Fonti
Antologia delle fonti bassomedievali
a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni
© 2002 – Stefano
Gasparri per “Reti Medievali”
0. Introduzione
Uno dei fenomeni di più ampio respiro dell’XI secolo – un secolo rivoluzionario
sotto tanti aspetti – fu quello della crociata. Fenomeno di lunga
durata, se è vero che l’idea (a partire da un certo momento, il fantasma)
della crociata, del “passaggio” oltremare, aleggerà nei circoli dominanti
europei, e in particolare nella casa di Francia, presso l’imperatore
e nel papato, per secoli, per tutto il medio evo ed oltre: e la stessa
battaglia di Lepanto (1571) non sarà neppure l’ultima occasione nella
quale essa sarà chiamata in causa.
Un tempo si tendeva ad attribuire alla crociata un peso sproporzionato
in campi che con essa, direttamente, non avevano nulla a che fare.
La spedizione oltremare dei crociati diventava infatti, in quelle
ricostruzioni,il primo ingranaggio di un meccanismo che si metteva
irresistibilmente in moto, producendo – grazie alla riattivazione
del commercio con l’oriente dovuta ai successi delle armi crociate
– la formidabile ripresa europea posteriore al mille. Oggi sappiamo
che la ripresa europea fu dovuta al commercio quanto (se non più)
ai progressi in campo agricolo; sappiamo anche che i contatti con
l’oriente non si erano mai interrotti, e che, comunque, la crociata
in un primo tempo costituì piuttosto un fattore di disturbo, andando
a interferire su una rete di rapporti complessa, faticosamente tessuta
da secoli (si vedano, ad esempio, i legami di Bizantini e Veneziani
con il mondo islamico). Non è in campo strettamente economico, dunque,
che va ricercata l’importanza della crociata; pure se, alla lunga,
essa ebbe effetti anche da questo punto di vista [cfr. cap. 12].
La crociata fu piuttosto l’effetto – e non la causa – della
ripresa europea e la prima manifestazione chiara della nuova forza espansionistica
delle società cristiane dell’occidente. Le premesse di questa espansione,
dello scontro con l’Islam che essa inevitabilmente comportava, si colgono
già in Spagna, dove, con l’XI secolo, sotto la spinta degli stati cristiani
del nord iberico, entra in crisi la dominazione musulmana, solo parzialmente
rivitalizzata dalle successive ondate provenienti dall’Africa (Almoravidi
e Almohadi). È il processo storico della Reconquista,
la vera genesi, con le sue luci e le sue ombre, della Spagna cristiana
(1)
Accanto alla Spagna, un altro precoce fronte di conflitto è quello aperto
dalle città marinare italiane nel Tirreno e nell’Adriatico. Le lotte di
Genova, Pisa e Venezia (che, più delle altre, alternava lo scontro al
compromesso) con l’Islam si colorano anch’esse dei toni della crociata
(3).
Ma tutto questo va detto senza dimenticare che la crociata – la
prima, in particolar modo; quella di cui ci occupiamo qui – va ricondotta
innanzitutto al suo ambito originario, che è quello religioso. Quindi
essa va vista come l’espressione estrema e più matura di un rinnovato
slancio devozionale. L’Europa che esce dal conflitto tra il papato e l’impero
per le investiture, e nella quale ormai è vittoriosa la riforma ecclesiastica
[cfr. cap. 2] ha al suo interno un papato che è nelle condizioni morali
adatte per spingere il ceto feudale-cavalleresco (i monarchi interverranno
nelle crociate successive) all’impresa di Terrasanta (4).
Ceto feudale che aveva, certo, anche precisi interessi economici nell’impresa;
ma non sembra corretto ritenerli esclusivi, e forse nemmeno prevalenti.
Comunque, essi erano strettamente intrecciati alle motivazioni religiose.
La crociata va intesa (ed era sentita dai suoi protagonisti) come un pellegrinaggio
armato verso una Gerusalemme carica, sì, di tesori, ma al tempo stesso
incarnazione concreta della Gerusalemme celeste.
A questo atteggiamento fa da sfondo – in un’atmosfera profondamente
segnata dai prodigi e dal meraviglioso: sono ancora i terrori dell’anno
mille [cfr. anche vol. I, cap. 14, 7] – l’aumento del pellegrinaggio
verso i Luoghi Santi, e da tragico corollario l’aumento della diffidenza
verso quello che era visto come una sorta di nemico interno, il popolo
ebraico (2). Il frutto della convergenza
di questi fatti fu la crociata dei poveri guidata da Pietro l’Eremita,
che dopo aver massacrato gli Ebrei in Francia e Germania, si fece a sua
volta massacrare dai Turchi (5).
Anche la crociata vera e propria, la “crociata dei baroni”,
con il suo nucleo di Francesi, Lorenesi, Fiamminghi e Normanni, di Francia
e d’Italia, si snodò con un percorso carico di diffidenze e di incomprensioni
ideologiche profonde, condivise dagli altri protagonisti della vicenda:
Bizantini e musulmani (6), questi
ultimi peraltro profondamente divisi al loro interno: una divisione che
favorì il successo crociato. Un abisso di odio e di intolleranza emerge
in effetti dai momenti più drammatici della crociata, culminati nella
presa di Gerusalemme, un episodio indimenticabile, nel quale profonda
emozione religiosa e massacro degli “infedeli” si uniscono
in un magma inscindibile (8).
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