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L’Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


1. La Polonia, i Cavalieri dell’Ordine Teutonico, la Lituania (2/4)

Il figlio di Ladislao, Casimiro il Grande (1333-1370), ereditò dal padre la corona del Regno di Polonia e con essa anche le guerre con i vicini. Dal 1329 gli eserciti polacchi combattevano contro gli eserciti del re di Boemia, Giovanni, per il dominio della Slesia. Ladislao aveva cercato invano di far passare dalla sua parte i duchi di Slesia; quasi tutti infatti si erano schierati con re Giovanni, accettando di diventare suoi sudditi. Una valutazione realistica della situazione indusse re Casimiro a desistere dal proseguire nella politica del padre: al contrario offrì al re di Boemia la pace, che fu firmata nel 1335 a Vyšehrad sul Danubio. Alla presenza del re d’Ungheria Carlo Roberto, il re di Boemia rinunciò al titolo di re di Polonia, titolo che egli manteneva nella intestazione dei documenti dai tempi del suocero Venceslao II. In seguito re Casimiro pensò di rivedere la sua politica nei confronti della Slesia; tentò infatti di ricacciare con le armi i Cechi dal territorio della Slesia, ma alla fine fu costretto a riconoscere formalmente re Giovanni (1339) e più tardi il figlio di questi Carlo IV (1348 – pace di Namysław) sovrani di Slesia. I confini del Regno di Polonia furono così fissati per secoli. Neppure nella guerra contro l’Ordine Teutonico Casimiro seguì la linea politica tracciata dal padre il quale, ancora nel 1331, combatteva contro gli eserciti riuniti dei crociati e dei Lussemburgo. Casimiro voleva conquistare l’accesso al mare per aprire al commercio polacco una nuova porta d’ingresso nel mondo. A tal fine egli cercò aiuto dal papa. Nel 1339 il tribunale ecclesiastico decise che l’Ordine Teutonico doveva sgomberare il territorio circostante la foce della Vistola e consegnare al re di Polonia la città di Danzica, ma Casimiro non disponeva di forze sufficienti per costringere i crociati a rispettare l’autorità ecclesiastica, cosicché dovette cercare la pace e ripiegare su compromessi. Con la pace di Kalisz (1343) la Polonia ottenne una parte del territorio lungo il corso inferiore della Vistola, ma la costa e la città di Danzica rimasero in mano all’Ordine Teutonico.

Ciò che non gli era stato possibile ottenere a Occidente, Casimiro lo cercò a Oriente. Nel 1344 gli eserciti polacchi invasero la Galizia e occuparono i territori intorno ai castelli di Sanok e di Przemysł. Nel 1323 infatti si era estinta nel principato russo di Galizia-Vladimir la dinastia regnante; come erede si era impadronito del potere in Galizia il duca di Masovia, Boleslao Trojdenovič. Fu dopo la sua morte che il re di Polonia incominciò a interessarsi all’eredità: la Galizia infatti era un territorio che consentiva di accedere da Cracovia al Mar Nero e alle colonie genovesi e veneziane. Inoltre, i principi di Galizia venivano già considerati sovrani dei paesi russi. Dal titolo di «signore ed erede della Russia», assunto nel 1346 da re Casimiro, traspariva chiaramente quali fossero le mire politiche del nuovo sovrano della Galizia: assicurarsi il predominio sul conglomerato di ducati e principati russi all’estremo limite orientale dell’Europa. L’aggressione ai paesi dell’Est diede i risultati voluti: nel 1349 il re di Polonia si impadronì di Leopoli, Brzešč e Włodzimierz. Fu così che i primi ortodossi divennero sudditi di un re cattolico e i primi nobili ucraini e bielorussi si piegarono sotto lo scettro di Casimiro. Questi riuscì a estendere il suo dominio anche sulla Masovia e sulla Podolia creando un vasto Stato che chiudeva dal Baltico al Mar Nero l’accesso ai paesi russi.

Non meno importanti della linea espansionistica adottata da Casimiro furono i successi da lui conseguiti in politica interna, nel consolidamento della monarchia polacca che poggiava sulla nobiltà e sul clero. Casimiro fu un sovrano straordinariamente capace, un buon amministratore del paese, il quale – come scrive il cronista – «assunse il governo di una Polonia di legno e consegnò ai successori una Polonia di pietra». Egli favorì la colonizzazione, la fondazione di nuove città e di nuovi villaggi e al tempo stesso ebbe cura di rafforzare il potere reale. Al suo nome è legata la costruzione di ben 53 solidi castelli gotici dai quali il re governava il paese. Seguendo infatti l’esempio di Venceslao II, Casimiro cercò appoggio nell’amministrazione locale degli starosta, incaricati direttamente dal re dell’esercizio del potere statale, i quali, oltre ai diritti politici, ottennero anche poteri militari, di polizia e giudiziari. In tal modo venne limitato l’arbitrio della nobiltà e dei duchi locali, e nella vita economica furono ristabiliti l’ordine e la calma.

A differenza del padre, Casimiro favorì le città e addirittura chiamò a far parte del consiglio reale esponenti del patriziato di Cracovia; invitò i rappresentanti delle città a partecipare anche alle assemblee del Regno di Polonia che, convocate regolarmente, divennero parte integrante della vita politica del paese. Nei confronti della nobiltà Casimiro si orientò verso quella piccola e media, limitando i privilegi dell’alta nobiltà, dei magnati; intervenne anche contro i prelati (per esempio contro il vescovo di Cracovia Giovanni Grot) ogniqualvolta la Chiesa cercava di sovrapporsi al potere del re.

All’anarchia nobiliare Casimiro oppose la tendenza a creare una monarchia centralizzata. Perciò tentò anche di unificare il diritto del Regno di Polonia e di codificarlo nei cosiddetti statuti di Wislica-Piotrkov (1346-1347). Fino allora in Polonia i tribunali decidevano secondo il diritto consuetudinario e per l’interpretazione delle leggi non esisteva un criterio unitario. Gli statuti si basavano sulla posizione privilegiata della nobiltà, ma subordinavano il diritto a un’interpretazione unitaria e inserivano le leggi nel sistema dei tribunali del Regno e delle regioni. Gli statuti davano inoltre sicurezza giuridica ai contadini e di conseguenza contribuirono indubbiamente a migliorare la loro situazione; non si può tuttavia prestar fede alle leggende che cercano di presentare Casimiro come un re contadino che proteggeva i sudditi dai feudatari. Gli statuti non solo riconoscevano i doveri di sudditanza dei contadini, ma persino vietavano loro di abbandonare il villaggio senza il consenso del signore feudale, cosa che contribuì più tardi al completo asservimento dei contadini polacchi. I magnati accolsero con disappunto gli statuti, in quanto a buon diritto vedevano in essi un intervento del re contro le libertà di cui avevano goduto fino allora, quelle cioè di stabilire il diritto e di interpretare le leggi come essi ritenevano opportuno. Inoltre la tendenza del potere reale a costituire un esercito unitario, dislocato nei castelli reali, non fece che aggravare questa situazione, per cui si giunse nel 1352 a un’insurrezione dei nobili, che il re riuscì a domare soltanto dopo alcuni anni. Nel 1358 il capo degli insorti Mačk Borkowic fu messo in carcere e condannato a morire di fame.

Sotto il regno di Casimiro il Grande la Polonia si collocò di nuovo, nel campo della politica estera, tra i più importanti paesi europei. Stabilizzatosi all’interno, il paese incominciò ad avere un ruolo di primo piano nella diplomazia europea. Ciò risulta evidente già dall’incontro che si tenne a Vyšehrad nel novembre del 1335 tra Giovanni di Boemia, il margravio Carlo di Moravia e Casimiro e dalle trattative polacco-ungheresi per il possesso della Galizia. Anche il contrasto tra la Polonia e l’Ordine Teutonico fu discusso con una larga rappresentanza di uomini politici europei. La partecipazione della Polonia alla diplomazia europea si ebbe a manifestare però con particolare evidenza nel 1364 a Cracovia dove ebbe luogo l’incontro amichevole di quattro re: il re di Cipro, quello di Danimarca, il re di Polonia e quello di Boemia. In quell’occasione Cracovia fu teatro non solo di sontuose feste e tornei cavallereschi, ma anche della solenne cerimonia che dava alla Polonia la sua prima Università.

Fino al 1364 gli studenti polacchi dovevano andare a studiare nelle Università italiane, francesi o, più tardi (dal 1348), in quella di Praga. Il documento di fondazione dell’Università di Cracovia, del 1365, esprimeva il desiderio di avere a Cracovia una fonte di scienza alla quale potessero attingere tutti coloro che erano assetati di conoscenza, anche se l’interesse principale di Casimiro era quello di avere in Polonia un’Accademia che provvedesse alla formazione di valenti giuristi di cui appunto aveva bisogno in quel momento la monarchia polacca; servirono di modello alla nuova Università gli statuti delle Università di Bologna e di Padova e il fulcro dell’attività didattica era costituito dall’insegnamento del diritto. Mancava invece del tutto la facoltà di teologia, che non aveva in Polonia, nell’istituzione dello «studium generale», un ruolo così fondamentale come negli altri paesi europei. Essendo privo di questa facoltà tradizionale, la più importante a quell’epoca, l’Ateneo di Cracovia non venne chiamato infatti Università. Ebbe del resto solo alcuni anni di vita e nel 1400 si dovette fondare a Cracovia una nuova Università. Questa aveva già anche la facoltà di teologia e per la sua organizzazione interna si richiamava alla Sorbona e all’Università di Praga.

La fondazione dell’Accademia di Cracovia offre una nuova dimostrazione degli alti obiettivi che si proponeva il re di Polonia. Essa testimonia inoltre del grado superiore di sviluppo raggiunto dalla cultura polacca. Il regno di Casimiro è il periodo della fioritura dell’arte gotica e della cultura cavalleresca alla quale incominciarono a dare il loro contributo soprattutto i cronisti polacchi (Janko di Czarnow). Nella seconda metà del XIV secolo apparvero anche i primi testi scritti in polacco. Accanto al latino e al tedesco (a quell’epoca il tedesco era diventato lingua ufficiale nelle città polacche) diventa lingua letteraria anche il polacco, il che attesta i progressi compiuti dall’inizio del XIV secolo.

Casimiro il Grande era l’ultimo discendente dell’antica dinastia dei Piasti il cui albero genealogico affondava le sue radici nel X secolo. Benché sposato quattro volte e pur avendo avuto dalle sue numerose amanti diversi figli illegittimi, questo valoroso re non lasciò alcun erede legittimo. C’era il pericolo che il trono di Polonia crollasse di nuovo fra il clamore delle guerre per la successione al trono e che l’opera di Casimiro andasse dispersa. Anche in questa situazione il grande re diede prova di perspicacia e di accorgimento alleandosi al re d’Ungheria, Luigi d’Angiò. Per l’aiuto prestato a Casimiro nella conquista della Galizia russa, dopo la morte del sovrano di Polonia, Luigi ne diventava il successore.

Quando nel 1370 Casimiro il Grande morì, il trono di Polonia passò al re d’Ungheria Luigi il quale riunì entrambi i regni in un potente Stato. Il regno di Luigi d’Angiò fu però splendido e solido solo in apparenza; all’interno della Polonia egli non trovò appoggio nella nobiltà, anzi i magnati della Grande Polonia gli si opposero apertamente. Ad aumentare l’insicurezza della nuova dinastia regnante in Polonia contribuì il fatto che Luigi non aveva discendenti maschi, per cui cercò di assicurare la successione alle sue due figlie: Maria ed Edvige. Egli era perciò disposto a fare concessioni ai magnati e a conferire loro notevoli diritti e libertà; nel 1374 infatti emanò il privilegio per i «domini, magnati et nobiles» e ridusse al minimo i loro obblighi tributari. In futuro il re avrebbe riscosso dai nobili tasse e tributi nella misura di non oltre 2 grossi per lán all’anno e ciò solo previo consenso dei rappresentanti della nobiltà, convocati per decidere in merito. Re Luigi si privò così delle risorse finanziarie che consentivano di organizzare l’esercito e il potere statale centralizzato; il paese quindi precipitò di nuovo nell’anarchia e soltanto con un grandissimo sforzo Luigi indusse i magnati a promettere che avrebbero riconosciuto Edvige erede del trono di Polonia.

Dopo la morte di Luigi (1382) i due Stati da lui riuniti furono di nuovo divisi. In Ungheria doveva regnare Maria (di cui divenne marito il figlio dell’imperatore Carlo IV, Sigismondo di Lussemburgo) e in Polonia divenne regina Edvige. Chi però in realtà governava la Polonia erano i magnati i quali indugiarono non poco nella ricerca di uno sposo per la principessa. La loro scelta cadde infine sul sovrano di uno Stato limitrofo, il duca di Lituania Jagellone.


L’ascesa al trono di Cracovia del duca di Lituania ci induce a rivolgere la nostra attenzione al territorio presso il fiume Njemen (in tedesco: Memel), dove alla fine del XIII secolo vivevano tribù lituane che il duca Mindove († 1263) riunì in un organismo statale unitario. Dopo la sua morte violenta nel paese dilagò l’anarchia e dovettero passare trent’anni prima che, sotto il granduca Vytenis (1293-1316), risorgesse un forte Stato lituano. I motivi principali che fecero superare in Lituania la rivalità fra i vari duchi e lo spezzettamento tribale del paese vanno ricercati non solo nel progressivo sviluppo dell’artigianato e del commercio e nel sorgere dei mercati locali, ma soprattutto negli interessi comuni delle tribù lituane pagane, minacciate dall’aggressione dei nobili tedeschi e dell’Ordine dei Cavalieri Teutonici e dei Cavalieri Portaspada. Questi apostoli del cristianesimo attaccavano le coste del Mar Baltico e insieme realizzavano un’espansione economica e politica. Con i Cavalieri dell’Ordine avanzavano infatti passo a passo i mercanti, membri della Lega anseatica, che fondavano nuovi centri commerciali e nuove città (Riga, al nord Tallin, Tartu e altre). Ma anche i colonizzatori che si stabilivano nei territori disabitati, creando vaste aree di terreno coltivabile, entravano in queste zone come propagatori del cristianesimo. Soltanto la colonizzazione diede alla Lituania città simili a quelle dell’Europa occidentale e diffuse il diritto cittadino: alla fine del secolo XIV le città lituane si possono paragonare ormai alle città minori della Polonia.

L’Ordine dei Cavalieri Teutonici, in cui già nel XIII secolo erano organizzati anche i cosiddetti Cavalieri Portaspada o, più esattamente, i Fratelli-cavalieri al servizio di Cristo, che dominavano una parte del territorio sul quale sarebbero sorte in seguito la Lettonia e l’Estonia, attaccava senza tregua le tribù lituane nel tentativo di assoggettarle. L’aggressione dell’Ordine non si arrestò nemmeno quando una parte dei principi di queste tribù si fece battezzare entrando così nella Chiesa cattolica. Alla testa della Lituania unificata si pose a quell’epoca un combattente e un organizzatore molto capace: il granduca Gedimino (1316-1341), il quale sconfisse gli eserciti dell’Ordine Teutonico e impedì loro di avanzare all’interno del paese. Entro la metà del XIV secolo la Lituania si trasformò in uno Stato potente che divenne meta dei mercanti dell’Europa occidentale, i quali vi si recavano a comprare non solo pellicce, miele e cera, ma soprattutto ambra, pietra preziosa molto ricercata nel Medioevo e di cui erano ricche le coste del paese. I confini della Lituania si andarono allargando verso nord e verso est. Con un’abile politica di matrimoni Gedimino entrò in possesso di Vitebsk (1318) e divenne padrone anche del castello di Minsk e dei suoi dintorni. Gli eserciti lituani conquistarono Smolensk e penetrarono in Ucraina fino a Kiev. Nella lotta per la conquista della Volinia e di Włodzimierz Gedimino si scontrò con i Polacchi.

La pressione espansionistica del regno polacco di Casimiro il Grande costrinse i granduchi di Lituania a rivolgere i loro attacchi verso l’est. I figli di Gedimino, Keistut e Algirdas (1345-1377), penetrarono nelle regioni russe e sottomisero i duchi del Černigov del Nord. Contemporaneamente il granduca Algirdas conquistò Kiev (1362) e vi installò come duca il proprio figlio. Gli eserciti lituani si scontrarono allora per la prima volta con i reparti armati dei khan tartari, che essi sbaragliarono nella battaglia di Modre Vody (1362). Se si tiene conto del fatto che un altro figlio di Algirdas divenne duca di Volinia e che lo stesso Algirdas ebbe il sopravvento sul duca di Tversk e negli anni 1368-1370 tentò, anche se invano, di conquistare persino Mosca, si riesce a comprendere come il Granducato di Lituania fosse diventato uno dei più potenti Stati europei. Il territorio dominato da Algirdas e dai suoi figli si estendeva dal Baltico al Mar Nero e dal fiume Bug fino ai dintorni di Mosca.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06