Logo di Reti Medievali 

Didattica

spaceleftMappaCalendarioDidatticaE-BookMemoriaOpen ArchiveRepertorioRivistaspaceright

Didattica > Strumenti > L’Europa orientale nei secoli XIV e XV > 1 (3/4)

Strumenti

L’Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


1. La Polonia, i Cavalieri dell’Ordine Teutonico, la Lituania (3/4)

Fu al sovrano di questo potente regno, al figlio di Algirdas, Jagellone, che si rivolsero i nobili polacchi per fargli sposare la principessa Edvige. C’era però un grave ostacolo al matrimonio dell’erede cattolica al trono: Jagellone non era ancora battezzato. In Lituania continuava infatti a esistere il culto pagano delle divinità locali dei boschi, dei fiumi e delle sorgenti, e quello del dio del tuono, che ne dominava molti altri. È vero che nelle regioni orientali del Granducato di Lituania operavano dei sacerdoti cristiani, ma questi facevano parte della Chiesa ortodossa che aveva il suo centro spirituale a Costantinopoli. A Vilna, capitale del Granducato di Lituania, cattolici e ortodossi, pagani, ebrei e maomettani vivevano gli uni accanto agli altri senza che esistesse alcuna oppressione reciproca. Soltanto l’arrivo dei missionari cattolici tedeschi e polacchi incominciò a suscitare dissidi religiosi che vanno però messi in relazione anche con le condizioni politicosociali: la nobiltà pagana lituana rifiutava l’organizzazione ecclesiastica che rafforzava la posizione del granduca e aiutava Jagellone a consolidare il potere statale. Già nel 1381 scoppiò la lotta tra il granduca di Lituania e la nobiltà pagana, capeggiata dallo zio di Jagellone, Keistut. Jagellone dovette fuggire da Vilna e soltanto dopo l’assassinio di Keistut poté condurre a termine le trattative con i nobili polacchi.

Nel 1386 a Cracovia ebbero luogo diverse cerimonie: Jagellone fu battezzato e gli fu imposto il nuovo nome cristiano di Ladislao; subito dopo fu celebrato il suo matrimonio con la principessa Edvige; infine la solenne cerimonia dell’incoronazione installò sul trono di Polonia il nuovo re, Ladislao della dinastia degli Jagelloni (1386-1434). Prima di poter prendere in mano le redini dello Stato polacco, Jagellone dovette però sedare i disordini in Lituania. In base agli accordi preliminari di Kreve (1384) Jagellone riunì la Lituania e la Polonia in un unico Stato di cui egli, come re di Polonia, doveva essere il sovrano. Il nuovo re si appoggiò completamente alla Chiesa cattolica, istituì la sede del vescovato a Vilna e sostenne i missionari che stavano facendo proseliti tra la nobiltà e anche tra i contadini. Una carta concessa nel 1387 assicurava alla nobiltà lituana il possesso ereditario delle terre, conferiva loro il potere sui contadini e li esentava dalle tasse e dagli obblighi militari: tutto ciò alla condizione unica, ma importantissima, che si facessero battezzare. I diritti di proprietà e, ancor più, quelli politici, erano assicurati solo a chi accettava il battesimo; così la cristianizzazione della Lituania progredì rapidamente.

Tuttavia, nonostante questi provvedimenti, il paese non giunse a una pacificazione interna. I membri della ramificata dinastia degli Jagelloni infatti non accettavano di buon grado la presenza in Lituania dei magnati polacchi e si arrivò così a una nuova insurrezione. Ai contrasti politicosociali si aggiungono, oltre alla diversità di confessione religiosa, anche i primi conflitti nazionali; benché allora non si stessero ancora formando né la nazionalità ucraina né quella bielorussa e benché le differenze tra i Lettoni e i Lituani incominciassero appena a farsi sentire, rimaneva un fatto inconfutabile: che sotto il governo del granduca di Lituania si erano ritrovate nazionalità che si differenziavano sia per la lingua sia anche per la precedente tradizione politica, ecclesiastica e culturale. Soprattutto la popolazione russa, che aderiva alla Chiesa ortodossa, rifiutava il predominio della Polonia cattolica.

Alla testa di coloro che si opponevano a tale stato di cose si pose, con l’appoggio dell’Ordine Teutonico, l’energico cugino di Ladislao, Vitoldo, che il re di Polonia fu costretto nel 1392 a riconoscere granduca di Lituania. Sembrava che l’unificazione della Lituania e della Polonia dovesse essere rimandata ancora di molti anni. Vitoldo rinnovò infatti i suoi attacchi contro i vicini orientali e allargò i confini del Granducato fino a Mosca e fino all’interno dell’Ucraina; egli vedeva già delinearsi un grandioso impero dell’Europa orientale, che avrebbe avuto il suo centro a Vilna e avrebbe liberato definitivamente l’Europa dalla minaccia delle incursioni mongole. Una nuova occasione per proseguire nella sua espansione verso l’est gli fu offerta dal khan tartaro Tochtamyš il quale, rifugiatosi a Vilna come esule, aveva chiesto aiuto contro Tamerlano, «signore del mondo». Ma questi sogni di grandezza furono bruscamente troncati dalla sconfitta subita da Vitoldo sul fiume Vorskla nell’Ucraina orientale (1399), che arrestò l’avanzata degli eserciti lituani nei territori dell’impero mongolo di Tamerlano. Vitoldo dovette capitolare, rinunciò a ogni pretesa sui ducati russi e sotto la pressione di Ladislao accettò nuovamente l’unione con la Polonia. Dopo i congressi di Vilna e di Radom (1401) fu ripristinata così l’unione polacco-lituana con cui il re di Polonia diventava sovrano della Lituania, mentre a Vitoldo rimaneva il titolo di granduca. Più tardi, al congresso di Horodla (1413), fu deciso che in futuro il granduca di Lituania sarebbe stato eletto anche con il consenso dei magnati polacchi e che, viceversa, per l’elezione del re di Polonia sarebbero stati necessari anche i voti dei nobili lituani. Tra i due ordini privilegiati si venne così verificando un processo di accostamento che è testimoniato dall’uso, introdottosi tra i nobili lituani, di adottare gli stemmi delle famiglie magnatizie polacche a loro vicine per legami di amicizia o di sangue. Così, all’inizio del XV secolo l’unione polacco-lituana era divenuta l’organismo statale più potente nell’Europa orientale.

Mentre lottava per assicurarsi il dominio della Lituania, re Ladislao dovette al tempo stesso respingere i ripetuti attacchi degli eserciti dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici. L’Ordine appoggiava Keistut e Vitoldo, e cercava di frenare in ogni modo lo sviluppo del Regno di Polonia, poiché si rendeva perfettamente conto che una forte monarchia polacca avrebbe cercato di conquistare a ogni costo l’accesso al mare. Dall’inizio del XV secolo si andava preparando il conflitto bellico che culminò nel 1410 nella battaglia di Grunwald (Masovia). Gli eserciti polacchi insieme ai loro alleati lituani e ai reparti mercenari boemi sbaragliarono l’esercito dei Cavalieri Teutonici. La battaglia di Grunwald segnò una svolta determinante nei rapporti tra l’Ordine e la Polonia: benché infatti la pace di Torun non aprisse ancora alla Polonia l’accesso al mare, essa tuttavia allargò i confini del Regno, avvicinandoli alla costa, e infranse definitivamente la potenza dell’Ordine. La vittoria polacca incoraggiò anche l’opposizione delle città contro il rigido predominio ecclesiastico nei paesi controllati dall’Ordine; e la città di Danzica rese immediatamente omaggio a re Ladislao quale proprio sovrano.

Ladislao Jagellone seppe sfruttare abilmente i nuovi eventi della politica internazionale europea, assicurandosi inoltre anche l’amicizia del re di Boemia Venceslao IV, cosa che gli permise di dedicarsi completamente all’organizzazione dei paesi riuniti sotto la corona polacca. Dai tempi di Casimiro il Grande il concetto di «corona» era diventato uno strumento della politica di potere del re riunendo in un unico organismo tutti i territori dominati dal re di Polonia. Anche il papa e la Chiesa appoggiarono Ladislao, anzi si schierarono dalla parte della Polonia nella guerra da essa condotta contro l’Ordine Teutonico. Un’eminente personalità della Chiesa polacca, il vescovo di Cracovia Zbigniew Oleśnicki, divenne il principale rappresentante della politica polacca che si orientava allora verso una stretta collaborazione con Roma.

Tuttavia, critiche sempre crescenti giungevano in Polonia alla Chiesa cattolica da particolari strati della popolazione, specialmente per quanto concerneva i suoi beni e il potere temporale dei sacerdoti e dei prelati. Già nel XIV secolo dalla Slesia erano penetrate nella Grande Polonia le prime sette dell’eresia popolare, i cosiddetti valdesi, i quali chiedevano che la Chiesa ritornasse ad essere quella dei tempi di Cristo, che rinunciasse cioè ai beni e si attenesse al Vangelo. Dall’inizio del XV secolo poi si cominciò a far sentire in Polonia l’influenza del movimento della Riforma ceca, guidato da Giovanni Hus e dai suoi discepoli.

Nel 1420 apparvero nella Grande Polonia gruppetti di ussiti polacchi che più tardi crearono un proprio centro nella città di Zbąszyn, ma furono perseguitati come eretici. Durante tutto il XV secolo la Chiesa cattolica organizzò con l’aiuto dei magnati polacchi azioni di polizia contro gli ussiti polacchi nella regione di Kujawi, nella Masovia, nella Grande e nella Piccola Polonia. La struttura sociale delle organizzazioni segrete degli ussiti polacchi (costituite per il 40% da sacerdoti e per il 50% da borghesi e contadini) rivela la forte componente sociale e rivoluzionaria di questi oppositori dei ricchi prelati e dei magnati. Dal 1423 all’Università di Cracovia studenti e professori dovettero giurare che «non avrebbero professato le idee eretiche di Giovanni Hus». Nonostante questi giuramenti si trovavano tuttavia tra i maestri universitari di Cracovia dei seguaci degli ussiti, alcuni dei quali se ne andarono persino in Boemia (per esempio A. Gałka).

Il movimento ussita in Polonia si ricollegava sia all’avversione dei borghesi e dei contadini contro la nobiltà sia a un fermento di carattere politico e nazionale. La lotta contro i magnati da parte della piccola nobiltà polacca, che era stata poco a poco privata dei suoi diritti politici dai prelati e dai magnati stessi, fu condotta anche attraverso il movimento ussita; sotto la guida dell’ussita Spytek di Mełsztyn, nel 1439 si costituì infatti una confederazione di 168 nobili che volevano conquistare il diritto di partecipare al governo. La sconfitta della confederazione e la morte di Spytek resero vani però questi tentativi e rafforzarono le posizioni dei prelati e dei magnati cattolici. Nel campo culturale gli ussiti ponevano l’accento sulla necessità di tradurre la Bibbia nella lingua nazionale ricollegandosi alle tendenze della cultura nazionale polacca che allora si andava sviluppando. La più antica traduzione polacca della Bibbia (1455) fu ispirata dalla Bibbia ussita ceca e contribuì sostanzialmente allo sviluppo della lingua e della letteratura polacche.

La Boemia ussita si trovò al centro dell’interesse della politica polacca anche per il fatto che nel 1420 gli uomini rivoluzionari ussiti avevano offerto a re Ladislao il trono di Boemia. Jagellone sarebbe dovuto diventare il successore del re Sigismondo d’Ungheria che gli ussiti avevano detronizzato. Ma il re di Polonia, che all’inizio aveva promesso di assumere il regno della Boemia, poi, sotto la pressione del papa, rinunciò alla collaborazione con gli «eretici cechi». Egli acconsentì soltanto che un nipote del granduca Vitoldo, Sigismondo Korybutovič, si recasse con l’esercito in Boemia (1422). Da allora migliaia di Polacchi combatterono al fianco degli ussiti cechi, aprendo alla Riforma ceca vaste possibilità di affermarsi in Polonia. D’altra parte, proprio sotto il pretesto della lotta contro gli «eretici ussiti», Zbigniew Oleśnicki consolidò l’unione dei prelati e dei magnati e negli ultimi anni del regno di Ladislao riuscì ad avere voce in capitolo nel governo. Sul piano della politica interna re Ladislao non disponeva di forze sufficienti per far fronte alle aspirazioni di potere dell’unione dei prelati e dei magnati. Non si dimostrò abbastanza deciso nell’appoggiare la piccola nobiltà né dimostrò uno spiccato interesse a favorire gli obiettivi politici delle città polacche. Inoltre, dopo la morte di Vitoldo (1430), si trovò a dover affrontare di nuovo le lotte per il trono granducale: i nobili lituani cercavano di imporre, come successore di quel grande sovrano ch’era stato Vitoldo, il fratello di Ladislao, Švidrigal; i prelati e i magnati polacchi desideravano invece come successore il fratello di Vitoldo, Sigismondo. Durante queste lotte, nel 1432 a Grodno fu ripristinata l’unione polacco-lituana e il granduca Sigismondo si sottomise al re di Polonia. Che si trattasse di una vittoria polacca risulta evidente dal fatto che il Regno di Polonia ottenne dalla Lituania Luck, i suoi dintorni e la Podolia.

Tutte queste difficoltà, e in particolare il timore di non riuscire ad assicurare la successione al trono al giovane figlio Ladislao, costrinsero il re a fare concessioni ai magnati. Nel 1430 i nobili polacchi ottennero il privilegio chiamato, secondo le parole iniziali del testo, «Neminem captivabimus». In esso il re proclamava solennemente di non avere il diritto di tener prigioniero un nobile finché il tribunale non avesse dichiarato colpevole l’imputato. Ai nobili veniva altresì riconosciuto il diritto di negare al re l’aiuto militare qualora gli eserciti del re combattessero oltre i confini della corona di Polonia. L’oligarchia nobiliare ricevette così un nuovo appoggio mentre il potere del sovrano subiva gravi limitazioni. Ladislao III (1434-1444) non fu capace di spezzare il potere della coalizione venutasi a formare tra prelati e magnati, essendo sempre più legato all’Ungheria di cui nel 1440 era divenuto re. Qui i problemi più pressanti erano costituiti dalla difesa del territorio del paese dalle incursioni degli eserciti turchi che erano giunti fino ai confini meridionali del Regno. Il giovane re cadde combattendo contro i Turchi nella battaglia di Varna (1444); tale vittoria aprì al sultano la via per la conquista di tutti i paesi balcanici e contribuì sostanzialmente anche ad affrettare la caduta di Costantinopoli.

Il breve regno di Ladislao III consentì ai magnati polacchi di rafforzare le posizioni di potere strappate a Jagellone. Per l’ulteriore sviluppo della storia della Polonia è significativo il fatto che, proprio nella prima metà del secolo XV, i magnati conquistarono posizioni economiche decisive e posero le basi per lo sviluppo in Polonia dei latifondi dei nobili. Fino ad allora le loro rendite erano costituite da prodotti in natura e da tributi in denaro che ricevevano dai contadini loro sudditi: secondo il diritto tedesco, nel XV secolo già la maggior parte dei contadini pagava ai feudatari due volte all’anno un tributo in denaro (soltanto nella Masovia il passaggio dalla rendita feudale in natura a quella in denaro non avvenne che alla fine del XV secolo). Alla metà del XV secolo i nobili in Polonia incominciano però ad adottare un nuovo sistema di amministrazione delle loro proprietà terriere: la principale fonte di entrate diviene infatti il latifondo direttamente appartenente al feudatario che vi fa lavorare gli ex contadini come salariati o addirittura come servi della gleba. Nonostante che il periodo del massimo sviluppo del latifondo feudale polacco si verifichi nel XVI secolo, possiamo seguirne quindi gli inizi già dalla metà del XV secolo.

1, 2, 3, 4

© 2000
Reti Medievali
UpUltimo aggiornamento: 26/06/06