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Fonti

Antologia delle fonti bassomedievali

a cura di Stefano Gasparri,
Andrea Di Salvo e Fiorella Simoni

© 2002 – Stefano Gasparri per “Reti Medievali”


IV
I Regni normanni
Sicilia e Inghilterra

0. Introduzione

Nel corso dell'Xl secolo, gli equilibri europei furono sconvolti dall'epopea normanna. Gli eredi degli antichi pirati vikinghi, usciti dal loro ducato nella Francia del nord, sfruttarono l'ancora labile presenza sulla scena internazionale dei poteri monarchici e imperiali per imporsi come dominatori nell'Italia meridionale ed in Inghilterra, conquistare ampi domini territoriali in Terrasanta nel corso delle crociate [cfr. cap. 20], delle quali furono indiscussi protagonisti, e giocare un ruolo persino nella lontana Bisanzio, dove quasi si congiunsero ai loro parenti deI nord, i fondatori della Rus [vol.I, cap.13].
Sulla rotta verso la Terrasanta, i primi Normanni sbarcarono nell'Italia meridionale, allora contesa tra Bisanzio, principati Longobardi e Saraceni (999). Ben presto i Normanni – dopo un'infelice partecipazione alla rivolta di Melo di Bari contro i Bizantini, conclusasi con la disfatta di Canne (1018) –, invitati altri loro connazionali a tentare la fortuna nel Mezzogiorno d'Italia, sfruttarono le loro innate capacità di predoni per ritagliarsi una serie di dominazioni territoriali, in Campania (Averla, 1030) e poi in Puglia (Melfi, 1041), indebolendo sia i Longobardi che i Bizantini (1, 2). Tra i capi normanni spiccheranno gli Altavilla, che esprimeranno, con Roberto il Guiscardo e il conte Ruggero I, i veri capi della conquista (2).
Nella loro azione i Normanni dovettero scontrarsi più volte con il papato (che rivendicava una vaga alta sovranità sul Mezzogiorno); si giunse addirittura ad una spedizione militare organizzata da Leone IX contro di loro (1053). Però pochi anni dopo (1059) fu proprio l'accordo di Melfi con Niccolò II a permettere a Roberto il Guiscardo – definito “duca di Puglia, Calabria e futuro duca di Sicilia” – di consolidare le sue conquiste presenti e future, mediante il legame feudale allora stabilito con la sede romana (3).
Il legame con Roma si evidenzia in particolar modo nell'impresa siciliana MANCA UNA RIGA
autentica crociata (o forse meglio pre-crociata, vista la cronologia). La successiva nascita del regno di Sicilia, ad opera di Ruggero Il (1130), figlio di Ruggero I ed unificatore, con la forza, dell'intero dominio normanno nel Mezzogiorno continentale ed insulare, è un fatto di portata eccezionale. Dopo duri contrasti, il regno fu definitivamente riconosciuto come vassallo della Santa Sede da Innocenzo Il nel 1139 (5). Compare in questo modo sulla scena europea un regno composito, che soffocherà le autonomie locali in nome di un centralismo monarchico che utilizzava sia la tradizione arabo-bizantina (mediterranea) che le possibilità offerte dal diritto romano e feudale (6).
Somiglianze e diversità con l'Italia del sud si notano nell'impresa inglese. Qui la conquista avvenne sulla base di un presunto diritto successorio del duca Guglielmo di Normandia rispetto al sovrano anglosassone Edoardo il Confessore; dunque siamo di fronte ad un'impresa “ufficiale” del ducato e non, come nel Mezzogiorno, ad iniziative autonome di singoli gruppi di guerrieri; un'impresa che si realizza contro un regno già esistente (e cristiano) e non nel caos del meridione italiano. Il celebre scontro di Hastings (1066) decise la vittoria di Guglielmo (7). Uguale, rispetto a quella dimostrata dagli Altavilla, fu invece la decisione e l'energia con la quale i duchi normanni amministrarono l'Inghilterra, mettendo a buon frutto la loro esperienza di principi territoriali capaci di governare con mano ferma i loro domini, a fronte dello sfascio del potere regio francese (cfr. vol. I, cap.4). La politica di Guglielmo il Conquistatore sfruttò anche qui gli usi feudali e le tradizioni indigene per sostenere il proprio potere; l'atto più famoso fu il Domesdav Book (8).
Il dinamismo della nuova monarchia anglo-normanna fu comunque a lungo oscurato, alla morte del Conquistatore (1087), dalle lotte tra i figli (Guglielmo Rufo e poi Enrico I da una parte, Roberto dall'altra), a causa della volontà dei primi due di tenere unito il ducato al regno (9); anche questo delle guerre interne è un tratto che accomuna Italia del sud e Inghilterra normanne, come pure il conflitto con il papato dovuto alla volontà regia di mantenere un saldo controllo sulla chiesa inglese. Nonostante che Alessandro II avesse a suo tempo accordato – così come aveva fatto con i Normanni in Sicilia [cfr. 4 (A)] – la benedizione all'impresa di Guglielmo, scoppiò infatti un duro contrasto con Roma: sia che i re volessero solo imporre i loro vescovi o che addirittura (come Guglielmo Rufo) puntassero decisamente ad impadronirsi dei beni della chiesa; soltanto con Enrico I (1100-1135) si giunse ad un compromesso (10). Alla morte di questi, però, la mancanza di eredi maschi diretti indebolì di nuovo il regno (11); dopo una fase di instabilità durata quasi vent'anni, una nuova dinastia, quella normanno-angioina (cioè francese) dei Plantagenti salirà sul trono, collegando ancora più strettamente i destini dell'Inghilterra a quelli della Francia [cfr. cap.11].

 

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