protezione all’artigianato e al commercio e concede ai borghesi benestanti, che godono di tutti i diritti, anche una vasta autonomia nell’amministrazione della città. Più tardi – dalla fine del XIV secolo – si assiste al sorgere di nuove città anche nelle regioni orientali della Polonia, per esempio nella Masovia. Queste città prendono già come modello i regolamenti giuridici vigenti nelle città polacche (per esempio il codice della città di Chełmno). Nelle città la produzione artigianale si orienta verso i mercati locali, è destinata cioè al fabbisogno della città stessa e dei dintorni, e dal XIV secolo è organizzata su basi corporative; ma proprio il grande numero delle corporazioni esistenti sta a dimostrare quanto la produzione artigianale fosse rimasta a un basso livello di specializzazione. Le corporazioni non avevano del resto alcun potere politico e solo a Breslavia (1333) e a Danzica (1378) si ebbero delle sommosse per conquistare maggiori diritti e l’indipendenza dai mercanti. Ma in tutte le altre città gli artigiani erano una componente troppo insignificante della struttura sociale per poter fare valere le loro rivendicazioni politiche nell’ambito cittadino o, addirittura, al di fuori di esso; nella lotta per il potere nel paese il patriziato infatti, forza politica dirigente negli agglomerati urbani, si appoggiava soprattutto sul commercio. La colonizzazione nel XIV secolo contribuì a inserire più saldamente i paesi polacchi nella rete del commercio europeo: a Breslavia, a Cracovia, a Danzica, a Poznaň, a Stettino e in altre città si crearono solide basi per regolari scambi commerciali con paesi lontani. I mercanti polacchi esportavano nell’Europa occidentale soprattutto miele, cera, pellicce e grano e importavano in Polonia panno (dalle Fiandre), rame, ferro e vino (dall’Ungheria). Nel XIV secolo iniziarono poi importanti scambi commerciali tra le città polacche e la colonia mercantile genovese di Gaffa (in Crimea), da dove arrivavano sui mercati polacchi seta e soprattutto spezie, mentre genovesi e veneziani, che avevano incominciato a stabilirsi anche sulla costa settentrionale del Mar Nero, portavano via dalla Polonia prodotti agricoli e non di rado anche schiavi che avrebbero servito nelle case dei ricchi dell’Italia rinascimentale. I mercanti in Polonia – per la maggior parte si trattava di tedeschi – si riunivano in proprie organizzazioni (gilde) in modo da poter controllare la produzione artigianale, assicurando il rifornimento di materie prime e anche lo smercio dei prodotti. I mercanti delle città sulle rive del Baltico invece aderivano alla Lega anseatica a cui facevano capo le città marinare dell’Europa settentrionale.

Solo nel XIV secolo le città polacche incominciarono quindi a partecipare alla vita economica e politica del paese. Tuttavia, in confronto con l’Europa occidentale, con l’Italia, ma anche per esempio con la Boemia, le città polacche erano poco numerose e il loro livello economico non era alto. Inoltre, anche dal numero degli abitanti si può facilmente arguire che le città polacche erano completamente inserite nel sistema economico-politico feudale. Le città più popolose alla fine del XIV secolo erano la metropoli della Slesia, Breslavia (sul finire del XIV secolo contava circa 17.000 abitanti), e Cracovia, la capitale della Piccola Polonia (circa 14.000 abitanti); le altre città – ad eccezione di Danzica e di Stettino – avevano al massimo 2000 abitanti.

La conoscenza dei principali dati relativi alla situazione economico-sociale dei paesi polacchi intorno al 1300, ci consente ora di comprendere meglio il significato delle divisioni territoriali a carattere feudale verificatesi in Polonia e le difficoltà incontrate dalle tendenze centralizzatrici della monarchia polacca. Al tempo stesso, però, ci rendiamo conto di come il progredire della colonizzazione e l’importanza crescente delle città, collegate anche all’attività sempre più intensa dei mercati locali, stessero formando le premesse per il futuro superamento della divisione del paese in tanti piccoli staterelli. In tale senso agiva anche il risveglio della coscienza nazionale, che si concentrava intorno al polacco, la lingua parlata nella maggior parte dei ducati di allora. Anche il potere ecclesiastico, che manteneva come unico centro per tutti i territori polacchi l’arcivescovato di Gniezno, ex capitale della Polonia, appoggiava questa tendenza che mirava a riunire tutte le regioni polacche in un unico Stato.

Nel 1300, nell’antica città di Gniezno, fu incoronato re di Polonia il re di Boemia Venceslao II della dinastia dei Přemyslidi. Egli era marito di Ryksa, la figlia di Przemysł II (1279-1296), duca della Grande Polonia e signore della Pomerelia, ucciso pochi anni prima (1296). Impadronitosi già in precedenza della Piccola Polonia (1291), dopo l’incoronazione re Venceslao riunì nuovamente, per la prima volta dopo molto tempo, entrambi i paesi sotto un unico scettro. Venceslao si rendeva conto della necessità di un potere statale centralizzato e di conseguenza cominciò a nominare nelle singole regioni del Regno di Polonia i suoi rappresentanti, cosiddetti starosta, direttamente dipendenti dal re; si venivano così a costituire i sostegni del nuovo regno, abolendo in tal modo i privilegi della nobiltà locale e dei duchi. Il regno dello straniero incontrò naturalmente l’opposizione dei nobili polacchi: capeggiò tale opposizione il duca di Kujawi Ladislao detto Łokietek (ossia «piccolo braccio» a causa della sua statura). Venceslao tuttavia riuscì a spezzare la resistenza e costrinse Ladislao a fuggire dal paese. Ma quando il re di Boemia morì (1305) e subito dopo il suo successore Venceslao III fu assassinato (1306), il trono di Polonia rimase vacante e Łokietek poté portare avanti la lotta per il trono fino alla vittoria.

Con Ladislao Łokietek compare nella storia polacca un sovrano energico e capace innanzitutto di ben organizzare gli eserciti dei nobili conducendoli alla vittoria. Già nello stesso anno 1306, infatti, egli entrò a Cracovia e a poco a poco estese il suo dominio sulla Piccola Polonia, per divenire infine, nel 1314, sovrano della Grande Polonia di cui riuscì in seguito a difendere il possesso contro gli eserciti del re di Boemia, Giovanni di Lussemburgo. Vani furono invece i suoi tentativi di conquistare i ducati della Slesia. La Slesia infatti passò definitivamente sotto il dominio del re di Boemia e vi rimase fino al XVIII secolo. Per Ladislao era ormai perduta anche la Pomerelia occidentale, dove aveva affermato il suo predominio il Brandeburgo, e al di fuori del Regno di Polonia rimasero anche Danzica e i suoi dintorni. Nella Pomerelia orientale, invece, proprio allora aveva consolidato le sue posizioni l’Ordine Teutonico, creato originariamente per combattere gli Infedeli in Terra Santa e ora chiamato a contrastare le tendenze espansionistiche dei margravi di Brandeburgo e le tribù pagane del Baltico e della Lituania: dal 1308 i crociati dominavano una larga fascia del litorale dalla foce della Vistola a quella del Njemen.

Nel 1320 ebbe luogo a Cracovia l’incoronazione solenne di re Ladislao. Già il luogo stesso dell’incoronazione dimostra come il fulcro dello Stato polacco si fosse spostato da Occidente ad Oriente (nei secoli X e XI la capitale era infatti Gniezno). L’arcivescovo di Gniezno pose sul capo di Ladislao la corona dei re di Polonia, consacrando così, dopo 150 anni, un sovrano non straniero, ma polacco. I prelati e i nobili resero omaggio al nuovo re che aveva riunito sotto il suo scettro la Grande Polonia, la Piccola Polonia e il Ducato di Kujawi. Cracovia, «un luogo – come scrive il cronista – che si distingueva per il gran numero di abitanti, le solide fortificazioni e la ricchezza di merci di ogni tipo», divenne la capitale del Regno di Polonia.

Ladislao prese le redini del potere nel rinnovato regno appoggiato soprattutto dai prelati e dalla nobiltà; le città infatti non erano bendisposte verso il re «cavaliere» che non dimostrava comprensione per le necessità del commercio e dell’artigianato. Si ebbe così, già nel 1311, l’insurrezione di Cracovia, Sandomierz, Wieliczka e altre città della Piccola Polonia contro Ladislao; alla guida dell’insurrezione si erano posti i patrizi tedeschi la cui intenzione era di far salire al trono di Polonia il re di Boemia. Ladislao però riuscì a domare la rivolta del patriziato di Cracovia, conquistò la città, e i capi degli insorti – con alla testa il sindaco Albrecht – fuggirono. Le città persero buona parte della loro autonomia amministrativa, dovettero pagare forti multe e molti borghesi furono giustiziati. Questo conflitto allontanò maggiormente il re dagli interessi delle città e contribuì a relegare in secondo piano il loro ruolo politico. I contrasti politico-sociali erano del resto accompagnati anche dall’odio nazionale e dai conflitti fra il patriziato tedesco da un lato e i nobili e i borghesi polacchi dall’altro. Tutto ciò contribuì a indebolire la posizione delle città polacche, impedendo la loro ascesa politica nell’ambito della monarchia polacca che si andava consolidando.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06