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L’Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


2. La Russia (1/4)

Osservando la carta dell’Europa orientale intorno al 1300, abbiamo già potuto constatare che al di là dai confini orientali del Granducato di Lituania non esisteva uno Stato russo. Il concetto stesso di «Russia» esisteva solo come idea e, come tale, rientrava nei progetti di alcuni principi, senza però che corrispondesse ad alcuna realtà politica. Sul territorio dove più tardi doveva formarsi la Russia c’era un’infinità di principi locali, i quali soltanto nelle loro manifestazioni ideologiche e per motivare le loro tendenze espansionistiche erano fautori dell’idea dell’unità dei paesi russi, mentre in realtà la maggior parte di loro perseguiva interessi strettamente locali e particolari. Per farci un’idea delle proporzioni del frazionamento della vita politica in questi territori, è sufficiente ricordare che verso il 1300 soltanto nei dintorni di Mosca c’erano non meno di 11 principati e ducati che prendevano nome dai castelli e dalle piccole residenze locali (per esempio il Ducato di Vladimir, quello di Galič, di Kostroma, Murom, Ržev, Suzdal’ - Nižnij Novgorod ecc.).

Il forte legame che teneva uniti tutti questi rappresentanti degli Stati feudali era costituito dalla dominazione tartaromongola. Dal XIII secolo tutti i principi dei paesi russi erano soggetti all’impero dei Tartari, la cosiddetta Orda d’Oro. Tribù mongole e turche avevano creato un’organizzazione militare che riuniva tutti i nomadi denominati, nel loro insieme appunto, Tartari. All’inizio del XIV secolo l’impero dei Tartari, che compilavano i loro documenti in turco, si estendeva a est dal fiume Dnjestr fino alla Siberia occidentale di là dagli Urali e, a sud, dalla Crimea e dal Caucaso in direzione nord fino al bacino del fiume Kama. Le singole tribù, dedite all’allevamento del bestiame, erano guidate dai khan locali e sottoposte a una rigida disciplina militare. Gruppi più grandi – le orde – si riunivano regolarmente in grandi assemblee durante le quali veniva stabilito anche in quale direzione rivolgere l’espansione nei paesi limitrofi. In queste assemblee i khan locali eleggevano anche il Gran Khan, comandante supremo degli eserciti e amministratore dei tributi che venivano riscossi dai popoli soggetti. Alla fine del XIII secolo gli esperti in questioni tributarie cinesi che si trovavano alla corte del Gran Khan (la sua sede era ad Astrahan sul corso inferiore del Volga, ma spesso cambiava) elaborarono attraverso un elenco dei paesi soggetti un sistema di tributi che assicurava all’Orda d’Oro (chiamata nelle fonti orientali Ulus Džuč o Kipčak) una ricchissima fonte di entrate. Nel XIV secolo tutti i principi russi come pure i sovrani dell’Ucraina pagavano regolarmente ai gabellieri del Gran Khan tributi in natura e in denaro per ogni podere. Al momento della successione ogni nuovo principe doveva assicurarsi il consenso dell’Orda d’Oro inviando una missione speciale e pagando una tassa straordinaria. Soltanto nel corso del XIV secolo alcuni principati incominciarono a sottrarsi al predominio tartaro e ciò coincise con i primi tentativi fatti per superare il frazionamento feudale dei paesi russi.

Anche in Russia, come in Polonia, la causa principale di tale frazionamento era da ricercare nel basso livello di sviluppo della società e delle forze produttive. Qui la capacità di produzione agricola era ancora inferiore a quella dei territori della Polonia, e il numero di abitanti per km², sempre rispetto alla Polonia, non arrivava che circa alla metà (2-4 abitanti per km²) ed era quindi molto inferiore alla media demografica dell’Europa meridionale, occidentale e anche centrale. Inoltre l’invasione tartara aveva completamente paralizzato lo sviluppo delle città russe, le quali nel 1300, ad eccezione di Novgorod e di Pskov, assomigliavano piuttosto a piccoli borghi riuniti attorno ai castelli dei principi. La colonizzazione esterna, cioè quella attuata da colonizzatori provenienti dall’Europa occidentale, non rivestì carattere di fenomeno determinante nei paesi russi e anche in Lettonia ed Estonia rimase limitata alle regioni costiere. La colonizzazione russa, organizzata soprattutto dalla Chiesa e talvolta anche dai principi, incontrava insormontabili difficoltà nelle estensioni sconfinate della Russia centrale e orientale che erano per la maggior parte coperte da foreste, di modo che si riusciva a strappare solo con una lotta accanita altre superfici di terra coltivabile. In conseguenza di tutto ciò la produzione agricola era a un basso livello e al nord in particolare, ancora nel corso del periodo al quale ci stiamo interessando, si bruciava la vegetazione boschiva per poter poi procedere alla semina della terra così conquistata. Nei secoli XIV e XV in queste regioni si andò affermando solo gradatamente il sistema della rotazione delle colture. Il terreno poco fertile e le difficili condizioni naturali ostacolavano la produzione del grano per i mercati locali.

Una produzione agricola di basso livello e la caccia alla selvaggina costituivano quindi la base economica dei possedimenti feudali. La maggior parte della terra apparteneva ai principi, alla Chiesa e alla nobiltà, i cui rappresentanti più potenti venivano chiamati «boiari». Ai signori feudali appartenevano casali e villaggi dove vivevano e lavoravano la terra i contadini (cosiddetti ljudi, smerdy, siroty o krest’jane) che venivano costretti con la forza a compiere corvées nei poderi dei feudatari e a consegnare come tributo prodotti naturali. Durante due interi secoli, il XIV e il XV, in queste regioni dell’Europa orientale la fonte più importante del reddito feudale fu quella naturale (cioè grano, formaggi, miele, bestiame, pollame ecc.). Oltre ai consueti obblighi verso il signore feudale, i contadini dovevano consegnare tributi anche al principe, specialmente quando i gabellieri tartari si presentavano a riscuotere i tributi dovuti regolarmente all’Orda d’Oro. Il principe stesso con la sua corte soleva fare il giro dei singoli possedimenti per pretendere il pagamento dei tributi in natura per sé e per i propri armati.

Rapporti molto complessi regolavano poi la proprietà delle terre agricole. I nobili potevano possedere la terra, su cui vivevano i contadini, o direttamente – e in tal caso avevano su di essa pieno diritto di proprietà (la cosiddetta votčina) – oppure la terra veniva data loro in beneficio o regalata dal principe (poměstije). Da questi rapporti di proprietà si sviluppò il sistema feudale in cui i nobili minori avevano verso i boiari obblighi economici (tributi in natura) e militari, e questi a loro volta dovevano simili prestazioni ai principi locali o al granduca. I discendenti dei rami laterali delle famiglie principesche ricevevano spesso i cosiddetti uděly, ossia appezzamenti di terra con i contadini e i nobili in un determinato territorio in cui poi sorgevano piccole unità politiche. Se consideriamo che la proprietà terriera non fu mai unita né compatta, che cioè non si crearono possedimenti organici, ma al contrario un feudatario possedeva villaggi e fattorie distanti fra di loro alcuni giorni di cammino, possiamo anche comprendere la complessità del mosaico economico e politico nonché le cause della continua tensione esistente fra i signori feudali sul piano del potere. Gli incessanti contrasti che si verificavano a causa delle proprietà, le tendenze a unificare i possedimenti spezzettati, le liti per i confini delle terre e per il diritto a riscuotere dai contadini i tributi costituivano una costante premessa dell’anarchia feudale.

Nella complessa piramide del potere feudale, un posto importante spettava alla Chiesa ortodossa russa che aveva il suo capo, il patriarca, a Costantinopoli. Dopo la caduta dello Stato di Kiev, anche sotto la dominazione tartara si mantenne il sistema organizzativo ecclesiastico che aveva il proprio centro vitale nei vescovi e nel metropolita, il capo della Chiesa russa. Dopo il 1300 la sede del metropolita si spostò da Kiev nel nord, dapprima a Vladimir (a est di Mosca), sede del granduca, e più tardi (1328) a Mosca. Così con questo spostamento anche l’organizzazione ecclesiastica favorì lo sviluppo del nuovo centro della vita statale. La Chiesa contribuì però attivamente anche alla colonizzazione interna del paese; soprattutto i monasteri divennero dei grandi centri economici, furono provvisti di fortificazioni e attorno ad essi, nei secoli XIV e XV, incominciarono a poco a poco ad allargarsi le superfici di terra agricola. I più grandi monasteri sorsero intorno a Mosca (per esempio il monastero della SS. Trinità), presso Beloje Ozero, Lago Bianco (il monastero di San Cirillo), ma anche all’estremo nord, nel Mar Bianco, nell’isola Solověckij. Grazie alle donazioni e ai lasciti dei devoti, la proprietà terriera della Chiesa continuò a ingrandirsi, soprattutto ai tempi del metropolita Pietro (1308-1326). Nel XV secolo si calcolava che alla Chiesa appartenesse già oltre 1/3 di tutta la terra coltivabile dello Stato di Mosca.

I feudatari ecclesiastici non si differenziavano però in alcun modo dai principi o dai nobili negli obblighi che imponevano ai contadini; infatti li gravavano con sempre maggiori tributi in natura e con sempre maggiori corvées costringendo con la forza anche la popolazione, fino allora libera, a fornire quelle prestazioni cui erano obbligati i servi della gleba. I feudatari cercavano al tempo stesso di impedire la fuga dei contadini dai villaggi e stipulavano degli accordi impegnandosi reciprocamente a costringere i fuggitivi a ritornare. Le immense superfici della Russia centrale, settentrionale e orientale consentivano tuttavia ai contadini di fuggire continuamente dai villaggi natii e di fondare nuovi villaggi in mezzo alle immense foreste. Nel corso di alcuni secoli ciò portò alla progressiva colonizzazione di nuove zone dell’Europa orientale in cui i nuovi venuti, russi, si fusero etnicamente con la popolazione indigena, per la maggior parte di origine ugro-finnica. I nuovi villaggi sorti in territori che non avevano alcun padrone mantennero i diritti delle obščine (comunità contadine), secondo i quali l’intero villaggio gestiva in comune i pascoli e le terre incolte, tagliava i boschi e trasformava i terreni boschivi in terra agricola, mentre non rivendicava alcun diritto sulla proprietà privata (le case e parte dei campi). Un aspetto importante dell’obščina era costituito dalle assemblee dei contadini del villaggio, durante le quali venivano eletti i responsabili dell’amministrazione autonoma locale. A partire dal XIII secolo nella Russia occidentale e centrale il sistema delle obščine fu a poco a poco soppresso e sostituito dal sistema feudale; a nord e a est invece si mantenne a lungo accanto all’ordinamento feudale e in alcune zone remote della Russia sopravvisse addirittura fino ai secoli XIX e XX. I monasteri occupavano spesso con la forza le terre di queste comunità agrarie, venendo così a conflitto con i contadini. Mentre nei possedimenti dei boiari e dei nobili la soluzione più frequente cui ricorrevano i contadini per liberarsi era la fuga, nei possedimenti dei monasteri già nel XIV secolo si ebbero insurrezioni armate. Nel 1316, ad esempio nel monastero di Machrič, i contadini insorsero e con le armi in pugno scacciarono i funzionari ecclesiastici che volevano riscuotere i tributi. Tutte queste rivolte locali furono però spietatamente represse, in quanto nella lotta contro gli insorti la Chiesa trovava alleati non solo nei boiari, ma anche nei principi, i quali a loro volta cercavano di assicurarsi l’appoggio della Chiesa per i loro obiettivi politici.

Abbiamo già fatto notare che la caratteristica della colonizzazione russa, colonizzazione interna e quindi non operata da stranieri, consisteva nel fatto che nel paese non venivano fondate nuove città circondate da mura, dotate del diritto di mercato e di un’ampia autonomia amministrativa. Ciò naturalmente non significa che in Russia non esistessero affatto città, e anche nei paesi russi, a partire dal XIV secolo, la produzione artigianale cominciò a distinguersi dalla produzione agricola per concentrarsi nelle corti feudali o direttamente nei luoghi di mercato sotto la protezione dei castelli feudali. Ma queste città, fino alla fine del XV secolo, erano relativamente piccole, lontane l’una dall’altra e per di più completamente soggette ai feudatari. Il principe era il loro signore, i suoi funzionari dominavano le città, non consentivano loro la benché minima partecipazione al governo del principato e negavano ai rappresentanti delle città di far parte del corpo consultivo del principe. Le città rimasero così completamente escluse dalla vita politica attiva dei paesi russi e ciò non solo nel Medioevo, bensì fino al XIX secolo.

Nel XIV e XV secolo facevano in un certo senso eccezione a questo sistema due città occidentali: Pskov e Velikij Novgorod. Entrambe dominavano il territorio circostante, erano centri del commercio e dell’artigianato e vi avevano sede le filiali della Hansa, la lega commerciale delle città della Germania settentrionale. Era sostanzialmente attraverso i mercati di queste due città che si svolgeva la maggior parte del commercio russo con l’Europa occidentale.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06