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L’Europa orientale nei secoli XIV e XV

di Josef Macek

© 1974-2006 – Josef Macek


2. La Russia (2/4)

Nell’interno della Russia, il commercio era concentrato, oltre che nelle città, anche nei monasteri fortificati, e le carovane dei mercanti erano protette dalle scorte armate dei principi. La dominazione tartara precluse ai paesi russi ogni possibilità di avere contatti commerciali diretti con le colonie genovesi e veneziane sulle coste del Mar Nero, e l’Orda d’Oro prese a controllare anche il commercio svolto sul fiume Volga, importante arteria commerciale poiché consentiva il collegamento della. Russia con l’Asia centrale e con l’Iran da dove arrivavano sui mercati russi spezie provenienti dall’India e pregiate merci orientali. In particolare i grandi mercati di Nižnij Novgorod (l’attuale Gor’kij) permettevano ai mercanti europei di mettersi in contatto con le carovane commerciali di Buchara, Khorasan, Samarcanda e dell’Armenia.

A Velikij Novgorod la Hansa, che si era impadronita del commercio di transito, acquistava pellicce, cera, strutto, burro e merci orientali che venivano trasportate sul Volga. I mercanti russi, viceversa, avevano la possibilità di comprare a Velikij Novgorod panno, tela, prodotti di metallo, vino e alcuni tipi di spezie. Questa duplice direzione del commercio russo e il ruolo di mediazione sostenuto dai mercanti russi nei contatti fra Europa e Asia risultano evidenti anche dal modo in cui era articolata l’organizzazione commerciale a Mosca. I cosiddetti «ospiti» avevano il diritto di commerciare soltanto con l’est e con il sud, mentre ai cosiddetti «pannaiuoli» erano riservati gli itinerari diretti verso l’Occidente. Ma la Hansa, per difendere i propri privilegi, consentiva ai mercanti russi di arrivare a Occidente tutt’al più fino a Velikij Novgorod, Riga e Tallin, oppure, ma solo in casi eccezionali, fino a Stoccolma e Lubecca. I privilegi della Hansa divennero in tal modo una barriera posta fra la Russia e l’Europa, e soltanto dopo aspre lotte nel XVIII secolo al commercio russo si aprì la via marittima del Baltico. Anche il commercio su terraferma attraverso la Lituania e la Polonia era quasi inesistente, a causa soprattutto delle continue lotte per il possesso dei territori della Russia occidentale, della Bielorussia e dell’Ucraina, cosa questa che contribuì ulteriormente a isolare la Russia dal resto dell’Europa.

Velikij Novgorod e Pskov si differenziavano però dalle altre piccole città russe non solo per i loro contatti commerciali con la Hansa, per la loro grandezza e la mole delle loro costruzioni, ma anche per la struttura sociale e l’ordinamento politico. Infatti mentre durante tutto il Medioevo nelle città russe, il cui sviluppo si era arrestato, non esistevano liberi borghesi, a Novgorod, invece, vediamo che oltre ai nobili anche i mercanti erano considerati liberi cittadini e godevano di tutti i diritti. Formalmente il sovrano di Novgorod era il granduca di Vladimir, in realtà però il governo era stato assunto dall’assemblea popolare, cosiddetta věče, e dal consiglio eletto dall’assemblea. I membri di quest’organo politico (sotto molti aspetti simile ai comuni sorti nel primo Medioevo nelle città italiane) erano uomini liberi, cioè boiari, nobili e mercanti. I contadini, gli artigiani e i poveri erano privi di qualsiasi diritto politico e avevano gli stessi obblighi, tipici della servitù della gleba, degli altri contadini russi. Al suono della campana si riuniva l’assemblea dei «liberi» che discuteva i trattati con i principi vicini, decideva della pace e della guerra ed eleggeva i dignitari cittadini. A buon diritto si parla perciò di Novgorod come di una repubblica feudale con cui era strettamente collegata anche la repubblica analoga esistente a Pskov. Fino alla metà del XIV secolo Pskov fu soggetta a Novgorod; ma nel 1348 (pace di Bolotov) si assicurò l’indipendenza mantenendo rapporti di alleanza con il «fratello maggiore»: Velikij Novgorod.

Queste due repubbliche feudali, a causa della loro particolare posizione economica e della loro favorevole posizione geografica, divennero ben presto il bersaglio degli attacchi dei principi vicini. Dalla metà del XIII secolo Novgorod fu esposta soprattutto agli assalti dei Cavalieri Teutonici, ai quali nel XIV secolo si aggiunsero i tentativi di conquista da parte della Lituania. Novgorod e Pskov resistettero a questi attacchi, ai quali presero parte anche mercanti danesi e svedesi, ma non riuscirono a far fronte a quello proveniente dall’est: da Mosca.

All’inizio del XIV secolo nulla faceva pensare che proprio Mosca dovesse diventare il centro della futura monarchia russa; intorno al castello non sorgeva che un piccolo borgo e il territorio del principe di Mosca si estendeva per breve tratto nei dintorni. Nel XIV secolo il granduca di Vladimir incominciò a farsi chiamare granduca di «tutta la Russia», in quanto presso di lui risiedeva il metropolita Maxim nei cui documenti appare per la prima volta anche il titolo di «metropolita di tutta la Russia». Con l’aiuto del metropolita il granduca di Vladimir intendeva riunire intorno a sé i territori di cui si componeva il primo Stato russo, lo Stato di Kiev. Ci fu però anche un altro fattore che favorì il granduca di Vladimir: il Gran Khan tartaro gli conferì con un documento (cosiddetto jarlyk) il diritto di riscuotere per l’Orda d’Oro i tributi che spettavano ai Tartari da «tutta la Russia». Con i loro sforzi volti a ottenere il massimo di tributi i khan tartari contribuirono così in notevole misura a mantenere viva l’idea dell’unità della Russia.

Chi avesse il diritto di riscuotere i tributi dovuti ai Tartari e anche dove dovesse risiedere il metropolita, queste furono le due questioni intorno alle quali si scatenò una lotta violenta in cui, per liquidare l’avversario, si ricorse a ogni mezzo: dall’assassinio agli accordi segreti con i Tartari. Le lotte ebbero fine con la conquista del privilegio tartaro (jarlyk) da parte del principe di Mosca Ivan Danilovič (1328), il quale costruì Mosca anche come sede del «metropolita di tutta la Russia» Teognosto, inviato in Russia dal patriarca di Costantinopoli. Nella prima metà del XIV secolo Mosca prendeva così il posto detenuto fino allora dall’antica città di Vladimir.

È evidente tuttavia che le lotte politiche sopraccennate non furono la causa unica e determinante del nuovo ruolo assunto da Mosca nel divenire centro del Granducato russo. Si devono aggiungere anche altri elementi: la favorevole posizione geografica di Mosca, la sua importanza economica e commerciale, il fatto che si trovava relativamente lontano dall’Orda d’Oro e sorgeva pressappoco al centro del territorio abitato nel Medioevo dal popolo russo. Tutti questi fattori, insieme alla ricchezza dei duchi di Mosca (nel XIV secolo possedevano 50 villaggi e all’inizio del XV secolo già 125) e alle loro eminenti doti personali, costituirono le condizioni grazie alle quali Mosca era in grado di diventare la capitale di uno Stato che si andava sempre più consolidando.

Ivan Danilovič (1325-1340) veniva chiamato Kalita, cioè «borsa di denari». Questo soprannome indicava l’orientamento politico di Ivan, il quale cercò in tutti i modi di ingraziarsi i khan: a questo scopo si accanì nell’estorcere ai boiari, ai monasteri, ai vescovi, ai nobili e anche ai contadini i tributi imposti dai Tartari. Con ingenti somme di denaro non solo ottenne la tranquillità e la sicurezza del suo territorio, ma anche l’aiuto militare dei reparti tartari nelle lotte contro i principi russi suoi vicini. Già nei primi anni del XIV secolo il Granducato di Mosca aveva raddoppiato il suo territorio. Sotto Ivan Kalita, chiamato dai cronisti contemporanei «collezionista della terra russa», il principato di Tver’ fu annesso con la forza a Mosca e nel 1328 Ivan divenne anche granduca di Vladimir. Tutte queste conquiste furono realizzate con l’aiuto dell’Orda d’Oro e facilitate da complotti dei boiari locali, corrotti da Ivan. A Tver’ il granduca di Mosca represse brutalmente l’insurrezione contro la dominazione tartara diventando così l’esecutore della volontà del Gran Khan; per Ivan Kalita del resto ogni mezzo era buono purché servisse ad aumentare il suo potere.

Ma dopo la morte di Kalita gli sforzi unificatori di Mosca sembrarono minati alla loro stessa base: tra gli eredi del trono granducale infatti scoppiarono le consuete lotte per la successione alle quali si aggiunse la rivolta dei boiari che rifiutavano l’obbedienza ai granduchi. In questo clima di disordini e di spargimento di sangue il metropolita Alessio diede prova di sagacia politica appoggiando Demetrio Ivanovič (1359-1389) sotto il cui regno si stabilizzò nuovamente il potere di Mosca. Ciò non contribuì tuttavia a rafforzare i rapporti di dipendenza della Chiesa ortodossa dallo Stato.

All’inizio del suo regno Demetrio perse l’appoggio dell’Orda d’Oro che consegnò lo jarlyk e il titolo di granduca al principe di Suzdal’, il quale era anche signore di Nižnij Novgorod. Il metropolita Alessio approfittò dei contrasti interni fra i khan tartari e per merito suo i messi moscoviti riportarono a Demetrio il titolo di granduca. Ma eliminati due rivali, Suzdal’ e Nižnij Novgorod, Mosca si trovò davanti un altro nemico: il principe di Tver’. Al principe di Tver’ si era alleato il granduca di Lituania Olgerd, il quale tentò invano due volte (1368 e 1370) di conquistare Mosca. Proprio nel periodo in cui si stava preparando alla guerra contro gli eserciti riuniti della Lituania e di Tver’, Demetrio iniziò a costruire le mura di pietra del Cremlino a Mosca, che sostituirono le antiche fortificazioni di legno. I successi militari del Ducato di Mosca furono però ancora una volta condizionati dall’avvicinamento di Demetrio ai khan tartari dai quali egli dovette di nuovo comprare la dignità granducale.

Tuttavia proprio al nome di Demetrio è legata la prima vittoria riportata dagli eserciti russi sui Tartari. Proprio allora l’Orda d’Oro stava infatti attraversando un periodo di sanguinosi conflitti interni da cui alla fine uscì vittorioso il temnik (comandante di un gruppo militare di 10.000 combattenti) Mamaj. Di questa crisi interna dell’Orda d’Oro approfittarono i principi russi che si rifiutarono di pagare i tributi. Il nuovo khan Mamaj preparò quindi una grande spedizione militare e si scontrò con gli eserciti russi, comandati dal granduca Demetrio, sul piccolo fiume Neprjadva, un affluente del Don. La battaglia di Kulikovo (1380) si concluse con una dura sconfitta dei Tartari e determinò una svolta nello sviluppo del predominio tartaro sulla Russia. Infatti, seppure i principi russi non riuscirono a sottrarsi completamente all’obbligo di pagare tributi all’Orda d’Oro, tuttavia la vittoria riportata sugli eserciti tartari stava a dimostrare che era possibile continuare la lotta contro i khan.

La battaglia di Kulikovo rafforzò anche l’autorità del granduca di Mosca. Per questo il successore di Mamaj, l’ex khan della cosiddetta Orda Bianca Tochtamiš, organizzò una spedizione militare contro Mosca. Tochtamiš dominava originariamente il territorio a est del Volga fino alla Siberia occidentale; alla testa dell’Orda Bianca aveva attaccato Mamaj costringendolo a fuggire nelle colonie genovesi in Crimea e lì, a Caffa, lo fece assassinare. A capo dell’intera Orda d’Oro, che riuniva di nuovo tutti i khan e i temnik Tochtamiš nel 1382 marciò allora contro Mosca. Invano la popolazione insorta della città, abbandonata a se stessa dal granduca e dai boiari, tentò di resistere agli eserciti tartari. Mosca fu conquistata, il Cremlino distrutto e i dintorni furono spaventosamente devastati. Il granduca Demetrio e anche gli altri principi russi si impegnarono di nuovo a pagare i tributi ai Tartari e riconobbero Tochtamiš loro sovrano.

Prima di morire Demetrio, chiamato dopo la vittoria sui Tartari Demetrio Donskoj, provvide ad assicurare la successione al figlio Vasilij Dmitrievič (1389-1425), prevenendo così le inevitabili lotte per il trono. Il granduca Vasilij del resto fu agevolato anche dalle circostanze: alla fine del XIV secolo l’Orda d’Oro fu distrutta dall’invasione dei Mongoli. Nell’Asia centrale aveva assunto il comando degli eserciti mongoli l’emiro Timur Lenk (tale nome, Lenk, significa Zoppo e gli fu dato poiché era stato ferito a una gamba e zoppicava; in Europa occidentale invece il suo nome fu storpiato in Tamerlano). Timur creò un vasto e potente impero asiatico che si estendeva dai confini della Cina fino alla Siria e al Volga, dall’India fino agli Urali. In alcune battaglie sterminò l’Orda d’Oro e nel 1395 costrinse il khan Tochtamiš a fuggire in Lituania presso il granduca Vitoldo. Timur sognava di costituire un impero mondiale e sembra sostenesse che tutti i territori della parte abitata del mondo avrebbero dovuto avere un unico sovrano. Questi piani di conquista del mondo trovarono attuazione anche nell’Europa orientale: Timur estese il suo dominio sui principati russi, si impadronì della Russia meridionale e saccheggiò le colonie genovesi in Crimea.

La lotta contro Timur tenne impegnate per molti anni tutte le forze dell’Orda d’Oro consentendo così al granduca Vasilij di impadronirsi di altri territori. La conquista più importante fu quella del principato di Suzdal’ - Novgorod. Nel 1390, con l’aiuto dei Tartari e dopo essersi accordato con i boiari in rivolta, Vasilij conquistò Nižnij Novgorod e annesse a Mosca vasti territori. In collaborazione con il granduca di Lituania Vitoldo, che dominava i principati della Russia occidentale, Vasilij cercò di sopraffare anche Velikij Novgorod, ma si dovette accontentare della conquista temporanea delle zone lungo il fiume Dvina, fino ad allora soggette appunto alla repubblica di Novgorod. Intorno al 1400quindi il Granducato di Mosca arrivava già alle coste del Mar Bianco, anche se più tardi a poco a poco Novgorod riaffermò in queste zone i suoi diritti di sovranità. Dopo la morte di Timur (1405) l’Orda d’Oro aveva infatti ripreso a consolidare il suo dominio in Russia e nel 1408 Jedigej pose persino l’assedio a Mosca. Vasti territori della Russia centrale furono devastati, Nižnij Novgorod fu incendiata e Mosca dovette pagare per la pace un forte riscatto ai reparti tartari. Il granduca di Mosca fu costretto a riconoscere ancora una volta il dominio dell’Orda d’Oro e insieme con gli altri principi continuò a pagare i tributi ai Tartari.

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UpUltimo aggiornamento: 26/06/06