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Didattica

Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


XIV
Svevi e Angioini

0. Introduzione

Il conflitto fra gli Svevi e gli Angioini (o meglio, lo schieramento guelfo centrato sul papato) è tino dei principali della grande scena politica dell'Italia duecentesca. Si tratta di un conflitto quanto mai ideologizzato, nelle fonti dei tempo, e dunque di complessa interpretazione, sul quale inoltre – in quanto momento alto dello scontro papato impero – esiste una ricchissima produzione storiografica. Se a questo si aggiunge il peso della figura stessa di Federico II, il personaggio di gran lunga più importante dell'intero periodo – puer Apuliae, crede della “razza di vipere” (gli Svevi), assertore dello stato moderno imperatore miscredente e materialista e così via –, è chiaro che una ricostruzione in poche pagine di un tale insieme di problemi (storici e storiografici) risulta pressoché impossibile. La strada scelta in questa sede è stata dunque quella di ripercorrere almeno, nelle sue linee generali, lo svolgimento degli avvenimenti, sottolineando qua e là la differente parzialità delle fonti.
Nel corso del XIII secolo, la situazione politica italiana si trovò a dover sciogliere una serie di nodi che si erano venuti aggrovigliando nel periodo immediatamente precedente. La pace di Costanza non aveva certo chiuso dei tutto il contenzioso tra i comuni e l'impero; né il rapporto fra il potere imperiale ed il papato poteva dirsi completamente appianato [cfr. cap. 7]. Da quest'ultimo punto di vista, il problema principale era rappresentato da un altro lascito della storia del XII secolo, la questione normanna. NonAostante l'alto livello di sviluppo dell'autorità regia, all'interno del regno meridionale la situazione rimase difficile per l'opposizione nobiliare, che travagliò il regno di Guglielmo I e che sfociò alla morte di questi (1166) e durante la minorità di Guglielmo II il Buono, in una serrata lotta per il potere tra i membri della nobiltà e del clero. E la stabilizzazione di un funzionariato di corte negli anni successivi non risolse tutti i problemi, aggravati dalla mancanza di eredi maschi del re. Così alla morte di Guglielmo II, nel 1189. Enrico VI, figlio del Barbarossa, otteneva – grazie al suo precedente matrimonio con Costanza, figlia di Ruggero II – i diritti ereditari sul regno.
Si andò allora a una difficile conquista armata del regno da parte tedesca, che veniva incontro alle aspettative dello stesso Barbarossa. Scomparso però, ben presto, anche Enrico (1197), il regno piombò nuovamente nel caos per la tracotanza dei signori tedeschi seguaci del defunto sovrano, che disputarono a lungo il potere alla vedova e a suo figlio, il piccolo Federico. Solo grazie all'appoggio del pontefice Innocenzo III quest'ultimo, rimasto solo, poté affermarsi nel regno normanno e partire per la Germania per rivendicare l'eredità patema: contro tutte le aspettative trionfò sul guelfo Ottone IV e fu incoronato ad Aquisgrana (1215); poi, nel 1220, Onorio III lo incoronò imperatore (1).
Fin dall'inizio, la promessa (fatta a Innocenzo III) di mantenere separata l'eredità normanna da quella tedesca e imperiale creò difficoltà e tensioni nei rapporti fra il papato – che senza dubbio temeva un'eccessiva preponderanza svevaA in Italia – e Federico, portato dalla logica stessa dell'esercizio del potere a coordinare la stia azione politica e a collegare i diversi territori a lui sottoposti. Tuttavia lo scontro doveva scoppiare inizialmente su un versante diverso, quella della crociata, più volte promessa e tante volte rimandata: di qui la prima scomunica di Federico nel 1227, il tentativo papale di invadere il regno e la stessa anomala, ma efficace, crociata diplomatica di Federico, che, sfruttando abilmente i contrasti fra i principi musulmani, ottenne la restituzione di Gerusalemme (2). Ciò non pose affatto fine al conflitto con il papato, che con diverse pause doveva durare per tutta la vita di Federico. Di esso, e delle sue varie fasi, qui non è possibile dare che un accenno, soprattutto sottolineando la sua natura eminentemente politica, ancor più forte che nell'età precedente: non è certo un caso che Federico non abbia mai nominato antipapi, anche in presenza di sentenze di deposizione e di scomuniche nei suoi confronti (3).
L'azione dell'imperatore svevo ebbe un peso molto diverso nelle varie parti del suo dominio. Se in Germania la sua costituzione in favorem principum (1232) concesse amplissimo spazio all'azione autonoma della grande aristocrazia laica ed ecclesiastica [cfr. cap. 18, 7 (A)], nell'Italia meridionale le Costituzioni di Melfi del 1231 provano al contrario la capacità politico-organizzativa e l'alto senso dell'autorità regia di Federico (4).
Ancora diverso fu l'intervento dell'imperatore in quell'Italia comunale dove, nonostante la presenza di un forte schieramento a lui favorevole, massiccia era però l'opposizione, che ancora una volta vedeva in primo piano Milano. Dopo il trionfo di Federico a Cortenuova si aprì una stagione di predominio imperiale, bruscamente interrotta – dopo la defezione di Parma – dalla catastrofe di Vittoria (1248), che precedette di due soli anni la morte dell'imperatore; questi era stato nel frattempo di nuovo scomunicato, deposto e fatto oggetto di una vera e propria crociata da parte di Innocenzo IV, schierato con i comuni contro il pericolo di una duratura egemonia italiana da parte dell'imperatore svevo (5). Un breve accenno ai controversi giudizi sulla figura di Federico (6), da parte imperiale, papale e musulmana chiude l'esame della prima metà del secolo.
Il secondo cinquantennio è visto sotto il segno della progressiva crisi degli Svevi: dopo il tormentato governo di Manfredi – che dovette subire le conseguenze dell'intervento nel regno meridionale di suo fratello Corrado, che a lungo lo indebolì – e la breve stagione di predominio ghibellino (7), l'ascesa nel firmamento italiano di Carlo conte d'Angiò e di Provenza (8) porta alla conquista angioina dei regno (9), grazie al determinante appoggio papale e guelfo (il denaro dei banchieri fiorentini finanziò la spedizione). Sempre più inserito in un'orbita mediterranea, il regno meridionale, dopo la grande stagione del delle ambizioni imperiali di Carlo (10), stroncate dal Vespro (1282), entra infine oggetto delle mire di una nuova potenza in ascesa: la corona d'Aragona, che dopo tiri ventennio di lotte riuscirà ad assicurarsi – nella persona di Federico, nominato re di Trinacria – la Sicilia con la pace di Caltabellotta dei 1302 (11). È il primo passo verso la futura completa conquista aragonese deiA regno [cfr. cap. 16, 10 (E)].

 

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